Fred Astaire è passato alla storia del cinema come uno dei migliori ballerini ad aver attraversato il grande schermo. Molte persone potrebbero non essere consapevoli del fatto che aveva una sorella, Adele, che era altrettanto talentuosa e che sarebbe diventata anche una grande star della danza se la vita e l'amore non si fossero messi in mezzo.

Adele nacque nel 1896, quasi tre anni prima di Fred. È stata la prima a sviluppare un interesse per la danza e suo fratello minore ha seguito la sua scia. A nove anni il suo talento era evidente mentre lavorava nel vaudeville, cantando, ballando e recitando.

Fred e Adele nel 1906.


Secondo i biografi, aveva un'indole più adatta allo spettacolo di Fred, essendo più estroversa. Fred è stato meticoloso nelle sue prove mentre Adele ha mostrato meno impegno ma era sempre al top quando è arrivato il momento di esibirsi. Ha trovato facile improvvisare e aveva un talento per la commedia che l'ha resa estremamente popolare. Un noto critico dell'epoca, Heywood Broun, definì i fratelli "i giovani ballerini più aggraziati e affascinanti nel mondo della commedia musicale".

Hanno avuto una serie di successi a Broadway, alcuni dei quali avrebbero poi interpretato Fred nei film, ma con partner diversi. I loro successi a Broadway li portarono ad apparire nel West End di Londra nel 1923, 1926 e 1928. Il loro spettacolo del 1923 fu un enorme successo, con 418 spettacoli. In quanto star riconosciute a livello internazionale, sono state invitate a feste ed eventi ospitati dai reali britannici, dall'aristocrazia e persino da altri artisti. Hollywood ha chiamato e hanno fatto un provino. Ma nessuno dei due era contento della loro prestazione e hanno perso l'opportunità.


Nel 1932 Adele aveva incontrato l'uomo che avrebbe sposato e interruppe la sua collaborazione con Fred dopo 27 anni insieme. Si sposò con l'aristocrazia, Charles Cavendish, figlio del nono duca di Devonshire. Adele era una tale star all'epoca in cui il matrimonio si tenne in segreto e vivevano in un castello in Irlanda.


Adele e Charles al loro matrimonio. il suo abito da sposa couture era beige, con pellicce blu, realizzato dalla casa di design americana Mainbocher.

Fred in seguito si è trasferito nelle immagini e ha trovato un altro partner, Ginger Rogers. Penso che abbia fatto bene. Adele non ha mai più ballato sul palco.

Il matrimonio è stato felice, ma ha avuto la sua parte di crepacuore. Un anno dopo il matrimonio diede alla luce una bambina. Tragicamente la bambina morì il giorno successivo. Due anni dopo ha dato alla luce due gemelli nati morti. Ci fu un ultimo aborto spontaneo nel 1939. Non hanno mai avuto una famiglia.

Charles divenne un alcolizzato e fecero tutto il possibile per farlo stare meglio, ma si ammalò fino alla sua morte prematura nel 1944 all'età di 38 anni. Ha scritto la frase "Pensavo che non se ne sarebbe mai andato" sotto una nota di Fred nell'ospite del castello prenotare.

Per tutto questo Adele ha continuato a ricevere offerte di lavoro da produttori che hanno ricordato il suo meraviglioso talento. Ma li ha rifiutati tutti essendo felice di essere fuori dai riflettori. Nel 1947 si risposò e rimase tale fino alla morte del marito nel 1971. Adele e Fred rimasero legati fino alla sua morte nel 1981. Fred morì 6 anni dopo. Alcune delle ceneri di Adele sono sepolte con lui.


Il film Deadpool 3 si è aggiudicato un video promozionale con Ryan Reynolds e Hugh Jackman oltre ad aver confermato la data del 6 settembre 2024.


Nel video, Reynolds parla dei preparativi per interpretare il personaggio Marvel e alla fine del video appare Hugh Jackman dietro le quinte. Reynolds chiede quindi: "Ehi Hugh, vuoi interpretare Wolverine ancora una volta?". E lui risponde: "Sì, certo, Ryan".

Il primo Deadpool è stato diretto da Tim Miller. Il sequel, uscito nel 2018, è stato diretto da David Leitch.

Deadpool 2 ha superato l'originale ed è stato temporaneamente il film con rating R di maggior incasso in tutto il mondo. Il record è stato superato nel 2019 da Joker, diretto da Todd Phillips.


Il sito del turismo di Lipsia, città tedesca dove Bach visse a lungo, ha calcolato quanto si metterebbe in tasca il musicista teutonico per gli ascolti in streaming dei suoi brani.



