Quando ascolti una canzone per un paio
di volte di fila, ti si mette quel motivetto in testa che alla lunga
diventa anche fastidioso. Tutto questo perché? Ce lo spiega un
professore dell'Università dell'Illinois. Dopo aver ascoltato un
motivetto più volte, riesce a passare nella memoria a lungo termine
restandoci in testa. E qui intervengono i chewing-gum, perché la
nostra corteccia uditiva è capace di farci ascoltare tutti i suoni
provenienti dall'esterno, ma anche quelli dall'interno, dunque il
rumore provocato dalla masticazione andrà a contrastare il ritmo del
motivetto facendolo scomparire.
Se uno scrittore pubblicasse solo
gli scritti che riconosce 'facilmente' come propri, sarebbe un
cattivo scrittore.
Perché per scrivere bene, bisogna
andare molto più in là di così.
Scrivere narrativa non c'entra nulla
con te, con chi sei, con l'esprimere te stesso, eccetera.
Solo i dilettanti ragionano così.
I professionisti invece creano. E
creare, per definizione, significa andare oltre se stessi.
Non si tratta né di lanciare messaggi
al lettore, né di metterlo al corrente delle tue riflessioni, della
tua vita, eccetera.
Si tratta di
a)
creare qualcosa
b) portare il lettore là dove non è
mai stato prima e
c) dove non sarebbe mai in grado di
andare da solo.
Ma per riuscirci, devi imparare a
fregartene di cosa vorresti e cosa non vorresti scrivere… Per
seguire solo i risultati.
E le cose migliori che scrive uno
scrittore di fiction sono in genere proprio quelle che (rilette col
senno di poi) egli sente come estranee. Sono potentissime, ma non ha
la minima idea di come diavolo gli siano arrivate in testa.
A quel punto il bravo scrittore non
solo le tiene, ma le mette in risalto.
E nel farlo, arriva addirittura a
cestinare i pezzi in cui si rivede di più, perché sono quelli dove
ha creato di meno.
Un’associazione professionale per la
didattica della scrittura?
- Attualmente esistono una quantità di
iniziative private nell’ambito dell’insegnamento della scrittura
e della narrazione. (D’ora in poi userò sempre la parola
“scrittura”, includendovi tutto ciò che viene presentato con
vari nomi: scrittura creativa, tecniche di narrazione, scrittura
narrativa, scrittura poetica ecc. ecc.).
Alcune di queste iniziative hanno ormai
anni di storia alle spalle e sono
consolidate; altre sono nuove; altre hanno l’aria un po’
improvvisata;
eccetera. Alcune di queste iniziative
sono molto qualificate (cioè: hanno qualifiche da esibire, a es. un
parterre di docenti noti e stimati ecc.), altre non lo sono (ma ciò
non comporta che siano iniziative di bassa qualità). La maggior
parte di queste iniziative (per quel che ho capito girellando per la
rete) si rivolgono a un pubblico di principianti, o comunque di
persone che non sono intenzionate a fare della scrittura il centro
della loro vita. Molte si rivolgono alla scuola (direttamente agli
studenti, o agli insegnanti). Molte hanno l’aspetto di attività
dopolavoristiche, e si svolgono a es. in sedi nelle quali si svolgono
anche corsi di ceramica, di dizione, di acquarello e così via.
- Mi pare che, tranne rarissime
eccezioni, in queste iniziative vi sia una netta centralità del
docente.
A fare la differenza tra un’iniziativa
e l’altra, appena ci si alza di solo una spanna al di sopra
dell’attività dopolavoristica, è il docente: il suo nome, la sua
notorietà, la controllabilità delle sue capacità, eccetera.
Non mi pare che le diverse attività si differenzino per metodi didattici dichiarati e riconoscibili. Mi pare (sottolineo questi mi pare: questo post serve anche per controllo) che il più delle volte l’utente non scelga la tale o talaltra iniziativa “perché lì lavorano in un certo modo”, ma piuttosto “perché lì ci insegna il tale).
Questo mi pare, benché descritto approssimativamente, un dato di fatto.
Non mi pare che le diverse attività si differenzino per metodi didattici dichiarati e riconoscibili. Mi pare (sottolineo questi mi pare: questo post serve anche per controllo) che il più delle volte l’utente non scelga la tale o talaltra iniziativa “perché lì lavorano in un certo modo”, ma piuttosto “perché lì ci insegna il tale).
