Cosa vorranno comunicarci i mobilifici
con i loro intriganti jingle? Scopriamolo insieme.
Come sono arrivata ad essere music
editor di una testata autorevole e selettiva come Noisey? Non riesco
a darmi alcuna risposta a questo interrogativo. Molto probabilmente è
successo grazie alla mia profondissima ed estesissima cultura
musicale, nata con me nel cuore degli anni Ottanta. E sappiamo tutti
che gli anni Ottanta hanno prodotto amenità in ambito musicale come
per esempio l'avvincente esordio di Pippo Franco nella boyband di se
stesso, la deliziosa quota rosa politicamente corretta Jo Squillo, la
discografia di Ambra Angiolini, i Bee Hive interpretati dal cast di
Bimbumbam. Queste sono solo alcune delle influenze musicali che mi
hanno convinta, sin dalla giovane età, del potere assoluto della
musica e soprattutto della sua capacità di appianare ogni
incongruenza ontologica o morale.
Con gli anni mi sono altresì resa
conto che, molte volte, aggiungere della musica a una situazione
altrimenti poco attraente potesse fare l'effetto di quando metti la
maionese in un panino di merda. Saprà comunque di maionese. Sembra
che questa eclatante verità non l'abbia capita solo io, infatti c'è
tutta una schiatta di personaggi il cui lavoro è capire le cose
prima di me, prima di voi, prima di tutti e ritrasformarle in altre
cose che a voi sembrerà di non capire o di capire per la prima volta
quando invece sotto c'era tutto un lavoro di concepimento e
comprensione che è il lavoro a monte che vi frega. Queste persone
nate per fregarvi sono i pubblicitari.
Non vi sto qui a scrivere un saggio
sulle interconnessioni tra pubblicità e musica, almeno, non oggi. In
Italia abbiamo una tradizione musicale legata alle pubblicità che
inizia con il Carosello, programma tanto amato dai genitori di una
generazione che si è appassionata, prima ancora che ai film, alle
pubblicità, per poi lamentarsi del consumismo dei propri figli.
Certo, le canzoni delle pubblicità dei
caroselli erano divertenti perché c'era ovviamente Nilla Pizzi e
altri artisti buffi degli anni Cinquanta-Sessanta, ma la loro
attitudine sbarazzina nei confronti del ruolo ancillare della musica
al prodotto ha avuto conseguenze catastrofiche.
In particolare, queste conseguenze si
sono riversate sull'industria immobiliare, e qui chiudiamo il cerchio
sul perché mi trovo adesso qui imbarazzantemente a scrivere di
musica. Ecco che ora possiamo insieme sviscerare maieuticamente il
motivo: nelle mie orecchie girano da circa vent'anni motivetti legati
al commercio del legname.
Per liberarmi la coscienza da questi
demoni che mi perseguitano oramai da tutta una vita, ho deciso di
riversarli in una breve lista che chiamerò semplicemente ELENCO DEI
JINGLE DI MOBILIFICI. Lo faccio, cari miei, mica solo per motivi
personali, ma pure perché ritengo onesto aprirvi gli occhi su quanto
i mobilifici abbiano contribuito a rovinare l'industria musicale (per
non parlare dei loro mobili con scaffali sempre troppo alti o troppo
bassi per contenere i miei stereo e le mie collezioni di
audiocassette degli Aqua).
Non sono l'unica ad essere ossessionata
con le canzoni dei mobilifici, vedi per esempio questo utente Yahoo
Answers che da anni si arrovella per trovare la canzone di un
mobilificio.
Purtroppo per l'utente Roberto M. il
link nella risposta rimanda ad un video inesistente, segno che
l'utente Vålę♥Niςk ☁ѕнσω мє тнє яαιивσω☁ è
chiaramente un'emissaria della lobby dei pubblicitari che scelgono le
canzoni dei mobilifici, per poi lasciarle fluttuare e riprodursi
adlibitum nei nostri centri neuronali senza che possiamo mai trovare
pace o redenzione dalla loro assillante presenza.
Il mio jingle preferito delle
pubblicità di mobilifici è sempre stato quello della Galleria del
Mobile in via Forze Armate e Piazza Gobetti, ma purtroppo non ve n'è
traccia in alcun archivio online, sono solo riuscita a reperire in
una biblioteca (di cui non sono autorizzata a rivelarvi l'indirizzo)
un vecchio spartito di tale jingle.