Ogni riproduzione su Spotify frutta 0,0037 euro, e così il sito ha calcolato che avrebbe guadagnato un totale annuo di 264mila euro (seguito da Beethoven, che guadagnerebbe all’anno 255mila euro, e da Mozart con 235).

Al mese fa 22mila euro, una cifra non lontana dallo stipendio annuo del genio musicale tra il 1723 e il 1750, stimato in 34mila euro.

Se ci fosse stato Spotify al tempo di Bach, la sua opera più riprodotta sarebbe stata il Prélude dalla sua “Suite per violoncello n.1 in sol maggiore”.

Ascoltata più di 162 milioni di volte, da sola avrebbe generato oltre 21 milioni di euro, un valore enorme che però tiene conto della crescita dell’inflazione dal 1750 a oggi.


Oh si.

Togli quelle 3–4 persone della prima cerchia, il resto si.

Per “il mondo” basta un mesetto o due che non ti si vede in giro e puff ?

Per “i Vip’s” pure meno, 2/3 settimane e diventa tipo: “cos'è che ha fatto quello, dai!”



Rimarrai un ricordo legato ad un luogo e ad un tempo specifico.


Rami Malek.


Nel film Bohemian Rhapsody del 2018 l'attore ha dovuto indossare un speciale protesi per assomigliare fedelmente a Freddy Mercury.

Il mitico frontman dei Queen era nato con quattro incisivi in più, una caratteristica ereditata dalla madre che gli conferiva il suo inconfondibile sorriso.

In realtà, il cantante soffriva di malocclusione dentale: ciò significa che i denti delle due arcate non combaciano in modo perfetto.

Era un problema che lo metteva in imbarazzo, ma non volle mai correggerlo, temendo che un’intervento chirurgico gli avrebbe modificato la voce.

L’attore Rami Malek ha raccontato di essersi sentito inizialmente a disagio con quella protesi in bocca.

Nel tempo, tuttavia, vi si è addirittura affezionato al punto che, alla fine delle riprese, l’ha tenuta per ricordo, facendola incastonare in un supporto d’oro.



Ad Alfred Hitchcock piacevano gli attori? Da quello che ho visto e letto, non mi è sembrato un grande regista di attori.



Hitchcock si concentrava soprattutto sulla sceneggiatura, la fotografia, l'illuminazione e il montaggio. Questi erano i suoi punti di forza. Per quanto riguarda gli attori, Hitchcock sembrava evitare di parlare dello sviluppo del personaggio o della motivazione. Gli attori li scoprivano da soli.


Ecco cosa diceva del suo rapporto con gli attori:

"Non ho mai detto che gli attori sono come il bestiame, ma che devono essere trattati come bestiame".


Perché?

Vediamo:

  • I suoi problemi di abuso di sostanze - L'uso di cocaina di Van Damme è leggendario. A causa dei suoi problemi di droga, è diventato praticamente non assicurabile dal settore. Anche se ora sembra aver "abbandonato" il vizio, sono anni che non ha una carriera valida.

  • Scarsa scelta di film - Sebbene Van Damme sia stato abbastanza astuto da girare film con registi popolari di Hong Kong come John Woo, Tsui Hark e il compianto Ringo Lam, le narrazioni di questi film erano purtroppo di scarsa qualità. In effetti, dopo il successo minore di Timecop del 1994, è difficile stabilire quale dei film di Van Damme sia stato il peggiore.

  • Cattiva gestione della carriera - Evidentemente, o Van Damme è stato mal consigliato o il suo management non è riuscito a fargli ascoltare i buoni consigli. In ogni caso, è stato travisato e la sua carriera si è fermata alla fine degli anni Novanta.

  • Non ha seguito la scelta di carriera ipocrita di Steven Seagal - Quando la sua carriera ha iniziato a declinare tra la fine degli anni '90 e l'inizio degli anni 2000, Steven Seagal è riuscito a rallentare il declino facendo squadra con vari attori/rapper afroamericani come Keenan Ivory Wayans, DMX e Ja Rule. Sebbene questi film fossero per lo più scadenti, hanno mantenuto Seagal in auge a Hollywood molto tempo dopo che era diventato un attore non protagonista o addirittura aveva lasciato l'industria. Van Damme ha molto più talento di quanto ne avesse o ne abbia Seagal, e avrebbe potuto facilmente intraprendere questa strada con maggior successo. Se non si conta l'abominevole Double Team, in cui faceva coppia con l'ex stella dell'NBA Dennis Rodman, Van Damme non è riuscito a ritrovare il successo in fretta e furia.

  • Streetfighter fu un flop - Fu uno dei primi tentativi di Hollywood di trarre un film da un videogioco popolare e, se fosse riuscito, Van Damme sarebbe stato una grande star di Hollywood per almeno cinque anni dopo la sua uscita. Ma il film fu un flop e la stella di Van Damme cominciò a spegnersi.

