Peter Pan non è intrinsecamente malvagio, ma è un personaggio complesso che sfida le nozioni tradizionali di bene e male. La sua rappresentazione originale, nel libro di JM Barrie, differisce notevolmente dalla versione addolcita della Disney, presentandolo come una figura ambigua, quasi aliena nella sua perpetua innocenza infantile.

Peter non è un eroe convenzionale. Le sue azioni possono sembrare crudeli, come il fatto di rapire i Lost Boys per portarli nell'Isola che Non C'è o di uccidere nemici e persino amici con una disinvoltura disarmante. Tuttavia, queste azioni non derivano da cattiveria deliberata, ma dalla sua incapacità di comprendere le conseguenze delle sue scelte. La sua eterna infanzia lo rende incapace di sviluppare una bussola morale adulta, rendendolo simile a un personaggio di allineamento Caotico Neutrale, secondo la terminologia di Dungeons & Dragons.

Peter è un bambino letterale: vive nel momento presente, considera la vita un gioco e non ha una reale consapevolezza della mortalità. Cambia alleanze in battaglia, dimentica le persone che ha incontrato e tratta la morte con leggerezza. In questo senso, è un personaggio incapace di "crescere" non solo fisicamente, ma anche emotivamente e moralmente.



JM Barrie ha creato Peter Pan come una satira delle idee vittoriane sull'infanzia, descrivendolo come "gay, innocente e senza cuore". La sua mancanza di empatia e la sua spietatezza non sono il risultato di malizia, ma dell'innocenza portata all'estremo: una condizione in cui l'incapacità di comprendere il dolore altrui rende le sue azioni pericolose.



Come Anthony Fremont dell'episodio It's a Good Life di The Twilight Zone, Peter Pan è un bambino con un potere quasi illimitato e senza supervisione morale. Le persone intorno a lui spesso soffrono, ma lui rimane inconsapevole o indifferente. Barrie usa Peter per esplorare i pericoli di una vita senza responsabilità, in cui l'eterno rifiuto di crescere porta a una disconnessione dal mondo reale e dalle sue conseguenze.

In definitiva, Peter Pan non può essere considerato malvagio nel senso tradizionale, ma piuttosto come una forza caotica che incarna l'infanzia perpetua con tutte le sue contraddizioni: l'innocenza e l'egoismo, la gioia e l'indifferenza, il gioco e la distruzione. Questa ambiguità lo rende uno dei personaggi più affascinanti e inquietanti della letteratura.



Negli anni '90, la sitcom per adolescenti Saved by the Bell (1989-1993) era un appuntamento imperdibile per i giovani telespettatori. La serie seguiva le vicende di un gruppo di liceali alla Bayside High School di Los Angeles, diventando una pietra miliare della cultura pop dell'epoca. Ma uno dei membri del cast ha scelto una strada molto diversa dopo il successo dello spettacolo. Riuscite a indovinare chi?



Se avete pensato a Elizabeth Berkley, avete colpito nel segno. L'attrice interpretava Jessie Spano, la studentessa determinata e intelligente con una passione per la giustizia sociale. Ma la Berkley non si è accontentata del successo televisivo e ha deciso di osare, puntando a ruoli più maturi e controversi.



Nel 1995, la Berkley ha fatto un salto significativo interpretando Nomi Malone nel dramma erotico Showgirls, diretto da Paul Verhoeven. Il film raccontava la storia di una giovane donna che cerca di emergere nel competitivo mondo dello spettacolo a Las Vegas. Sebbene il progetto promettesse di rompere le barriere e consolidare la Berkley come attrice versatile, il risultato fu ben diverso.

Showgirls venne stroncato dalla critica e il pubblico lo accolse freddamente. Con un budget di circa 45 milioni di dollari, ne incassò solo 37,8 milioni, rivelandosi un flop clamoroso. La performance della Berkley fu oggetto di pesanti critiche e il film venne ridicolizzato al punto da diventare un cult del trash. Le conseguenze per la sua carriera furono devastanti: il suo agente, Mike Menchel, la abbandonò, e molti altri nell'industria rifiutarono persino di rispondere alle sue chiamate.

