Amazon: quanto costa pubblicare un libro?


Autopubblicarsi può costare moltissimo o nulla, a seconda della strada che scegli. Ti elenco le mie conoscenze al riguardo, anche se sono certo ci saranno molti altri esempi.

Prima opzione: gli editori tipografi.
Esistono tipografie mascherate da editori (o viceversa), che ti propongono di pubblicare il tuo romanzo, a volte facendoti passare questa concessione come primo premio a fantomatiche selezioni a cui puoi partecipare e vincere regolarmente. Peccato che la pubblicazione preveda un contratto in cui ti obblighi ad acquistare un numero minimo di copie del libro ad un importo che normalmente copre il costo, e oltre, dell'intera tiratura. In questi casi i finti editori annullano il proprio rischio d'impresa ribaltandolo sull'autore e riescono anche a guadagnare un discreto margine dalle copie così vendute. Ho visto contratti di questo tipo aggirarsi tra i 500 e i 10.000 euro.

Seconda opzione: Amazon.
Amazon propone un servizio chiamato KDP che ti permette di pubblicarti da solo il libro usando strumenti e servizi messi a disposizione gratuitamente. In questo modo puoi creare il tuo ebook e il tuo libro cartaceo mettendoli in vendita sul circuito Amazon. Il costo è pari a zero. Non sto dicendo che Amazon sia la panacea di tutti i mali, anzi, per gli editori normali è un canale molto oneroso. Ma se stai pensando al self-publishing è economico, intuitivo e diffuso.

