Kubrick era famoso per essere un grande perfezionista. Coppola non era da meno. E anche grandi contemporanei come Fincher o Nolan sono conosciuti per essere cultori di ogni minimo dettaglio.

Ma nel lontano passato ci fu qualcuno che riuscì ad essere talmente pignolo da divenire un vero e proprio incubo per gli attori che lavoravano con lui, nonostante fosse conosciuto per l'immagine di attore comico.

Charlie Chaplin, mentre dirigeva il suo capolavoro Luci della Città, fece rifare all'attrice Virginia Cherrill una scena per ben 342 volte. E la cosa particolare fu che in quella scena, l'attrice pronunciava una sola frase:

Un fiore, signore?"

Unico particolare: il film era un film muto.

342 fu senz'altro un record, ma Chaplin aveva uno standard di 10 - 20 ripetizioni per ogni scena girata. Un vero perfezionista, maniacale, conosciuto da tutti per la pignoleria esasperata. Non a caso Luci della Città fu il film che gli richiese più tempo per essere girato.




Sono molto variabili.
Tenere aperto un set è una spesa MOSTRUOSA, e qualunque film si organizzerà MOLTO bene in modo da ottimizzare il più possibile i tempi (gli attori costano, molte attrezzature sono a noleggio, eccetera).


Mediamente, le riprese durano 4–5 settimane ma ci sono anche film (come il capolavoro FUGA DA NEW YORK) che sono stati filmati in 15 giorni o addirittura 1 settimana.

Lavorazione di Fuga da New York.



Per molti professionisti la possibilità di lavorare a un film Hollywoodiano ad alto budget potrebbe essere la prima e l'ultima della loro vita, e l'atmosfera che si respira è quella di 'farò l'impossibile, e di più. Soprattutto il tempo è denaro (e TANTO pure) e dunque molti registi - in quanto responsabili finali del progetto - diminuiscono le ore notturne di sonno fino a lavorare giorno e notte per revisionare le riprese della giornata, riscrivere le parti della sceneggiatura che non funzionano alla prova dei fatti ed eventualmente ripetere le scene che 'in realtà' non vanno bene prima della chiusura del set.
Ai tempi necessari vanno aggiunti:
A) I tempi della della PRE-PRODUZIONE: discussione della sceneggiatura, scelta delle location, tempi del 'casting' (scelta degli attori tra molti candidati), organizzazione dei lavori. Tutto questo si aggira mediamente sui due-tre mesi.
B) I tempi della post-produzione: i tempi necessari al montaggio del film con composizione colonna sonora composta ad hoc in base al montaggio finale. Oltre all'editing occorre anche lavorare al lancio pubblicitario del film, ma di quest'ultimo però si occupano persone completamente diverse da quelle che hanno lavorato alle riprese (a parte magari i protagonisti del film, cui verrà richiesto di viaggiare per presentare il film ad eventi vari). Ad ogni modo, il lancio pubblicitario può avvenire a tutti gli effetti in contemporanea all'editing, e in genere non influsice sulle tempistiche della lavorazione al film. La postproduzione (lancio pubblicitario escluso, perché può avvenire in contemporanea) dura mediamente 2–4 mesi.



Ecco 5 curiosità su Madonna, è una cantautrice, attrice, produttrice discografica e cinematografica statunitense famosa in tutto il globo:


  1. Madonna ha giocato molto con l'immagine scandalosa e provocante nella sua carriera. Ma da giovane, era una studentessa modello, prendeva sempre tutte A!
  2. Il sogno da bambina di Madonna era quello di diventare una suora, da sempre viste come "persone sovrumane, belle e fantastiche".
  3. Madonna soffre di brontofobia, la paura dei tuoni.
  4. Fino al 2015, ha venduto oltre 200 milioni di dischi in tutto il mondo.
  5. Una volta Madonna ha guadagnato 5 milioni di dollari negli anni '80 per essere protagonista di uno spot della Pepsi che non è mai andato in onda. La pubblicità prendeva spunto dal video di "Like A Prayer", ai tempi sommerso da controversie religiose. Madonna è stata comunque pagata.








