Non si sa se la creatività sia una dote innata o ereditata, però di certo possiamo stimolarla ed allenarla in qualche modo.

Molti giorni capita di restare a corto di idee e non riuscire ad essere creativi quanto vorremmo.

Se siete colti da crisi creativa potete però provare a seguire questi consigli per stimolare il vostro “pensiero creativo”.


1. Sogna ad occhi aperti


1. Sognare ad occhi aperti stimola la creatività

Se siete sognatori di natura vi sarà più facile farlo, ma anche se avete una visione più pragmatica della vita questo banale consiglio può aiutare la vostra creatività.

Visitare solo idealmente altri mondi o ad immaginare cose e situazioni surreali è un esercizio alla portata di tutti, basta solo un po’ di fantasia e allenamento.

Sognare ad occhi aperti apre nuove prospettive, aiuta nei momenti di scoraggiamento e finisce così per stuzzicare il processo creativo.


2. Cambia la routine

Anche i più creativi e sregolati vivono comunque nella routine quotidiana.

Il tran tran giornaliero parte già dalla mattina: il percorso che percorriamo per andare a lavoro, gli orari, il bar dove facciamo colazione, per non parlare poi del lavoro.

In un certo senso la routine rilassa, perchè richiede poco sforzo cognitivo e di conseguenza anche le energie spese sono minori.

Di contro rende tutto un po’ più monotono, monotematico e prevedibile, bloccando un po’ la nostra mente.

Provate a stravolgerla, a cambiare le vostre abitudini, i vostri piccoli riti, anche per un giorno: la vostra mente si attiva e anche la prospettiva di vedere le cose può cambiare rapidamente.


3. W il disordine



Il disordine può stimolare la creatività

Chi dice che il disordine sia una negatività? Anzi, il disordine è un tratto tipico degli artisti, degli estroversi, di chi sa improvvisare e non si fa coinvolgere troppo negli schemi.

Se la vostra scrivania è ordinata come un’azienda farmaceutica svizzera provate un po’ a metterla a soqquadro; se fate tutto con estrema linearità e precisione, uno stravolgimento può aiutare il pensiero creativo in modo non indifferente.


4. Cambia il tuo ambiente di lavoro

Se sei abituato a lavorare in ambienti di lavoro movimentati oppure, al contrario, sei sempre da solo nel tuo ufficio, prova a cambiare anche questo approccio.

La solitudine e ambienti con poca luce e molto silenziosi aumentano la capacità di concentrazione, ma possono rivelarsi poco stimolanti in certi casi.

Se invece sei abituato al confronto, agli stimoli e ad ambienti più dinamici potresti non soffermarti sufficientemente in profondità su cose che un isolamento “creativo” potrebbero nascere in maniera più spontanea.

5. Limita i tuoi mezzi

Può essere un buon esercizio creativo per trovare nuove soluzioni.

Limita i colori della tua palette, oppure utilizza solamente immagini in bianco e nero.

Spesso l’essenzialità stimola nuove soluzioni e nuovi modi di interpretare le cose proprio per la limitatezza delle possibilità.


6. Prendi carta e penna



Prendi carta e penna e metti sul foglio i tuoi pensieri

Spengi il tuo computer o il tuo tablet, o per lo meno abbandonali per qualche minuto.

Prendi carta e penna e comincia a disegnare, scarabocchiare, scrivere. Fai un disegno a matita, scrivi parole chiave, crea delle associazioni.

Se vuoi puoi anche cimentarti in esercizi più difficili, come giocare con le frasi, creare rime o metafore, o addirittura scrivere il testo di una canzone.


7. Innalza il tuo pensiero

Se vuoi qualcosa di più impegnativo, potresti anche pensare a qualcosa di molto più complesso per stimolare la tua creatività.

Pensa ai misteri della vita, alle coincidenze, alle assurdità, alla connessione delle cose: in una parola medita e comincia a vedere le cose in maniera diversa.

Certo, non è una cosa immediata e non per forza troverai l’illuminazione, ma col tempo la tua creatività e la tua apertura mentale ne beneficeranno.


8. Ascolta musica



Ascoltare musica stimola la creatività

La musica è un potente strumento per stimolare la creatività.

Prova ad ascoltare una melodia o un motivo anche nel momento lavorativo, entrando in sintonia con quello che trasmette e stimolando quelle parti del cervello responsabili della creatività.

Trova il tuo stile, oppure stravolgi i tuoi gusti, passa dalla musica classica al rock, l’importante e che la musica ti faccia aprire mente e cuore.


9. Immergiti nella natura

Ricarica le energie e distaccati per un po’ dal mondo moderno.

Prova per un po’ di tempo ad immergerti nella natura, ad ascoltare il vento, ad ammirare un paesaggio.

Il lavoro, lo stress, gli impegni quotidiani sono nemici della creatività, anche quando non ce ne rendiamo conto limitano fortemente la nostra capacità artistica.


