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L'industria musicale è costituita dalla rete di case di produzione discografica, dalle piattaforme virtuali per la divulgazione / promozione / recensione, dalle riviste musicali, dai portali di download a pagamento, dalla rete di distribuzione e da tutto ciò che contribuisce a creare musica destinata alla commercializzazione e divulgazione.
È in buona parte controllata dalle cosiddette major, ossia dalle etichette maggiori. Iniziò il suo sviluppo inteso nel senso moderno intorno al 1880, quando vennero inventati il fonografo ed il grammofono, con i relativi supporti musicali. I veri e propri accenni ad un mercato discografico imponente si hanno dal secondo dopoguerra, quando cominciano a diffondersi a macchia d'olio jukebox e impianti domestici.
Negli anni settanta, le sopracitate major, costituite da una "casta" di sole 7 aziende (CBS, Capitol, Mca, PolyGram, Rca, A&M, Warner) controllavano il 90% del mercato, a discapito delle aziende più piccole o locali. Situazione che attualmente è cambiata poco, infatti, dopo diverse fusioni, acquisiti, unioni e joint-venture, le major sono diventate le seguenti: WEA, Sony, BMG, Virgin ed Universal.
Sono aumentate altresì le etichette musicali indipendenti, create per dare voce a generi di nicchia, sottogeneri, artisti locali o emergenti (business che comunque non supera il 20% del mercato mondiale) e profitti che, data la situazione discografica attuale, sono sempre in calo (infatti dalla 2 metà degli anni 2000 alcune etichette indipendenti, anche italiane, hanno dovuto chiudere o fondersi con altre compagnie per sopravvivere).

In Italia le etichette indipendenti e le altre aziende che partecipano alla discografia italiana sono rappresentate dalla FIMI (Federazione industria musicale italiana) e sono più di un centinaio.