Per prima cosa bisogna iniziare dalle basi. Le basi musicali, ovviamente. La parte strumentale, il beat, è fondamentale nel rap. Molto più di quanto generalmente si crede. Scegli il tuo beat, anche preimpostato, e lasciati ispirare. Attenzione però ai diritti: molte basi sono coperte da copyright.
Dopo aver risolto il problema delle basi, è il momento di pansare alle barre, ovvero i versi delle canzoni rap. Una strofa è in genere composta da 16 barre divise in 4 quartine. Questo in generale. Inizia a farti ispirare, scrivendo i primi pensieri che ti vengono in mente.
Ricorda che il rap classico ha, in linea di massima, dalle due alle quattro strofe, mentre la trap dalle due alle tre, di solito più corte. Per quanto riguarda i ritornelli, il rap classico può anche non averne, ma di solito ne ha massimo due, mentre la trap ne ha dai due ai quattro.
Questo per avere idea di come strutturare il tuo brano. Ma la cosa principale, più che la struttura, è la metrica. A questo bisogna fare molta attenzione.
Cos’è la metrica rap?


La metrica è la teoria e la pratica della scrittura di versi dal punto di vista del ritmo. La metrica quantitativa è fondata sull’alternanza di sillabe lunghe e brevi; la metrica accentuativa è fondata sulla disposizione ritmica degli accenti tonici. Per l’italiano servirà tenere sotto controllo la metrica accentuativa.
Ora veniamo al dunque. Rileggi i tuoi versi dopo averli scritti. Li trovi abbastana pungenti? Ricorda che l’ironia e il sarcasmo sono fondamentali per un buon testo rap.
E le rime? Le trovi originali? Va bene citare o lasciarsi ispirare, ma attenzione a non diventare banale. Cuore-amore nel rap non funziona. Se ti è venuto fuori qualcosa di simile, prendi e cestina. Riparti da zero e vedrai che partorirai qualcosa di migliore.
Usa poi le figure retoriche, almeno quelle principali, come la metafora. Ma anche in questo caso cerca di non scadere nel banale. Ne abbiamo lette e ascoltate di ogni tipo. Trova le tue. Diventeranno anche una sorta di marchio di fabbrica.
Attenzione poi ai ritornelli: devono essere ripetitivi per rimanere più facilmente in testa.
Qualche altro consiglio pratico può essere il riscrivere più volte la stessa barra, per cercare di affinarla e trovare il taglio giusto. Non è detto che infatti la sua prima forma sia la migliore, anzi. Inoltre, valuta di inserire un tema solo all’interno del pezzo. Scrivere una canzone d’amore e di critica sociale insieme è complesso, se non quasi impossibile.
Un ultimo suggerimento potrebbe essere questo: non inserire una volgarità ogni due parole. Un testo di sole ‘parolacce’ o bestemmie potrebbe risultare indigesto, oltre che non ‘vendibile’ in radio.
Ora sai come poter scrivere una buona canzone rap. Sei pronto a metterti alla prova?




Correva l’anno 1984. I Queen, furono ospiti al Festival di Sanremo, presentarono il loro enorme successo Radio Ga Ga, tratto dall’album The Works e scritto dal batterista Roger Taylor. L’esibizione, come si può sentire chiaramente, era in playback: la somiglianza con la versione in studio della canzone è palese, e la voce di Freddie è fin troppo ferma. I motivi di questa scelta, oltre alla facilità e velocità del cambio palco, furono dovuti anche ad altri fattori: risparmiare sui fonici e sulla gestione degli strumenti ed evitare brutte figure. Quelli erano anni in cui la musica stava profondamente cambiando e in cui si iniziavano a vedere fotomodelli cantare in playback con la voce di altri. Con questa tecnica si potevano chiamare star molto apprezzate senza rischiare stonature e quindi eventuali critiche da parte del pubblico. Ma come è immaginabile, Freddie Mercury non voleva stare alle regole della Rai: cantò in playback, sì, ma si prese gioco dell’intera situazione, allontanando da sé il microfono volutamente, più e più volte. Va bene che la sua voce era molto potente, come è ben noto, ma senza microfono è chiaro che non sarebbe mai potuta essere così udibile. La presa in giro era chiara. D’altra parte, va notato che a prescindere da tutto, è davvero un peccato imbrigliare una voce così possente, nonché un crimine mettere a freno una personalità artistica strabordante come quella di Mercury. Che, infatti, ancora una volta ha forzato le regole del gioco a modo suo. E ha fatto bene.



