Perché secondo la critica letteraria classica è un ottimo esempio di 'falsa potenza': ovvero, qualcosa di utilizzo facile e immediato con cui fare impressione sul lettore senza troppe difficoltà, né vero talento. In effetti, se uno ci ragiona:
1) le notti sono tutte buie.
2) una tempesta è una tempesta. Ogni tanto succedono.
Secondo la critica letteraria 'applicata' invece, quella delle case editrici… La faccenda è decisamente più complicata.
La critica letteraria 'pratica' si interrogherebbe invece sulla potenza 'evidente' che questa frase ha grosso modo su qualunque lettore, e si interroghere sul perché e come riesca a ottenere questo risultato.
Che genere di immagine mentale crea nel lettore un inizio del genere?
Una notte 'buia' di certo non è una notte in città, per esempio.
Se una notta è buia, noi immaginiamo allora immediatamente un paesaggio naturale (campagna, montagna, eccetera). Se poi è tempestosa, immaginiamo pioggia e vento forte, e nel buio di un paesaggio senza luci.
Ecco allora che probabilmente stiamo guardando fuori da un finestra e da una casa in mezzo al nulla, a meno ovviamente che il romanzo non prosegua all'aperto, magari con qualcuno che avanza a tentoni nella tempesta.
La critica letteraria applicata sa bene che il valore letterario di un testo deriva dalla quantità di immagini - e soprattutto dalal coerenza - del sotto testo invisibile.
In sostanza, il valore letterario deriva da ciò che lo scrittore riesce a far arrivare a chiunque SENZA nemmeno menzionarlo.
E quindi, se da un lato la critica letteraria snobba questa frase, la critica applicata invece l'apprezza. Funziona.
E' una delle tante differenze tra chi insegna letteratura e chi, invece, campa publicando libri.