Passare da una sitcom per adolescenti a un ruolo così provocatorio era una mossa rischiosa, e forse il tempismo non fu dei migliori. La Berkley tentava di scrollarsi di dosso l'immagine da "brava ragazza" costruita con Saved by the Bell , ma il divario tra Jessie Spano e Nomi Malone si rivelò troppo grande per essere apprezzato da pubblico e critica.

Con il senno di poi, si potrebbe ipotizzare che un passaggio più graduale verso ruoli maturi avrebbe potuto salvaguardare la sua carriera. Tuttavia, il tempo ha rivalutato Showgirls, trasformandolo in un'opera di culto con una base di fan devoti.

Nonostante i contratti iniziali, Elizabeth Berkley è riuscita a ritagliarsi un posto nel mondo dello spettacolo. Ha continuato a lavorare in televisione e teatro, dimostrando una resilienza ammirevole. Inoltre, ha fatto un ritorno trionfale alla Bayside High nel reboot di Saved by the Bell del 2020, dove ha ripreso il ruolo di Jessie Spano, regalando ai fan un'ondata di nostalgia.

La storia di Elizabeth Berkley è un esempio di come le scelte audaci possono portare a battute d'arresto, ma anche di come sia possibile reinventarsi e trovare una nuova strada.


La storia che vede Arnold Schwarzenegger dormire sotto la sua statua di bronzo racchiude un potente insegnamento sulla transitorietà del potere e delle relazioni basate sull'opportunismo. La foto pubblicata da Schwarzenegger, accompagnata dalla frase malinconica "Come sono cambiati i tempi", ha toccato profondamente i suoi fan e il pubblico di tutto il mondo.

L'episodio risale a quando Schwarzenegger era governatore della California. Durante il suo mandato, aveva inaugurato un prestigioso hotel in cui era stata eretta una statua in bronzo a sua immagine per celebrare i suoi successi e la sua influenza. In segno di riconoscenza, la direzione dell'hotel gli aveva garantito che avrebbe sempre avuto una stanza riservata per lui, in qualsiasi momento.

Tuttavia, una volta lasciata la sua posizione politica, Schwarzenegger si ritrovò ad affrontare una realtà diversa. Quando cercò di soggiornare in quell'hotel, gli fu negata una stanza gratuita. Nonostante le promesse passate, la direzione gli chiese di pagare, adducendo come scusa che l'hotel era quasi al completo. In risposta, Arnold prese un sacco a pelo e passò la notte sotto la sua stessa statua, un gesto altamente simbolico che attirò l'attenzione del mondo.

Schwarzenegger non ha voluto solo raccontare un episodio personale, ma ha condiviso una lezione universale. Il suo gesto è stato un modo per sottolineare come il rispetto e la considerazione che si ricevono spesso sono legati alle posizioni di potere e non alla persona in sé.

Nel suo messaggio, Arnold ha scritto:

"Quando ero in una posizione importante, si congratulavano sempre con me. Quando ho perso questa posizione, si sono dimenticati di me e non hanno mantenuto la promessa."

Con queste parole, ha voluto far riflettere sulla natura temporanea del successo, del potere e delle relazioni opportunistiche. Arnold ha ricordato che niente di tutto questo è eterno e che, nel tempo, ciò che realmente conta sono le relazioni autentiche.

L'episodio diventa un invito a:

  1. Non definire il proprio valore personale attraverso il potere o i successi materiali. Questi elementi possono scomparire, lasciando un vuoto se non si è costruito una solida base di autostima e relazioni autentiche.

  2. Riconoscere la natura opportunistica di alcune persone. Arnold ha messo in guardia contro le relazioni costruite esclusivamente sull'interesse. Il suo racconto evidenzia che spesso si è celebrati solo finché si è utili.

  3. Valorizzare chi ti apprezza per chi sei davvero. Le relazioni sincere resistono alla prova del tempo e delle circostanze.

Schwarzenegger ha concluso con una riflessione amara ma vera:

"Non fare affidamento sulla tua posizione, sul denaro o sul potere. Niente dura per sempre."