Quindi da 0 € al budget che stabilisci tu di investire sul libro. Con 0 € puoi fare tutto. Se ti affidi ad altri (impaginazione, creazione eBook, copertina, traduzione, etc.) può andarti bene, come puoi incappare in tanti che vendono servizi di tutti i tipi, ma sono persone totalmente improvvisate, che semplicemente devono campare, il pagamento è sempre anticipato e si rivelano dei mangiasoldi mordi-e-fuggi incredibili. Il web è pieno di queste persone, e sono talmente tante che scovare fra loro i professionisti freelance seri diventa difficile. Piano piano può succedere che tu capisca che in realtà c’è una via di mezzo in tutte le cose e che un libro è un’occasione anche per auto-formarti su tanti campi. La faccio breve: quando inizi a vedere che stai buttando tempo e soldi con più di un freelance, ad un certo punto avviene la svolta e decidi che farai tutto tu, godendoti così l’avventura pienamente. A quel punto investi, ma non per dare soldi ad altri, bensì per fare tutto da solo. Per capirci:
  1. Ti fregano tempo e soldi 2 o 3 grafici? Bene! Tolti i grafici. Usi Adobe Stock, compri le immagini che vuoi e componi da te la copertina, con grande pazienza, da migliorare sempre. Io ho già cambiato la copertina 3 volte: cambio della tonalità, poi cambio del titolo (tridimensionale), poi ho inserito il mio logo. E piano piano continuerò a farlo, in totale libertà. Paghi la licenza per le immagini in Adobe Stock, ma il piacere che provi a decidere tutto tu è impagabile.
  2. Editing? Ti correggi il libro da solo, continuamente. L’ultima mia revisione profonda è durata un mese e mezzo! Ho ripubblicato il mio romanzo una settimana fa come 2a edizione, perché ho corretto ogni virgola e 5 tempi verbali, oltre ad animam che è diventata anima (per i puristi del latino). Ho finito? Assolutamente no! Domani inserirò nelle pagine finali la copertina al libro primo che ho appena pubblicato in inglese e quello che uscirà a Giugno in spagnolo, cambierò la pagina autore, e avanti così. Lo ricaricherò ancora aggiornato.
  3. eBook. Il programma di Amazon, Kindle Create, è semplicissimo. Oggi ho pubblicato anche l’ebook del libro primo del mio romanzo in inglese (uscirà domani), ed è stato così che ho visto delle migliorie apportate da Amazon al programma in questi mesi da usare senz’altro anche per l’ebook in italiano. Conclusione? Risistemerò in settimana l’ebook in italiano.
  4. Codici ISBN per gli eBook (non obbligatori, ma molto utili): ne ho comprati 3, uno per ogni lingua (30 € in tutto), ma puoi anche non comprarli. Quelli per il cartaceo te li regala Amazon.
  5. Traduzioni (se vuoi). Correggi il traduttore che hai pagato profumatamente? Beh! Via tutti e ti traduci il libro da solo.
  6. Pubblicità? Fai tutto da solo, che è anche un modo per conoscere tante belle persone. Ci vuole un sito, però, come base di tutto il tuo mondo, se vuoi crearti un mondo basato sulla scrittura. Ti fai fare un sito o fai tutto da te? Io faccio tutto da me. Pago la piattaforma WordPress circa 500 € l’anno, più altre spese fatte una tantum all’inizio, e mi diverto a migliorare il mio sito un pezzettino la settimana, piano piano. Per me è la mia seconda casa ormai.
In sostanza: ogni piccola cosa riguardante il tuo libro può essere fatta gratis o pagando persone che la facciano per te o pagando dei pezzetti (es: foto Adobe Stock) e poi mettendoci del tuo. La soluzione che alla fine ho trovato perfetta per me è quella di fare tutto da solo, piano piano, ma continuando a migliorare sempre ciò che faccio (dedizione continua e meticolosa).
L’unica controindicazione è che impiegherò, a conti finiti, un anno per tutto questo da quando ho pubblicato per la prima volta il mio romanzo. In autunno soltanto avrò finito tutto ciò che mi ero programmato per quest’anno e potrò, finalmente, dedicarmi alla scrittura del mio secondo romanzo.
La baracca, però, è costruita. La struttura, gli attrezzi, tutto è imparato e capito, pertanto col secondo libro andrò molto più spedito di quanto non abbia fatto col primo, una volta che lo avrò finito. So come muovermi, e continuo ogni giorno a scoprire cose nuove e utilissime.
In sintesi, se vuoi scrivere molti libri, il mio consiglio è di fare tutto da te: impari mille cose nuove, risparmi un mare di tempo e soldi, conosci mille persone, sei libero e bello, tutto ti tornerà utile e già fatto dal secondo libro in poi.



Per rispondere a questa domanda mi tocca prima spiegare alcuni concetti di base.


La scena di Matrix della scelta della pillola è identica a quella Total Recall, un film girato 10 anni prima. Il protagonista deve scegliere se prendere la pillola blu per tornare alla realtà, o la pillola rossa e restare per sempre nel mondo di fantasia. La scena è assolutamente identica a quella del film di Schwarznegger, alla faccia del'originalità.