  • Jean-Claude Van Damme avrebbe dovuto essere una star più grande di lui. Tuttavia, quanto sopra, insieme a vari altri fattori, ha fatto sì che non lo fosse, e all'inizio degli anni 2000 era più una barzelletta che un attore serio.

Van Damme nel 2020



Forse non tutti sanno che il vero nome di Anne Bancroft (la celebre attrice de "Il laureato" e moglie di Mel Brooks) è Anna Maria Louisa Italiano.

Anna Maria Louisa Italiano è nata nel settembre 1931 nel quartiere Belmont del Bronx, a New York (noto anche come "Bronx Little Italy"), figlia di immigrati provenienti da Muro Lucano, nella regione Basilicata.

Anna Maria decise da adolescente di voler fare l'attrice e, dopo il liceo, frequentò l'American Academy of Dramatic Arts, l'Herbert Berghof Studio e l'Actors' Studio. Era dotata e bella, ma i cosiddetti nomi etnici erano ancora rari e spesso malvisti nell'industria dello spettacolo, così assunse il nome d'arte di Anne Marno (il cognome che utilizza le prime tre lettere di Maria e le ultime due di Italiano).

Tuttavia, con questo nome ottenne solo alcune piccole parti televisive prima che, nel 1952, il leggendario produttore Darryl Zanuck le comunicasse senza mezzi termini che era ancora "troppo etnico" e che non avrebbe mai avuto una grande carriera a Hollywood con quel nome. Zanuck e la Twentieth Century Fox, che le aveva appena fatto firmare un contratto, insistettero affinché Anna Maria scegliesse un cognome dal suono anglo, da abbinare all'anglicizzato Anne. Lo studio le fornì una lista di nomi accettabili tra cui scegliere il suo nuovo nome.

E così abbiamo avuto la fortuna di avere l'adorabile Anne Bancroft.

Vinse il suo primo Tony Award nel 1958, all'età di 26 anni, per il suo ruolo di protagonista al fianco di Henry Fonda in Two for the Seesaw, e il suo secondo Tony per la sua interpretazione di Annie Sullivan in The Miracle Worker nel 1960. Riprenderà il ruolo di Annie Sullivan nella versione cinematografica del 1962, vincendo l'Oscar come miglior attrice; è la prima delle cinque nomination all'Oscar che riceverà, la terza delle quali per il suo ruolo forse più famoso, quello della seducente signora Robinson ne Il laureato. Avrebbe vinto anche tre BAFTA (7 nomination), due Golden Globe (8 nomination) e due Emmy (6 nomination) prima di morire per un cancro all'utero all'età di 73 anni nel 2005.

Anna Maria Italiano, o anche Anne Marno, avrebbero avuto lo stesso successo di Anne Bancroft? Non lo sapremo mai, perché è improbabile che le sarebbe stata data questa opportunità se non avesse cambiato il suo nome in qualcosa di "meno etnico".


I destini dei membri del cast di Happy Days sono stati molto differenti, alcuni molto fortunati altri decisamente meno.

Nella prima categoria rientra sicuramente Ron Howard, l'interprete di Richie Cunningham.
La carriera che l'ha definitivamente consacrato nel mondo dello spettacolo non è stata quella da attore ma bensì quella da regista.
Onestamente non ho amato nessuno dei suoi film, almeno quelli che ho visto, ma non si può certo dire che abbia lavorato solo su progetti di serie B.
Wikipedia gli accredita una trentina di film, tra cui la trilogia de "Il Codice Da Vinci", "A Beautiful Mind", "Rush" e tanti altri nomi noti.


Anche Henry Franklin Winkler, Fonzie, è ancora in giro.
Ogni tanto mi capita di guardare un film a caso e dire "guarda, ma quello è Fonzie!". L'ultima volta mi è capitato con l'ultimo di Wes Andreson, "The French Dispatch".

Inoltre pare avere una gran passione per Adam Sandler, visto che dove recita quest'ultimo generalmente recita anche lui.

E' praticamente uguale a prima, solo con la pancia ed i capelli grigi.



Don Most e Anson Williams sono rispettivamente un attore ed un regista, nessuno dei due proprio di serie A.
Don ha interpretato personaggi secondari in film poco noti e qualche serie tv mentre Anson ha diretto svariate puntate di serie televisive. Roba come "Xena" e "Settimo Cielo", per intenderci.


Marion Ross, che interpretava appunto Marion, la moglie di Howard, è ancora qui ad oltre 90 anni e, fino a poco fa, era possibile vederla al cinema.
Anche in questo caso non posso dire di essere rimasto estasiato dalle sue performance, però con decine di film e decine di serie tv nel suo palmares non si può dire non abbia avuto successo.