La vicenda di Schwarzenegger offre uno spunto per una sfida personale: imparare a scegliere saggiamente le persone da avere accanto, riconoscendo quelle tossiche o opportunistiche e coltivando legami autentici. La vera forza risiede nella capacità di costruire una rete di relazioni basate sull'affetto sincero e sul rispetto reciproco, piuttosto che su interessi momentanei.

Questo episodio di umiltà e saggezza mostra ancora una volta il lato umano di Arnold Schwarzenegger, una star che, al di là della sua immagine di uomo invincibile, ha sempre cercato di trasmettere valori profondi al suo pubblico.



La storia che lega Tony Curtis e Cary Grant è una delle più affascinanti testimonianze di ammirazione e amicizia di Hollywood. Cresciuto nel quartiere di Manhattan, Curtis, il cui vero nome era Bernard Schwartz, idolatrava Cary Grant fin dalla giovinezza. "Amo il modo in cui si muoveva, parlava e si comportava", dichiarò Curtis, attribuendo a Grant un ruolo cruciale nella sua ispirazione per entrare nel mondo dello spettacolo. Il legame emotivo era così forte che, a soli 16 anni, Curtis si arruolò nella Marina americana, ispirato dal personaggio di Grant come ufficiale nel film Destination Tokyo (1943).

Anni dopo, Curtis divenne una star di successo e utilizzò la sua ammirazione per Grant in maniera diretta: nell'iconico A qualcuno piace caldo (1959), Curtis imitò l'accento elegante e il distintivo di Grant per una parte della sua interpretazione. Il successo del film fu tale da concedergli carta bianca per scegliere il suo prossimo progetto, e la sua richiesta fu chiara e ambiziosa: "Voglio fare una commedia militare con Cary Grant".

La realizzazione di questo desiderio non fu priva di ostacoli. Cary Grant, all'epoca sulla cinquantina, inizialmente esitava a prendere parte al progetto, sentendosi troppo vecchio per il ruolo. Determinato, Curtis spinse affinché fosse lui il protagonista, arrivando persino a cedere parte del suo compenso per convincere i produttori e Grant stesso. Alla fine, Grant accettò, dando vita a quello che sarebbe diventato uno dei più grandi successi finanziari della sua carriera.

La commedia, ambientata a bordo di un sottomarino rosa durante la Seconda Guerra Mondiale, conquistò il pubblico per il suo mix di umorismo, situazioni grottesche e la perfetta chimica tra i due protagonisti. La scena in cui Grant osserva attraverso un periscopio, eco diretta di Destination Tokyo , ha avuto per Curtis un significato particolarmente nostalgico. "Era come tornare indietro nel tempo, al cinema della mia infanzia", scrisse in seguito.



Operation Petticoat non solo fu una delle commedie con il più alto incasso della storia fino a quel momento, ma rappresentò anche una pietra miliare nella carriera di Cary Grant. Essendo coproprietario del film, Grant guadagnò milioni, consolidando ulteriormente il suo status di leggenda di Hollywood.

Più importante del successo economico e professionale fu il legame personale che si instaurò tra i due attori. Curtis descrive Grant come "un amico premuroso e devoto, il meglio di ciò che un padre potrebbe essere, il meglio di ciò che un fratello potrebbe essere". Un legame che andava oltre lo schermo, unendo due generazioni di talento e passione per il cinema.

L'aneddoto aggiunge ulteriore profondità alla già straordinaria carriera di Cary Grant e al talento di Tony Curtis, mostrando come i sogni di un giovane fan possano trasformarsi in realtà, se accompagnati da determinazione e talento. Una storia di ispirazione, cinema e amicizia che resta immortale.



La scena della "signora grassa" in Total Recall (1990), con Arnold Schwarzenegger, è uno degli esempi più straordinari di magia cinematografica senza CGI, dimostrando la maestria e l'ingegno del team degli effetti speciali realizzati dell'epoca. Questa scena, in cui Quaid si smaschera durante il controllo dei passaporti su Marte, è un vero capolavoro di effetti pratici, in grado di ingannare gli spettatori più attenti.