1) Il 'valore letterario' non è oggettivo. Non dipende dal contenuto, ma da quanto 'funziona' tale contenuto. Toglietevi dalla testa ogni paragone tra cinema e libri: l'arte ciematografica è letteralmente nata ieri rispetto alla letteratura. Quindi al cinema sì, esistono ancora storie che non sono MAI diventate un film. Un esempio concreto? Quando uscì il primo film di Matrix, la trama venne accolta come 'unica', 'geniale', 'innovativa' dal pubblico cinematografico. Il pubblico letterario invece… Scoppiò a ridere. Matrix non era altro che un plagio (ai limiti della denuncia) di non una, ma varie idee di Philip Dick, scrittore che tra l'altro raggiunse l'apoteosi del suo successo commerciale… Proprio negli anni novanta. Alla faccia che i Watchoski erano due geni. Macché. Hanno solo fatto un 'remix' delle idee più famose di uno degli scrittori 'di culto' più popolari di quegli anni.
2) Il valore letterario è dato dalla potenza con cui lo stile si fonde col contenuto. E quindi il valore di un romanzo non è dato né dal contenuto 'in sé', né dallo stile 'in sé'. Ma cosa significa questo in concreto, per uno scrittore mentre scrive? Significa che la bravura stilistica o narrativa arriva purtroppo fino a un certo punto… E poi sei fregato. Poi conta solo quanto eri ispirato 'per davvero'. Addirittura, più diventi stilisticamente bravo a scrivere, più il risultato 'rivelerà' le tue 'vere intenzioni' MENTRE stavi scrivendo. Quindi se scrivi un romanzo come se fosse un tema di scuola, cercando semplicemente di portare a termine una certa idea meglio che puoi… il lettore proverà noia. Se fatichi a trovare il finale, il lettore farà fatica a leggerlo o lascerà addirittura il romanzo a metà.
E non è nemmeno finita qui. Aspettate un attimo, perché adesso arriva il peggio. Pronti?
Se tu sai già, fin dall'inizio, come finirà il tuo romanzo… Se ne accorgerà anche il lettore.
Ma come? Io sapevo già il finale, ma non l'ho mica detto al lettore! Come faceva a saperlo?! - obbietterete voi.
Eppure, se prendete dieci lettori, tutti e dieci avevano già capito come finiva la vostra storia… E la colpa è solo vostra. Eh sì.

3) Ecco allora che gli scrittori bravi non 'decidono' cosa scrivere, ma scrivono invece 'ciò che gli viene meglio'. Perché è così che funziona: 'senza trucco e senza inganno'.


Il vero capolavoro di Stephen King: Pet Semetary. Lasciate perdere IT e SHINING, che devono la loro fama solo al fatto che ne sono stati tratti dei film di successo. Il vero capolavoro 'assoluto' di King è, senza ombra di dubbio, Pet Semetary. Come si scrive un libro come Pet Semetary? Facile. Basta diventare tossicodipendenti, drogati e disperati. Basta stare andando dritto verso la morte per overdose o peggio (tipo lesioni cerebrali permanenti) e, nel frattempo, scrivere una storia dell'orrore tale da sguinzagliare involontariamente tutte le tue paure su quello che stai facendo a te stesso e alla tua famiglia.
'Madonna mia' direte voi. E quindi, come si scrive un buon romanzo?

