Quando James Cameron chiude Titanic con Rose anziana che getta la gemma nel mare e sogna di riunirsi a Jack tra applausi e luci eteree, molti spettatori vedono un momento di pura nostalgia romantica. Ma il senso più profondo di quella scena, secondo una lettura attenta e quasi crudele della psicologia dei personaggi, è ben diverso: è un commento sul tempo, sulla crescita incompleta e sull’impulsività persistente di Rose.
La citazione di Oscar Wilde riassume bene questo concetto: “Con l’età arriva la saggezza, ma a volte l’età arriva da sola”. La Rose giovane, impulsiva e sciocca, è cresciuta: ma l’esperienza non l’ha resa saggia. Continua a prendere decisioni emotive, a seguire il cuore senza ponderare le conseguenze. La gemma di valore inestimabile che getta via non è solo un simbolo romantico, ma un’eredità che avrebbe potuto cambiare il destino della sua famiglia. Eppure Rose, anche dopo una vita intera, agisce ancora come la ragazza che si gettava in mare per un uomo incontrato per poche ore: segue la passione, non la logica.
Jack, dal canto suo, è ritratto come un giovane scaltro, determinato e in grado di sopravvivere alle circostanze più estreme. La sua morte non è inevitabile; è resa necessaria solo dall’azione impulsiva di Rose. Cameron non lo presenta come un eroe martire di un destino crudele, ma come una vittima dell’ingenuità e della impulsività della donna che ama. Jack sopravviverebbe da solo, ma Rose sceglie di riunirsi a lui nel momento peggiore, condannandolo alla morte. La scena finale, quindi, non è un tributo al loro amore, ma una meditazione sull’incapacità di Rose di crescere davvero, anche con gli anni.
La sequenza onirica della riunione finale – tutti che applaudono, Rose che cammina tra le luci e Jack che la accoglie – è una costruzione simbolica. È il desiderio di una redenzione emotiva che Rose non ha saputo conquistare nel corso della vita reale. Cameron utilizza la narrazione cinematografica per trasformare la catastrofe in un quadro consolatorio: il pubblico vede ciò che Rose non ha mai raggiunto da viva, ma la “verità” psicologica del personaggio rimane amara. La vecchia Rose si ricongiunge con Jack, ma solo nella fantasia. Nella realtà, la sua impulsività ha avuto conseguenze irreversibili.
L’ultima scena di Titanic è molto più di un semplice romanticismo: è un commento sottile sulla persistenza dei tratti della personalità, sull’illusione della saggezza acquisita con gli anni e sull’inevitabile costo delle scelte impulsive. Cameron ci mostra che anche la memoria può essere una prigione dorata: Rose anziana celebra l’amore perduto, ma non può cambiare la tragedia che ha contribuito a creare. La morale, nascosta dietro l’applauso etereo, è che l’esperienza e l’età non bastano a trasformare la natura di una persona.
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