Purtoppo la scrittura creativa dal punto di vista scientifico è ancora ai suoi albori, almeno a mio parere personalissimo. La maggior parte di ciò che leggerai in materia di scrittura creativa
1) è sbagliato
2) è personale, e non andrebbe esteso a tutti.
Io ho un imprinting scientifico. Sono nato in una famiglia dove la scienza è una religione, e le cose vanno prima osservate, poi spiegate e infine DIMOSTRATE.


Là dove nessuno può spiegarti come creare qualcosa che non è mai esistito prima (un romanzo 'originale'), io posso darti quelle pochissime regole su cui concordano LA STRAGRANDE MAGGIORANZA degli scrittori e delle scuole di scrittura creative SERIE, quelle con un approccio empirico, ovvero che insegue i risultati.
E a differenza di chi elenca e basta con fare piuttosto dogmatico, io ti spiegherò pure.
Sappi però che le spiegazioni scientifiche che ti darò sono ‘all original’, ovvero mie.
1) bisogna leggere tanto. Tutti concordano su questo primo punto, ma io te lo spiegherò pure. Più leggi, più apprendi le 'soluzioni narrative' altrui. Significa che ogni volta che leggi qualcosa, impari inconsciamente come l'autore x ha detto la cosa y. Sto parlando solo di frasi, per ora. Quindi più leggi, più soluzioni hai a disposizione per dire un determinato concetto, e dunque più probabilità avrai di spiegare bene i TUOI contenuti, quando verrà il momento di farlo. Il problema è che tutte le frasi che leggerai, prima o poi le dimenticherai pure (è inevitabile). Ecco perché dovrai leggere A) tanto B) regolarmente C) per tutta la vita. Io che scrivo da 20 anni arrivo adesso addirittura a 'sentire' quando non sto leggendo ‘abbastanza’ MENTRE scrivo. Durante le mie prime stesure, 'sento' letteralmente di non riuscire a mettere giù le cose come facevo quando leggevo di più. A quel punto la sera faccio una tirata di lettura più lunga del solito, e in genere il giorno dopo è già tutto a posto.
2) bisogna scrivere tanto perché siamo tutti esseri umani, e qualunque cosa un essere umano faccia tanto e spesso, la farà sempre meglio. Si chiama ESPERIENZA e sì, c’è anche in scrittura creativa. Ma il capolavoro x e y erano opere prime. Sì, c’è sempre qualcuno che nomina qualche genio della letteratura… sperando di essere come lui. Devo aggiungere altro? No, non serve. Perfino il sesso ti viene meglio più avanti nella vita rispetto alle prime volte. Giusto? Accettatelo. Dimenticatevi di scrivere un capolavoro come vostro primo romanzo, perché quest'idea è una scemenza che viene da libri, film, luoghi comuni e leggende urbane. Scrivere bene non è un colpo di fortuna. non si riduce a una botta di culo, okay? Fine. Mettetevela via.
3) le cose vanno iniziate dall'inizio, non dalla fine. E' perfettamente inutile provare a scrivere un romanzo se è la prima volta che scrivi. La prima cosa da fare, è imparare a gestire l'arte della scena. Poi quella della descrizione 'minima' (niente rami del lago di Como, in questa fase). Poi si passa al racconto breve. (inizio-svolgimento-fine). Un romanzo invece è una trama ultra-complessa, per raccontare la quale occorrono varie sotto-trame complete, ed è perfettamente inutile cercare di scrivere un romanzo (una trama ultracomplessa) quando non hai ancora imparato a scrivere bene i racconti (le singole trame).
