La tecnica del canto
è quell'insieme di accorgimenti,
appresi con l'allenamento e lo studio, necessari ai cantanti per
evitare danni alla laringe e per ottenere al contempo una voce
timbricamente gradevole, potente e con un'ampia gamma cantabile, cioè
un'estensione vocale dalla nota più bassa alla più alta in cui il
timbro sia omogeneo e l'intonazione corretta e stabile.
Tutti, più o meno, possono cantare una
canzone. Molti di meno invece riescono a cantare più canzoni di
seguito, anche semplici: dopo qualche minuto un cantante improvvisato
comincerà a sentire mal di gola, e la sua voce inizierà a farsi
rauca e sfiatata; se nonostante tutto continua a cantare, di lì a
poco si ritrova afono, e corre il rischio di procurarsi un edema.
Questo accade perché, istintivamente,
il cantore di cui sopra usa la sua voce come se parlasse. Ma l'uso
della voce che si fa normalmente, sebbene sufficiente allo scopo di
parlare, imporrebbe alla laringe delle sollecitazioni notevoli nel
caso del canto: per poter cantare per ore senza danni, senza sforzo e
con una voce sempre gradevole, il cantante deve adattare la sua voce
in modo diverso, utilizzando particolari modalità di gestione della
respirazione, dell'uso indiretto delle corde vocali, degli spazi
presenti nella zona di risonanza posta tra laringe-faringe-labbra
(vocal tract) che si apprendono attraverso lo studio, l'allenamento e
l'auto-osservazione. Si parla quindi di un "accordo" di
tipo "pneumofonico risonanziale" (pneumo=aria, fonico=corde
vocali, risonanziale=vocal tract).
L'emissione sonora è basata sugli
stessi organi, situati nella stessa zona del corpo umano, che
funzionano nel medesimo modo in base agli stessi principi: ciò che
varia è la modalità di gestione volontaria diretta o indiretta di
tali organi.
Il suono della voce nasce dalla
vibrazione della corde vocali poste all'interno della laringe,
provocata dal flusso d'aria emessa dai polmoni e la nota è stabilita
dalla velocità di vibrazione determinata da proprietà fisiche delle
corde vocali (lunghezza e spessore) variabili tramite l'azione di
alcuni muscoli della gola. La regolazione è un fatto istintivo.
Sempre istintivamente una persona usa, parlando, il minimo flusso
d'aria necessario per far vibrare la propria laringe: la gestione
della respirazione è quindi limitata a tale aspetto. Come studiato e
dimostrato già da Giovan Battista de Lorenzi, i suoni umani sono
generati dalle "corde vocali" ma trattare la voce
esclusivamente come uno strumento a corda è un errore; qualunque di
essa quando attraversata da un flusso d'aria non può emettere suoni
del tipo umano. Si può quindi pensare alle corde vocali come uno
strumento ad ancia "variabile" e vibrante come una corda.
Non è inoltre necessario porre alcun
accorgimento al modo in cui il suono attraversa le zone del vocal
tract poiché quanto appreso in prima infanzia per il parlato risulta
sufficiente, se non sono presenti errori di fonazione che richiedono
l'intervento di un logopedista.
I cantanti, viceversa, hanno bisogno di
usare la voce a lungo e a volume molto alto, anche se mai forzato: il
meccanismo istintivo di fonazione, per loro, non è più sufficiente.
Il sistema di fonazione usato nel canto classico (ma in parte anche
nel teatro di prosa) è la cosiddetta impostazione o voce impostata:
si tratta di sfruttare al meglio una o più delle cavità
orofaringee, come cassa di risonanza secondo il principio sfruttato
in molti strumenti musicali. Va inoltre gestita diversamente la
respirazione e va curato il risultato ottenuto in base alla lunghezza
della "frase musicale" e della note che si devono eseguire.