Questo mi pare, benché descritto approssimativamente, un dato di fatto.
- Peraltro, ho la sensazione che
abbondino le iniziative-fuffa. Corsi che costano un occhio, il cui
programma è dichiarato in dieci parole generiche, né è dato di
sapere chi sia o chi siano i docenti. Corsi che promettono cose del
tipo “Faremo di te uno scrittore” (sto parodiando per dare
l’idea). Corsi i cui contenuti, a quel che si capisce dai programmi
proposti, non sono niente di più di ciò che si può trovare in un
qualsiasi economicissimo manualetto. Magari sono cose onestissime
(l’onestà si vede nel rapporto tra prezzo e offerta, nonché nella
descrizione dell’offerta: più è altisonante, più io
m’insospettisco), ma spesso non mi sembrano cose onestissime. Il
guaio è che la diffusione delle iniziative-fuffa da una parte, e
dall’altra la diffusione delle iniziative rivolte ai “principianti”
(cosa, quest’ultima, di per sé tutt’altro che negativa) generino
un po’ di confusione e finiscano col rendere più difficile da
comunicare le iniziative serie e rivolte a un pubblico più
“avanzato”.
-
Mi càpita abbastanza spesso che qualcuno
mi telefoni o mi scriva chiedendomi di fare – presso
un’associazione, una scuola, una biblioteca ecc. – un “corso di
scrittura creativa”. Quasi sempre le mie domande sui contenuti
specifici desiderati non trovano risposta. Spesso, man mano che parlo
con la persona, mi rendo conto che sotto l’etichetta di “scrittura
creativa” vengono messi, alla rinfusa, la narratologia e i giochi
di parole, gli esercizi per l’autoespressività e e le scritture
ludiche e così via. Mi vien da pensare che anche sul fronte della
domanda vi sia assai poca chiarezza di idee (il che spiega il
proliferare di iniziative generiche e il credito che trovano le
iniziative-fuffa).
-Va detto che l’espressione
“scrittura creativa” mi pare ormai piuttosto screditata. Per un
verso non me ne importa molto: neanche a me piace. Da altri versi è
un problema: intitolare un corso “Teoria e tecnica della
composizione del testo narrativo, argomentativo, drammatico e/o
poetico”; o, peggio, come piacerebbe a me, “Retorica
dell’argomentazione, della narrazione ecc.”; è – temo – un
ottimo sistema per non riuscire a vendere il corso.
- Dicevo (al punto 2) della centralità
del docente. Peraltro, sembra non sia ancora chiaro come si possa
distinguere preventivamente (cioè: prima di acquistare un corso) un
insegnante di scrittura affidabile da uno non affidabile. Il fatto di
aver pubblicato delle opere narrative o saggistiche ecc. potrebbe
essere un elemento di qualificazione: ma io stesso ho presente ottimi
scrittori che, messi alla prova, risultano essere pessimi insegnanti
di scrittura (mentre sono, magari, ottimi insegnanti di storia della
letteratura). Vero è che molti autori di opere letterarie
interpretano spesso le comparsate in corsi di scrittura come dei
momenti autopromozionali (forse basterebbe pagarli meglio). Sono
pochissimi coloro che insegnano scrittura e che rendono pubblico il
loro lavoro.
Intendo: che pubblicano articoli di
didattica della scrittura, che pubblicano manuali di scrittura o
saggi sulla scrittura eccetera; oppure che mettono materiali a
disposizione in rete.
- Considerate tutte queste cose, e
presumendo che se ne possano considerare anche molte altre, il
sospetto che mi viene è questo: che forse avrebbe senso costituire
una associazione tra persone che insegnano scrittura, allo scopo di
valorizzare il lavoro di chi fa queste cose da più tempo, con
maggiore professionalità, con maggiore trasparenza.