4) la scrittura è una malattia, e funziona per contagio - la teoria Wallace sul valore letterario (originale, ma 100% compatibile con quanto insegnato da Pierluciano Guardigli, università Bocconi di Milano, docente di critica letteraria). Giacomo Leopardi scriveva autobiografismi d'amore esattamente come il 99% della robaccia che viene giustamente rifiutata dagli editori. Era un ragazzo brutto e solitario (lo sfigato della scuola), e nella sua banalità assoluta… Andava pure dietro alla più figa di tutta la scuola. Questo perché si sa, spesso i falliti sono anche i più scollegati dalla realtà. Patetico, vero? Io ho letto una quantità infinita di scrittori che vengono giustamente respinti dalle case editrici perché se lo meritano, e TUTTI scrivono autobiografismi di una banalità assurda e scritti malissimo pure. Nel farlo, credono TUTTI di essere UGUALI a Leopardi. Qual è la differenza tra Leopardi e milioni di voi? Consiste in due fattori:
1) Leopardi provava DAVVERO quello che provava MENTRE lo scriveva, gli altri no. Gli altri lo ‘pensavano’ soltanto: spesso era al massimo un ricordo o, peggio ancora, una esagerazione vera e propria. Una MENZOGNA.
2) lo stile meraviglioso della scrittura di Leopardi, quasi paranormale, che rende VERO nelle nostre teste quello che lui provava VERAMENTE mentre scriveva. Questo per spiegarvi che il valore 'oggettivo' del contenuto non esiste nella critica letteraria ‘vera’. Questa è la prima cosa che vi insegnano in critica letteraria: il contenuto è opinabile (dipende dai gusti), mentre quanto invece FUNZIONA tale contenuto… Non lo è. Ecco allora la definizione personale di valore letterario del vostro Wallace (comunque compatibile con quella accademica, ma leggermente diversa). Il valore letterario è la risposta a queste due domande: "quanto era importante nella testa dello scrittore quello che stava scrivendo? (valore 'potenziale', problema dell’autore) E quanto riesce a farlo diventare importante nella testa di noi lettori? (efficacia del risultato, problema tecnico). Dunque il casino maggiore - quando si parla di romanzi - è creare una trama DI FANTASIA che sia però importante per il nostro cuore PURE, e farlo NONOSTANTE tale contenuto sia PURA invenzione. Noi scrittori sappiamo benissimo che quello ce siamo scrivendo ce lo siamo appena inventato, eppure quella storia di fantasia è comunque più importante della nostra stessa vita reale. E’ più improtante del nostro lavoro, dei nostri amici e parenti, di tutto… E qui sorge un problema non da poco, che potrebbe avere risultati MOLTO dannosi sulla vostra salute (dal ricovero in ospedale fino alla morte). Sì, perché di scrittura - ormai l’avrete intuito - si può anche morire: dare importanza alle cose di fantasia è la definizione scientifica di follia. E quindi è una cosa che non si fa a comando. Non è un interruttore che si accende e si spegne, ma è una cosa che si insegue meglio che si può - ed è quello che poi fanno tutti gli scrittori che vi piacciono e che sono bravi… ma si tratta appunto un ‘inseguire’, non di un comandare. In conclusione:
  • come si scrive un romanzo dell'orrore? Scrivendo una storia che faccia paura a te, mentre la scrivi… E se l’hai scritta bene, farà paura anche ai lettori.
  • Come faccio a far affezionare il lettore ai miei personaggi? Ti ci devi prima affezionare tu, e poi lo faranno anche i lettori.
E quando sentirete il vecchio adagio “devi scrivere cose che piacciono a te”, non è solo una semplificazione oscena, ma è sbagliata proprio. Scrivere quello che ti piace va bene per iniziare, quando sei un pivellino. Dopo qualche anno, ti accorgi invece che i risultati veri, quelli sorprendenti, non si trovano MAI dentro quello che ti piace scrivere, ma dentro quello che
1) non sai da dove arriva e
2) non diresti mai che può dare buoni risultati, ma
3) per esperienza sai che lo farà. E il sapore delle ottime idee non è MAI del tutto gradevole. E’ un sapore strano, inesplorato, magnetico: ti attira, ma non sai perché. Sembra pericoloso, e lo è. Sembra innaturale, e lo è. Scrivere bene è innaturale non è scrivere quello che ti piace scrivere, bensì scrivere il meglio che trovi dentro di te, qualunque cosa sia. Ma ci vogliono anni e anni di scrittura per farlo diventare una seconda natura e riuscirci regolarmente, perché quello che funziona dentro di te è sempre strano, non sembra mai un capolavoro, ma ti dà una sensazione ben precisa che si impara a riconoscere solo con l’esperienza.
