Hollywood ama le storie di caduta e redenzione. È un meccanismo narrativo perfetto: una stella che brucia troppo in fretta, l’inevitabile discesa nell’oblio e, infine, l’ascesa gloriosa, tra le fiamme di un revival inaspettato. Ma tra tutti i protagonisti di queste parabole cinematografiche e umane, due nomi brillano più di altri: John Travolta e Robert Downey Jr.

Sono storie diverse, ma unite da un filo comune: quello del carisma, del talento e del momento giusto. Eppure, se uno dei due può essere considerato un “ritorno clamoroso”, l’altro rappresenta qualcosa di più raro: una resurrezione completa, esistenziale, industriale.

John Travolta: l’idolo che non voleva arrendersi

Negli anni ’70, Travolta sembrava destinato a diventare l’uomo più amato d’America. Prima lo show televisivo Welcome Back, Kotter, poi il successo planetario di La febbre del sabato sera e Grease. Era giovane, bello, magnetico. Sapeva ballare, cantare, recitare. Aveva il mondo ai suoi piedi.

Poi, il crollo.

Una serie di scelte sbagliate – Blow Out (un capolavoro di De Palma ignorato dal pubblico), Staying Alive, Two of a Kind – lo relegarono ai margini. Gli anni '80 non erano gentili con le star del decennio precedente. Travolta sembrava diventato un relitto del passato, una reliquia della disco music in un'epoca dominata dai nuovi volti dell'action e del cinema postmoderno.

Fino al 1994.

Con Pulp Fiction, Quentin Tarantino lo resuscita artisticamente. Quel Vincent Vega, con la camicia sgualcita e i capelli impomatati, è l’emblema del ritorno: cool, ambiguo, irresistibile. Travolta viene nominato all’Oscar, torna nella lista A, diventa richiesto. Seguono anni di grandi produzioni: Get Shorty, Face/Off, The General’s Daughter.

Poi, di nuovo, la discesa. Battlefield Earth (2000) è uno dei peggiori disastri critici e commerciali della storia del cinema. Da lì in poi, Travolta continua a lavorare, ma come comprimario, spesso in film minori o ruoli secondari.

Travolta ha vissuto il ritorno. Ma non ha mantenuto la vetta.

Robert Downey Jr.: dalla polvere al trono

E poi c’è Robert Downey Jr.: il figliol prodigo, il genio rovinato, l’eroe redento.

Attore brillante già da adolescente, Downey era l’anti-star per eccellenza. Più intellettuale che glamour, più talento che disciplina. Il suo ruolo in Chaplin (1992) gli valse una nomination all’Oscar. Ma nel frattempo, la sua vita personale implodeva.

Droghe, alcol, arresti, riabilitazioni fallite. Per un periodo fu il volto più ricorrente della cronaca nera hollywoodiana. La carriera era in frantumi. Il talento non bastava più: era diventato tossico, nel senso più letterale.

Eppure, Downey Jr. aveva qualcosa che Travolta non aveva mai perso del tutto: la credibilità artistica. Anche nei periodi più bui, nessuno negava il suo genio recitativo. Piccole gemme come Kiss Kiss Bang Bang o Zodiac cominciarono a ricostruirne l’immagine. Poi, nel 2008, la svolta definitiva: Iron Man.

Quando venne scelto per interpretare Tony Stark, molti alzarono le sopracciglia. Affidare l’avvio di un intero universo cinematografico a un attore dalla reputazione così fragile sembrava un azzardo. Ma Downey Jr. non deluse. Fu perfetto. Ironico, umano, affascinante, vulnerabile. Era Stark. E lo fu per più di dieci anni, guidando il Marvel Cinematic Universe a diventare il franchise più redditizio della storia del cinema.

Non solo è tornato. È diventato più grande di quanto non fosse mai stato. Ha incarnato il personaggio simbolo di una generazione e ha chiuso il suo arco narrativo con un sacrificio iconico in Endgame. Nel frattempo, ha ricevuto un Oscar per Oppenheimer, consacrandosi anche sul piano autoriale.

Conclusione: chi ha avuto il ritorno più grandioso?

La risposta è chiara: Robert Downey Jr.

Travolta ha avuto un ritorno brillante, un revival leggendario, ma temporaneo. Downey Jr. ha riscritto la sua esistenza, ha scalato una montagna che sembrava preclusa e si è seduto sul trono delle superstar globali. Ha fatto di più che tornare: ha dominato. E lo ha fatto non solo per merito del marketing o dei franchise, ma per la potenza del talento, la forza della redenzione, e il carisma di un uomo che si è rifiutato di restare nel buio.

In un’industria che dimentica in fretta, Downey Jr. ha fatto ciò che pochi riescono anche solo a sognare: essere perdonato, essere celebrato, essere ricordato.