Come è stato realizzato:

  1. La maschera esterna della "signora grassa" :

    • La testa che si apre non è un effetto digitale, ma una struttura meccanica in polistirolo accuratamente scolpita. Il viso della "signora" (interpretata da Priscilla Allen) è stato ricreato con una fotografia del suo volto incollata sulla superficie del polistirolo.

    • Questo modello è stato progettato per aprirsi meccanicamente, rivelando un animatronico di Arnold Schwarzenegger nascosto all'interno.


  1. Effetti animatronici :

    • Sotto la maschera, non c'era Schwarzenegger in carne e ossa, ma un altro modello animatronico incredibilmente dettagliato, realizzato per rappresentare Quaid. I movimenti della "testa di Quaid" sono stati controllati a distanza, garantendo un effetto realistico nonostante i limiti tecnologici.


  1. Sfide tecniche :

    • La testa della "signora" era volutamente sovradimensionata per ospitare l'animatronico sottostante, ma questo effetto doveva essere nascosto. Per farlo, le riprese sono state effettuate da un'angolazione strategica e con tagli rapidi per mantenere l'illusione.

    • Le luci dello studio rappresentavano un problema, poiché il calore faceva sciogliere la colla che teneva attaccata la foto del volto della "signora". Questo creava grinze nel materiale, costringendo il team a girare la scena in tempi molto brevi.


  1. Montaggio intelligente :

    • La scena in cui la "signora" inizia ad avere convulsioni e perde la parrucca è stata realizzata con un altro modello animatronico separato. I due momenti sono stati montati insieme, creando un effetto fluido e credibile nonostante la complessità.

Perché questa scena è significativa:

Negli anni '90, la CGI era agli albori e veniva utilizzata solo per sequenze molto semplici, come il rudimentale scanner corporeo presente in un'altra scena di Total Recall . La tecnologia non era ancora abbastanza avanzata per realizzare effetti complessi come quello della testa che si apre. Il team del film, guidato dal leggendario supervisore degli effetti speciali Rob Bottin, dimostrò un'abilità straordinaria nel combinare animatronica, modelli fisici e montaggio creativo per ottenere risultati sbalorditivi.

L'eredità degli effetti pratici:

Oggi, le scene come questa verrebbero probabilmente realizzate interamente con CGI, perdendo quel fascino tangibile che solo gli effetti pratici possono offrire. La sequenza della "signora grassa" rimane un esempio brillante di ciò che si può ottenere con ingegno, talento e un approccio artigianale agli effetti speciali. È una testimonianza di come l'industria cinematografica fosse in grado di superare i limiti tecnologici dell'epoca, creando qualcosa che ancora oggi stupisce gli spettatori.



La storia di Michael J. Fox e il suo ruolo in Family Ties è un perfetto esempio di come un attore secondario possa trasformare un intero progetto, oscurando persino i protagonisti inizialmente designati.

Quando Family Ties debuttò nei primi anni '80, il concept originale ruotava attorno a una coppia liberale di ex hippie che si trovava a crescere figli molto più materialisti e conservatori. Il focus era quindi sui genitori, con i figli relegati a ruoli secondari. Tuttavia, l'interpretazione di Michael J. Fox nei panni del figlio maggiore, Alex P. Keaton, cambiò completamente le dinamiche della serie.

Fox inizialmente non era nemmeno la prima scelta per il ruolo. Il produttore esecutivo Brandon Tartikoff non credeva che l'attore avesse il carisma per conquistare il pubblico. La sua interpretazione sembrava troppo arrogante e superficiale per il personaggio. Ma grazie all'insistenza del suo agente, Fox ebbe una seconda possibilità. Questa volta mostrerà una versione più sfumata e accattivante del giovane repubblicano Alex, e alla fine venne assunto, anche se con molte riserve da parte dei produttori.

Queste riserve, però, si dissiparono rapidamente. Già dal primo episodio, il pubblico ha reagito con entusiasmo al personaggio di Alex, trasformandolo da figura di supporto al vero fulcro dello show. Nel giro di pochi episodi, il focus narrativo si spostò su di lui, trasformando Family Ties in una piattaforma che fece decollare la carriera di Michael J. Fox.