10. Diventa cittadino del mondo



Diventa cittadino del mondo e viaggia

“The last but not the least” per sviluppare e stimolare la creatività è quello di aprirsi al mondo e alle sue meraviglie e diversità.

Abbandona campanilismi, modi di vedere le cose in maniera troppo tradizionale, cerca di valutare prospettive nuove.

Fa che il mondo sia la tua città, visita paesi con una cultura diversa dalla tua, acquisisci nuove culture, scopri come gli altri vivono la loro vita.

Ogni paese ha i suoi colori, il suo stile, le sue abitudini, la sua comunicazione: viaggiare ed immergersi in una cultura diversa può essere veramente interessante e dare impulso alla creatività di ognuno di noi.


 



Vamos a la Playa, 1983

La cronistoria di un'apocalisse nucleare travestita da tormentone:

Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa oh oh.

Vamos a la playa,
la bomba estalló (scoppiò),
bagliori nucleari
ci abbronzano di blu.

Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa oh

Vamos a la playa,
tra statue di robot.
legioni di mutanti
combattono sui surf.

Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa oh

Vamos a la playa,
la nuova onda è là.
con pizze radioattive
ci si alimenterà.

Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa, oh oh oh oh oh.
Vamos a la playa oh





Di tutte le arti la musica è quella più capace di evocare emozioni. Che sia gioia, commozione, serenità, eccitamento, malinconia, nessuna emozione è assente dalla tavolozza della musica, e non vi è nessuno che non abbia provato uno speciale sentimento all’ascolto di uno speciale brano. La musica può arrivare a coinvolgere il corpo, a suscitare voglia di muoversi: il ballo, le marce militari, le danze tribali non esistono a caso. L’associazione di musica e poesia in una bella canzone può farci piangere come bambini. Nessun’altra arte – pittura, scultura, poesia o letteratura, per quanto apprezzata e seguita, s’avvicina neanche lontanamente alle capacità emotive della musica. Perché? Cos’ha di speciale questa arte? A quali parti di noi parla così forte? E come fa?

Certi brani musicali suscitano emozione in quanto legati a momenti significativi della nostra vita. Questo caso è semplice da spiegare: la musica rievoca i ricordi, e questi a loro volta evocano le emozioni. Sono i ricordi, più che la musica, a suscitare l’emozione. Questo non è molto interessante, e non ne parleremo ulteriormente.

Ma una musica può evocare emozioni anche quando la sentiamo per la prima volta: le evoca “per come è”, non perché già legata a nostre precedenti esperienze. Avviene anche spesso che ascoltatori diversi senza background comune giudichino nello stesso modo – allegra o triste, serena o angosciosa, consonante o dissonante, ecc. – una medesima musica ascoltata per la prima volta. Tutto ciò suggerisce che la musica “parla” a parti di noi che abbiamo in comune semplicemente in quanto esseri umani, indifferentemente da etnia, genere, esperienza, conoscenze, scolarità, censo, educazione musicale, gusti, tendenze, ecc. È questo il caso più interessante, e di cui parlerò in questa risposta. Cominciamo da qualche premessa sulle emozioni.


Emozioni

Le emozioni sono risposte automatiche del sistema nervoso a stimoli potenzialmente rilevanti per la sopravvivenza o la riproduzione. Le emozioni più potenti sono innate, universali, comuni a tutte le popolazioni umane, indipendenti dalla cultura e dalla esperienza di vita individuale. Queste sono comunemente dette emozioni primarie. Sono abbastanza poche: paura, tristezza, gioia, rabbia, disgusto, sorpresa, e alcune altre ancora non universalmente ammesse fra le emozioni primarie (serenità/tranquillità, curiosità, attrazione sessuale, amore). Altre emozioni sono acquisite, apprese, legate all’esperienza individuale e alla cultura sociale. Di queste non ci occuperemo, poiché la musica riguarda essenzialmente le emozioni primarie.


Comunicazione emotiva

Oltre al “compito” di produrre una rapida risposta adatta in situazioni critiche, negli animali sociali come l’uomo varie emozioni hanno anche lo scopo di suscitare negli altri emozioni, e quindi azioni, di risposta vantaggiose per chi le suscita. Ad esempio, l'espressione dell’emozione tristezza suscita compassione e possibili azioni di accudimento; la rabbia suscita attenzione e azioni di correzione; la paura suscita azioni di protezione; la gioia rassicura sull’assenza di emozioni negative e rinforza il legame sociale. Questa comunicazione interindividuale a doppio senso avviene a un livello non verbale, non volontario e non conscio, che “passa” attraverso la postura, la mimica, e i suoni non verbali. Attraverso queste vie i sistemi limbici di due individui comunicano direttamente e indipendentemente dalla coscienza, evocandosi reciprocamente emozioni e relativi comportamenti. I contenuti veicolabili da una tale comunicazione sono naturalmente pochi e necessariamente importanti: essenzialmente cosa vorremmo dall’altro, cosa possiamo aspettarci da lui, e cosa lui può aspettarsi da noi. Pochi e importanti come le emozioni primarie.