Immagino che l’associazione dovrebbe, così a occhio:
– essere ristretta. Non può essere una cosa per cui ci si paga un’iscrizione e si è dentro: devono essere ben chiari i requisiti necessari per farne parte;
– (al limite si potrebbero immaginare degli iscritti senior e degl iscritti junior, o qualcosa del genere);
– avere le caratteristiche di un network, con scambio di materiali e conoscenze tra gli iscritti;
– pubblicare in rete, gratuitamente o a pagamento (secondo i casi) materiali didattici;
– essere abbastanza seria da garantire che se una persona è dentro, è un insegnante affidabile;
– realizzare attività di formazione all’insegnamento della scrittura (rivolta a es. a insegnanti della scuola pubblica, ma anche agli stessi insegnanti di scrittura);
– avviare contatti e relazioni con l’ambiente accademico;
– ed eventualmente altro che ora mi sfugge.
Immagino che l’associazione dovrebbe, così a occhio:
– essere ristretta. Non può essere una cosa per cui ci si paga un’iscrizione e si è dentro: devono essere ben chiari i requisiti necessari per farne parte;
– (al limite si potrebbero immaginare degli iscritti senior e degl iscritti junior, o qualcosa del genere);
– avere le caratteristiche di un network, con scambio di materiali e conoscenze tra gli iscritti;
– pubblicare in rete, gratuitamente o a pagamento (secondo i casi) materiali didattici;
– essere abbastanza seria da garantire che se una persona è dentro, è un insegnante affidabile;
– realizzare attività di formazione all’insegnamento della scrittura (rivolta a es. a insegnanti della scuola pubblica, ma anche agli stessi insegnanti di scrittura);
– avviare contatti e relazioni con l’ambiente accademico;
– ed eventualmente altro che ora mi sfugge.
- Libero il campo da qualche equivoco
già visto all’opera in più di una conversazione:
– un’associazione non è un ordine professionale;
– l’associazione non si dà lo scopo di distinguere i “buoni” dai “cattivi”, ma mettendo in mostra il lavoro degli associati permette al potenziale frequentatore di corsi di valutare l’affidabilità degli associati (e, per converso, di notare come chi non mette in mostra il proprio lavoro si sottragga alla valutazione);
– se nasceranno diverse associazioni, ben venga;
– alla domanda: “Chi vi credete di essere, voi che credete di essere i migliori insegnanti di scrittura della piazza”, et similia, si risponde: noi mettiamo in mostra il nostro lavoro, se siamo buoni insegnanti o no lo valuteranno altri.
– un’associazione non è un ordine professionale;
– l’associazione non si dà lo scopo di distinguere i “buoni” dai “cattivi”, ma mettendo in mostra il lavoro degli associati permette al potenziale frequentatore di corsi di valutare l’affidabilità degli associati (e, per converso, di notare come chi non mette in mostra il proprio lavoro si sottragga alla valutazione);
– se nasceranno diverse associazioni, ben venga;
– alla domanda: “Chi vi credete di essere, voi che credete di essere i migliori insegnanti di scrittura della piazza”, et similia, si risponde: noi mettiamo in mostra il nostro lavoro, se siamo buoni insegnanti o no lo valuteranno altri.
- Ovviamente ho voglia di fondare una
simile associazione, e addirittura di farne parte (i requisiti per
l’ammissione saranno appositamente studiati per fare di me il
candidato ideale). Avevo già provato ad avviare qualcosa di simile,
tempo addietro; molto in penombra; e la cosa non si è sostenuta per
mancanza di energie o, più probabilmente, per non buona definizione
di scopi e obiettivi.
- Come tutte le associazioni, anche
questa avrà bisogno di un nome, Io propongo il Club Dumas.
Perché nei film il regista è la persona creativa più importante dietro le quinte, ma in televisione il merito è generalmente attribuito agli scrittori?
Spike Lee è un ottimo regista.
Il regista che ammira di più è Chuck
Jones.
Chi è Chuck Jones? È responsabile di
cose come questa
Perché Lee lo ammira così tanto?
Perché i cartoni animati durano sempre circa otto minuti. Lee non
riesce a capire come un regista potesse prevedere quanto sarebbe
stato lungo il prodotto finito. Lee non ha idea di quando inizierà
la durata del film e, sinceramente, non gliene importa. La
sceneggiatura è solo un suggerimento. Quando ci mette le mani sopra,
taglia le scene che non gli piacciono e ne aggiunge altre che pensa
possano aiutare.
Ricordi questa famosa scena di Speed?
Questo non era nella sceneggiatura
originale di Graham Yost. È stato aggiunto dal regista Jan de Bont.