Per fare tutto ciò sono necessari due
requisiti basilari:
- sostenere durante il suono, in espirazione dai polmoni, un flusso d'aria continuo e maggiore del normale: da qui l'importanza fondamentale del controllo della respirazione e dei muscoli coinvolti (diaframma e muscoli addominali) e di tenere la cassa toracica il più possibile aperta, per espandere al massimo i polmoni;
- imparare, con l'autosservazione e l'aiuto di un maestro, a modellare gola, palato, lingua e labbra per mantenere la risonanza al variare della nota che si sta cantando.
Posizione e apnea sono due elementi
fondamentali e simultanei dello stesso processo che è il canto
cosiddetto "sul fiato" o "appoggiato", tramite il
quale la voce risulta, a chi ascolta, raccolta "in maschera",
vale a dire con una risonanza atta ad ottenere il massimo volume con
il minimo sforzo, e il suono sembra letteralmente "galleggiare".
La giusta "posizione" si ottiene tramite un controllo
mentale costante della sorgente sonora sulle corde, al fine di
mantenere larga la gola, senza mai spostare il suono ad esempio
avanti nel volto o nel naso (falso concetto di canto nella maschera),
cose che comportano in realtà una risalita immediata del diaframma,
una chiusura della gola, una contrazione muscolare, e che si verifica
ad esempio quando si grida o si canta male, anche la musica leggera,
o quando si produce un suono muto forzato nel naso.
L'apnea consente invece nel trattenere
il fiato grazie al gioco della cintura muscolare costale e
addominale, frenando la risalita del diaframma: attraverso l'azione
simultanea di queste due spinte contrastanti, si realizza il perfetto
"appoggio" del suono (vale a dire un suono emesso col
controllo dell'espirazione). Le corde vocali entrano allora in
vibrazione senza dispersione di fiato (laringe abbassata ma non in
modo forzato e muscoli del collo rilassati, labbra raccolte per
consentire il rilassamento della mandibola), lo stesso suono dà al
cantante la sensazione di essere decisamente "sganciato"
dalla zona della gola e "agganciato" alla maschera (fra gli
occhi) per tutta la lunghezza della frase da cantare. È
un'operazione delicata e lunga, spesso frutto di anni, che si
raggiunge più con esercizi sul "piano" che sul "forte"
o sul "mezzoforte". La giusta posizione e l'aggancio sul
fiato permettono di rinforzare o diminuire l'intensità del suono
sulla stessa apnea, senza mai spostare né l'apertura della gola né
la risonanza "in maschera" (che sarà molto alta nella
testa): è la cosiddetta messa di voce, vera prova del nove della
voce correttamente impostata.
Si parla, per indicare lo stesso
metodo, anche di "gola aperta", ma si tratta anche in
questo caso di una terminologia gergale, che non corrisponde affatto
a una banale apertura della gola tramite il fiato né in inspirazione
né tantomeno in espirazione. Per "gola aperta" si intende
invece l'emissione di un suono che, tramite la tecnica dell'appoggio,
risuoni subito "in maschera" creando nella zona posteriore
una "cavità": essa può essere raggiunta più facilmente
con suoni "chiusi", prime fra tutte la vocale U, o
addirittura con una U a bocca chiusa. È in quella stessa posizione
vibratoria che poi andranno messe tutte le altre vocali, fino alla I,
che sarà la vocale più adatta a far percepire invece la cosiddetta
"punta" del suono, emessa però con la gola nella stessa
posizione di U. Analogamente per gli acuti, il loro corretto
raggiungimento, al fine di emettere suoni ricchi di armonici,
morbidi, e se necessario in piano o in pianissimo, si ottiene
mantenendo la stessa posizione mentre si sale, e facendo stirare
maggiormente le corde col solo aiuto del meccanismo respiratorio
costale-diaframmatico, senza far intervenire muscoli del collo o
facciali. L'apertura lievemente più ampia in verticale della bocca
sarà solo una conseguenza della maggiore ampiezza di suono interno,
che induce a mollare la mandibola, ma non è affatto con la bocca più
aperta che si ottiene l'acuto, bensì con una maggiore pressione e
allargamento interno del suono sul fiato e sulla gola aperta.