Questo collegamento non verbale ha rappresentato un mezzo di comunicazione essenziale per centinaia di migliaia d’anni d’evoluzione umana, e per milioni d’anni d’evoluzione animale che li ha preceduti. Gli effetti emotivi dei suoi suoni, e di suoni della natura, sono quelli su cui si basa gran parte degli effetti emotivi della musica.


Musica

Gli effetti emotivi della musica sono prodotti, con meccanismi diversi, dal ritmo e dalle note.

Gli effetti del ritmo sono semplici, e dipendono essenzialmente dalla velocità (in termini musicali il “tempo”) della musica. Questa si misura in battiti al minuto, dove, per dirla nel modo più semplice e meno esatto possibile, i battiti sono quelli con cui batteremmo le mani ascoltando la musica. Tempi inferiori a 60 battiti al minuto hanno effetto tranquillizzante, che sotto i 40 diventa addirittura rattristante/deprimente, tanto da essere utilizzati per marce funebri. Al contrario, da 80-90 battiti al minuto in su l’effetto è attivante. La musica da discoteca si situa tipicamente da 120 in su, con una “fascia bassa” da 107 a 120 per una disco dance “tranquilla”.

Perché questi valori, e non altri? Perché l’attività cardiaca umana normale, in veglia a riposo, si aggira fra i 60 e gli 80 battiti per minuto, tipicamente 70-72. La frequenza cardiaca di una mamma ha effetto sullo stato d’animo del bambino che tiene abbracciato al petto, e che ode il cuore di lei. Il bambino è tranquillizzato da frequenze normali, o lievemente più lente, che gli comunicano che la mamma sta bene ed è tranquilla, o addirittura dorme, e tutto va bene. Frequenze più alte indicano che la mamma è all’erta, o in ansia, e il bambino risponde con analoga attivazione. Questa risposta emotiva alla frequenza di suoni ritmati, in particolare quando ricordano il suono dei battiti del cuore come i tamburi, il contrabbasso e il basso elettrico, ce la portiamo appresso per tutta la vita. Questa attivazione nasce nei piccoli come un’attivazione “da paura”, ma con l’abitudine e la persistente rassicurazione che in realtà poi non accade nulla di grave perde i connotati paurosi e mantiene solo quelli di attivazione (facilitata magari in questo da alcol, droghe o bevande tribali).

Gli effetti emotivi delle note sono più complicati, e per cercare di comprenderli dobbiamo innanzitutto chiederci perché certe note suonate insieme (armonia, “accordi”) o una dopo l’altra (melodia) le troviamo gradevoli, o addirittura allegre, e certe altre sgradevoli o tristi. Come vedremo meglio in seguito, i cosiddetti accordi “maggiori” sono generalmente percepiti come “allegri” e quelli “minori” come “tristi”. Questo è di origine in parte culturale, ma in altra parte innata, e quest’ultima è interessante nel rapporto fra musica ed emozioni. Approcciare questi argomenti presume però qualche nozione di fisica e fisiologia acustiche, oltre che di teoria musicale, che per chi non le possiede già cercherò ora di fornire nel modo più indolore possibile.

Ciò che sentiamo come suono consiste in onde di compressione-rarefazione dell’aria (“onde sonore”) prodotte dalla vibrazione dell’oggetto che produce il suono (“sorgente sonora”). Le corde vocali e gli strumenti musicali sono fatti per questo, ma praticamente ogni oggetto può vibrare e produrre suono, come l’aria stessa nel vento e nel tuono, il suolo e gli edifici che tremano per un terremoto, e persino il nostro torace e addome quando il medico visitandoci li “bussa” con la punta delle dita. La velocità di vibrazione (frequenza) determina l’acutezza del suono: tanto più veloce la vibrazione, tanto maggiore la frequenza ed acuto il suono. La forza della vibrazione (ampiezza) determina il volume. Una nota musicale è un suono di frequenza definita: ad es. un suono a 262 oscillazioni al secondo è un Do, uno a 440 è un La. Una frequenza doppia dà la medesima nota, ma più acuta; una frequenza dimezzata ancora la medesima nota, ma più grave. L’intervallo di frequenze fra una nota e la stessa nota a frequenza doppia è detto ottava, e contiene tutte le note intermedie.

