A chi va in tasca il guadagno delle
vendite degli album e dei singoli? Certamente non ai musicisti.
Il grosso dei guadagni, infatti, va a
finire nelle tasche delle case discografiche (circa il 63% del
totale). Un altro 24% viene dato alle compagnie che distribuiscono i
cd (o gli mp3). All’artista rimane un misero 13%, che viene
ulteriormente suddiviso tra manager, personale (solitamenteil 15% dei
guadagni totali dell’artista, ma a volte arriva anche al 20%), il
business manager (5%), l’avvocato (5%) e il produttore (3%).
L’artista si ritrova con il 72% di quel già scarso 13% del totale.
Nel caso delle band, ovviamente, il rimanente guadagno deve essere
diviso tra i vari membri. Prendiamo ad esempio una band con quattro
componenti: cantante, chitarrista, bassista e batterista. Per ogni
mille euro guadagnati dalle vendite, il singolo musicista ne riceve
solamente 23,4. Un guadagno ridicolo, soprattutto se comparato ai 630
euro che ha guadagnato la casa discografica per quei mille euro di
musica venduta, e molto spesso quella cifra deve essere utilizzata
per ripagare l’anticipo che la casa discografica ha speso per la
registrazione dell’album, nonostante abbia già guadagnato il 63%
delle vendite. E non solo, la casa discografica, in questo tipo di
contratto, detiene il copyright della musica.
Certo, I musicisti non hanno solo le
vendite come introiti, ma anche tour, merchandising, guadagni
derivati dal piazzamento della loro musica in film, telefilm,
videogiochi e pubblicità, ma solitamente la casa discografica ha
diritto a una percentuale anche su quei guadagni, secondo un
contratto molto comune, chiamato 360º deal., che appunto prevede che
la casa discografica abbia una parte in tuttii guadagni dell’artista.
Quindi quando il pubblico compra un cd,
il biglietto di un concerto o una maglietta, in realtà non sta
pagando l’artista, ma soprattutto la casa discografica.
Questo tipo di contratto è il più
comune esistente, soprattutto in questo momento in cui le vendite non
sono più una fonte consistente di guadagno. Quando la casa
discografica decide di mettere sotto contratto un artista, vuole
tutelarsi, considerato che spesso paga un grosso anticipo per la
registrazione dell’album, e non può basarsi solo sulle vendite per
recuperare quei soldi.
Rapporto economico di un’ipotetica
band di quattro membri.
Nell’ormai lontano 2000, Courtney
Love, leader della band Hole, aveva stilato un rapporto economico di
un’ipotetica band di quattro membri, in cui la casa discografica
finiva per guadagnare più di dieci milioni di dollari e la band
nulla.
Ecco il suo esempio in cifre.
Una band ottiene un ottimo contratto
con il 20% di tasso royalty (diritto d’autore) e un anticipo di un
milione di dollari.
La band spende metà di quel milione
per registrarel’album. Con il restante mezzo milione, la band deve
pagare il manager (cento mila dollari), l’avvocato e il business
manager (25 mila dollari l’uno). Rimangono quindi 350 mila dollari
da dividere tra i quattro membri della band. Dopo aver pagato le
tasse (170 mila dollari), rimangono 45 mila dollari ciascuno, con cui
l’artista deve vivere per almeno un anno, prima che l’album venga
messo in vendita e inizi il tour.
Il disco è un successo e vende un
milione di copie. La band, allora, fa uscire due singoli con i
rispettivi video musicali. La produzione dei due video viene a
costare un milione di dollari e il 50% viene recuperato con le
royalties.
La band inoltre ottiene 200 mila
dollari di anticipo per il tour, completamente recuperabile.
La casa discografica spende 300 mila
dollari per la promozione in radio, costo che viene naturalmente
addebitato alla band.
La band quindi ora deve due milioni di
dollari alla casa discografica.
Se tutti i dischi vengono venduti a
prezzo intero, la band guadagna due milioni di dollari in royalties
(due dollari ad album, per un milione di copie vendute). Quei due
milioni vengono usati, appunto, per ripagare l’anticipo alla casa
discografica, e quindi la band si ritrova con un guadagno pari a
zero.
Nel frattempo, la casa discografica ha
incassato undici milioni di dollari.
Le spese ammontano a circa 4.4 milioni
di dollari (500 mila per la produzione fisica del cd, il milione di
anticipo alla band, un milione per i video, 300 mila dollari alle
radio, 200 mila dollari di tour, 750 mila dollari di dirittid’autore
e 2.2 milioni in marketing). Il loro guadagno netto, quindi, si
aggira sui 6.6 milioni di dollari, opposti al nulla che ha guadagnato
la band.
Questo esempio è basato su
un’ipotetica band di discreto successo, non su un musicista alle
prime armi, ed è un esempio abbastanza schematizzato che tiene conto
solo delle entrate base, e non di tutti gli altri modi in cui
un’artista può guadagnare (come il piazzamento della musica in
tv/film&/videogiochi/ecc. o gli sponsor).
Senza contare che, come detto prima, la
casa discografica detiene il copyright della musica registrata. Se
siprende un qualunque cd, si può notare che sul retro appare la
scritta “copyright”, l’anno di registrazione e il nome della
casa discografica, non dell’artista. Questo vuol dire che se
l’artista volesse lasciare l’etichetta, non potrebbe riavere
indietro i diritti della sua musica.
Non è difficile capire, quindi, perchè
nel suo articolo Courtney Love si riferisce a questo tipo di
contratti come pirateria. Il furto del lavoro di un artista senza
l’intenzione di pagare per ottenerlo.
Ovviamente, essendo questo studio della
Love datato all’anno 2000, la situazione è, almeno in teoria,
cambiata, con l’avvento di internet e quindi di un nuovo modo di
distribuire musica. Ma il concetto non è molto diverso da quello che
viene spiegato nell’esempio, e le case discografiche ora sono solo
più reticenti a mettere sotto contratto gli artisti, soprattutto se
emergenti, e i 360º deal sono sempre più diffusi, proprio perchè,
con internet, le vendite della musica sono calate.
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