Quando Freddie Mercury se ne è andato
il mondo ha perso una voce unica, un artista eccezionale che rivive
attraverso le canzoni, la musica e ora anche grazie alle parole
commoventi del suo assistente personale Peter Freestone.
Quando Freddie Mercury morì, il 24
novembre 1991, i temi legati al terribile virus dell’HIV erano
ancora un tabù. Oggi l’ostacolo del silenzio è stato superato, si
parla ampiamente di prevenzione, sono stati fatti dei passi avanti
nella cura dell’AIDS (tanti ne rimangono da fare).
Ogni giorno si cerca di migliorare le
condizioni di vita dei malati. La morte di Freddie Mercury fu uno
degli eventi tragici che accesero i riflettori su questo male
devastante. Come spiega il magazine Elle, Peter Freestone era
l’assistente personale del cantante e gli rimase vicino nelle
ultime ore di vita. I due si conoscevano da 12 anni durante i quali
la loro amicizia era diventata man mano più stretta. A distanza di
circa 30 anni Freestone ha voluto rievocare quei dolorosi momenti che
portarono alla scomparsa di una delle più belle voci di sempre.
Nelle sue parole toccanti c’è la
sofferenza e la malinconia per un passato che non può più tornare, per
un’amicizia spezzata dalla morte. Freestone racconta a Vice che
Freddie “aveva deciso di morire dopo che il 10 novembre 1991 aveva
smesso di assumere le medicine che lo stavano mantenendo in vita.
L’AIDS aveva cancellato ogni autonomia di Freddie, è stato il suo
modo di riprendere il controllo della sua esistenza”. Mercury
scoprì di avere l’AIDS nel 1989, ma scelse di non rivelare
pubblicamente la notizia. La sua salute, minata giorno per giorno
dalla malattia, lo costrinse a diradare gli impegni e le apparizioni.
Solo quando si rese conto che il tempo
a sua disposizione stava finendo, Freddie Mercury decise di
rilasciare una dichiarazione sulla sua condizione, invitando il mondo
intero a lottare contro l’AIDS. Era il 23 novembre 1991 (il testo
della dichiarazione, però, era stato redatto il giorno precedente).
A tal proposito Freestone ricorda: “Da quel momento Freddie è
cambiato totalmente. All’inizio della settimana era teso, poi
invece è cambiato. In tutti quegli anni non avevo mai visto Freddie
così rilassato. Non c’erano più segreti, non si nascondeva più.
Sapeva che avrebbe dovuto rilasciare la dichiarazione, altrimenti
qualcuno avrebbe potuto pensare che lui considerasse l’AIDS come
qualcosa di sporco, da nascondere sotto il tappeto”.
Gli amici più cari si radunarono
attorno a Freddie Mercury. Freestone gli tenne la mano, rievocando il
passato. Di quei momenti l’assistente ha un ricordo vivido e
prosegue: “Dopo la dichiarazione, alle 8 di venerdì 22 novembre
sono iniziate le mie 12 ore con lui. E poi sono arrivate le 8 di
domenica mattina. Stavo per andarmene quando Freddie mi ha preso la
mano e ci siamo guardati negli occhi. Mi ha detto: ‘Grazie’. Non
so se avesse deciso che era l’ora di andarsene e volesse
ringraziarmi per i 12 anni passati insieme, o se invece mi stesse
solo dicendo grazie per le ultime 12 ore. Non lo saprò mai, ma è
stata l’ultima volta che abbiamo parlato”. A quanto sembra
Freestone è stato tra quelli che si sono opposti alla possibilità
di mostrare la morte di Freddie Mercury nel film “Bohemian
Rhapsody” (2018) di cui è stato consulente. Al riguardo Peter
disse: “Nessuno dovrebbe veder morire Freddie Mercury sullo
schermo”. In effetti quel momento, per amici e familiari, è stato
troppo doloroso e privato. In quegli istanti non c’era più il
cantante, la rockstar di fama mondiale, ma solo l’uomo amato dai
suoi cari.
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