Cantando con la voce impostata si
avverte sempre una sensazione di vibrazione, che può variare a
seconda della particolare cavità che sta risuonando: normalmente è
localizzata alla radice del naso, ma può anche essere nella fronte
per i suoni più acuti, oppure nel petto per le note più gravi. Si
può anche sentire il suono "correre" lungo il palato e
premere contro gli incisivi superiori. Viceversa, le corde vocali
"scompaiono" quasi, e se la tecnica è corretta non si
hanno sensazioni particolari a livello delle stesse, che sono molto
poco sollecitate: anzi, capita spesso che dopo aver cantato mezz'ora
o più con voce impostata ci si senta la gola perfettamente riposata
e fresca, pronta a ricominciare. È anche per questo che i grandi
cantanti d'opera, prima di uno spettacolo, cantano buona parte
dell'opera chiusi nei loro camerini.
Si definisce registro vocale l'insieme
delle azioni muscolari e tendinee della laringe che inducono una
specifica modalità di vibrazione delle corde vocali eseguita per
l'emissione di un suono, nel caso, una nota. Difatti le corde vocali
vibrano in maniera diversa ed assumono posizioni differenti in
relazione alla frequenza della nota emessa. L'educazione vocale
intende perfezionare l'utilizzo dei registri senza alcuno sforzo. Lo
studio della tecnica del canto la completa con lo scopo
dell'ottimizzazione dei registri durante l'esecuzione di una "frase
musicale" congiuntamente ai concetti di posizione ed appoggio
descritti poco sopra.
È diffusa la suddivisione dei registri
in base alla idea di risonanza della nota cantata: tuttavia questa
peculiarità acustica è legata più ad un principio fisico e non ha
nulla a che vedere con la modalità di vibrazione delle corde vocali.
La denominazione dei registri è storicamente legata alla parte del
corpo che entra in risonanza durante il canto. La vibrazione delle
corde vocali sarebbe inavvertibile senza un elemento che la facesse
risuonare. Se risuona la cassa toracica o almeno il mediastino, in
particolare durante l'esecuzione di note di frequenza bassa, la voce
si dice in registro di petto; se risuona, per note maggiormente
acute, solo nella gola, si dice in registro di gola (e viene evitata
assolutamente durante il canto perché produce un suono debole,
stridulo e poco gradevole); se risuona in testa sfruttandone le
cavità (compresi i seni nasali e frontali), durante l'esecuzione di
note molto acute, si dice in registro di testa.
Poiché le azioni di muscoli e tendini
sono congiunte e continue sull'estensione vocale, esiste anche una
modalità intermedia tra il registro di petto ed il registro di testa
detta registro misto. L'uso di un registro piuttosto che di un altro
é peculiare della nota e del cantante, oltre ad essere non
intenzionale ma bensì del tutto automatico e naturale.
Particolare abilità serve per passare
da un registro all'altro in modo non avvertibile (possibilmente
evitando il registro di gola); l'esecuzione dei vocalizzi permette di
esercitarsi in questa particolarità esecutiva.
Un cantante completo è in grado di
sfruttare più di una cavità per impostare la voce, ottenendo in
questo modo una gamma di suoni cantabili molto maggiore. Generalmente
ad essere maggiormente sfruttate sono le tre cavità principali
(trachea, orofaringe e rinofaringe): ma esistono cantanti
particolarmente dotati in grado di sfruttarle tutte, fino a quelle
più alte, i seni frontali, ed ottenere estensioni straordinarie
anche di quattro ottave cantabili.