Decisamente meno fortunata è stata Erin Moran.
L'interprete "Sottiletta" se n'è andata a meno di 60 anni per un cancro, dopo anni di alcolismo e problemi economici.


Ci hanno lasciati anche Tom Bosley, capofamiglia Cunningham, e Al Molinaro, proprietario di "Arnold's".
Tom se n'è andato a 83 anni mentre Al alla bellezza di 96.


Perché introducono persone di colore in contesti dove non c'erano o sarebbero state viste con molto sospetto.

La sirenetta in quanto tale potrebbe essere anche di colore, alla fine è una creatura fantastica, potrebbe avere la pelle verde o blu, per quel che ne sappiamo.



Però quando si trasforma in una ragazza e va a vivere nel mondo di sopra, è impensabile che una persona di colore fosse accettata. Anzi, nella Danimarca dell'epoca sarebbe sembrata ancora più strana di una vera sirena.

Idem per il recente Pinocchio dove nell'Italia dell'Ottocento si vedono tante comparse di colore.

Un modo come un altro per pulirsi la coscienza: dopo aver emarginato attori di colore o averli relegati in ruoli marginali o stereotipizzati nei suoi film passati (vedi "I racconti dello zio Tom") adesso la Disney ce li infila a forza in tutte le salse, anche dove la loro presenza sarebbe assai irrealistica.

Almeno cambiasse l'ambientazione, come ne "Il principe ranocchio" che anziché in Europa si svolge in Louisiana e i personaggi di colore sono molto più realistici.



Ma scegliere come teatro degli avvenimenti l'Europa medievale e farci stare decine di persone di colore, in ruoli diversi dal paggio o servo, è proprio una boiata senza senso.


Nel 1968, Henri Verneuil e il produttore Jacques-Eric Strauss tentarono di realizzare un adattamento cinematografico di Le Clan des Siciliens, il romanzo di Auguste Le Breton.

Volevano Jean Gabin, Lino Ventura e Alain Delon nei ruoli principali.



Non è stato difficile convincere i tre attori, ben felici di lavorare di nuovo insieme. Accettano e i contratti vengono firmati.



Tuttavia, Delon si ritirò dal progetto poco dopo. Quando la sceneggiatura del film fu inviata al suo agente, Georges Beaume, quest'ultimo la rispedì rapidamente al produttore Jacques-Eric Strauss con una nota in cui affermava che il suo cliente aveva trovato la sceneggiatura "spaventosa".


Delon e Georges Beaume.


Questo è stato un duro colpo per la produzione del film.

In realtà, Alain Delon non ha letto la sceneggiatura di Clan dei Siciliani. Ha lasciato che il suo agente lo facesse per lui e l'ha lasciato fare...

Piuttosto che rinunciare a Delon, il produttore Strauss decise di fare pressione sull'attore dicendogli che se avesse rinunciato, avrebbe dovuto pagare i costi di produzione già sostenuti. E poiché il film è prodotto dalla Fox, con cui Delon è sotto contratto, potrebbero esserci conseguenze anche per i ruoli futuri...

Rendendosi conto della gravità della situazione, Delon decide finalmente di leggere il copione.

Gli è piaciuto.


In un certo senso, lei.



Mayim Bialik. in realtà, aveva già recitato in vari ruoli minori ma aveva abbandonato poco dopo per completare i suoi studi e perseguire la sua vera passione.

e infatti ha un dottorato e attualmente é neurologa.

poi, sette anni dopo dall'ultima volta in cui fu un'attrice, decise di fare i provini per entrare nel cast di big bag theory per poi diventare la famosa amy che suppongo in molti conosceranno.

e, ironia della sorte: il suo personaggio è una neurologa esattamente come lei lol

inizialmente sarebbe dovuta rimanere un personaggio secondario ma agli scrittori della serie piacque cosí tanto che decisero di aggiungere amy fra i personaggi ricorrenti.

e il motivo di tutto ciò è stata la sua assicurazione sanitaria che stava per scadere e lei aveva assolutamente bisogno di soldi. anche perché aveva giá due figli ancora molto piccoli.


Nel 1704 il navigatore Alexander Selkirk, in aperta polemica con il capitano, disse che avrebbe preferito essere lasciato a terra.



Fu abbandonato a Más a Tierra, un’isola che si trova 674 km al largo della costa cilena.

Per i successivi 4 anni e 4 mesi Selkirk si aggirò da solo per l’isola, mangiando crostacei e radici di pastinaca. Fu infine tratto in salvo dal capitano inglese Woodes Rogers nel 1709.

La figura di Selkirk ispirò Daniel Defoe per la creazione di Robinson Crusoe.