Un punto cruciale per spiegare parte degli effetti emotivi dei suoni è che, come osservato fin dall’antichità, due o più note diverse suonate insieme o una dopo l’altra ci piacciono tanto più (le troviamo più “consonanti”) quanto più è semplice il rapporto fra le loro frequenze. Se dividiamo l’intervallo di un’ottava in modo da avere sette note che siano il più equidistanti possibile, ma le cui frequenze stiano anche con la prima nel rapporto più semplice possibile, abbiamo, dalla prima alla settima nota, i seguenti rapporti: 1/1, 9/8, 5/4, 4/3, 3/2, 5/3, 15/8 (e l’ottava è ovviamente a 2/1). Note così disposte costituiscono la cosiddetta scala naturale. È facile constatare che i rapporti più semplici corrispondono alle minori somme numeratore + denominatore nelle dette frazioni. Il rapporto più semplice di tutti è 3/2, cioè quello fra la nota fondamentale e la quinta, pertanto detto intervallo “di quinta”. La fondamentale e la quinta sono le due note che, se suonate insieme o una subito dopo l’altra, sentiamo più consonanti (esempi: Do-Sol, Mi-Si, Sol-Re). Il rapporto che si situa secondo nella scala delle consonanze è quello di quarta, 4/3 (Do-Fa, Mi-La, Sol-Do). È interessante notare che la maggioranza delle canzoni popolari di successo “facili” e orecchiabili è costruita proprio sui tre accordi le cui fondamentali stanno fra loro in rapporto di quinta e di quarta (es. Do, Sol e Fa; Mi, Si e La; La, Mi e Re; ecc.).

Se passiamo a tre note suonate insieme (“accordo”) il principio rimane lo stesso: le tre note stanno tanto meglio insieme quanto più semplici sono i rapporti fra loro; ma la faccenda si complica perché occorre considerare tre rapporti anziché uno. Se suoniamo insieme le tre note più consonanti, la fondamentale la quarta e la quinta, ci accorgiamo che il risultato non è molto gradevole. Questo avviene perché la quinta è seconda rispetto alla quarta, sicché il rapporto fra loro è 9/8. Un risultato migliore, anzi il migliore possibile, l’abbiamo prendendo come nota intermedia non la quarta, ma la terza (esempi: Do-Mi-Sol, Fa-La-Do, Sol-Si-Re). In questo caso infatti la quinta è terza rispetto alla terza, per cui i tre rapporti sono 5/4, 4/3 e ancora 5/4. Così l’accordo più gradevole di tre note è quello “fondamentale + terza + quinta”, e questa triade rappresenta l’accordo per antonomasia.

Fino a questo punto abbiamo considerato un’ottava divisa in sette note. Ma per una maggiore ricchezza espressiva della musica si può dividere in più note. La scala naturale di cui abbiamo finora parlato, quella più “naturale” e consonante per l’orecchio, utilizza in effetti 13 note, in rapporto con la fondamentale rispettivamente 1/1, 16/15, 9/8, 6/5, 5/4, 4/3, 45/32, 64/45, 3/2, 8/5, 5/3, 9/5, 15/8. Negli ultimi due secoli la musica occidentale utilizza invece prevalentemente una scala di 12 note ottenute suddividendo l’ottava in 12 parti logaritimicamente uguali, detta scala equabile 12-TET, che presenta il vantaggio che qualsiasi strumento può suonare in tonalità differenti (utilizzare come nota fondamentale della scala una qualsiasi delle 12 note) senza doverlo ri-accordare. Nessuna delle 12 note della scala 12-TET coincide esattamente con una delle 13 note della scala naturale; tuttavia per alcune (la seconda, la quarta e la quinta) la differenza è talmente piccola che l’orecchio umano non è in grado di avvertirla, e restano valide tutte le considerazioni che abbiamo fatto circa la gradevolezza o meno degli intervalli nella scala naturale. Per le altre note, quelle della scala 12-TET si situano lievemente sopra (sono crescenti) o sotto (calanti) rispetto alle corrispondenti note naturali. Queste differenze non sono tali da invalidare quanto detto finora, ma sono tali da aggiungere invece un ulteriore elemento importante rispetto agli effetti emotivi della musica: infatti le note crescenti suonano allegre, ravvivanti; quelle calanti suonano tristi, deprimenti. È questo il motivo per cui nella musica a cui siamo oggi abituati certi accordi hanno effetto rallegrante, attivante, e altri rattristante: la nota intermedia dell’accordo, quella dell’intervallo di terza, è crescente (“accordo maggiore”) o calante (“accordo minore”) rispetto alla nota che il nostro orecchio inconsciamente sente come “naturale” per quell’accordo, e questo ha effetti psicologici significativi.

Abbiamo elencato le più importanti relazioni fra le caratteristiche fisiche della musica e suoi effetti sulle emozioni. Dobbiamo ora chiederci: perché? Perché le note che sono in rapporti di frequenza semplici fra loro ci risultano più gradevoli di quelle con rapporti complessi? E perché una nota crescente rispetto a una nota “naturale” ha effetto rallegrante e attivatore, e una nota calante effetto rattristante e deprimente?

Per la prima domanda dobbiamo considerare le armoniche. In quasi tutte le vibrazioni naturali, alla vibrazione fondamentale che definisce la nota si sovrappongono anche vibrazioni a frequenze più alte, multiple della prima, dette armoniche, di ampiezze relative diverse secondo l’oggetto che produce il suono. In altri termini, la nota fondamentale è sempre accompagnata da altre note più acute, in proporzioni differenti secondo i differenti oggetti che producono i suoni. Sono queste – insieme alla variazione d’ampiezza del suono nel tempo, anch’essa caratteristica di ciascun oggetto e detta inviluppo – a dare ad ogni diversa sorgente sonora il suo timbro (o colore) caratteristico, a rendere diverso il suono di una chitarra da quello di un flauto.