La fama di Fox raggiunse vette ancora più alte con il successo mondiale di Ritorno al futuro (Ritorno al futuro, 1985). La sua trasformazione da attore "rifiutato" a superstar culminò in un gesto ironico e memorabile: Fox inviò a Tartikoff un lunchbox con il suo volto sopra, accompagnato da un biglietto sarcastico che diceva:

"Brandon, volevano che mettessi un corvo qui, ma... baci e abbracci, Michael J."

La lunchbox è diventata un simbolo dell'incredibile impatto di Michael J. Fox, non solo su Family Ties ma anche sulla cultura pop in generale. Tartikoff, che aveva inizialmente sottovalutato l'attore, non solo accettò con sportività la lezione, ma finì per esporre la famosa lunchbox nel suo ufficio come testimonianza della potenza delle seconde possibilità e del talento inaspettato.

Questo episodio dimostra quanto un attore possa ribaltare le aspettative, ridefinendo un progetto e, allo stesso tempo, costruendo una carriera iconica.






Molti artisti hanno alle spalle storie difficili, ma l'infanzia di Eminem, al secolo Marshall Bruce Mathers III, emerge per la sua intensità e crudeltà. Nato il 17 ottobre 1972 a Saint Joseph, Missouri, Eminem ha vissuto un'infanzia segnata dall'abbandono, dalla povertà e dalla violenza. Suo padre lasciò la famiglia quando lui era ancora un neonato, senza mai più farsi vivo. Ogni tentativo del giovane Marshall di ristabilire un contatto con il padre fu vano: le sue lettere gli furono tutte restituite.

Sua madre, Debbie Mathers, ha vissuto una vita tormentata, tra problemi di dipendenza e instabilità mentale. Questa situazione ha avuto un impatto devastante sulla loro famiglia, costringendo Eminem a una vita nomade. La madre si trasferiva spesso, portandolo a vivere in diverse città del Michigan e, infine, a Detroit. Qui, in un quartiere prevalentemente afroamericano, Eminem subì episodi di bullismo violento, spesso per via del colore della sua pelle, un'esperienza che lasciò cicatrici profonde.

Una delle poche figure positive nella vita del giovane Marshall fu suo zio Ronnie Polkingharn, che lo introdusse al mondo della musica rap, alimentando la sua passione per il genere. Tuttavia, questo legame si spezzò tragicamente nel 1991, quando Ronnie si tolse la vita. Eminem, all'epoca appena diciassettenne, fu così devastato da non riuscire a parlare per giorni e non ebbe nemmeno la forza di partecipare al funerale.

Nello stesso periodo, Eminem incontrò Kimberly Anne Scott, un'adolescente con una storia altrettanto travagliata. La loro relazione fu tempestosa, ma diede alla luce Hailie Jade, la figlia che Eminem avrebbe cresciuto con dedizione. Negli anni, si prese cura anche di Alaina, la nipote di Kim, e Whitney, figlia di Kim avuta da una relazione successiva, diventando di fatto un padre single in una famiglia allargata e complicata.

Le difficoltà continuarono quando, a 12 anni, sua madre ebbe un altro figlio, Nathan (Nate) Samara, da una relazione fallimentare. Eminem assume il ruolo di fratello maggiore e, in pratica, di padre per Nate, mentre continuava a gestire la dipendenza e l'instabilità della madre.

Oggi, a 52 anni, Eminem è una delle figure più iconiche della musica rap, con una carriera che abbraccia più di tre decenni. Nonostante un'infanzia che avrebbe potuto spezzare chiunque, è riuscito a trasformare il suo dolore in arte, diventando un esempio di resilienza e successo. Non solo è riuscito a costruire una carriera leggendaria, ma ha anche creato una famiglia stabile, pronto ora a vivere un nuovo capitolo della sua vita come nonno.