È diventata un momento decisivo nel film.
La televisione non funziona così. Il
tuo lavoro deve rientrare in una "fascia oraria" fissa. 44
minuti per una fascia oraria di 60 minuti in modo che possano essere
inserite pubblicità. Inoltre, ci devono essere interruzioni negli
"Atti" in momenti precisi in modo che gli annunci
pubblicitari non si avvicinino troppo. In genere, queste interruzioni
arrivano a intervalli di 12 minuti.
Inserisci lo sceneggiatore televisivo.
Una persona che ha un'intima familiarità con il ritmo della
televisione e può produrre una sceneggiatura che si adatta a quei
rigidi vincoli.
Quindi passa al supervisore dello
script che organizza una lettura. Se è corto o lungo, ritorna allo
sceneggiatore con un'istruzione: taglialo o allungalo.
Quindi, il regista riprende quella
sceneggiatura. Nessuna aggiunta Nessuna sottrazione. Potrebbero
sistemare un piccolo dialogo qui o là, ma è tutto.
Se sei uno scrittore e lasci cadere uno
script di 120 pagine per uno spettacolo di 30 minuti sulla scrivania
del supervisore dello script, non lo trasformeranno in cinque parti.
Finiranno il loro rapporto con te.
E i registi hanno il lusso del tempo.
Hanno 3-4 mesi per girare un film. Un regista televisivo sarà
fortunato ad avere sette giorni.
Ciò non significa che i registi
televisivi non proveranno cose nuove, ma devono lavorare con gli
sceneggiatori per farlo funzionare.
Il numero "Get Happy" di Dr
House, M.D. Dopotutto sono solo soldi. Le canzoni, a quanto pare,
sono facili: possono essere facilmente cronometrate.
È per questo che "Saturday Night
Live" è probabilmente lo spettacolo più strettamente
sceneggiato in televisione. È per questo che, alle 7:30 della notte
della trasmissione, tagliano e passano al programma seguente . Quando
inevitabilmente si allunga, devono decidere cosa tagliare. Se ti
allontani dalla sceneggiatura, è la fine della tua collaborazione
con il mondo dello spettacolo.
Qualcosa mi sfugge, su come sia stato
possibile arrivare a questo:
passando per questo:
Intendiamoci: il mercato editoriale è
un mercato come tutti gli altri. Anzi, frequentandolo da ormai dodici
anni e altrettanti libri pubblicati, posso dire di conoscerlo
piuttosto bene. So benissimo cosa sia la legge della domanda e
dell'offerta, e so che si pubblica ciò che il pubblico vuole
comprare, e non ciò che "si spera" che il pubblico
comperi. É il motivo per cui è molto più facile vendere un libro
scritto male di un personaggio famoso che un libro scritto da Dio di
un emerito sconosciuto.
Ma il caso di
Taylor Mega
per me è come il mistero di Medjugorje
dell'editoria, il mistero dell'orizzonte del buco nero della carta
stampata, l'enigma delle piramidi delle librerie.
Capisco gli instant book e le biografie
di personaggi di enorme successo, ma che hanno
qualcosa
da dire, per cui una persona sarebbe
disposta a scucire 14 euro per una lettura. Ma Taylor Mega che
racconta come è diventata Taylor Mega proprio non me ko spiego.
Volendo però vedere l'altra faccia
della medaglia, se tanta gente è disposta a spendere soldi in
"libri" del genere, allora vuol dire che poi tanta crisi
nel mondo dell'editoria non c'è!
Eccoli qui.
I Boney M sono il gruppo musicale piú
falso che sia mai esistito, ha ingannato tutti i fan per anni.
Nessuno di loro ha mai cantato dal vivo, tutto era in playback, le
canzoni erano scritte da altri e loro si limitavano a fingere di
cantare. Nemmeno le voci erano le loro; il loro produttore, Frank
Farian, faceva tutto lui. Scriveva le canzoni, cantava le parti
maschili, ingaggiava le coriste per cantare le parti femminili e
ovviamente faceva il suo lavoro di promoter del gruppo. Solo in poche
canzoni, peraltro le meno note due delle ragazze, Marcia e Liz,
facevano i cori. Anche il nome del gruppo fu un'idea del produttore,
Boney era il nome di una serie televisiva trasmessa in Germania.