4) il timing (parte 1) conseguenza del punto 3 (l’importanza di quello che TU provi per la tua stessa idea) è che le idee vanno scritte ORA. Le idee vanno scritte quando ti vengono, non domani né dopo domani perché è quello che provi ORA per una certa idea che farà il risultato finale, non l’idea in sé. Un’idea è soprattutto qualcosa che sta succedendo ORA nella tua testa, non un’idea allo stato puro, e basta. Due scrittori diversi scriveranno un capolavoro e una schifezza dalla stessa identica idea. Chiaro? Perché la scrittura creativa funziona così. King arriva al punto di consigliare di non parlare con nessuno del tuo romanzo finché non l’hai concluso, per evitare che gli altri cambino quello che TU provi dentro di te nei confronti della tua stessa idea.
  • Il timing parte 2: per la ragione di cui sopra, la tua mentre creativa non funziona così: capitolo 1, capitolo 2, capitolo 3. Nessuno scrive così. La tua mente creativa (purtroppo) funziona piuttosto così: capitoli 1–2–3, pausa. Capitolo 6, capitolo 7, capitolo 9, capitolo 4 e poi indietro, a scrivere i pezzi macanti. E' un gran casino. Tu scriverai quello che ti viene e nel momento che ti viene, e POI rimetterai assieme i pezzi in ordine, come un puzzle. E quando un pezzo indispensabile non ti verrà fuori, tu continuerai a pensarci e ripensarci mentre lavorerai sulle altre parti fino a quando non ti verranno. Il risutato sarà in genere molto breve, ma assolverà lo scopo. Funzionerà. E lo scopo del romanzo è funzionare, non essere profondo, intellettuale, educativo o stronzate del genere. FUNZIONARE è la parola chiave. Tutto il resto non conta. Ma per sbarazzarsi di ogni ‘razionalizzazione’ e seguire solo ‘ciò che funziona’, occorrono anni. Bisogna resettarsi completmente. Bisogna cambiare TUTTA la propria VITA in funzione di dove ti portano I RISULTATI. E questo è il motivo principale per cui la maggior parte degli scrittori NON VOGLIONO migliorare se stessi: perché percepiscono questo processo come una crudeltà. E lo è. Per uno scrittore, automigliorarsi è una crudeltà.
5) la lista della spesa la lista della spesa è il logico contrario (e dunque da evitare) del punto precedente: un buon romanzo non è quello che vuoi tu, ma quello che vuole lui. un buon romanzo non è mai quello che tu vorresti che fosse, e non lo sarà mai. Dire a se stessi: “scriverò questo e quest'altro perché così così sarà un capolavoro” è il modo migliore per scrivere da cani (e lo fanno TUTTI quelli che scrivono male). Farsi la lista della spesa e seguirla è il modo migliore per scrivere da annoiati e affaticati… E dunque annoiare e affaticare il lettore. Alcuni anni fa sono riuscito finalmente a compiere la mia personale rivoluzione copernicana: quanto deve essere lungo il mio romanzo? niente. I grandi scrittori non scrivono 'romanzi'. I grandi scrittori scrivono il numero di pagine che serve a raccontare BENE una determinata storia. Ecco perché ogni romanzo ha una lunghezza diversa dall’altro: perché DEVE essere la storia a decidere quanto sarà lunga, non l’autore. Fino a quando troverai nuovi input interessanti da esplorare, scriverai di più. Viceversa, scriverai di meno. Un romanzo è uno spunto iniziale che ti dà tante idee, non un’idea che ‘merita’ (secondo te) ‘almeno 400 pagine’. L’unica cosa che conta veramente, è portare BENE a termine le proprie idee, non 'essere' uno scrittore. Bisogna spostare il comando ‘militare’ della ‘guerra’ dall’autore all’idea. Bisogna obbedire all’idea, non comandarla.
