Hanno anche una carriera in proprio, ma cedono i potenziali successi a interpreti famosi. Ecco chi sono.
Mica c'è soltanto Gaetano Curreri, autore storico della canzone italiana ma anche frontman di una delle band più famose in circolazione (i suoi Stadio hanno appena vinto il Festival di Sanremo, oltre a David di Donatello e Nastri d'Argento).
La colonna vertebrale della nuova canzone pop italiana è formata da signori autori che scrivono brani fondamentali pur rimanendo costretti dietro le quinte. E che si concedono il lusso di pubblicare dischi per il solo genuino piacere di farlo perché pochi li conoscono e, di conseguenza, li acquistano.
Ad esempio Pacifico, che ha firmato Per sempre e Ti penso e cambia il mondo per Celentano, Sei nell'anima per la Nannini oltre ad altri brani per Mengoni, Morandi, Zucchero, Mannoia, Venditti, Ramazzotti e Bocelli fino a una quota di 28 superstar che cantano le sue parole. Oppure Ermal Meta, giovane albanese arrivato a Bari oltre vent'anni fa che si è fatto conoscere con La fame di Camilla ma poi ha continuato scrivendo per Patty Pravo, Annalisa, Renga, Giusy Ferreri, Lorenzo Fragola, Emma, Francesca Michielin ed altri. Era anche tra le Nuove Proposte dell'ultimo Festival di Sanremo ma non ha avuto la stessa visibilità che spesso hanno i suoi brani per altre voci. Insomma, stiamo parlando di una generazione di talenti che paga il generale disinteresse verso una categoria che in altri Paesi gode di una dignità ben maggiore. Forse, ma è utopia, ci vorrebbe un talent show dedicato (anche) agli autori. O semplicemente basterebbe qualche incentivo in più, giusto quanto basta per togliere il sospetto che, per garantirsi libertà di vita e di ispirazione, il fior fiore dei nostri compositori pop riservi il meglio della propria produzione per gli artisti ormai consolidati e quindi redditizi. E non è un problema secondario: «Gli autori sono una pietra angolare di una industria, quella creativa e culturale, che in Italia vale 47 miliardi di euro l'anno e dà lavoro a un milione di persone» spiega il presidente della Siae, Filippo Sugar, che sottolinea il problema decisivo: «Se gli autori non sono messi in condizione di vivere dignitosamente del loro lavoro, non sono liberi di creare».
E difatti, soprattutto nel corso degli ultimi due decenni, l'elenco di chi scrive capolavori senza cantarli si è allungato a dismisura. Uno dei più grandi è da sempre Gianni Bella, autentico deus ex machina che la vita ha costretto a tenere un profilo sempre più riservato. Ma ci sono ad esempio creativi come Bungaro, premio della critica al Festival 1988, e oggi conclamato firmatario di brani per Vanoni, Mannoia, Ferreri, Morandi, Chiara Galiazzo, Mengoni e altri. Oppure Gatto Panceri, monzese del '62, che ha iniziato come solista e mettendosi in luce con il disco Cavoli amari del 1992 e poi ha inanellato, oltre ad altri suoi dischi, una quantità sterminata di collaborazioni a cinque stelle. Per citarne qualcuna: Mina, Giorgia (anche Vivo per lei in coppia con Bocelli), Massimo Ranieri, Raffaella Carrà, Syria, Fausto Leali e una serie interminabile di altri grandi nomi.«Troppo spesso - continua Sugar - a loro non restano che le briciole mentre i grandi intermediari tecnologici fanno la parte del leone, guadagnando cifre astronomiche su contenuti culturali che altri hanno creato». In sostanza, i compositori sono sempre meno protetti a vantaggio di chi fa circolare le loro opere. La vecchia, e spesso troppo ideologizzata, battaglia cultural-politica contro le cosiddette major ha contribuito ad allargare il crepaccio (anche economico) tra chi compone e chi distribuisce un'opera d'arte, in questo caso le canzoni.
E i grandi provider, siano telefonici o web, si sono inseriti in una clamorosa vacatio legis e l'hanno sfruttata a proprio favore. Perciò autentiche e bravissime compositrici come Federica Camba pubblicano dischi in proprio ma sono soprattutto conosciute come autrici. Lei (spesso insieme con Daniele Coro) ha scritto per popstar mondiali come Laura Pausini e per la prima fila della nostra canzone: Morandi, Nek, Annalisa, Emma, Amoroso, Tatangelo, Tozzi. E Niccolò Agliardi? È uno dei più rigorosi in circolazione, uno che mette anima, mente e corpo nella creazione della musica. Ha pubblicato qualche disco, molti singoli e tenuto tanti concerti. Poi ha scritto per Laura Pausini (ad esempio Benvenuto da Inedito), Simona Molinari, Ramazzotti, Emma e via dicendo. Soprattutto, è autore della colonna sonora della serie tv Braccialetti rossi, successo enorme di share, di ascolti radiofonici e anche di risalto sulla stampa. Insomma, c'è una generazione di autori che in Italia hanno davvero contribuito a disegnare il nuovo volto del nostro pop ma che pochi (ri)conoscono.
Eppure spesso noi comuni ascoltatori ce ne dimentichiamo. Senza dubbio è una mancanza culturale (i giovani musicisti spesso si sentono chiedere che lavoro fanno per sopravvivere). Ma è anche un cinico segno dei tempi, sempre più legati all'immagine e sempre meno a chi la crea. «È un sistema che, oltre a essere profondamente ingiusto, mina la libertà e corrode i diritti degli autori, minacciando la nostra identità culturale», dice Sugar. Dopotutto, qui dalle nostre parti la cultura è il terzo settore per numero di occupati (dopo ristorazione e costruzioni e prima di automobili e lusso) ma è il più sottovalutato soprattutto da chi ne ha sempre fatto una bandiera. E tutta una generazione di grandi firme è obbligata a una battaglia di retrovia per continuare a rimanere sotto i riflettori (anche solo per interposta persona).