I suoni che ci provocano istintivamente paura sono rumori prodotti in natura da eventi potenzialmente pericolosi come terremoti, frane, fulmini, esplosioni. Tutti questi sono suoni che contenengono un gran numero di armoniche, note che stanno fra loro in rapporti di frequenza qualsiasi, quindi anche in rapporti molto complessi e disordinati. Viene naturale ipotizzare che il nostro sistema nervoso sia predisposto a considerare allarmanti, sgradevoli, da fuggire, i suoni di questo tipo; e che per contrasto trovi gradevoli i suoni che stanno fra loro in rapporti semplici, e/o le cui armoniche siano semplici o comunque ben caratterizzate, non caotiche. È come se suoni di questo tipo dicessero “va tutto bene, nessun pericolo”.

Per ipotizzare una risposta alla seconda domanda dobbiamo ricordare quanto detto sopra circa i suoni non verbali nella comunicazione primordiale. I suoni calanti sono tipicamente emessi da animali sofferenti o moribondi; lo spegnersi del lamento nel rantolo è tipico della situazione agonica. È probabilmente su questo che il nostro sistema nervoso, prima d’imparare a parlare, ha imparato a utilizzare i lamenti per comunicare sofferenza, lamenti che tipicamente hanno una tonalità calante. Per il solito meccanismo del contrario, fonazioni gioiose, eccitate, attive, hanno tipicamente un andamento crescente. Anche nel canto una stonatura “calante” è più avvertibile e meno tollerata di quella “crescente”. È insomma probabile che gli accordi maggiori e quelli minori abbiano effetti emotivamente opposti in quanto rievocano a livello inconscio le emozioni connesse a questo tipo di comunicazione non verbale, spontanea e involontaria.


Conclusioni

In tutti i casi che abbiamo esaminato sono naturalmente i centri e circuiti “delle emozioni” nel cervello, il cosiddetto sistema limbico, a reagire istintivamente ai messaggi impliciti contenuti nella musica. I rapporti fra sistema limbico ed emozioni, emozioni e musica, sistema limbico e musica, sono ormai accertati e rappresentano un importante campo di ricerca in neuroscienze. Tuttavia, pur accertati e diffusamente considerati, restano ancora largamente oscuri nei loro meccanismi. In questa risposta ho descritto conoscenze e proposto ipotesi d’interpretazione di alcuni di questi meccanismi alla luce delle attuali conoscenze in fisica acustica, neurofisiologia e psicologia.


Starai probabilmente pensando a qualche formula magica di simpatia, d'immagine, di creatività autoriale, eccetera… Ma non è così.



Stallone - come tutte le star di Hollywood - ha bisogno dei produttori per fare un film a Hollywood.

Ne ha bisogno perché non è in grado di sborsare 50–90 milioni da solo, e rischiarli tutti su un SOLO film che potrebbe andare male (perché questa è un'industria dove i rischi non si eliminano MAI completamente). La gente spesso si concentra SOLO su quei 50 milioni, ma nessuno scommette 50 milioni se è tutto quello che ha in banca.

Quello che voglio dire, è che se te ne servono 50 per produrre un film, allora devi averne in banca… 250, okay? Così, giusto per essere sicuro di sopravvivere a un eventuale fiasco. E no, Stallone non li ha… Esattamente come non li ha nessun altro ATTORE a Hollywood.

Ma per restare sulla cresta dell'onda come ha fatto Stallone, bisogna continuare a lavorare con Hollywood.

Perché solo Hollywood fa film con un budget tale da essere tradotti e distribuiti in tutti i cinema di tutto il mondo. Dunque se non vuoi essere dimenticato da tutto il mondo, devi continuare a lavorare con Hollywood. E dunque, con i produttori di Hollywood.

E quando Hollywood un bel giorno non ti vuole più (magari perché sei vecchio o passato di moda) devi diventare allora anche produttore dei tuoi stessi film (come stanno facendo non a caso - per esempio - Tom Cruise e tanti altri attori DOPO il loro momento di gloria mondiale, come appunto Tom Cruise e Stallone, che erano le star 'assolute' degli anni '80).

Stallone è sempre riuscito a restare dentro Hollywood, spesso venendo a compromessi.

Per esempio, Stallone in questo momento sta usando i social in maniera molto aggressiva e piuttosto nuova, per una star di Hollwood: sta spoilerando tutta la trama di Rambo 5 su Instagram prima ancora che esca, una foto su instagram alla volta con cadenza mensile.

Ha recentemente venduto all'asta dei cimeli PAZZESCHI della sua vita (roba da matti, secondo me) tipo l'accappatoio di Rocky 1 ancora sporco di sangue finto, un coltello di Rambo 1 usato sullo schermo, ecc. Ha partecipato inoltre a vari incontri con il pubblico a prezzi folli (500 euro per farsi un selfie assieme a Sly).

