La radio, si sa, si basa principalmente
sul numero di persone che la ascoltano, così come la buona riuscita
di un programma è spesso legata al ritorno che esso ha in termini di
pubblico. Una delle sfide più difficili al giorno d’oggi, in
cui il panorama radiofonico è assai variegato e diversificato in
termini di palinsesti, format e programmi, è senz’altro quella di
riuscire a “catturare” l’attenzione degli ascoltatori.
I grandi network, utilizzano diversi metodi per raggiungere questo scopo. Ci sono emittenti che fanno della musica il loro “pezzo forte” e vengono seguite assiduamente da coloro che sono principalmente interessati alle canzoni. Dall’altra parte ci sono invece (forse in netta minoranza), le radio che pongono maggiormente la loro attenzione, sul tipo di programma in onda e sugli interventi degli speaker, dove la musica diventa un ingrediente per la buona riuscita del prodotto finale, ma non è certamente l’elemento basilare.
Per le radio che fanno parte di questo secondo gruppo, diventa di fondamentale importanza il coinvolgimento dell’ascoltatore, che deve essere invogliato a rimanere “incollato” alla radio per tutta la durata della trasmissione. Per raggiungere questo scopo sono diversi gli espedienti che vengono utilizzati.
Primo fra tutti, anche se non sempre valido, quello di avere degli speaker di grande personalità e professionalità che riescano, con la loro voce e le loro parole, ad interessare e divertire gli ascoltatori. C’è invece chi, ancor prima della bravura o della personalità del conduttore, utilizza una strategia opposta, sfruttando la notorietà (spesso televisiva) di una persona per cercare di catalizzare l’attenzione su un determinato programma.
In tutto questo, ci sono poi gli espedienti che potremmo definire “classici”, per far sì che un programma radiofonico o un determinato network venga seguito. Tra questi ci sono i vari “giochi” o “quiz” a premi, che consentono un’interazione con l’ascoltatore che è invogliato a partecipare per divertirsi e vincere. Ci sono poi radio che, in determinati momenti e orari della giornata, mettono in palio biglietti per concerti, cd, dvd o altri gadgets destinati agli ascoltatori che non devono partecipare ad alcun tipo di gioco, ma si devono limitare a chiamare.
Un altro metodo, anche se ormai abbastanza desueto e poco utilizzato, è quello di mettere l’ascoltatore nelle condizioni di poter dire qualcosa ad un’altra persona, magari dedicandogli una canzone. Infine, ed è a mio avviso una delle parti più divertenti e interessanti della radio, ci sono network e show radiofonici che per coinvolgere l’ascoltatore scelgono di farlo diventare parte integrante e protagonista del programma. E’ come se la redazione virtuale che sta dietro la buona riuscita della trasmissione sia composta da tutte le persone che la seguono, una per una, nessuno escluso.
A loro vengono rivolte le domande, al pubblico viene chiesto di raccontare qualcosa di se: una storia, una vicenda interessante, curiosa, divertente, emozionante (spesso, ma non obbligatoriamente, “in tema” con l’argomento o la notizia con cui il conduttore ha aperto il programma). La chiave di tutto sta, insomma, nella figura dello speaker, che deve essere contemporaneamente bravo a parlare o raccontare, ma deve anche saper ideare un tipo di programma interessante e coinvolgente, che magari faccia dell’originalità e della differenza rispetto agli standard dei format radiofonici, la sua arma vincente.
Se il problema su come coinvolgere gli ascoltatori è importante per i grandi network, che godono comunque di quella fama che gli garantisce già una buona fetta di pubblico, la sfida è ancora più dura per chi lavora in emittenti non nazionali, vale a dire in radio locali o su una scala territoriale ridotta. In questi casi il pubblico è (spesso) realmente esiguo, così che lo speaker debba costantemente ingegnarsi per riuscire ad avere idee che gli permettano di ottenere un minimo riscontro in termini di ascoltatori.
Questa, che all’apparenza può sembrare una difficoltà (e certamente lo è), rappresenta a mio avviso un reale “banco di prova” e un’occasione di crescita per coloro che hanno il desiderio (o il sogno) di poter arrivare, un giorno, in un grande network. Ci sono infatti continui stimoli ad inventare, innovare, ideare programmi e format usando la propria creatività. La domanda che volevo farvi allora è proprio questa.