Beethoven si sta rivoltando nella
tomba!
No, musicisti nel senso classico del
termine no. Non me ne vogliano i DJ, anzi, ce ne sono di bravissimi,
tipo David Guetta, ma chiamiamoli in un altro modo, che ne
so…"performer musicali"…
Negli Stati Uniti hanno risolto il
problema inventando lo stratagemma del
555, un prefisso che non
esiste e che viene sempre anteposto ai numeri di telefono che
compaiono nelle produzioni hollywoodiane e nelle serie televisive
americane.
Un sistema utile e necessario per far
comprendere immediatamente al grande pubblico che il numero in
questione non è un numero reale e che le persone possono evitare di
chiamarlo perchè non otterrebbero risposta.
Ma in alcuni casi i registi hanno
utilizzato i numeri di telefono per altri motivi.
Il caso è quello ad esempio di
Scrubs, la serie televisiva
di successo con protagonista il chirurgo Chris Turk.
Al cast venne un'idea durante una
puntata. Nel corso di un episodio venne pubblicato un numero di
telefono che non era il classico 555. Il numero era vero ed era
agganciato ad un telefono che il cast si passò di mano per alcune
settimane rispondendo alle telefonate del pubblico che aveva così
l'incredibile occasione di poter parlare con i … personaggi della
serie!
Vicki Satlow, forse l'unico agente
letterario di livello massimo che lavora 'a viso aperto', con tanto
di sito in bella mostra.
Il problema è che fare l'agente
letterario è perfino peggio che lavorare per una casa editrice, per
quanto riguarda le molestie quotidiane.
Secondo molti in Italia scrive (o ha
cercato di scrivere per almeno 5–6 anni) quasi il 70% degli
Italiani.
E sono sempre tutti inevitabilmente
schiavi del Dunning-Kruger effect, un fenomeno psicologico,
perfettamente naturale, che purtroppo in letteratura ha un effetto
decisamente maggiore che in qualunque altro campo.
Il Dunning Kruger è un fenomeno per
il quale meno conosci una cosa, più ti sembra semplice, facile,
eccetera.
E questo in letteratura ('scrittura
creativa') porta inevitabilmente tutta questa masnada di scrittori a
pensare di avere scritto un capolavoro.
Ma facciamo degli esempi concreti.
Per esempio, chi non sa nulla di
bodybuilding…
Pensa che il body building sia
sollevare pesi sempre più pesanti a caso, usando le posture corrette
per non farsi male, e fine. E infatti, il motivo più diffuso per cui
la gente non si ingrossa, che ci crediate o meno è il sovra
allenamento.
Perché è il riposo a gonfiare i
muscoli. Lo sforzo li brucia. Lo sapevate questo? Ovviamente no.
La maggior parte di quelli che
falliscono nel migliorare in palestra è perché non sanno le regole
di base di come ci si allena… Le quali sì, sono complicate. Sono
complicatissime. Per questo senza istruttore nessuno ottiene mai un
bel nulla.
Ma facciamo un altro esempio.
La letteratura è incomprensibile agli
scrittori peggio ancora del
pattinaggio su ghiaccio.
Guarda come sorride… Quello che
sta facendo dev'essere assolutamente facile e divertente, no? Sennò
non sorriderebbe.
Nel pattinaggio artistico su ghiaccio,
più uno è bravo, più quello che fa sembra 'visivamente' facile.
Sembra addirittura spontaneo. E farlo sembrare facile, spontaneo e
addirittura divertente è proprio lo scopo 'visivo' dell'esibizione:
trasmettere una sensazione piacevole allo spettatore.
In realtà, l'atleta sta facendo una
fatica disumana e sta usando una concentrazione fuori dal comune,
coltivata nel corso di anni.
E pensate che sia il body building che
il pattinaggio sono MENO sottovalutati della letteratura. E tanto
pure.
TUTTI quelli che scrivono sono agnelli
sacrificali del Dunning Kruger effect; tutti quanti. Nessuno escluso.
Anche molti scrittori bravi e famosi lo sono, figurarsi quelli che
scrivono male.
Fino a quando non hai scritto 7–8
romanzi e non hai visto i tuoi stessi miglioramenti rispetto al
primo… non hai idea del lavoro che c'è dietro e di quanto sia
difficile scrivere BENE. Scrivere in modo che CHIUNQUE legge quello
che scrivi 'percepisca' ciò che deve.