In sostanza, Sly sta facendo al meglio delle sue possibilità quello che può e che deve fare per produrre il suo prossimo lavoro da protagonista a Hollywood, e mantenere dunque la sua immagine al centro dell'attenzione mondiale.

Ma andiamo un attimo indietro nel tempo.

Dopo la parentesi buia degli anni novanta, durante la quale ha cercato (senza successo) di reinventarsi come attore più poliedrico (commedie, noir e altro), Sly torna alla ribalta prima realizzando due incredibili ritorni ai suoi personaggi storici (ROCKY BALBOA, che venne recensito molto bene dalla critica, e RAMBO 4, che NON venne recensito altrettanto bene, ma andò piuttosto bene al botteghino e col pubblico in generale). A quel punto, Stallone convinse una valanga di produttori a partecipare a THE EXPENDABLES, una sorta di AVENGERS con vecchi attori d'azione al posto degli eroi di fumetti.

Expendables usa lo stesso meccanismo di marketing di Avengers: se riusciamo a portare al cinema tutti i fan di Chuck Norris, Van Damme, Dolph Lundgren, Jason Statham e chi più ne ha, più ne metta… ne verrà fuori un'ammucchiata anche al botteghino.

L'esperimento funzionerà, anche se il secondo dei due seguiti di EX. mostrerà putroppo delle crepe negli incassi - segno che la faccenda cominciava ad annoiare, ormai - e Sly non riuscirà a convincere i produttori a farne un quarto capitolo, nonostante le prospettive sul mercato cinese fossero tutt'ora molto allettanti.

Nel frattempo, Sly ha lavorato inoltre per ben 11 anni alla ricerca di produttori per Rambo 5, in modo da tornare a essere protagonista in un vero film di Hollywood (anche se a budget modesto, rispetto ai precedenti film, segno che il progetto non ha convinto i produttori a sufficienza).

Per riuscirci, Sly ha partecipato a un paio di film basso budget per l'home video (Backtrace e Reach Me, entrambi stroncati da pubblico e critica), cosa che secondo me ha fatto solo per fare un favore alle persone 'giuste' ("tu recita in un paio di film che dico io, e io ti produrrò sto cavolo di Rambo 5. Okay?").

Poi Sly è andato a Cannes a presentare il trailer di Rambo 5, e ha cercato di portare il film fuori concorso a Venezia pure (dove purtroppo verrà respinto perché troppo violento, diseducativo, destrorso… Boh).

Secondo me, Sly va letto così: come uno sportivo.

Il suo scopo è essere protagonista dentro film di Hollywood che abbiano più successo possibile. Quando un film ha successo e lui è protagonista, la sua immagine torna alla ribalta mondiale per altri 5–10 anni.

E tutto quello che conta per davvero - in questo frangente - avviene in realtà dietro le quinte, non sullo schermo.

Riguardo all'aspetto artistico, al suo immaginario e ai suoi personaggi e valori, bisognerebbe parlarne con lui, perché è l'unico in grado di motivare le sue scelte artistiche.

Tuttavia, come ho detto, quello che metti sul grande schermo conta molto poco… se sul grande schermo non ci arrivi proprio.

Ed è quella, purtroppo, la vera sfida.

Lo so, lo so…

Vi piace pensare di vivere in un mondo 'giusto', dove sono le idee 'a fae la vera differenza'… Ma non è così.

WALLACE LEE - l'Autore di Rambo Year One, grande fan di Sly da tutta la vita e, se questa risposta vi è sembrata cinica… Non lo è. E' il mondo che funziona così, non Sly. E chunque vi dica il contrario, sta mentendo.

Anzi.

Direi che Sly è riuscito a coniugare arte e necessità Hollywoodiane meglio di molti altri.