Qual è, secondo voi, il metodo migliore per coinvolgere l’ascoltatore? Ne esiste uno in particolare che utilizzate, ritenete valido e che magari volete consigliare? Insomma, perché ognuno di noi non racconta la propria esperienza?
I grandi network, utilizzano diversi metodi per raggiungere questo scopo. Ci sono emittenti che fanno della musica il loro “pezzo forte” e vengono seguite assiduamente da coloro che sono principalmente interessati alle canzoni. Dall’altra parte ci sono invece (forse in netta minoranza), le radio che pongono maggiormente la loro attenzione, sul tipo di programma in onda e sugli interventi degli speaker, dove la musica diventa un ingrediente per la buona riuscita del prodotto finale, ma non è certamente l’elemento basilare.
Per le radio che fanno parte di questo secondo gruppo, diventa di fondamentale importanza il coinvolgimento dell’ascoltatore, che deve essere invogliato a rimanere “incollato” alla radio per tutta la durata della trasmissione. Per raggiungere questo scopo sono diversi gli espedienti che vengono utilizzati.
Primo fra tutti, anche se non sempre valido, quello di avere degli speaker di grande personalità e professionalità che riescano, con la loro voce e le loro parole, ad interessare e divertire gli ascoltatori. C’è invece chi, ancor prima della bravura o della personalità del conduttore, utilizza una strategia opposta, sfruttando la notorietà (spesso televisiva) di una persona per cercare di catalizzare l’attenzione su un determinato programma.
In tutto questo, ci sono poi gli espedienti che potremmo definire “classici”, per far sì che un programma radiofonico o un determinato network venga seguito. Tra questi ci sono i vari “giochi” o “quiz” a premi, che consentono un’interazione con l’ascoltatore che è invogliato a partecipare per divertirsi e vincere. Ci sono poi radio che, in determinati momenti e orari della giornata, mettono in palio biglietti per concerti, cd, dvd o altri gadgets destinati agli ascoltatori che non devono partecipare ad alcun tipo di gioco, ma si devono limitare a chiamare.
Un altro metodo, anche se ormai abbastanza desueto e poco utilizzato, è quello di mettere l’ascoltatore nelle condizioni di poter dire qualcosa ad un’altra persona, magari dedicandogli una canzone. Infine, ed è a mio avviso una delle parti più divertenti e interessanti della radio, ci sono network e show radiofonici che per coinvolgere l’ascoltatore scelgono di farlo diventare parte integrante e protagonista del programma. E’ come se la redazione virtuale che sta dietro la buona riuscita della trasmissione sia composta da tutte le persone che la seguono, una per una, nessuno escluso.
A loro vengono rivolte le domande, al pubblico viene chiesto di raccontare qualcosa di se: una storia, una vicenda interessante, curiosa, divertente, emozionante (spesso, ma non obbligatoriamente, “in tema” con l’argomento o la notizia con cui il conduttore ha aperto il programma). La chiave di tutto sta, insomma, nella figura dello speaker, che deve essere contemporaneamente bravo a parlare o raccontare, ma deve anche saper ideare un tipo di programma interessante e coinvolgente, che magari faccia dell’originalità e della differenza rispetto agli standard dei format radiofonici, la sua arma vincente.
Se il problema su come coinvolgere gli ascoltatori è importante per i grandi network, che godono comunque di quella fama che gli garantisce già una buona fetta di pubblico, la sfida è ancora più dura per chi lavora in emittenti non nazionali, vale a dire in radio locali o su una scala territoriale ridotta. In questi casi il pubblico è (spesso) realmente esiguo, così che lo speaker debba costantemente ingegnarsi per riuscire ad avere idee che gli permettano di ottenere un minimo riscontro in termini di ascoltatori.
Questa, che all’apparenza può sembrare una difficoltà (e certamente lo è), rappresenta a mio avviso un reale “banco di prova” e un’occasione di crescita per coloro che hanno il desiderio (o il sogno) di poter arrivare, un giorno, in un grande network. Ci sono infatti continui stimoli ad inventare, innovare, ideare programmi e format usando la propria creatività. La domanda che volevo farvi allora è proprio questa.
Qual è, secondo voi, il metodo migliore per coinvolgere l’ascoltatore? Ne esiste uno in particolare che utilizzate, ritenete valido e che magari volete consigliare? Insomma, perché ognuno di noi non racconta la propria esperienza?
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