Se c’è qualcosa che Hollywood sbaglia sistematicamente, è il modo in cui rappresenta i "geni". Dai film come Good Will Hunting a innumerevoli altre storie, il genio viene spesso descritto come una dote innata, una sorta di magia che scaturisce dal nulla, ignorando completamente il lavoro, la dedizione e il sacrificio necessari per raggiungere l’eccellenza in qualsiasi campo. Questo non è solo un errore narrativo, ma una visione che può avere un impatto profondamente negativo sul pubblico, specialmente sui giovani.
Prendiamo come esempio Good Will Hunting. Il protagonista, Will, è un bidello autodidatta che risolve casualmente complessi problemi matematici che hanno lasciato perplessi i migliori studiosi del mondo. È una storia affascinante, certo, ma profondamente irrealistica. La realtà della matematica, e di qualsiasi disciplina, è molto diversa: richiede anni di studio sistematico, pratica e sforzo continuo per raggiungere risultati straordinari.
Come afferma Tony Hoare, il creatore dell’algoritmo Quicksort, il genio non è un dono che si riceve alla nascita. È il prodotto di un processo lungo e arduo di apprendimento e applicazione. Pensare che una persona possa "nascere" con la capacità di risolvere un problema complesso senza alcuna formazione significa ignorare la complessità stessa della conoscenza umana.
Hollywood perpetua l'idea che i geni siano "diversi" e che se non si è nati con un talento speciale, allora non si potrà mai competere. Questo mito può essere devastante:
Demotivazione: Le persone, specialmente i giovani, possono sentirsi scoraggiate dal perseguire i propri obiettivi, credendo che senza un talento innato non ci sia speranza.
Semplificazione della realtà: Ridurre l’eccellenza a un dono innato, significa sminuire il duro lavoro e la dedizione che stanno dietro ogni grande risultato. Il genio non è il lampo improvviso che Hollywood ama rappresentare, ma il frutto di una costante applicazione e di un percorso fatto di studio, errori e miglioramenti.
Ci sono molti esempi che smentiscono l'idea che il genio sia innato e senza fatica:
I vincitori della Medaglia Fields (l’equivalente del Nobel per la matematica) dedicano decenni di ricerca e sacrificio per raggiungere livelli così alti. Nessuno di loro si è svegliato una mattina con una soluzione geniale in testa.
Bambini prodigio: Spesso citati come esempi di genio naturale, sono in realtà individui con un incredibile impegno e una capacità straordinaria di apprendere velocemente, non con un "cervello robotico" che acquisisce conoscenze dal nulla.
Hollywood semplifica eccessivamente queste storie, alimentando un’idea irrealistica di cosa significhi essere un genio.
La realtà è che ogni "genio" deve affrontare un percorso di apprendimento impegnativo:
Curiosità e dedizione: Una passione intrinseca per la conoscenza e il desiderio di migliorarsi continuamente.
Pratica intenzionale: Ore e ore di lavoro focalizzato per affinare le proprie capacità.
Resilienza: La capacità di superare fallimenti e sfide, imparando da ogni errore.
Questa combinazione è ciò che permette di raggiungere l’eccellenza, non una scintilla divina di talento.
(Tony Hoare, l'inventore dell'algoritmo Quicksort)
Hollywood dovrebbe abbandonare il mito del genio innato e iniziare a raccontare storie che riflettano il vero percorso dell’eccellenza umana. Raccontare come dietro ogni grande scoperta, opera o invenzione ci siano fatica, dedizione e perseveranza sarebbe non solo più realistico, ma anche incredibilmente ispirante. Invece di glorificare l’illusione del "genio senza sforzo", sarebbe più utile mostrare che il genio è qualcosa che si costruisce, passo dopo passo, con sudore e determinazione.
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