4) 'Senza trucco e senza inganno' è il segreto da un milione di dollari by Wallace Lee (©2001–2020) per diventare bravi scrittori.
E ve lo chiarirò adesso ancora meglio di prima, con un paio di semplicissimi esempi:
  • Come si scrive un romanzo con un finale a sorpresa? Oh, caro scrittore… Purtroppo per te, l'unico modo sulla terra per sorprendere il lettore… E' scrivere un finale che sorprenda anche te. E per sorpreso, intendo 'sul serio'. Intendo sinceramente sorpreso. E quindi, in concreto, l'unico modo per scrivere un finale a sorpresa… è improvvisarlo. Già. Pensaci bene: se tu, mentre scrivi il tuo romanzo, non sai come andrà a finire e ne resterai sorpreso… Come diavolo farà il lettore a scoprirlo prima di te, e a non restarne sorpreso a sua volta?
E preparatevi perché adesso viene il meglio, cari lettori.
  • Come si scrive un romanzo dell'orrore che faccia veramente paura? Per scrivere un romanzo dell'orrore che faccia 'veramente paura', devi riuscire a trovare una storia che faccia 'veramente paura' a te mentre la stai scrivendo.
DOMANDA ORIGINALE: qual'è il genere letterario più difficile da scrivere?
Cari lettori, per due decenni ho pensato che il genere più difficile da scrivere in assoluto fosse l'horror.
Facendo infatti una statistica tra tutti i libri letti nella mia vita, la percentuale di buoni horror era davvero la più scarsa in assoluto, segno che probabilmente raggiungere certi livelli con l'horror è davvero difficile, se non addirittura impossibile. A patto di non essere pazzi sul serio, come lo era per esempio Edgar Allan Poe. Pazzi, e con un sacco di voglia di farsi del male pure.
Infatti, se avete seguito il mio ragionamento, risulta abbastanza ovvio non solo quanto l'horror sia davvero difficile da scrivere anche solo 'bene', ma anche che una persona sana di mente non 'dovrebbe' in sostanza avere alcuna voglia di scrivere un 'buon' horror. Al massimo, una persona sana di mente ha voglia di scrivere un horror 'così così', ma non un horror VERO, di quelli talmente horror da fare paura pure a lui.
Recentemente, però, ho cambiato idea.
C'è un genere che ha strappato la palma perfino all'horror nella mia classifica personale.
Adesso infatti propendo di più per il genere d'azione.
Trovare un libro d'azione di notevole valore letterario è davvero impossibile, e questo potrebbe avere una spiegazione molto logica.
La maggior parte degli scrittori sono persone sedentarie, poco sportive, eccetera. E' molto difficile che una persona di questo genere, nella sua vita, ami sia scrivere (attività tremendamente sedentaria) che massacrarsi 'seriamente' durante attività all'aperto.
E quindi, secondo me, è molto difficile che uno scrittore trovi dentro di sé un amore sincero per una storia con una grande componente di action.
Tra l'altro, anche i più grandi maestri della narrazione, se mai 'cascano' su qualcosa, spesso sono proprio le scene di action: scazzottate, sparatorie, battaglie, eccetera, tendono in genere a essere tristemente 'così così' perfino sotto la penna dei più grandi maestri.
Per me, quello adesso è il genere più difficile da scrivere in assoluto… E parlo anche per esperienza diretta.
I momenti action sono in fondo come i momenti horror: perché abbiano pathos 'per davvero', devi essere tu stesso a non sapere come andranno a finire, mentre le scrivi. Devi tu stesso avere paura per i tuoi stessi personaggi. Devi amarli, ma devono anche essere veramente sacrificabili. Oh, e ovviamente, per metterci anche un minimo di pathos, devi essere sinceramente all'oscuro di come diavolo andrà a finire il tuo romanzo. Con l'aggravante, rispetto all'horror, che l'action avviene si svolge in genere in pochissimi letali istanti, cosa sempre difficile da rendere sulla carta.
Ed è davvero difficile 'trovare' qualcosa di simile dentro di sé.










C'era una volta questo signore, nome all'anagrafe Jerry Lee Lewis.


Jerry suonava il pianoforte e per il suo modo di esibirsi dal vivo si guadagnò il soprannome di The Killer, l'assassino: saltava in piedi sul suo pianoforte, urlava, faceva gesti osceni al pubblico. E ovviamente, dal 1957 in poi, iniziò ad inannellare numeri 1 in classifica a profusione.
Non era il solo, il nostro amico era in ottima compagnia di gente come Chuck Berry, Bo Diddley, e Little Richard. Scapestrati che i genitori americani non avrebbero mai voluto vedere con le loro figlie, figlie che erano invece ad urlare e scalpitare sotto i loro palchi.
Droghe, sesso e auto condivano la vita di questi pionieri del rock.
Alcune tra le frasi famose di Jerry:
Per andare in Paradiso bisogna camminare e parlare con Dio, ma io ho il diavolo in me! Se non ce l'avessi sarei un cristiano.”
Non c'è niente al mondo come il fare a pezzi una discoteca di tanto in tanto.”
Fin dall'alba dei tempi, prima ancora di Elvis, il rock si era presentato fumante di zolfo, ribelle e pericoloso come il Diavolo. E così venne dipinto da molti benpensanti dell'America puritana: la musica del diavolo.