 Ecco alcuni attori di sitcom che hanno lasciato il mondo della recitazione per dedicarsi a carriere ordinarie o completamente diverse:

1. Fred Grandy (Gopher in Love Boat )



Fred Grandy, famoso negli anni '70 per il ruolo del simpatico Gopher in The Love Boat , ha avuto un percorso post-televisivo notevole. Pur avendo interpretato un personaggio ingenuo, nella vita reale Grandy era una persona molto brillante: diplomato alla Phillips Exeter Academy e laureato in inglese con lode ad Harvard. Dopo la sitcom, ha abbandonato il mondo dello spettacolo, intraprendendo una carriera politica come membro del Congresso per l'Iowa per quattro mandati. Successivamente, è diventato presidente e CEO di Goodwill Industries International e ha lavorato come docente universitario e commentatore radiofonico.

2. Peter Ostrum ( Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato )



Peter Ostrum, il giovane interprete di Charlie Bucket in Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato (1971), abbandonò la recitazione subito dopo il film. Ha deciso di non proseguire con la carriera cinematografica e ha studiato veterinaria. Oggi lavora come veterinario specializzato in animali di grandi dimensioni nello stato di New York, una scelta che ha definito "la miglior decisione della sua vita".

3. Jon Gosselin ( Jon & Kate più 8 )



Jon Gosselin, noto per la sua apparizione nel reality show Jon & Kate Plus 8 , ha lasciato il mondo dell'intrattenimento dopo la fine dello spettacolo e il divorzio. Da allora ha svolto vari lavori, tra cui DJ, cuoco in un ristorante e persino operaio.

4. Jeff Cohen (pezzo nei Goonies )



Jeff Cohen, famoso per il suo ruolo di Chunk nel cult The Goonies (1985), si è ritirato dalla recitazione durante l'adolescenza. Ha frequentato la UCLA e ha studiato legge. Oggi è un avvocato di successo a Hollywood e co-fondatore di uno studio legale specializzato in intrattenimento.

5. Michael Maronna (Big Pete in Le avventure di Pete & Pete )



Michael Maronna, noto per il ruolo di Big Pete nella serie cult The Adventures of Pete & Pete , ha lasciato la recitazione per lavorare dietro le quinte. È diventato elettricista cinematografico e ha lavorato su grandi produzioni come Men in Black 3.

6. Lisa Jakub ( La signora Doubtfire )



Lisa Jakub, che interpretava Lydia Hillard in Mrs. Doubtfire (1993), si è allontanata dalla recitazione dopo alcuni ruoli da adolescente. Ha lasciato Hollywood per concentrarsi sulla scrittura e oggi lavora come autrice e oratrice motivazionale, aiutando le persone a gestire l'ansia e lo stress.



Questi attori dimostrano che è possibile reinventarsi completamente dopo una carriera nell'intrattenimento, trovando soddisfazione in percorsi di vita molto diversi.






Il miglior Spider-Man in No Way Home ? Per molti, è lo Spider-Man di Tobey Maguire. E c'è una ragione precisa per cui il suo ritorno è così significativo: non solo è un simbolo di nostalgia, ma rappresenta anche la versione più matura e completa del personaggio.

Tra i tre Spider-Man, quello di Maguire sembra essere il più potente. È l'unico che spara ragnatele biologiche, un'abilità che lo distingue nettamente dagli altri due, che dipendono dalle loro spara-ragnatele tecnologiche. Inoltre, dimostra un controllo incredibile durante lo scontro con lo Spider-Man di Tom Holland, riuscendo a fermarlo senza violenza in uno dei momenti più tesi del film. Questo gesto, semplice ma efficace, sottolinea la sua forza fisica e morale.

Lo Spider-Man di Maguire è anche il più saggio del gruppo. Probabilmente ha tra i 35 e i 40 anni, ed è evidente che ha imparato molto dalla vita. Ha affrontato dolori, sacrifici e perdite, ma ha trovato un equilibrio. Ha costruito una relazione stabile con Mary Jane, un'impresa che sembrava impossibile nei suoi film precedenti. Questo dettaglio, seppur accennato, è una testimonianza della sua crescita personale.