Nel 1966 Más a Tierra fu ribattezzata Robinson Crusoe Island.



È un luogo incantevole, con spiaggia bianca, lagune azzurre e frutti tropicali. Non male naufragare qui.


Brian Wells



Ricordate i puzzle sadici e complessi della saga di “Saw”? Ebbene, gli elaborati macchinari creati da Jigsaw non sono solo un’opera di fantasia. Intorno all’uscita del primo film della serie, il giovane Brian Wells fu coinvolto in una tragica disavventura.

È un giorno come tanti dell’agosto 2003: Brian consegna pizze a domicilio e, proprio quando sta per finire il turno, decide di portare a termine l’ultima ordinazione. Il recapito è situato in una zona piuttosto isolata, accanto ad una vecchia stazione radiofonica. Cosa sia accaduto di preciso rimane un mistero: si sa soltanto che, circa un’ora dopo, il ragazzo venne bloccato dalla polizia mentre cercava di rapinare una banca nel paese vicino. Brian indossava un collare di metallo collegato ad un fucile a pompa che era costretto a tenere in mano: il congegno era regolato da un timer.

Prima che i poliziotti potessero rendersi conto di cosa stesse succedendo, il dispositivo scattò: uno sparo dritto al cuore pose fine alla vita del giovane, senza che questi fosse riuscito a rivelare cosa gli era accaduto.

In una tasca del ragazzo venne rinvenuta una lista di obiettivi, fra cui rapinare una banca e farsi consegnare 250.000 dollari in contanti. I compiti erano da svolgersi in un determinato lasso di tempo: tuttavia, anche se il colpo fosse andato a segno, sarebbe stato comunque impossibile per Brian portarli tutti a termine.




Il film "Top Gun Maverick" è ora il film digitale venduto più velocemente di tutti i tempi.

Nella prima settimana dopo l'uscita sono state vendute più copie in digitale di qualsiasi altro film di sempre.

Nel frattempo, i film di Hollywood stanno implodendo, floppando o non hanno successo.

La pirateria, i videogiochi e Redbox non stanno uccidendo Hollywood.

I film di propaganda razzista, gay e politicamente corretta di Hollywood sono la ragione per cui le sale sono vuote.

Hollywood sta uccidendo Hollywood.

Non vediamo l'ora di tornare ad amare i film, ma Hollywood ci odia troppo per farci tornare.


Come sarebbe a dire "cosa c'entra la massoneria con il telefilm Happy Days"?

Howard, il padre della famiglia Cunningham, fa parte della Loggia del Leopardo nr. 462 di Milwakee, e alla fine ne diventa addirittura Gran Poobah!



Da non confondersi con la Loggia dell'Ordine Leale dei Bisonti d'Acqua di Bedrock, di cui faceva parte nell'Età della Pietra Fred Flinstone!



Non era un genere che mi piaceva quando ancora era nel suo periodo di maggior successo, ma ora invece sto pensando a quanto era bravo e talentuoso. TALENTO, avere la musica nel sangue, riuscire a trasmetterla, essere tutt'uno con quello che canti e suoni. Voce, chitarra, armonica, un Artista con la A maiuscola.

Per radio non lo trasmettono, sicuramente a lui non gliene può fregà de meno… a 76 anni fa quello che gli pare? Mi risulta che abbia fatto un album nel 2020, intitolato "Non c'è", che comprende un singolo omonimo molto bello [1] e un video delizioso fatto a cartoon. Come spesso dico non mi piace la musica italiana, ma questa canzone… ?




“Mi sono detta: prima di morire devo tentare la carriera che mi sono prefissata e lo devo fare.

Io vivo per la musica.

Non ho avuto paura di non avere un soldo, ma desidero intraprendere la strada che volevo seguire da quando ero bambina. E ci sono riuscita.

In canzoni come Morirò d’amore credo di esserci dentro, di essere nella verità di queste cose.”

- Giuni Russo Da Che tempo che fa



La storia è ben nota a tutti: quattro amici partono per Las Vegas in occasione di un addio al celibato. Dopo aver ingurgitato e fumato qualsoasi cosa, si risvegliano completamente disorientati e… dov’è finito Doug? Il celebre lungometraggio è tratto da una storia vera. Le vicessitudini di Doug, Phil, Stu e Alan sono infatti ricamate sulla falsariga di ciò che accadde a Tripp Vinson, amico e collega del produttore del film, Chris Bender, e 30 suoi amici. In occasione delle proprie nozze, infatti, Tripp organizzo un mega-party a Las Vegas. Al risveglio si ritrovo nudo in un letto, con i capelli rasati a zero, un canino rotto e sul comodino una fattura da 700,000 $ di un noto stripclub. Tutt oggi non ricorda minimamente che cosa sia accaduto quella notte.