5) Lo stile sarà la tua condanna. Ieri leggevo un post che diceva che Stephen King non ha un vero e proprio stile nel senso 'letterario' del termine. E' più la sua voce che racconta al vicino di casa una storia 'in soldoni'. E' verissimo. Ma quello che ha dimenticato l'autore del post, è che per riuscire in questa cosa apparentemente semplicissima… occorrono mediamente vent'anni di esperienza COSTANTE. I problemi principali del tuo stile sono (e saranno per sempre) due:
  • A) rileggersi 'da fuori', perché è impossibile. Fate un bell’esperimento. Provatelo, costa pochissima fatica. Descrivete la piazza che volete della vostra città. Poi chiudete la descrizione in una busta e lasciatela in un cassetto per TRE MESI senza MAI aprirla. Tre mesi dopo, strappate per la prima volta la busta e… sorpresa! Dopo un anno senza avere mai riletto quel testo, vi renderete conto con grande sorpresa che la vostra descrizione di quella piazza faceva letteralmente cagare. Questo fenomeno (descritto anche da King) ha una spiegazione (che però aggiungo io): quando lo scrittore rilegge se stesso, 'ricorda' quello che aveva in testa, e dunque ciò che INTENDEVA dire, e dunque gli è impossibile giudicare se stesso perché non è in grado di distinguere tra ciò che intendeva dire e ciò che invece ha messo veramente sulla carta. Purtroppo un autore è in grado di giudicare se stesso soltanto in base ai suoi risultati creativi, mentre per quanto riguarda lo stile non è assolutamente in grado di “vederlo”. Gli è totalmente invisibile. Ma se lo stile non funziona, sulla carta non arriva un bel niente e per scrivere bene BISOGNA risolvere questo problema. Per riuscire a 'oggettivizzarsi' (fare una autocritica dello stile che ‘funzioni’) lo scrittore deve passare ANNI ad auto-coreggersi usando il metodo delle lunghe pause, e AGIRE di conseguenza sul proprio stile (lacrime e sangue…). Durante tali lunghe pause è meglio scrivere qualcos'altro, perché facendolo dimenticherai prima/di più (altro motivo questo per scrivere tanto).
In genere, io correggo il mio ultimo romanzo dopo circa tre mesi, mentre ne sto già scrivendo un altro, e durante quei tre mesi resisto alla tentazione di autorileggermi per il puro piacere di farlo (cosa che da giovane facevo continuamente, rovinando così la pausa che mi avrebbe consentito di auto-dimenticarmi e, di consegenza, rovinando - come fanno tutti i pivellini - le mie capacità di auto-revisionare il mio stile).
  • B) 'universalizzarsi' cosa vuole uno scrittore dal suo stile, in soldoni? Vuole che tutti quelli che lo leggono, leggano la stessa cosa. Poi per carità, quella cosa può piacere o non piacere (i gusti sul contenuto sono gusti) ma ciò che conta veramente è 'trasmettere' una certa cosa a QUASI tutti. Il problema è che il pensiero di noi esseri umani NON è universale. Quando noi pensiamo nelle nostre teste, diamo per scontate tutta una serie di cose che per gli altri non lo sono, e queste cose sottointese sono molte [di più] e [più importanti] di quelle che scriviamo ‘effettivamente’. Ognuno di noi sotto indende determinate cose, e ognuno le sotto intende diversamente dagli altri. Lo scrittore che funziona, è quello che ha passato talmente tanto tempo a rileggersi 'da fuori', che ha imparato a tradurre il suo pensiero in scrittura universale, una forma di scrittura che fa lo stesso effetto (soprattutto emotivo) sul 90% dei lettori (perché al 100% non ci arrivava nemmeno Edgar Allan Poe, Tolstoji e nessun altro). Ma questo è un processo PURAMENTE empirico, e nessuno al mondo potrà insegnartelo perché ognuno di noi deve trovare il SUO modo di risolvere il SUO problema. In altre parole, è un cammino solitario che dura anni durante il quale nessuno ti aiuterà SE NON RILEGGERTI DOPO LUNGHE PAUSE. L’unico aiuto che puoi trovare è, al massimo, una persona che ti dica: “questa parte è migliore di quest’altra”, e tu ne trarrai le tue conseguenze. Ma DEVE essere un lettore ‘illuminato’ (non troppo amico, non troppo nemico, uno che sa quel che dice, eccetera). E trovare tali super-letori non è per niente facile.