Come diventare un Produttore Discografico Professionista



Innanzitutto c’e’ da differenziare la figura del produttore artistico dal produttore esecutivo. Il primo crea il prodotto, il secondo lo finanzia.
Tutto questo pero’ fa parte del passato; in questa epoca in cui la musica e’ per lo più ascoltata in streaming ed ha una vita molto breve, le figure si sono unite e di fatto la maggior parte degli artisti si auto produce.
Questo significa che il singolo artista/gruppo cura sia la parte tecnica che la parte editoriale, in maniera più o meno autonoma, a seconda delle competenze acquisite. Un esempio e’ una band che scrive e compone un pezzo ma non ha le competenze o i mezzi per finalizzarlo, ed a quel punto si dovrà rivolgere ad uno studio e ad un tecnico competente o ad un grafico per la copertina piuttosto che un video maker per la produzione video.
Tuttavia il lavoro di produttore, o meglio producer, sopravvive ancora per merito di alcune figure di spicco soprattutto in ambito hip hop ed r&b, dove personaggi come Timbaland (citando uno dei più famosi), creano hit mondiali per molti artisti diversi, dalla scrittura alla finalizzazione.
Riassumendo, il produttore discografico, artistico o esecutivo che sia, deve avere sicuramente passione per la musica ed un buon bagaglio tecnico.
Deve inoltre avere un attitudine imprenditoriale e deve saper scegliere il pezzo o album migliore da pubblicare in un determinato periodo.
Ultimo, ma non per importanza, un orecchio musicale e sicuramente una buona dose di fortuna!


Il cinema in generale, non solo quello italiano, in questo decennio ha bisogno di:
  • Meno politically correct e più motherfucker

  • Meno film dove attori devono perdere peso, per vincere l’Oscar, perché per vincerlo devi fare interpretazione di questo genere

  • Meno reboot e più idee originali, diciamo no a film come questi
    Ma soprattutto Basta portare avanti saghe cinematografiche ormai alla frutta, tipo queste









Di che cosa ha bisogno un editore per decidere di pubblicare un ...


Intanto, scrivere un bel libro. Non è detto lo sia. Se il tuo genere è affollato deve poter spiccare. Se no i selezionatori lo scartano.
Editalo, cioè cerca di mandare il miglior manoscritto che puoi. Errori, forma bislacca, contenuti insalubri. No. Devono potersi fidare che gli sforni capolavori, non che arranchi.
Consultare il sito dell'editore e verificare le norme di contatto. Di solito vogliono una lettera di presentazione.
Non inviare a tremila editori, scegli! Tanto più quell'editore è affine al tuo testo, tante più chance hai.
A meno che tu non sia ricco, famoso, già pubblicato non importa chi sei. Lettera velocissima e subito al punto. Non gli frega se hai passione, ma come il tuo scrivere si traduce in materia letteraria: obbiettivi, motivazione, messaggio della tua produzione.
Attendi in silenzio. Possono volerci anche 3 mesi prima di un contatto da parte loro (in genere fanno 3 periodi l'anno di selezione, “accumulano” materiale, al termine dei quali contattano chi passa in quello scaglione). Non rompere le scatole con continue mail di sollecito, è il modo di farsi scartare.
Se ti contattano hai vinto!
Se ti dicono di cambiare qualcosa, ingoia il rospo e cambiala.
L'editor HA SEMPRE RAGIONE.
Mai pagare, mai, mai, mai mai, perché è l'editore che ti chiede il permesso di speculare sul tuo prodotto di ingegno, non sei tu che chiedi a lui.






Dipende dall’autore.
In una intervista con George Stroumboulopoulos l’autore George R.R. Martin (noto per aver scritto la serie Game of Thrones) spiega come secondo lui esistono due tipi di autori:
  • L’architetto
  • Il giardiniere
Cercherò di spiegarti in parole povere che cosa significa ognuno di questi concetti.