Rimarrà sempre un grande incompreso,
invece, il genio che un giorno si è svegliato e ha deciso di
accostare la sponsorizzazione dei propri mobili a un'ilare marcetta,
ma soprattutto a uno sciame incontrollabile di majorettes in preda a
un attacco di tourette. Sto parlando proprio di lui,Il Mercatone
dell'Arredamento di Fizzonasco. Purtroppo non sono riuscita a
reperire la pubblicità originale in cui le ragazze pon-pon della
doppia anta si davano da fare di brutto con i paletti (che secondo
fonti certe erano gambe di tavoli) ma la canzone è rimasta
esattamente la stessa.
Ed eccoci al terzo esempio di
stupefacente jingle di mobilificio, che fa leva sulla teoria
cartesiana del remo spezzato, ovvero: le nostre percezioni sono
sempre veritiere? Possiamo veramente affidarci ai nostri sensi per
dedurre verità oggettive oppure dobbiamo sempre sospettare che il
mondo non sia davvero come appare ai nostri stupidi limitati occhi?
Le lyrics della struggente ballata di Euroarredi sembrano suggerirci
proprio questo viaggio interiore nel dubbio iperbolico, per poi
fornirci un solido appiglio alle nostre malferme elucubrazioni
nell'unica certezza del design industriale.Già nelle pubblicità
precedenti, il team creativi di Euroarredi aveva tentato di spiazzare
l'acquirente facendo leva sulle nuove tecnologie, ma "Se non
vieni non ci credi, non ci credi se lo vedi, Euroarredi" è
diventato il motto di un'intera generazione che è successivamente
andata a fare acquisti altrove perché troppo scombussolata da tutto
questo mettere alla prova le proprie certezze.
A questo punto mi pare doveroso citare
Aiazzone, che elegge come lead singer del proprio motivetto un vero
esperto in materia, Lallo il castoro del Canadà, che mangia solo
legno di prima qualità. Questo dovrebbe far capire agli avventori
che ogni singolo mobile è ok perché è stato preventivamente
testato dal sommelier ufficiale di randelli, il caro Lallo. Non
circola più online la versione in cui figurava l'assolo di Lallo, ma
anche questa è abbastanza esplicativa.
Ultimo lampante caso di endorsement
mobile-musica è il Doo-Wop strappalacrime di Mondo Convenienza,
cantato dalle sorelle convenienti del Trio Lescano, che si divertono
un mondo a fare le tirchione.
Dopo aver rivisitato rapidamente la
patristica dei casi di mobilificio sonoro degli anni Ottanta,
propongo in questa appendice alcuni epigoni che meritano una menzione
d'onore per come hanno saputo connubiare con originalità il
contenuto del proprio showroom con un delizioso tocco di grazia
sonoro.
Iniziamo da Mobilificio Lupin che
elabora un remix Electro / Hip-Hop / IDM del leitmotiv della cultura
napoletana "Vota Antonio" di Totò. Il resto dello spot
contiene musica meno bella, ma il siparietto in corso riequilibra
decisamente l'assenza di jingle.
Diverso invece il caso Mobilificio
Barbato, che ha deciso di chiamare per curare la soundtrack dei
propri sontuosi interni il sound designer Brian Eno, che ha composto
per l'occasione un brano intitolato "Ho Voglia di Tek".
E come non menzionare il John Cage dei
mobilifici, il leviatanico CENTRO DELL'ARREDAMENTO.
Centro Mobili del Cavalier Monteforte e
Figli invece sceglie per la sua trendy presentazione uno stile
decisamente glam, tra il funky e il freejazz come delicato sottofondo
ad una speaker accattivante.
Ci sarebbero ancora altri triliardi di
esempi su come il mobile e la musica siano decisamente un'endiadi
vincente, ma credo mi fermerò qui. Voi non animatevi se dopo aver
letto questo trattato sarete presi dal fortissimo impulso di spaccare
tutti i mobili di casa vostra, è la conseguenza dei numerosi
messaggi subliminali che avete appena ascoltato, tutti contenenti
istigazioni alla violenza contro i mobili, in modo che domani voi
siate nuovamente alle porte di un mobilificio. La vita è crudele.
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