Nel corso del film, agisce come una figura di riferimento per gli altri Spider-Man, in particolare per quello di Andrew Garfield. Quando quest'ultimo è sopraffatto dai sensi di colpa e si sente inadeguato, lo Spider-Man di Maguire lo rassicura, lo incoraggia e lo aiuta a trovare la forza per andare avanti. Questo ruolo di mentore lo eleva ulteriormente, rendendolo non solo un eroe, ma anche una guida.

Il sacrificio è sempre stato un tema centrale per Spider-Man, ma la versione di Maguire lo incarna con una serenità unica. È disposto a mettersi da parte, a soffrire e persino a rischiare la propria vita per fare ciò che è giusto. È un uomo che ha accettato il peso della responsabilità senza che questo lo consumasse.

Il ritorno di Tobey Maguire in No Way Home non è solo un richiamo nostalgico, ma un'evoluzione del personaggio. Questo Spider-Man non è più il giovane incerto e impulsivo che ricordiamo. È un uomo che ha trovato il suo posto nel mondo, che ha fatto pace con il passato e che è ora in grado di aiutare gli altri a fare lo stesso.

Alla fine, ciò che rende lo Spider-Man di Maguire il migliore non è solo la sua forza fisica o le sue abilità, ma la sua capacità di ispirare. È la dimostrazione che anche un supereroe può crescere, maturare e diventare qualcosa di più grande di quanto inizialmente sembrava destinato a essere.


Léon: The Professional (1994) è un film che, pur essendo diventato un cult, non ha ricevuto alcuna nomination agli Academy Award, e questo ha suscitato molte discussioni nel corso degli anni. Ci sono diversi fattori che possono spiegare il motivo per cui questo film non è stato riconosciuto durante la stagione degli Oscar, nonostante il suo successo critico e finanziario.



In primo luogo, la controversa dinamica tra i due protagonisti, Léon (Jean Reno) e Mathilda (Natalie Portman), è stata una delle principali ragioni della mancanza di attenzione agli Oscar.



Se nella versione americana del film, la loro relazione è in gran parte platonica, nella versione estesa, presentata come Director's Cut , emerge una tensione sessuale, con Mathilda che sembra innamorata di Léon. Questa componente, sebbene parte della complessità dei personaggi e della trama, è stata vista come problematica da alcuni spettatori, soprattutto considerando l'età di Mathilda (12 anni) e il comportamento ambiguo del personaggio.



Quando questa versione estesa è stata presentata a un pubblico di prova, molti hanno espresso disagio per la percepita "sessualizzazione" del personaggio di Mathilda, e il film è stato accusato da alcuni di flirtare con tematiche di pedofilia.

Luc Besson, il regista, ha dichiarato che la relazione tra Léon e Mathilda non è romantica ma si basa su una connessione emotiva profonda, con Mathilda che trova nel protagonista una figura paterna, mentre Léon, a sua volta, si scopre capace di provare affetto e protezione. Tuttavia, la controversia che ne è derivata ha oscurato la possibilità di un riconoscimento agli Oscar, dove temi delicati come quello della sessualità infantile, sebbene trattati con una certa sensibilità, sono difficili da trattare senza suscitare polemiche.



Inoltre, il film, pur essendo stato acclamato dalla critica e apprezzato dal pubblico (con un notevole successo al botteghino), non ha mai raggiunto la stessa portata di film come Star Wars o Il Signore degli Anelli, che sono più facilmente "Oscar-friendly". "grazie alla loro portata epica, temi universali e narrativa più lineare.

Un altro elemento che ha giocato un ruolo nella mancata nomination è la natura di Léon come un film di genere, un thriller d'azione con elementi drammatici e un cattivo iconico interpretato da Gary Oldman, che, pur essendo memorabile, non ha avuto il peso da "film d'autore" che avrebbe potuto attirare l'attenzione dell'Academy. Nonostante la straordinaria performance di Oldman, che molti ritengono tra le sue migliori, il film con una forte componente di violenza o tematiche controverse raramente trovano spazio nelle categorie principali degli Oscar.