L’ARCHITETTO
L’architetto è uno scrittore che sa tutto o quasi tutto della storia che vuole scrivere PRIMA che sia scritta.
Questo tipo di autore fa svariate ricerche, struttura la storia (la serie di libri) in dettaglio, e ha già capito la direzione che avrà la sua storia.
Certo, c’è sempre spazio per cambiare qualcosa in futuro, ma il grosso del lavoro di ‘wordbuilding’ lui/lei lo ha già fatto.


Pensa a Tolkien, a quanto ha scritto sul mondo della Terra di Mezzo PRIMA ancora di scrivere e pubblicare Il Signore degli Anelli. Mappe, poesie, storie, dialoghi, disegni, Tolkien aveva già ben chiaro quel mondo anni prima di scrivere il suo lavoro più famoso.
Questo in sostanza racchiude il concetto di scrittore architetto. Una persona che pensa e pianifica ancor prima di scrivere realmente la sua storia.

IL GIARDINIERE
Il giardiniere è un tipo di scrittore fondamentalmente diverso dall’architetto.
Il giardiniere sperimenta e prova cose nuove mentre sta scrivendo la sua storia. A volte, non sa bene dove sta parando, ma comunque continua a scrivere per scoprirlo.
Per lui/lei la scrittura è un processo di ‘discovery’, ovvero scopre mentre scrive. Il mondo che sta creando è perlopiù misterioso anche per lui/lei, ma questo non lo/a spaventa.
Sa che questa scoperta è parte del processo.
Certo, anche lui/lei può avere scritto degli appunti o sapere parti della storia prima di scriverla, ma in generale non ha un’idea precisa di tutto quello che accadrà e di come accadrà.
Il giardiniere è insomma uno sperimentatore che aggiusta e adatta mentre scrive.


Ogni volta che legge la sua storia è molto probabile che cambi (anche pesantemente) personaggi, momenti, descrizioni e avvenimenti.
Ogni rilettura può cambiare radicalmente il suo libro perché il suo libro è plastico, si modella facilmente.
La sua storia è un’avventura in divenire che spesso lo/a sorprende.

LA MIA ESPERIENZA PERSONALE
Ad un certo punto dell’intervista George Martin confessa come secondo lui nessuno scrittore è soltanto un architetto o soltanto un giardiniere.
Ogni scrittore ha in sé sia una che l’altra componente ‘dosata’ in modi diversi.
Io personalmente mi ritengo più un giardiniere.
La mia serie di fantascienza Onniologo è stato un lavoro in costante divenire.


Quando ho scritto e pubblicato il primo libro, Onniologo, avevo solo poche certezze su come sarebbe andata a finire la storia.
Questo ha comportato sia pro che contro.
Infatti in pratica, avevo una maggiore libertà di azione perché non mi ero messo paletti, ma d’altra parte mi sono trovato più volte a riscrivere parti considerevoli della storia (o a togliere interi capitoli), proprio perché non sapevo esattamente dove stavo andando a parare.
Questa è stata una mia scelta, e non me ne pento affatto. Anzi. Ho imparato molte cose da questo processo. È stata una palestra che mi ha costretto a riflettere sul modo in cui scrivo.
Una volta completato Pelargonium, il secondo libro della serie dell’Onniologo, mi sono trovato con le idee più chiare su come volevo continuare la storia.
Avevo più personaggi a mia disposizione, li conoscevo meglio, e in qualche modo sapevo dove stavano andando. Non tutti, ma la maggior parte di loro.
Alla fine del terzo libro, Dominio, sapevo molto meglio come tutto si sarebbe concluso, ma è stato solo con la stesura di Dodekatheon, il quarto e ultimo libro della serie, che ho chiuso il cerchio in un modo che per me aveva davvero senso.

CHE TIPO DI SCRITTORE SEI?
In definitiva, non esiste un solo modo per pianificare una serie di libri.
Ogni autore ha il suo metodo, e questo metodo potrebbe cambiare con il tempo.
Va bene lo stesso, è il tuo metodo! E se per te funziona e ti permette di mettere la parola fine a quella storia, il metodo funziona.
Good luck.


