In realtà ci sono stati diversi casi
di scrittori che per qualche ragione si sono pentiti di aver scritto
un proprio libro. Ad esempio:
- Lo scrittore americano Peter Benchley
dichiarò di essersi pentito di aver pubblicato le sue opere
sensazionali sugli squali bianchi, fra cui il bestseller
Lo squalo. Dato che gli fu
chiaro che i suoi libri incoraggiassero l’uccisione di massa degli
squali, oltre all'abbattimento non necessario di questi magnifici
predatori che non sono così pericolosi come appaiono — in realtà,
mentre meno di 12/80 attacchi da squali si verificano ogni anno, gli
uomini ne uccidono tra i 63 e 273 milioni, tutto per colpa de’
Lo squalo!
E questo è il motivo principale per
cui Benchley divenne un indiscusso sostenitore per la tutela
dell’ambiente marino.
- Prima di scrivere il pluripremiato
romanzo
Vita di Pi, l’autore
canadese Yann Martel pubblicò Self
nel 1996. Più avanti si pentì di
averlo scritto, ritenendolo un completo fallimento. Inoltre in
un’intervista menzionò che si sentisse solo e in bisogno disperato
di dare un senso alla sua vita, cosa che Self
non gli procurò - così come
spiega nella nota introduttiva a Vita di Pi:
Questo libro venne scritto mentre
ero affamato. Fatemi spiegare. Nella primavera del 1996, il mio
secondo libro, un romanzo, uscì in Canada. Non ebbe molto successo.
I critici rimasero perplessi, o lo criticarono con scarse lodi.
Allora i lettori lo ignorarono. Nonostante i miei migliori sforzi a
fare la parte del pagliaccio o del trapezista, al circo dei media non
fece differenza. Il libro non si muoveva. I libri rimasero allineati
sugli scaffali delle librerie, esattamente come i bambini che stanno
in fila per giocare a baseball o a calcio, e il mio libro e il
bambino spilungone, non atletico che nessuno voleva in squadra.
Scomparve velocemente e in silenzio.
Il fiasco non mi influenzò molto.
Ero già passato a un’altra storia, un romanzo ambientato in
Portogallo nel 1939. Ma mi sentivo inquieto. (…)
Sfortunatamente il romanzo
farfugliò, tossì e morì. (…) È una miseria caratteristica degli
aspiranti scrittori. L’argomento è buono, come lo sono le tue
frasi. (…) Veramente, la tua storia non può che essere fantastica.
Ma alla fine non porta a nulla. Nonostante sia un’ovvia promessa
brillante, arriva il momento che realizzi che quella vocina che ti ha
sempre tormentato diceva una terribile lampante verità: non
funzionerà. Manca qualcosa, quella scintilla che porta vita a una
storia, a prescindere dal fatto che la storia o il cibo sia vero. La
tua storia è emotivamente morta, questo è il punto cruciale. La
scoperta distrugge l’anima, te lo dico io. Ti lascia con una fame
dolorante. (…) “E adesso Tolstoy? Qual altra idea brillante hai
per la tua vita? Mi chiedevo. (…)
Tutto ciò portò Martel a scrivere il
suo successo finale
Vita di Pi, il più grande
romanzo d’avventura di tutti i tempi, la sorprendente storia di
sopravvivenza di un giovane ragazzo indiano e la sua compagna tigre
nell’oceano Pacifico.
- Lo scrittore e drammaturgo britannico
A.A. Milne pubblicò nel 1926 i racconti di
Winnie-The-Pooh,
nell’interesse di suo figlio Christopher Robin Milne, il quale
possedeva molti pupazzi di animali che avevano gli stessi nomi dei
personaggi dei racconti. Tuttavia, Milne in seguito espresse il suo
pentimento per l’invenzione del famoso orso, poiché riteneva che
le avventure di Pooh avessero oscurato tutte le sue altre opere,
comprese quelle rivolte a un pubblico adulto.
Però il pentimento giunse al culmine
quando Christopher Robin Minle iniziò a disprezzare i racconti, e
odiò fortemente di essere associato a Pooh e il suo amico
Christopher Robin (il personaggio ispirato a lui), lasciandogli nulla
se non una “fama vuota”.
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