Che Keith Moon fosse un tipo piuttosto difficile da gestire, fu evidente ai The Who fin dal principio. Era un batterista pieno di energia e carisma, uno di quelli presi a modello dai giovani e che liberava una tale carica sul palco da riuscire a trascinare il pubblico nonostante se ne stesse la dietro in ultima fila.
Però il suo stile di vita era decisamente al limite e stava iniziando a diventare un grosso problema per tutti. Atteggiamento distruttivo, alcol, droga, Moon divenne presto una scheggia impazzita.
Lo stile di vita di Moon aveva ben presto iniziato a minare la sua salute e l'affidabilità all'interno della band.
Durante il tour di Quadrophenia del 1973, alla data di debutto degli Who negli Stati Uniti al Cow Palace di Daly City, in California, le cose iniziarono subito al peggio. Prima di salire sul palco, Moon buttò giù una miscela di tranquillanti e brandy. Durante il concerto, collassò durante Won't Get Fooled Again. La band smise di suonare e i roadie portarono Moon giù dal palco. I Who non potevano permettersi di bucare la prima data americana, gli Stati Uniti erano un traguardo troppo importante dal punto di vista discografico per rimediare una figuraccia al debutto! Così i roadie gli fecero una doccia e un'iniezione di cortisone, rimandandolo sul palco dopo trenta minuti di ritardo. Ma le disgrazie non erano finite.
Moon collassò di nuovo durante Magic Bus e venne nuovamente rimosso dal palco. La band continuò senza di lui per diverse canzoni. Poi Townshend prese il microfono e a sorpresa chiese:
Qualcuno può suonare la batteria? Voglio dire qualcuno bravo?
Tra il pubblico c'era un batterista, Scot Halpin, che si avvicinò e suonò per il resto dello spettacolo.




Certo che ha senso. A patto che si ricordino due condizioni.
  1. Il passaggio da serie A a serie B ci può essere, a volte è questione di pochi anni.
  2. la distinzione non è una questione di bravura, ma di fama presso il grande pubblico, visto che di celebrità si parla.
Esempi di celebrità di serie A, quelli conosciuti dalla cultura di massa, da tutti, quelli che in un cartellone pubblicitario bucano anche senza che vi sia scritto il nome, nel bene e nel male:
  • Tom Cruise, Brad Pitt, Scarlett Johansson, Robert De Niro, Leonardo Di Caprio, Angelia Jolie, Mick Jagger, Madonna, Mark Zuckerberg, Donald Trump, Messi, Cristiano Ronaldo…
Esempi di celebrità di serie B, quelle che sono conosciute da pochi, ma che comunque sono celebrità, perchè è innegabile che siano famose. Non magari al livello stratosferico delle altre, ma comunque famose:
  • Emily Ratajkowski (potevo non iniziare da lei?), Chiara Ferragni, Paulo Dybala, Mark Ruffalo, Joe Biden, e il mio preferito, Danny Trejo.
Ecco, Danny è un grandissimo esempio di celebrità di serie B che però è sempre stata osannata e riverita dai suoi più importanti colleghi, al punto da dedicargli persino un film da protagonista, lui che è diventato famoso come caratterista. Provate a guardarlo e a dire se non lo avete mai visto pur non conoscendone il nome…





Quando ascolti una canzone per un paio di volte di fila, ti si mette quel motivetto in testa che alla lunga diventa anche fastidioso. Tutto questo perché? Ce lo spiega un professore dell'Università dell'Illinois. Dopo aver ascoltato un motivetto più volte, riesce a passare nella memoria a lungo termine restandoci in testa. E qui intervengono i chewing-gum, perché la nostra corteccia uditiva è capace di farci ascoltare tutti i suoni provenienti dall'esterno, ma anche quelli dall'interno, dunque il rumore provocato dalla masticazione andrà a contrastare il ritmo del motivetto facendolo scomparire.


Se uno scrittore pubblicasse solo gli scritti che riconosce 'facilmente' come propri, sarebbe un cattivo scrittore.