Nella biblioteca di Houghton dell’Università di Harvard è stato scoperto un libro con rilegatura in pelle umana. Le ricerche hanno confermato che un volume di poesie del poeta francese Arsène Houssaye “Dei destini dell’anima”, conservato nella biblioteca sin dal 1954, è stato effettivamente rivestito di un materiale inusuale. All’esame attento del libro, gli esperti hanno scoperto un’annotazione lasciata sul manoscritto dall’amico dell’autore, il dottor Ludovic Bouland, che scrive: “Un libro sull’anima umana merita di avere una copertura umana“. Il personale ha intuito qualcosa di sospetto e ha confrontato la rilegatura dei libri di Houssaye con altri libri rilegati in pelle. La copertina è stata quindi sottoposta ad una perizia da Alan Puglia, specialista in libri antichi il quale ha confermato ciò che si sospettava: il libro è realmente rilegato in pelle umana.






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La domanda richiede una risposta molto complessa, che cercherò di semplificare.
Innanzitutto c’e’ da differenziare la figura del produttore artistico dal produttore esecutivo. Il primo crea il prodotto, il secondo lo finanzia.
Tutto questo pero’ fa parte del passato; in questa epoca in cui la musica e’ per lo più ascoltata in streaming ed ha una vita molto breve, le figure si sono unite e di fatto la maggior parte degli artisti si auto produce.
Questo significa che il singolo artista/gruppo cura sia la parte tecnica che la parte editoriale, in maniera più o meno autonoma, a seconda delle competenze acquisite. Un esempio e’ una band che scrive e compone un pezzo ma non ha le competenze o i mezzi per finalizzarlo, ed a quel punto si dovrà rivolgere ad uno studio e ad un tecnico competente o ad un grafico per la copertina piuttosto che un video maker per la produzione video.
Tuttavia il lavoro di produttore, o meglio producer, sopravvive ancora per merito di alcune figure di spicco soprattutto in ambito hip hop ed r&b, dove personaggi come Timbaland (citando uno dei più famosi), creano hit mondiali per molti artisti diversi, dalla scrittura alla finalizzazione.
Riassumendo, il produttore discografico, artistico o esecutivo che sia, deve avere sicuramente passione per la musica ed un buon bagaglio tecnico.
Deve inoltre avere un attitudine imprenditoriale e deve saper scegliere il pezzo o album migliore da pubblicare in un determinato periodo.
Ultimo, ma non per importanza, un orecchio musicale e sicuramente una buona dose di fortuna!


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In questo periodo storico in cui la musica e’ per lo più ascoltata in streaming ed ha una vita molto breve, le etichette discografiche sono a mio parere superflue, per molti fattori, uno su tutti: la possibilità di auto prodursi!
Questo era possibile anche anni fa, ma oggi più che mai e’ alla portata di tutti, sia economicamente che logisticamente.
L’artista, di fatto, e’ l’etichetta!
Oltre alle capacita’ di registrare e arrangiare un brano in home studio, che do per scontate, bisogna solo trovare il distributore digitale, chiamato anche aggregatore, che fa al caso nostro. Ce ne sono davvero centinaia, con varie tipologie di offerte.
Non obbligatorio ma fortemente consigliato, e’ un piano di marketing legato all’uscita discografica, quali Ads su i principali social networks, ed invio di email promozionali ad eventuali blog musicali e addetti ai lavori.
Molto importante inoltre, avere competenze in vari ambiti legati a tutto ciò che sta intorno alla produzione di un disco, quali artwork, videoclip, foto e post produzione audio, ma anche in questo caso si trovano professionisti del settore in grado di svolgere determinate attività a prezzi decisamente accessibili.
Ultimo, ma non per importanza, sicuramente una buona dose di fortuna!