Bill Haast era un addestratore di serpenti che intratteneva il pubblico con show durante i quali estraeva il veleno dai rettili.

Bill divenne leggenda negli Stati Uniti, per essere stato morso almeno 173 volte da serpenti velenosi, ed essere sempre sopravvissuto.

Non solo, ma ha contribuito a salvare molte vite umane.

Il suo sangue era pieno di anticorpi in grado di contrastare i veleni di diverse specie anche perché Haast, oltre ai morsi accidentali subiti durante gli spettacoli, iniettava ogni giorno nel suo sangue (per 60 anni di fila) una piccola dose contenente un mix di veleno di 32 specie.

Bill Haast era il direttore di un’azienda della Florida che produceva veleno di serpente. Estraeva la sostanza più di 100 volte al giorno, intrattenendo spesso il pubblico curioso. Alcune di queste sostanze erano di importanza essenziale per trattare le vittime dei morsi di serpente, ma erano anche ingredienti importanti per vari tipi di medicina.

Haast salvò la vita a 21 persone, donando il proprio sangue ricco di anticorpi e, in una di queste occasioni, il domatore volò fino in Venezuela per salvare un bambino.
Bill non soltanto godette sempre di buona salute, ma arrivò a vivere fino a 100 anni, e alcuni scienziati sospettano che fosse proprio il mix di veleni a contribuire al suo benessere.



“E adesso abbiamo la canzone numero quattro della categoria cantautori, si chiama Gianna e la canta Rino Gaetano. Ecco Gianna”. Con queste parole, Vittorio Salvetti introdusse Rino Gaetano sul palco del Teatro Ariston in occasione del Festival di Sanremo del 1978. Per l’esibizione Rino scelse un cappello a cilindro, regalatogli da Renato Zero, un frac, un papillon bianco, una maglia a righe, tante medagliette militari sul petto, che regalò in giro appena finito di cantare, e infine un ukulele.

È proprio da questa esibizione che Gaetano uscì dalla cerchia dei cantautori di nicchia per raggiungere il successo popolare. Per i suoi fan di lunga data fu quasi un tradimento la partecipazione a Sanremo, mentre i nuovi apprezzarono molto questo motivo orecchiabile e facile da canticchiare. Solo Gaetano e la commissione del Festival sapevano che in realtà Gianna fu soltanto la scelta di ripiego, comunque molto azzardata, perché fu la canzone che sdoganò la parola sesso al Festival di Sanremo e in televisione. Ciò che nessuno poteva immaginare, però, era che il successo di Rino Gaetano sarebbe finito bruscamente soltanto tre anni dopo. Prima di arrivare al 1981 facciamo un passo indietro.


Esibizione a Sanremo78


Salvatore Antonio Gaetano nacque a Crotone, in Calabria, il 29 ottobre 1950, dopo che la famiglia rientrò dal periodo di sfollamento in Veneto, dove nacque la sorella Anna, a causa della guerra. Fu proprio la sorella Anna a dargli il soprannome Rino, che userà per tutta la vita. Quando la famiglia si trasferì a Roma, Rino venne iscritto al seminario della Piccola Opera del Sacro Cuore a Narni, in provincia di Terni, non tanto per avviarlo alla carriera ecclesiastica quanto per assicurargli una buona istruzione. Già durante gli anni della scuola dimostrò il suo talento come scrittore componendo un poemetto intitolato “E l’uomo volò”.

Una volta completati gli studi tornò a Roma, dove si stabilì in via Nomentana con la famiglia, e cominciò a frequentare il Folkstudio, locale dove conobbe artisti come Antonello Venditti e Francesco De Gregori, mentre si dilettava a scrivere testi, ispirandosi ad artisti come Celentano, Jannacci, De André, Bob Dylan e i Beatles. In questo periodo le sue caratteristiche peculiari lo resero inviso a molti dei suoi contemporanei, che mal sopportavano le sue stramberie, e lo portarono a cimentarsi anche nel teatro. Nonostante il padre volesse per lui una carriera in banca, Rino non si arrese e cominciò a lavorare come paroliere per una casa discografica, la “IT”.

Vincenzo Micocci, presidente della IT, lo convinse, non senza difficoltà, a cantare da sé le sue canzoni, che all’inizio non ebbero successo. Come già detto la svolta avvenne con Sanremo e la sua Gianna, canzone odiata dallo stesso Gaetano, perché con un testo troppo semplice e troppo simile a “La Berta filava…”. La sua prima scelta era in realtà “Nuntereggae più”, canzone con un testo fortemente politico, che alludeva a nomi e fatti scomodi all’epoca.