Perché per scrivere bene, bisogna andare molto più in là di così.
Scrivere narrativa non c'entra nulla con te, con chi sei, con l'esprimere te stesso, eccetera.
Solo i dilettanti ragionano così.
I professionisti invece creano. E creare, per definizione, significa andare oltre se stessi.
Non si tratta né di lanciare messaggi al lettore, né di metterlo al corrente delle tue riflessioni, della tua vita, eccetera.
Si tratta di
a) creare qualcosa
b) portare il lettore là dove non è mai stato prima e
c) dove non sarebbe mai in grado di andare da solo.
Ma per riuscirci, devi imparare a fregartene di cosa vorresti e cosa non vorresti scrivere… Per seguire solo i risultati.
E le cose migliori che scrive uno scrittore di fiction sono in genere proprio quelle che (rilette col senno di poi) egli sente come estranee. Sono potentissime, ma non ha la minima idea di come diavolo gli siano arrivate in testa.
A quel punto il bravo scrittore non solo le tiene, ma le mette in risalto.
E nel farlo, arriva addirittura a cestinare i pezzi in cui si rivede di più, perché sono quelli dove ha creato di meno.

Alexandre Dumas | Breguet



Un’associazione professionale per la didattica della scrittura?
- Attualmente esistono una quantità di iniziative private nell’ambito dell’insegnamento della scrittura e della narrazione. (D’ora in poi userò sempre la parola “scrittura”, includendovi tutto ciò che viene presentato con vari nomi: scrittura creativa, tecniche di narrazione, scrittura narrativa, scrittura poetica ecc. ecc.). Alcune di queste iniziative hanno ormai anni di storia alle spalle e sono consolidate; altre sono nuove; altre hanno l’aria un po’ improvvisata; eccetera. Alcune di queste iniziative sono molto qualificate (cioè: hanno qualifiche da esibire, a es. un parterre di docenti noti e stimati ecc.), altre non lo sono (ma ciò non comporta che siano iniziative di bassa qualità). La maggior parte di queste iniziative (per quel che ho capito girellando per la rete) si rivolgono a un pubblico di principianti, o comunque di persone che non sono intenzionate a fare della scrittura il centro della loro vita. Molte si rivolgono alla scuola (direttamente agli studenti, o agli insegnanti). Molte hanno l’aspetto di attività dopolavoristiche, e si svolgono a es. in sedi nelle quali si svolgono anche corsi di ceramica, di dizione, di acquarello e così via.


- Mi pare che, tranne rarissime eccezioni, in queste iniziative vi sia una netta centralità del docente. A fare la differenza tra un’iniziativa e l’altra, appena ci si alza di solo una spanna al di sopra dell’attività dopolavoristica, è il docente: il suo nome, la sua notorietà, la controllabilità delle sue capacità, eccetera.
Non mi pare che le diverse attività si differenzino per metodi didattici dichiarati e riconoscibili. Mi pare (sottolineo questi mi pare: questo post serve anche per controllo) che il più delle volte l’utente non scelga la tale o talaltra iniziativa “perché lì lavorano in un certo modo”, ma piuttosto “perché lì ci insegna il tale).
Questo mi pare, benché descritto approssimativamente, un dato di fatto.


- Peraltro, ho la sensazione che abbondino le iniziative-fuffa. Corsi che costano un occhio, il cui programma è dichiarato in dieci parole generiche, né è dato di sapere chi sia o chi siano i docenti. Corsi che promettono cose del tipo “Faremo di te uno scrittore” (sto parodiando per dare l’idea). Corsi i cui contenuti, a quel che si capisce dai programmi proposti, non sono niente di più di ciò che si può trovare in un qualsiasi economicissimo manualetto. Magari sono cose onestissime (l’onestà si vede nel rapporto tra prezzo e offerta, nonché nella descrizione dell’offerta: più è altisonante, più io m’insospettisco), ma spesso non mi sembrano cose onestissime. Il guaio è che la diffusione delle iniziative-fuffa da una parte, e dall’altra la diffusione delle iniziative rivolte ai “principianti” (cosa, quest’ultima, di per sé tutt’altro che negativa) generino un po’ di confusione e finiscano col rendere più difficile da comunicare le iniziative serie e rivolte a un pubblico più “avanzato”.