E peggio ancora: in letteratura
peggio scrivi, più sei convinto di scrivere bene.
Nei casi estremi, in letteratura quando
scrivi schifezze assolute, pensi addirittura di essere un genio. Un
genio fuori dalle regole basilari della costruzione di una storia,
dei personaggi e dell'arte di raccontare. Sei superiore. Gli altri ne
hanno bisogno, ma tu no.
"Ma io scrivo cose vere"
"Ma io scrivo le mie
riflessioni"
Il 99% di chi scrive non ha capito
nemmeno che se scrive cose vere… Al lettore non gliene frega nulla.
In letteratura non è che basta 'dire'
che una storia è vera, e il lettore ci crederà. Un libro non è un
film, con degli attori in carne e ossa di fronte a te.
E anche quando racconti storie vere,
quelli sono comunque personaggi e tu stai comunque raccontando
qualcosa. Quando scrivi te la devi guadagnare quella sensazione di
sincerità che nei documentari viene fornita dalle immagini o i video
di repertorio, quelli reali.
E se scrivi riflessioni, allora i
personaggi saranno le riflessioni.
E i personaggi, che voi lo vogliate o
meno, devono andare a finire da qualche parte, non so se mi spiego.
Si chiama 'inizio-svolgimento-fine', e se non c'è, al lettore
mancherà COMUNQUE.
Il motivo per cui gli agenti
letterari e chiunque lavora nell'editoria cerca di non sbandierarlo
ai quattro venti, è non essere molestato giorno e notte da dozzine
di molestatori al giorno.
Perfino io, che non sono nessuno, vengo
'molestato' almeno una volta al mese da qualcuno che ha scritto un
ottimo 'qualcosa' (spesso nemmeno un romanzo) ed è convintissimo di
avere scritto qualcosa di fantastico…
Mentre il 100% delle volte è
letteralmente una porcata immonda… Ma io non ho nessuna voglia di
dirglielo, perché poi si offenderà.
Scrivere male significa - per
definizione - non saper distinguere quello che
*volevi*
scrivere da quello che è finito
veramente
*sulla carta*.
E dopo che l'hai scritto non vedi
letteralmente la differenza… Altrimenti scriveresti bene.
Oppure ti auto cestineresti da solo la
porcata che hai scritto… Cosa che non fa mai letteralmente NESSUNO,
perché credono tutti di avere messo su carta esattamente quello che
avevano in testa.
I cattivi scrittori scrivono appunti
personali. E' da lì che nasce il casino. 'Universalizzare' tali
appunti è un lavoro bestiale… Di cui nessuno sa assolutamente
nulla.
E quando spieghi a questa gente PERCHE'
fa schifo quello che hanno scritto (perché sì, io sono in grado di
'razionalizzarlo', purtroppo), loro credono che stai insultando
quello che loro avevano in testa, non quello che hanno scritto
effettivamente.
Quindi per evitare continue
telefonate e rotture di palle infinite, gli agenti letterari VERI in
Italia lavorano col basso profilo.
E quindi senza presenza social, senza
sito web, eccetera. Girano il loro giro di clienti e case editrici, e
fine.
Ma questo avviene anche in Inghilterra,
anche se con regole diverse.
In Inghilterra avvicinare certi agenti
letterari quando non sei nessuno, hai autopubblicato su Amazon o hai
vinto un premio letterario che non sia lo Strega… E' proprio
maleducazione, e fine della storia.
- 1000 è il minimo sindacabile sotto il quale si parla di fallimento 'sotto ogni punto di vista'
- 5000 è la decenza o 'decenza interessante', a seconda del tipo di lavoro/prodotto/budget (5000 copie per le barzellette di Totti sono un fallimento assoluto).
- 10'000 copie fanno un successo indiscusso.
Nota 1
Nell'ambito del selfpublishing ti
diranno che basta molto meno, perché si guadagna di più a copia…
Ma non è vero. Quello che guadagna lo scrittore non conta, quando si
parla di successo. Quando un film lo guarda un sacco di gente,
nessuno va a fare i conti in tasca riguardo a quanto è costato,
giusto? Dunque è vero anche il contrario: se un libro se lo leggono
meno di mille persone, vuol dire che non ti sta cagando nessuno, e
poco importa se hai tirato su 200 euro per un anno di lavoro o quel
che è.