La canzone uscì comunque dopo la fine del Festival, e Rino Gaetano dovette fare i conti sia con la censura sia con le critiche dei personaggi impegnati in politica. Vincenzo Mollica la descrisse così: “[Era] una canzone di grande divertimento, anche, però aveva il coraggio delle sue azioni, non si tirava mai indietro: nomi e cognomi per tutti e nei tempi in cui fare nome e cognome per tutti era molto difficile”.


Rino Gaetano


Il Festival di Sanremo lo fece uscire dal circolo di nicchia a cui apparteneva, rendendolo molto popolare, soprattutto con l’appellativo di “Quello di Gianna…”. Fu molto importante per lui l’incontro con Mogol, il quale scrisse delle canzoni per Gaetano che si differenziavano parecchio dallo stile graffiante e satirico del cantautore calabrese, arrivando anche a deludere le aspettative del grande pubblico che da Rino si aspettava solo nonsense o “buffonate” e non vederlo atteggiarsi come un cantante leggero. Purtroppo, però, per Rino Gaetano il Festival di Sanremo significò un aumento di attenzioni a cui non era pronto, un po’ per il carattere timido, un po’ perché inaspettato, e il risultato fu una totale perdita di controllo del suo stesso personaggio, che fu reso oggetto di attenzione per motivi sbagliati.

Negli ultimi anni, forse per ritrovare la serenità dopo le aspre critiche, il cantautore tentò di isolarsi, trasferendosi addirittura in Centroamerica, lasciandosi influenzare dalle melodie latino-americane, che, ancora una volta, lo resero bersaglio di feroci critiche in patria. Andò prima a Città del Messico nel 1979, e il risultato fu l’album “Resta vile maschio, dove vai?”, e poi in Ecuador nel dicembre 1980. In quegli anni fu molto importante per lui l’amicizia e collaborazione con Riccardo Cocciante, che culminò con il brano “A mano a mano”, scritto da Cocciante e cantato da Gaetano al Teatro Tenda di Roma nel 1981, mentre Cocciante reinterpreta “Aida”. Rino però non si fece mai abbattere, anzi decise di concentrarsi sulla sua vita privata, in particolare sul matrimonio con la fidanzata Amelia. L’8 gennaio 1979, mentre guidava, un fuoristrada aveva speronato la vettura del cantautore, una Volvo, facendolo finire contro il guardrail. Gaetano ne uscì illeso, e poco dopo cambiò macchina, acquistando una Volvo 343.

La sera a cavallo tra l’1 e il 2 giugno 1981 era una serata normale, che Rino Gaetano passò in un locale con alcuni amici. Si mise per strada per rientrare a casa verso le 3:30. Verso le 3:55, forse a causa di un colpo di sonno o di un malore, la Volvo invase la corsia opposta di via Nomentana, all’angolo con via Carlo Fea. Un camion si avvicinava sulla propria corsia di marcia quando si accorse della vettura che sopraggiungeva nel verso opposto. Il camionista provò a suonare il clacson, ma senza risultato.

Solo pochi secondi prima dell’inevitabile scontro vide gli occhi dell’automobilista spalancarsi all’improvviso. La Volvo si schiantò contro il mezzo pesante. Della parte anteriore e laterale destra della vettura ormai non restava nulla se non lamiera informe.

Quanto Antonio Torres, l’autista del camion, scese dal mezzo per prestare soccorso si trovò davanti una scena agghiacciante: la testa di Rino Gaetano aveva sfondato il parabrezza, mentre il torace era in una posizione con un’angolatura innaturale a causa del violento impatto con il volante e il cruscotto. I soccorsi arrivarono in fretta e Rino venne trasportato d’urgenza al Policlinico Umberto I, già in coma. Una volta arrivato si scoprirono le condizioni disperate nelle quali versava: frattura alla base cranica, diverse ferite sulla fronte, frattura dello zigomo destro e una sospetta frattura allo sterno. La struttura però non era in grado di affrontare operazioni a livello cranico tanto complesse, e vennero contattati altri ospedali per deviarlo su un ospedale più adatto: il San Giovanni, il San Camillo, il CTO della Garbatella, il Policlinico Gemelli e il San Filippo Neri. Nessuno aveva posti liberi a disposizione. Solo alle prime luci dell’alba il Gemelli diede disponibilità per un posto, ma, poco dopo essere arrivato in ospedale, Rino Gaetano morì. Due giorni dopo, i funerali vennero celebrati nella stessa chiesa dove si sarebbe dovuto celebrare il matrimonio con la fidanzata Amelia.