- Mi càpita abbastanza spesso che qualcuno mi telefoni o mi scriva chiedendomi di fare – presso un’associazione, una scuola, una biblioteca ecc. – un “corso di scrittura creativa”. Quasi sempre le mie domande sui contenuti specifici desiderati non trovano risposta. Spesso, man mano che parlo con la persona, mi rendo conto che sotto l’etichetta di “scrittura creativa” vengono messi, alla rinfusa, la narratologia e i giochi di parole, gli esercizi per l’autoespressività e e le scritture ludiche e così via. Mi vien da pensare che anche sul fronte della domanda vi sia assai poca chiarezza di idee (il che spiega il proliferare di iniziative generiche e il credito che trovano le iniziative-fuffa).

-Va detto che l’espressione “scrittura creativa” mi pare ormai piuttosto screditata. Per un verso non me ne importa molto: neanche a me piace. Da altri versi è un problema: intitolare un corso “Teoria e tecnica della composizione del testo narrativo, argomentativo, drammatico e/o poetico”; o, peggio, come piacerebbe a me, “Retorica dell’argomentazione, della narrazione ecc.”; è – temo – un ottimo sistema per non riuscire a vendere il corso.

- Dicevo (al punto 2) della centralità del docente. Peraltro, sembra non sia ancora chiaro come si possa distinguere preventivamente (cioè: prima di acquistare un corso) un insegnante di scrittura affidabile da uno non affidabile. Il fatto di aver pubblicato delle opere narrative o saggistiche ecc. potrebbe essere un elemento di qualificazione: ma io stesso ho presente ottimi scrittori che, messi alla prova, risultano essere pessimi insegnanti di scrittura (mentre sono, magari, ottimi insegnanti di storia della letteratura). Vero è che molti autori di opere letterarie interpretano spesso le comparsate in corsi di scrittura come dei momenti autopromozionali (forse basterebbe pagarli meglio). Sono pochissimi coloro che insegnano scrittura e che rendono pubblico il loro lavoro. Intendo: che pubblicano articoli di didattica della scrittura, che pubblicano manuali di scrittura o saggi sulla scrittura eccetera; oppure che mettono materiali a disposizione in rete.

- Considerate tutte queste cose, e presumendo che se ne possano considerare anche molte altre, il sospetto che mi viene è questo: che forse avrebbe senso costituire una associazione tra persone che insegnano scrittura, allo scopo di valorizzare il lavoro di chi fa queste cose da più tempo, con maggiore professionalità, con maggiore trasparenza.
Immagino che l’associazione dovrebbe, così a occhio:
– essere ristretta. Non può essere una cosa per cui ci si paga un’iscrizione e si è dentro: devono essere ben chiari i requisiti necessari per farne parte;
– (al limite si potrebbero immaginare degli iscritti senior e degl iscritti junior, o qualcosa del genere);
– avere le caratteristiche di un network, con scambio di materiali e conoscenze tra gli iscritti;
– pubblicare in rete, gratuitamente o a pagamento (secondo i casi) materiali didattici;
– essere abbastanza seria da garantire che se una persona è dentro, è un insegnante affidabile;
– realizzare attività di formazione all’insegnamento della scrittura (rivolta a es. a insegnanti della scuola pubblica, ma anche agli stessi insegnanti di scrittura);
– avviare contatti e relazioni con l’ambiente accademico;
– ed eventualmente altro che ora mi sfugge.

- Libero il campo da qualche equivoco già visto all’opera in più di una conversazione:
– un’associazione non è un ordine professionale;
– l’associazione non si dà lo scopo di distinguere i “buoni” dai “cattivi”, ma mettendo in mostra il lavoro degli associati permette al potenziale frequentatore di corsi di valutare l’affidabilità degli associati (e, per converso, di notare come chi non mette in mostra il proprio lavoro si sottragga alla valutazione);
– se nasceranno diverse associazioni, ben venga;
– alla domanda: “Chi vi credete di essere, voi che credete di essere i migliori insegnanti di scrittura della piazza”, et similia, si risponde: noi mettiamo in mostra il nostro lavoro, se siamo buoni insegnanti o no lo valuteranno altri.

- Ovviamente ho voglia di fondare una simile associazione, e addirittura di farne parte (i requisiti per l’ammissione saranno appositamente studiati per fare di me il candidato ideale). Avevo già provato ad avviare qualcosa di simile, tempo addietro; molto in penombra; e la cosa non si è sostenuta per mancanza di energie o, più probabilmente, per non buona definizione di scopi e obiettivi.

