C'era una volta questo signore, nome
all'anagrafe Jerry Lee Lewis.
Jerry suonava il pianoforte e per il
suo modo di esibirsi dal vivo si guadagnò il soprannome di The
Killer, l'assassino: saltava in piedi sul suo pianoforte, urlava,
faceva gesti osceni al pubblico. E ovviamente, dal 1957 in poi,
iniziò ad inannellare numeri 1
in classifica a profusione.
Non era il solo, il nostro amico era in
ottima compagnia di gente come Chuck Berry, Bo Diddley, e Little
Richard. Scapestrati che i genitori americani non avrebbero mai
voluto vedere con le loro figlie, figlie che erano invece ad urlare e
scalpitare sotto i loro palchi.
Droghe, sesso e auto condivano la vita
di questi pionieri del rock.
Alcune tra le frasi famose di Jerry:
“Per andare in Paradiso bisogna
camminare e parlare con Dio, ma io ho il diavolo in me! Se non ce
l'avessi sarei un cristiano.”
“Non c'è niente al mondo come il
fare a pezzi una discoteca di tanto in tanto.”
Fin dall'alba dei tempi, prima ancora
di Elvis, il rock si era presentato fumante di zolfo, ribelle e
pericoloso come il Diavolo. E così venne dipinto da molti
benpensanti dell'America puritana: la musica del diavolo.
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