Nota 2
Quelle qui riportate sono le cifre
italiane commisurate al bacino di utenza della lingua italiana. In
America va moltiplicato tutto grosso modo per 10, se ricordo bene
(paese enorme, tutto che parla la stessa lingua = vendite potenziali
estremamente maggiori).
Nota 3
Solo un 5% dell'editoria tradizionale
arriva alle 1000 copie vendute. Nel selfpublishing la percentuale si
abbassa a dismisura, ma siccome amazon tiene le cifre reali nascoste,
non ci sono numeri concreti. E il motivo per cui Amazon tiene le
cifre nascoste è che guadagna MOLTO di più dai servizi accessori
collegati al self che dalle vendite (e quindi deve mantenere 'in
piedi' la balla che il self funziona). Parlo di servizi accessori
quali: pubblicità a pagamento sul loro sito, alta visibilità sui
loro motori di ricerca (che poi è la stessa cosa della pubblicità),
per non parlare poi di tutti i servizi che 'accessori' lo sono per
davvero (grafiche a pagamento, editing, ecc).
Nessuna delle due, non siano più negli
anni '70.
Devi avere delle competenze in social
media marketing, gestione aziendale, brand marketing; ma prima di
tutto questo devi avere un buon prodotto.
Per fare successo nell'industria
musicale, hai un'unica formula vincente:
1% talento (essere fortissimo),
1% fortuna (fare network),
18% devi saper produrre e post produrre
da solo,
80% saper fare business.
Oltre a queste percentuali molto
approssimative, ma altrettanto vicine alla realtà, resta il fatto
che devi produrre continuamente.
Non puoi fare successo facendo un pezzo
l'anno, il fattore "fortuna" c'è nel momento in cui in un
anno riesci a fare almeno 100 brani fatti e finiti e soprattutto
catalogabili e vendibili (la musica fine a se stessa piace solo a chi
la fa).
Questo per farti capire che non esiste
la rockstar col colpo di fortuna, il ragazzo che arriva al sogno
perché prende la chitarra in mano e suona l'assolo. Creare musica,
produrla, è un lavoro a tempo pieno che ha bisogno di molto studio e
molte competenze, perché "fare successo nella musica" vuol
dire guadagnare e per guadagnare tanto devi lavorare tanto,
esattamente quello che deve fare qualsiasi altro lavoratore di
qualsiasi altro settore.
Chiedilo a
un solo uomo
Max Martin è un
genio
Martin aveva appena trovato il suo
mentore. L'anno è il 1994 e Martin incontra il
DJ svedese Denniz PoP.
Denniz vide che Martin aveva talento
per la musica. Si rese conto che
Martin era molto bravo a
scrivere le canzoni, rispetto che a cantarle, e lo incoraggiò a
farlo.
Martin passava ora dopo ora, giorno
dopo giorno e anno dopo anno a perfezionare il suo mestiere. È
diventato un cantautore e un produttore, ma…
Perché qualcuno dovrebbe voler
andare da Martin? Non aveva successi precedenti.
Martin ha avuto la sua opportunità
di mettersi alla prova. All'epoca,
c'era una boy band sconosciuta che stava lottando per avere successo.
Si chiamavano i
Backstreet Boys.
Martin ha analizzato le canzoni che
avevano avuto successo nelle classifiche e ha creato alcune canzoni
per i Backstreet Boys. Ciò includeva canzoni come
"Show Me the Definition of
Being Lonely" e
"I Want It That Way".
Disse loro esattamente come dovevano
suonarle, cantarle e interpretarle.
I Backstreet Boys sono diventati
famosi
e
"I Want It That Way"
è diventata una canzone conosciuta
da molte persone al mondo.
Per quanto riguarda
Martin, non si è preso nessun
merito.
Nessuno si rese conto che lui aveva
scritto la canzone. Ha continuato a farlo per molti anni ed è ora
noto come
un super produttore.
Ha cambiato per sempre l'industria
della musica,
creando un sistema per rendere
popolari le canzoni pop,
vedendo cosa funzionava
attualmente e predicendo le tendenze future.
Insomma, molto simile a come si
comporta la Apple.