- Come tutte le associazioni, anche questa avrà bisogno di un nome, Io propongo il Club Dumas.












Spike Lee è un ottimo regista.
Il regista che ammira di più è Chuck Jones.
Chi è Chuck Jones? È responsabile di cose come questa


Perché Lee lo ammira così tanto? Perché i cartoni animati durano sempre circa otto minuti. Lee non riesce a capire come un regista potesse prevedere quanto sarebbe stato lungo il prodotto finito. Lee non ha idea di quando inizierà la durata del film e, sinceramente, non gliene importa. La sceneggiatura è solo un suggerimento. Quando ci mette le mani sopra, taglia le scene che non gli piacciono e ne aggiunge altre che pensa possano aiutare.
Ricordi questa famosa scena di Speed?


Questo non era nella sceneggiatura originale di Graham Yost. È stato aggiunto dal regista Jan de Bont. È diventata un momento decisivo nel film.
La televisione non funziona così. Il tuo lavoro deve rientrare in una "fascia oraria" fissa. 44 minuti per una fascia oraria di 60 minuti in modo che possano essere inserite pubblicità. Inoltre, ci devono essere interruzioni negli "Atti" in momenti precisi in modo che gli annunci pubblicitari non si avvicinino troppo. In genere, queste interruzioni arrivano a intervalli di 12 minuti.
Inserisci lo sceneggiatore televisivo. Una persona che ha un'intima familiarità con il ritmo della televisione e può produrre una sceneggiatura che si adatta a quei rigidi vincoli.
Quindi passa al supervisore dello script che organizza una lettura. Se è corto o lungo, ritorna allo sceneggiatore con un'istruzione: taglialo o allungalo.
Quindi, il regista riprende quella sceneggiatura. Nessuna aggiunta Nessuna sottrazione. Potrebbero sistemare un piccolo dialogo qui o là, ma è tutto.
Se sei uno scrittore e lasci cadere uno script di 120 pagine per uno spettacolo di 30 minuti sulla scrivania del supervisore dello script, non lo trasformeranno in cinque parti. Finiranno il loro rapporto con te.
E i registi hanno il lusso del tempo. Hanno 3-4 mesi per girare un film. Un regista televisivo sarà fortunato ad avere sette giorni.
Ciò non significa che i registi televisivi non proveranno cose nuove, ma devono lavorare con gli sceneggiatori per farlo funzionare.


Il numero "Get Happy" di Dr House, M.D. Dopotutto sono solo soldi. Le canzoni, a quanto pare, sono facili: possono essere facilmente cronometrate.
È per questo che "Saturday Night Live" è probabilmente lo spettacolo più strettamente sceneggiato in televisione. È per questo che, alle 7:30 della notte della trasmissione, tagliano e passano al programma seguente . Quando inevitabilmente si allunga, devono decidere cosa tagliare. Se ti allontani dalla sceneggiatura, è la fine della tua collaborazione con il mondo dello spettacolo.



Qualcosa mi sfugge, su come sia stato possibile arrivare a questo:


passando per questo:


Intendiamoci: il mercato editoriale è un mercato come tutti gli altri. Anzi, frequentandolo da ormai dodici anni e altrettanti libri pubblicati, posso dire di conoscerlo piuttosto bene. So benissimo cosa sia la legge della domanda e dell'offerta, e so che si pubblica ciò che il pubblico vuole comprare, e non ciò che "si spera" che il pubblico comperi. É il motivo per cui è molto più facile vendere un libro scritto male di un personaggio famoso che un libro scritto da Dio di un emerito sconosciuto.
Ma il caso di Taylor Mega per me è come il mistero di Medjugorje dell'editoria, il mistero dell'orizzonte del buco nero della carta stampata, l'enigma delle piramidi delle librerie.
Capisco gli instant book e le biografie di personaggi di enorme successo, ma che hanno qualcosa da dire, per cui una persona sarebbe disposta a scucire 14 euro per una lettura. Ma Taylor Mega che racconta come è diventata Taylor Mega proprio non me ko spiego.
Volendo però vedere l'altra faccia della medaglia, se tanta gente è disposta a spendere soldi in "libri" del genere, allora vuol dire che poi tanta crisi nel mondo dell'editoria non c'è!