Cambiando il sistema di emissione del
suono, cambia anche il modo di articolare le parole. Come abbiamo
visto, la voce impostata si basa sulla risonanza e su un flusso
costante d'aria: perciò è semplice emettere le vocali (tranne la
a, che essendo molto aperta
rende difficile mantenere la risonanza) e relativamente semplice
emettere le consonanti sonore (m, n, b, ...). Diventa invece
problematica l'emissione delle consonanti sorde (t, f, p, ...): la
pronuncia di queste consonanti implica infatti l'interruzione del
flusso d'aria, che, se compiuta bruscamente come nella pronuncia
normale, provoca un durissimo contraccolpo che rischia di danneggiare
seriamente le corde vocali, le quali devono assorbire tutta l'energia
accumulata nella cavità risonante (chiusa dall'altro lato dai denti
e dalla lingua). Per questo la pronuncia delle consonanti sorde nel
canto è in realtà una non pronuncia: per esempio la
c
si pronuncia alla toscana, come
una specie di
h; la
t
si elide, interrompendo
l'emissione del suono per un attimo ma senza accostare la lingua ai
denti; la
r
si pronuncia sempre all'italiana,
mai alla francese. Una misura della bontà della tecnica di un
cantante è quanto bene riesce a far capire il testo del pezzo mentre
canta.
La tecnica fondamentale del canto è la
stessa sia nel canto lirico che in quello moderno: essa insegna ad
utilizzare correttamente ogni voce sfruttandone appieno le
possibilità ma mantenendola sempre all'interno delle caratteristiche
tipiche del suo registro, che ha particolari peculiarità timbriche,
estensive e volumetriche, nonché di agilità. È molto importante
quindi che il cantante scelga un repertorio adatto alla propria voce,
e ciò al di là della possibilità di trasportare il brano nella
tonalità più comoda o di variarne l'arrangiamento per adattarlo a
sé. Ciò non deve generare confusione nella classificazione delle
voci: la capacità di ciascuno di cantare facilmente le note gravi
della sua estensione non deve affatto costringere la voce a muoversi
solo nella zona grave e tanto meno indurre il cantante a scurirla
forzatamente, perché questa pratica ne riduce progressivamente la
capacità estensiva verso gli acuti (e nel tempo le corde vocali si
ispessiscono, similmente a come avviene nei fumatori).
L'articolazione nello stile moderno
risulta alquanto differente dalla lirica: l'amplificazione rende meno
pressante l'esigenza di fornire potenza sonora, a tutto vantaggio
dell'intelligibilità della parola affinché il messaggio arrivi più
facilmente all'ascoltatore. Per questo la tecnica del canto moderno
si differenzia da quella classica soprattutto nel passaggio di
registro, perché si cerca di ritardare l'intervento del registro "di
testa" e di sfruttare invece appieno il registro detto "di
maschera": ciò avviene eliminando il meccanismo di copertura e
sostituendolo da un'apertura, benché accompagnata dal corretto
movimento laringo-faringeo (tecnica dello sbadiglio).
Uno dei punti più importanti riguarda
l'attacco del suono, che, anche nello stile moderno, deve attuarsi
dolcemente (anche se, in maniera sporadica e soprattutto non nella
zona acuta — in cui le corde sono più sottili e quindi più
vulnerabili —, sono accettati degli attacchi più incisivi), sempre
nell'assoluto rispetto delle caratteristiche di robustezza di ogni
laringe.
Il raclage (suono sporco) viene
talvolta usato per questioni interpretative in alcuni passaggi delle
canzoni di stile moderno, ma non bisogna mai dimenticare i rischi di
un abuso di questa pratica (scorretta dal punto di vista tecnico) a
livello delle corde vocali, per la possibile insorgenza di
deformazioni del bordo cordale (noduli, polipi, ecc.); un aiuto per
salvaguardarle è senz'altro quello di focalizzare l'attenzione sulla
gola e sul suono durante e dopo questa pratica, perché il forte
calore che si avverte è un segno tangibile del livello di attrito
che stiamo producendo con lo sfregamento delle corde.
La tecnica vocale nel canto moderno
quindi non intende spersonalizzare il cantante o stereotiparlo in uno
stile vocale ricco di virtuosismi melodici di stampo afro-americano
(gospel) o jazzistico, ma mira soprattutto a diffondere la cultura
della voce e a salvaguardarla nel tempo, abbandonando modelli
scorretti e andando alla ricerca di uno stile personale che rispetti
e si adatti perfettamente allo strumento naturale con cui siamo nati.
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