Volvo Serie 300


Se da un lato la morte così precoce e inattesa innalzò Rino Gaetano nell’olimpo degli artisti di culto, dall’altro contribuì a innescare non poche polemiche. I fan del cantautore si scagliarono contro gli ospedali, che trovarono delle scuse per ritardare il ricovero e l’intervento, causando così volontariamente la morte. Le accuse vennero smentite successivamente da Anna Gaetano, la sorella di Rino, che dichiarò: “Non è vero che Rino fu rifiutato dagli ospedali. Questa è una leggenda. Quando il corpo di mio fratello venne estratto dalle lamiere venne portato al Policlinico Umberto I, semplicemente perché era il posto più vicino. La struttura non aveva una sala operatoria attrezzata per i craniolesi, ma non l’avevano neppure gli altri ospedali contattati telefonicamente”.

Le teorie non si fermavano alla negligenza degli ospedali romani: qualcuno, infatti, ipotizzò il suicidio premeditato. Nel 1971, Rino Gaetano compose una canzone intitolata “La ballata di Renzo” che recitava:

La strada era buia, s’andò al San Camillo

E lì non l’accettarono forse per l’orario,

si pregò tutti i santi ma s’andò al San Giovanni

e lì non lo vollero per lo sciopero.

Renzo, il protagonista della canzone, muore per un incidente stradale e gli ospedali lo rifiutano, qualcosa di ravvisabile nella morte del cantautore. Alcuni, dunque, ipotizzarono che Rino Gaetano andò volontariamente a scontrarsi contro il camion, restando fedele al testo della sua canzone. Ciò che distingue il testo della canzone dall’evento reale è che Renzo andò personalmente negli ospedali, venendo sempre rifiutato, mentre Rino Gaetano venne trasportato nell’ospedale più vicino e da lì cominciò la disperata ricerca di un posto in neurochirurgia, cosa abbastanza complicata all’epoca.

Qualcun altro invece ipotizzò addirittura l’omicidio: l’avvocato penalista Bruno Mautone, il quale scrisse tre libri sull’argomento (“La tragica scomparsa di un eroe”, “Chi ha ucciso Rino Gaetano” e “Rino Gaetano, segreti e misteri della sua morte”), afferma che Rino Gaetano non morì per una tragica casualità, bensì per chiaro volere dei servizi segreti italiani. Il cantautore citò spesso nei suoi testi nomi e fatti molto delicati considerando il periodo storico, il che significa che doveva avere degli amici fidati tra gli agenti segreti italiani, i quali gli passavano informazioni riguardo le varie indagini.

Come se ciò non bastasse, Mautone sostiene la tesi della vicinanza con la massoneria: a riprova di questo vi era l’amicizia con Elisabetta Ponti, figlia del medico personale di Licio Gelli, capo supremo della P2. Citando direttamente Mautone: “del resto quando Rino in Rai cantò la canzone “La Berta filava…” con lui c’era un cane, che era proprio di Elisabetta Ponti”. Nonostante Mautone dichiari di essere in possesso di prove schiaccianti a favore delle sue tesi, non si è conoscenza di nessuna di queste, dunque resta una semplice speculazione che strizza l’occhio al genere poliziesco.

La morte di Rino Gaetano viene anche spesso, e a ragione, paragonata alla morte di Fred Buscaglione, morto anche lui in un incidente automobilistico con un camion sulle strade della Roma notturna dopo un’esibizione musicale.

Quel che sappiamo per certo è che Rino Gaetano ci ha lasciato, nelle sue canzoni, uno spaccato della società italiana a cavallo fra gli anni Settanta e Ottanta, tra i primi scandali politici e le proteste operaie.


Vediamo come va la mia memoria…

Intanto vi metto sull'avviso, alcuni di questi personaggi sono piuttosto inquietanti… giusto per usare un vago eufemismo……

Karl Ruprecht Kroenen, Ladislav Beran, in Hellboy





Noto anche come "brutto nazista del ca220…"



Pinhead, Doug Bradley, in Hellraiser



Dr. Phibes, Vincent Price, in L'abominevole Dr. Phibes



Freddy Krueger, Robert Englund, in Nightmare


Pennywise, Tim Curry, da It


Keyface, Javier Botet, da Insidious - L'ultima chiave



Pazuzu…



E Regan… Linda Blair, L'Esorcista


Angelo della Morte, Doug Jones, in Hellboy 2 - The Golden Army


Scegliete pure la vostra preferita…


Edit:

Fluffy, Creepshow


Kayako Saeki, The Grudge


Ed ora, qualche grande classico…

Boris Karloff, Frankenstein


L'on Chaney, Il fantasma dell'Opera



Max Shreck, Nosferatu



Edit 2:

Jeff Goldblum, Seth "The fly" Brundle


Quentin Tarantino, From dusk 'till dawn




Bruce Campbell, Evil Ash, Evil Dead 2