Nella terminologia
della musica leggera (principalmente pop e rock), una cover
è la reinterpretazione o il rifacimento di un brano musicale - da
altri interpretato e pubblicato in precedenza - da parte di qualcuno
che non ne è l'interprete originale.
La differenza tra interpretazione
e cover non è ben definita: in genere quando un musicista interpreta
un brano considerato un classico della musica eseguito innumerevoli
volte si esita ad usare il termine cover (si parla in questo
caso piuttosto di interpretazione). Il termine cover è invece
maggiormente utilizzato per indicare la reinterpretazione di brani
relativamente recenti (come nel caso delle "cover band"
e delle tribute band, gruppi musicali che interpretano solo canzoni
note scritte da altri) o una versione differentemente arrangiata.
In altri ambiti musicali (nella musica
classica, ad esempio) l'esecuzione di una stessa composizione da
parte di interpreti diversi è la regola, quindi non esiste un
termine corrispondente. Nel jazz si definisce standard il tema di una
canzone nota, che i musicisti usano come base per variazioni e
improvvisazioni: queste, tuttavia, non sono semplici interpretazioni
o arrangiamenti della canzone originale, quindi non sono assimilabili
a "cover".
Aspetti economici
Fatta salva la remunerazione relativa
all'interpretazione, i diritti economici e le rendite relative
all'esecuzione o alla riproduzione di un brano sono dei suoi autori
ed editori, i cui nomi devono solitamente essere pubblicati in calce
alla riproduzione audio.
Talvolta la cover di una canzone
è caratterizzata dalla modifica della parte letteraria, spesso
perché adattata, tradotta o riscritta in un'altra lingua. In tal
caso i diritti possono essere divisi percentualmente a seconda
dell'entità delle modifiche tra gli autori ed editori originali e
chi ha eseguito l'adattamento, a seconda di quanto stabilito dalla
locale società che tutela il diritto di autore: in Italia, la Siae,
che parla in questi casi di sub-autori e sub-editori.
Qualora invece uno o più autori
vogliano far passare per propria un'opera, o anche solo parte di
essa, scritta in realtà da altri, omettendo cioè di attribuire gli
autori originali, non si può parlare di cover ma piuttosto di
violazione del diritto d'autore o del copyright, a seconda della
giurisdizione.
Cenni storici
Quando negli anni venti l'industria
discografica era agli albori anche l'aspetto promozionale non era
molto sviluppato, e l'acquirente-tipo spesso era una persona matura,
interessata ad acquistare dischi contenenti determinate canzoni,
senza particolari preferenze per chi ne fosse interprete. La casa
discografica doveva perciò "coprire" o "includere"
(to cover in inglese) la canzone.
Negli anni trenta, durante la swing
era, artisti come Glenn Miller cominciarono ad avere enorme
successo radiofonico e l'età del pubblico diminuì gradualmente. Le
case discografiche continuavano comunque a concentrarsi più sul
brano di successo che sull'interprete o autore.
Negli anni cinquanta, agli albori del
rock and roll molti brani di successo delle prime star di colore
furono reinterpretate in versioni più leggere, in modo da essere più
vendibili e fare da ponte (to cross over) tra il pubblico
giovanile e quello più conservatore dei genitori e delle emittenti
radiofoniche. Molto spesso le versioni originali erano state
realizzate da artisti di colore e non sarebbero state trasmesse da
molte radio americane. Venivano quindi realizzate versioni edulcorate
dei brani, cantate da cantanti bianchi, che spesso ottenevano grande
successo, oscurando (e "coprendo") le versioni originali.
Questi rifacimenti venivano chiamati cross cover version.
Da allora, particolarmente in ambito
pop e rock, il termine cover si è diffuso ed ha assunto il suo
attuale significato comune.
Le cover in Italia
Nel contesto Italia le cover più note
sono state spesso una traduzione di brani già noti all'estero.
Ad esempio, negli anni sessanta, la
beat generation italiana, ed in generale la musica pop italiana degli
anni sessanta e settanta, ha attinto a piene mani dal repertorio
inglese e americano traducendo decine di brani, spesso all'insaputa
del pubblico che credeva che l'interprete fosse anche l'autore.
Nel compiere una traduzione
l'adattamento della melodia è un compito non semplice, e può
portare ad alcune incongruenze rispetto al testo originale. Ad
esempio Una città per cantare di cui Ron è l'interprete
italiano, è la traduzione, anche se non letterale, di The Road
di Danny O'Keefe, incisa anche da Jackson Browne.
In altri casi ancora non vi è alcuna
traduzione, ma uno stravolgimento totale dei testi. In questi casi,
sebbene in Italia si usi il termine cover, forse sarebbe più
corretto il termine remake o adattamento.
In molti altri casi, specialmente negli
anni '60 e '70, vi furono invece brani italiani ripresi da interpreti
stranieri, in particolare angloamericani, segnaliamo la versione di
Dean Martin della celebre Nel blu dipinto di blu di Domenico Modugno
(ma incisa da innumerevoli altri interpreti), Help Yourself
che prima di essere un successo di Tom Jones era stato interpretato
da Dino e Wilma Goich col titolo Gli occhi miei, You're my
world, che è Il mio mondo di Umberto Bindi inciso da
Cilla Black, Silent voices, cioè La voce del silenzio,
e moltissime altre.