Domanda: "Mary Austin era l'amore della vita di Freddie Mercury?"
Sì, lo era. Freddie stesso ha detto in diverse interviste che Mary era l'amore della sua vita, il suo rock, la sua più vicina e unica 'vera' amica, e che lei era la sua anima gemella. Erano anche fidanzati per sposarsi prima della loro separazione. Era tornato da un tour e lui le ha proposto di sposarlo, e lei naturalmente ha detto 'sì'.
Disse anche: - "Nessuno può essere paragonato alla mia Mary", e disse: - "Tutti i miei amanti mi hanno chiesto perché non potevano sostituire Maria, ma è semplicemente impossibile. L'unica amica che ho è Maria, e non voglio nessun altro. Per me, era la mia moglie di diritto comune. Per me era un matrimonio".
Freddie ha scritto la canzone "Love of my life" per e la sua Mary Austin. E' stata scritta e pubblicata nel 1975 per il loro album "A Night at the Opera".
E' interessante notare che Freddie e Mary avevano avuto un po' di ruvidità al momento in cui questa canzone è stata scritta e pubblicata. Era stato via in tour A LOT, e Mary era rimasta molto a casa. Lei aveva pensato che lui non l'amasse più (o per lo meno tanto altro), e lei pensava addirittura che lui avesse una relazione con un'altra donna. Nelle sue parole "Le cose si sono sentite 'diverse' e distanti tra di noi negli ultimi due anni della nostra relazione".
La vera ragione della loro 'distanza' in quel periodo era perché Freddie stava lottando e combattendo contro la sua attrazione per gli uomini. Questo è iniziato dopo aver avuto il suo primo stand di una notte con un uomo nel 1974, mentre era negli Stati Uniti. Dopo di che sentiva un terribile senso di colpa per aver tradito Maria, e la vergogna paralizzante.
Ancora una volta, guardate le parole delle sue canzoni di questo periodo come prova di questo.
Bohmeian significa non convenzionale, e il testo "Beelzebub ha un diavolo messo da parte per me" - può essere visto come lui che si preoccupa di andare all'inferno per i suoi sentimenti. "Bismillah" (è arabo che si traduce approssimativamente in "In nome di Dio", poi tutte le righe "Lasciami andare", ecc.
Come molti dei suoi amici gay, e il suo manager diceva all'epoca, ai loro occhi era chiara la sua lotta interiore con la sua sessualità, e la sua paura di essa - a causa della sua educazione religiosa in un collegio della Chiesa d'Inghilterra, oltre a crescere in una famiglia zoroastriana che vive in nazioni con grandi popolazioni musulmane. Tutto ciò significava che egli era ben consapevole di ciò che le religioni dicevano degli uomini che erano attratti dagli uomini. 74-76 è stato un periodo di profonda anima alla ricerca di Freddie.
La canzone "Mustapha" menziona molte parole relative alla religione, linee di Parsi, alcune arabe, e cita costantemente Abraham (Ibrahim). L'Abramo dall'Islam, Ebraismo e Cristianesimo. Si parla molto anche di Dio.
Ma sono partito per una lunga tangente. Mi dispiace.
Quando tornò dal tour nel 1976 si sedette vicino a Maria e le disse "perché" era stato lontano, un pensiero a cui aveva pensato durante il loro periodo "lontano"; che pensava di essere bisessuale, e che si sentiva in colpa perché non pensava che fosse giusto nei confronti di Maria. Si separarono nello stesso anno ma rimasero amici intimi per tutta la vita, anche dopo la loro separazione Freddie direbbe ancora che lei era la sua moglie di diritto comune, e ancora l'amore della sua vita, e migliore amica.
Mary ha poi continuato a dire in un'intervista che aveva saputo che "qualcosa" era sbagliato, qualcosa di diverso tra di loro negli ultimi 18 mesi - 2 anni della loro relazione; ma lei non sapeva cosa. Ha anche confessato che pensava che Freddie avrebbe potuto trovare una nuova ragazza.
Freddie ha anche detto prima della sua morte che se le cose fossero andate diversamente sarebbero andate avanti con il matrimonio, sarebbero stati uomo e moglie, e avrebbero avuto dei figli. Ecco perché le ha lasciato la sua villa da 4 milioni di sterline - Garden Lodge, e la maggior parte della sua ricchezza - così come i suoi resti/ceneri. Che le affidava a un luogo specifico dopo che le cose si erano calmate e la stampa aveva smesso di seguirla. Si fidava di lei, e di lei da sola per mantenere il suo ultimo luogo di riposo segreto.
Erano, e sono ancora, anime gemelle.


 


Mi permetto di essere molto diretto. Il nostro è l'ultimo paese che avrebbe mai dovuto meritarsi gente come Dante, Da Vinci, Buonarroti & ……, non meritiamo nulla di ciò che sia eterno, perché da un certo punto in avanti della nostra storia abbiamo deciso di farci réclame con tali facce da culo e Ministri/e del fancazzismo, del ghe pensi mi, meritiamo solo di andare a fondo!

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Lo scratch (italianizzato in "scratchare") è una tecnica propria del turntablism inventata da Grand Wizard Theodore, un DJ pioniere dell'hip hop originario di New York. Theodore sviluppò la tecnica da Grandmaster Flash, che la descrive come "niente altro che il cue inverso che senti in cuffia maneggiando il vinile prima di farlo sentire al pubblico" (Toop, 1991) Anche Kool DJ Herc fu un'importante figura nel nascere dello scratching.
La tecnica ha il proposito di accentuare il lavoro del DJ, creando un assortimento di suoni mediante la manipolazione ritmica di un vinile (oggi, con uno strumento come un CDJ, si può scratchare anche con un CD, anche se non si parla di scratching).
Lo "scratchare", frutto della cultura Hip Hop è stato poi adottato anche in altre forme musicali. Nell'Hip Hop, lo scratching è ancora di grande importanza per determinare l'abilità di un DJ, e si tengono in tutto il mondo competizioni nelle quali DJ si danno battaglia mostrando il loro virtuosismo nello scratch.
Il giradischi più utilizzato da chi scratcha è il Technics SL1200 MKII, un vero pioniere in questo campo

