Il cantastorie è una figura
tradizionale della letteratura orale e della cultura folklorica, un
artista di strada che si spostava nelle piazze e raccontava con il
canto una storia, sia antica, spesso in una nuova rielaborazione, sia
riferita a fatti e avvenimenti contemporanei. Le storie narrate
entravano a far parte del bagaglio culturale collettivo di una
comunità.
I cantastorie accompagnavano la
"Cantata" con uno strumento: di norma era la chitarra, ma
ne usavano anche altri, come la fisarmonica (o la lira in tempi più
remoti). Si aiutavano con un cartellone su cui veniva raffigurata la
storia, descritta nelle principali scene. La loro opera veniva
remunerata con le offerte degli spettatori o con la vendita di
foglietti volanti, su cui era descritta la storia. Dopo gli anni '50,
con l'avvento del vinile, queste storie venivano incise e vendute su
dischi, prima a 78 giri poi 45.
La tradizione deriva da lontani
precedenti, quali gli aedi e rapsodi greci, i giullari, menestrelli,
bardi celtici, trovatori o trovieri del Medioevo francese e nella
scuola poetica siciliana. Simili figure sono presenti anche nella
cultura islamica, indiana (tipiche le donne chitrakar del Bengala
occidentale) e africana.
A partire dal XIV secolo si
allontanarono dalla letteratura più colta e contribuirono a
diffondere in dialetto le gesta dei paladini carolingi della chanson
de geste, argomento anche dell'Opera dei Pupi. Ebbero la massima
fioritura nella Sicilia del XVII secolo, nella Roma del XVIII secolo
(il cui massimo esponente fu Andrea Faretta) e furono appoggiati
dalla Chiesa con lo scopo di diffondere presso il popolo le storie
dei santi e della Bibbia. Nel 1661 a Palermo i Gesuiti avevano
costituito la congregazione degli "Orbi", cantori ciechi a
cui veniva insegnato a suonare uno strumento musicale e che erano
legati a temi esclusivamente religiosi sotto il controllo
ecclesiastico.
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