6) la musa sarà la tua maledizione continuando per almeno 3–5 anni a inseguire risultati, arrivi a una tragica conclusione: nella pianificazione c'è la noia, nell'improvvisazione c'è il genio. Ma saltare continuamente a piè pari nel vuoto, non è per nulla facile, né divertente, né piacevole. E spesso ti fai un male della madonna. Vi ricordate quando vi ho detto di dare a ogni idea il numero di pagine 'che serve' per raccontarla? Vi ricordate quando vi ho detto di scrivere le idee quando vi vengono (e non domani, né dopo domani)? Tutto questo questo si raccorda perfettamente con quest'ultimo punto: uno scrittore ha un'idea, comincia a scrivere. L'idea è complessa, con varie trame che si intrecciano, il numero di pagine sale. Nel farlo, tutto quello che pianificherai, sarà grigio e passabile, mentre tutto quello che improvviserai sarà una gemma. Sarà fuori dal comune. Ma scrivere 400 pagine improvvisate, 400 pagine TUTTE provenienti da idee scritte nel momento ESATTO in cui quelle idee ti sono vengono (e poi ricomporre il puzzle in modo che tutto funzioni alla perfezione) è UN CASINO DELLA MADONNA… Ma è ciò che fanno TUTTI i tuoi scrittori preferiti.
E se ci riesci, quello sarà il migliore romanzo della tua vita per quelle che erano le tue capacità di scrittore in quel momento. O di più. Già. Perché solo improvvisando riesci a scrivere addirittura MEGLIO dello scrittore che sei.
In definitiva, il grande scrittore insegue SOLO i risultati e DIVENTA ciò che scrive meglio. Se scrivi meglio fantasy, accettalo. Se scrivi meglio gialli, accettalo. Se vuoi scrivere meglio, DEVI diventare i tuoi risultati.
E questo è il motivo per cui la maggior parte degli scrittori smettono di scrivere.
Perché presto o tardi, TUTTI gli scrittori scoprono che ‘scrivere bene’ e ‘dare il massimo’ significa NON scrivere quello che ‘vorresti’ scrivere, ma ‘trovare il meglio dentro di te e scriverlo’… qualunque cosa esso sia.
E questo per definizione non è MAI quello che vorresti scrivere.
Mai, mai, mai.
Tanto meno, ti farà mai diventare lo scrittore che vorresti diventare.
Vuoi diventare uno scrittore fantasy? Scordatelo.
Vuoi diventare il nuovo Dan Brown? Scordatelo.
Diventerai quello che funziona dentro di te e non sarà mai quello che pensavi.
Un mio amico che scriveva libri esistenziali di una noia assoluta, ma rideva come un pazzo quando guardava i film Christian De Sica e Massimo Boldi. Gli ho fatto scrivere allora così’, solo per esercizio, un racconto brevissimo che fosse una commediola volgare… Lui ha scritto un capolavoro, ma poi ha smesso di scrivere per sempre.
Un altro scriveva fantasy orrendi e interminabili, ma anche ottimi racconti polizieschi brevi. Quando gli ho detto che dovrebbe mollare il fantasy e provare a scrivere un thriller, mi ha praticamente risposto che lui non scriveva per scrivere bene, ma per divertirsi.
George Martin è stato uno scrittore di fantascienza PER TUTTA LA VITA, ma il suo capolavoro è l’unico vero fantasy della sua vita. Il famoso Trono di Spade è il suo unico vero fantasty, ed è scritta CENTO VOLTE MEGLIO di qualunque suo altro dei suoi lavori.