In conclusione, Léon: The Professional è un film che esplora la solitudine, la crescita, la redenzione e il sacrificio, ma la sua controversa rappresentazione della relazione tra i protagonisti, combinata con il suo status di film di genere, lo ha fatto rimanere lontano dall'olimpo degli Oscar, nonostante la sua popolarità e l'apprezzamento da parte dei fan.

Il motivo per cui amo così tanto il film è perché è un film incredibilmente eccellente. La recitazione è incredibile, la storia è avvincente e il finale è agrodolce. Guardando oltre l'intera discussione "LEI HA 12 ANNI!!!", la trama del film parla di due solitari che non ti aspetteresti mai di incrociare e che si aiutano a vicenda a crescere e maturare. Leon è un adulto con la mentalità di un bambino di 12 anni e Mathilda è una bambina con la maturità di una donna adulta. Entrambi si completano a vicenda e la loro relazione è onestamente molto più platonica di quanto potresti aspettarti. Leon cresce fino a diventare il padre di Mathilda entro la fine del film. Non liquiderei il film come "grossolana pedofilia" perché non è questo il messaggio del film.

Gary Oldman interpreta uno dei più grandi cattivi della storia del cinema.


 

(Henry Winkler e Tom Hanks in un episodio di Happy Days)


I due attori non si sono parlati per anni, e la causa di questa tensione risale al set di Turner & Hooch nel 1989. Il film vedeva Tom Hanks come protagonista e Henry Winkler alla regia. Tuttavia, i rapporti tra i due si deteriorarono rapidamente. Hanks non apprezzava lo stile di lavoro di Winkler e il suo approccio nei suoi confronti sul set.



Poiché Hanks era la star del film, chiese a Jeffrey Katzenberg, capo dello studio, di licenziare Winkler.



Solo tredici giorni dopo l'inizio delle riprese, Winkler fu convocato da Katzenberg per un incontro che si rivelò molto breve. "Mi ha detto: 'Hai le tue cose con te? Allora puoi andare'", ha ricordato Winkler in un'intervista del 2019. Fu immediatamente sostituito dal regista Roger Spottiswoode, che completò il film.

Winkler, pur avendo parlato poco della sua esperienza sul set, ha scherzato dicendo di essersi trovato molto bene con il cane del film. Il regista Ron Howard, che è amico sia di Winkler che di Hanks, ha confermato la disputa, dichiarando che entrambi ne erano turbati. "Era una situazione sfortunata, in cui due artisti con caratteri e modi di lavoro incompatibili hanno sofferto. Non sono riuscito a trovare una soluzione, ma almeno li ho ascoltati", ha detto Howard.



Fortunatamente, nel tempo, Hanks e Winkler sono riusciti a riconciliarsi, lasciandosi alle spalle quel periodo teso.

"Non puoi uccidermi, lo so, ci ho provato. Sono caduto a terra. Non vedevo la fine, quindi mi sono messo un proiettile in bocca e l'altro tizio l'ha sputato."

In quel momento, mentre tutti stavano litigando e battibeccando, quando lui ha pronunciato queste parole, il silenzio è calato. Le loro espressioni sono cambiate, capendo che i loro problemi erano nulla rispetto a quello che Bruce Banner aveva vissuto. Persino Stark, che aveva cercato di scatenare Hulk per tutto il film, sembra pentito.

Tutti si rendono conto della vera gravità della sua situazione. Banner è un uomo in fuga, senza amici né famiglia, che ha rinunciato a tutto per cercare di proteggere l'umanità da se stesso. Quando finalmente ha trovato un nuovo scopo, si rende conto che anche in questo nuovo contesto non ci si fida di lui.

Questa battuta mi ha colpito profondamente, perché rende davvero il senso di disperazione di quel personaggio. Molti pensano che sarebbe fantastico essere Hulk e distruggere tutto ciò che ci fa arrabbiare, ma quando non riescono a controllarlo e gli altri ti vedono solo come un mostro che potrebbe ucciderli, la solitudine e la frustrazione sono schiaccianti. Essere la quarta persona più intelligente del pianeta e non riuscire a trovare una soluzione a questo problema, senza via di uscita, deve essere devastante. È un punto basso che farebbe vacillare chiunque.