Anche in Giappone ed in America Latina
le canzoni italiane hanno avuto innumerevoli reincisioni e cover.
Inoltre le cover italiane hanno avuto
molto successo negli anni 60-70 ed 80 nei paesi del Blocco comunista
come ad esempio la traduzione in Ceco di Felicità di Albano e
Romina tradotta con il titolo stravolto di Dovolenà
(Vacanze).
La più prolifica interprete di cover
in Italia è senz'altro Mina che già negli anni sessanta reincideva
canzoni di Sanremo a pochi giorni dalla loro presentazione al
Festival da parte di altri artisti e per molti anni ha pubblicato
ogni anno un doppio album con un disco di inediti e uno di cover.
Il fenomeno delle cover ancora oggi
continua, un esempio è La primavera cantata da Marina Rei nel
1997, una traduzione della canzone You To Me Are Everything
dei The Real Thing.
Tra 1999 e 2008 Franco Battiato è
stato uno dei più prolifici interpreti di cover, con i suoi tre
album Fleurs (1999), Fleurs 3 (2002), Fleurs 2
(2008), contenenti cover di artisti italiani e stranieri tutte
riarrangiate e alcune tradotte.
Nel novembre del 2006 Laura Pausini ha
pubblicato un album, Io canto, interamente composto da cover
di celebri canzoni italiane. L'album è stato pubblicato con successo
anche in versione spagnola con il titolo di Yo Canto.
Il 19 settembre 2008 il cantautore
Mango pubblica l'album Acchiappanuvole, titolo tratto da un
verso della canzone Ragazzo mio di Tenco, (1964), che contiene
14 cover. Il singolo che anticipa l'uscita del nuovo lavoro è La
stagione dell'amore, cantata assieme al suo stesso autore Franco
Battiato. Acchiappanuvole è disco di platino.
Produzioni per certi versi assimilabili
alle cover, anche se in senso stretto non possono definirsi tali,
sono quelle che vedono un brano di successo interpretato in altre
lingue dallo stesso cantante che lo ha inciso nella versione
originale. Molti cantanti italiani, fra i quali ad esempio Franco
Battiato, Domenico Modugno, Mina, Lucio Battisti, Albano e Romina e
molti altri, hanno inciso versioni in lingua straniera di alcuni loro
successi italiani, ma anche diversi cantanti stranieri (ad esempio
Charles Aznavour, Dalida, Paul Anka, Barbra Streisand, Demis Roussos,
Sting e molti altri) hanno realizzato versioni italiane di alcuni
loro brani.
Omaggi e cover
Negli anni sessanta esistevano
fondamentalmente due approcci diversi alle cover.
Il primo consisteva nel presentare una versione italiana di un
brano di un autore od un gruppo famoso già noto all'estero: questa
era spesso la via per un successo sicuro.
Il secondo approccio era di proporre
come nuovo qualche brano poco noto recuperato nel vasto repertorio
anglosassone. Alcuni gruppi facevano largo uso di questo approccio
(ad esempio i Corvi o i Dik Dik).
Con il passare degli anni l'approccio
alle cover è cambiato; spesso artisti di successo eseguono una cover
per onorare e omaggiare (in inglese to pay tribute to) un
artista da loro apprezzato (ad esempio Sting ha reinterpretato con
successo Little Wing di Jimi Hendrix).
Altri gruppi si specializzano
nell'esecuzione di sole cover (cover band) o addirittura nei
brani di un solo artista o gruppo (tribute band). Oggi la tendenza di
questi gruppi è di concentrarsi sulla riproduzione fedele delle
musiche, dei testi e a volte anche del look, con una casistica minore
rispetto al passato (anche se sempre presente) di brani tradotti o
adattati.
Vengono prodotti anche album interi di
cover dedicate ad un unico artista (tribute album) anche da
gruppi non pop; a titolo di esempio citiamo The Spirit of St.
Louis dei Manhattan Transfer dedicato a Louis Armstrong, oppure
The String Quartet Tribute to R.E.M. (e innumerevoli altri
album) degli String Quartet. Nel 2006 Bruce Springsteen ha
conquistato le classifiche con We Shall Overcome: The Seeger Sessions
un tribute album, dedicato alle canzoni di Pete Seeger.
In Italia Lucio Battisti e Fabrizio De
André hanno ricevuto numerosissimi tributi. Ad esempio nel 1993, nel
1994 e nel 2006 sono stati pubblicati 3 album tributo a Lucio
Battisti intitolati Innocenti Evasioni (tra gli interpreti Fabio
Concato, Nek, Giorgia, Samuele Bersani).
Cover parodistiche
Esistono anche delle cover eseguite in
maniera parodistica; a questo proposito in Italia sono note quelle
effettuate dal Quartetto Cetra in vari programmi televisivi; negli
anni seguenti si sono cimentati in questo stile anche altri
interpreti come gli Squallor (Sono una donna, non sono una santa),
Elio e le Storie Tese (Help me, Nella vecchia azienda
agricola, Balla coi barlafus e altre), Stefano Nosei
(Lasagne verdi), la Gnometto band, i Gem Boy e Leone di
Lernia, negli Stati Uniti d'America Weird Al Yankovic, in Germania
Otto Waalkes.
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