Quando ascoltiamo il caratteristico suono del banjo, la nostra mente associa l’Irlanda e il Texas; in realtà il banjo, insieme al violino e la chitarra, è lo strumento caratteristico della cosiddetta “Country Music”, che deriva dall‘ “Old time music”, originaria della cultura afro-americana. Stranamente questo genere musicale viene interpretato da orchestre composte prevalentemente da musicisti “bianchi”. La “country music” nasce dall’interagire di emigranti provenienti dall’Europa, dal Mexico e dalle comunità di nativi americani, sistemati stabilmente in Texas. Il fiddle (violino irlandese), la chitarra spagnola, il mandolino italiano e la cetra tedesca fondono suoni e culture musicali, ognuno con le proprie caratteristiche tradizionali delle feste paesane dei loro paesi di origini, ed è così che nasce questo allegro esilarante “country”. In Italia non è stato mai “sufficientemente” apprezzato, in quanto nelle nostre regioni, esistevano musiche tradizionali, solo leggermente intaccate negli ultimi decenni dalla musica etnica, ma mai neanche scalfite dalla remota possibilità di invadere il mercato discografico italiano.


Jason, grande interprete della Country Music


Caratteristico accessorio “Country Music”


L’orchestra Country Music di Jason


El Dany, artista country italiano


Qualcuno mi farà notare che moltissimi brani del genere “country”, anche se cover, hanno avuto un notevole successo, vedi Gino Santercole che incise la cover di “South of the Border” (Gene Autry, 1939) , col titolo “Stella d’argento”; “La città del west” di Guidi, interpretata alla Bobby Solo; ma attualmente resta “insistentemente” convinto di tale possibilità il solo Zio Dany di radio city, che tuttora promuove le sua canzoni “country”, una più bella dell’altra. La verità è che non c’è mai stata promozione sufficiente per questo genere musicale, ostacolato dal “liscio” romagnolo e dalla “tarantella” napoletana, che per l’esistenza di migliaia di orchestrine, locali da ballo e gruppi folkloristici, ne impediscopo la benchè minima possibilità di successo. Se mi posso permettere di esprimere un giudizio strettamente personale, io credo che manchi la cultura musicale popolare, che giornaliermente va esaurendosi a favore del calcio scommesse, della sagra “de sasicchie e vruoccole”, del karaoke (termine giapponese, derivante dalle parole “vuota” e “orchestra”), che il grande Fiorello lanciò negli anni ’80/’90, creando un’ Italia canterina, distraendola dalla musica di qualità.


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In molti giornalmente ci chiedete se siamo disponibili a collaborare con altri blog.
Ogni blogger è concentrato giustamente sul proprio blog, sulla creazione dei contenuti e sulla promozione.
Oggi vi spieghiamo come i blogger interessati ad una collaborazione possono collaborare con Noi, quali sono i vantaggi e come iniziare.

Vantaggi di collaborare tra blogger

Creazione dei contatti
Collaborando con altri blogger tutte le parti interessate potranno espandere la loro rete di contatti e, questo è uno degli elementi di successo nella vita professionale di un blogger. Ovviamente bisogna scegliere bene la persona con la quale collaborare per raggiungere un obiettivo comune.
Promozione del blog
Se si realizza un progetto comune, non solo si potrà condividere il pubblico con altri blogger, presentando i propri contenuti a vicenda, ma ci si potrà far conoscere da lettori che ancora non ci conoscono e attirarli sul proprio sito. Non bisogna avere paura di condividere il pubblico!
Non abbiamo ancora visto un blogger lamentarsi di un calo del pubblico dopo la realizzazione di progetti comuni!
Creazione di prodotti o di servizi che da soli non si potrebbero fare perché mancano le competenze
È inutile sottolineare che non sappiamo fare tutto, ma unendo le forze possiamo fare di più!
Acquisizione di nuove conoscenze nei settori nei quali sei più debole
Quando si inizia a realizzare un progetto che richiede competenze diverse, per forza ci si deve immergere un po’ nelle conoscenze dell’altra persona e ciò ci porterà ad iniziare ad ampliare ulteriormente le nostre competenze.

Che tipi di collaborazioni tra blogger ci possono essere?

Evidenzio tre tipologie, ma sicuramente ne potrete consigliare molte di più!
1 - Due blogger con capofila
Hai in mente un progetto e intraprendi le collaborazioni con gli altri.
Un classico sui blog sono le serie di interviste su degli argomenti specifici. Come esempio vi posso citare una rubrica dove intervistare gli esperti del settore.
2 - Due blogger con pari coinvolgimento
I progetti o collaborazioni intraprese da due blogger sono abbastanza semplici da realizzare.
La differenza rispetto al punto 1. sta nell’idea che in questo caso è sviluppata in comune e portata avanti assieme con (più o meno) pari coinvolgimento nelle attività e nelle responsabilità. I blogger possono essere complementari oppure in apparenza concorrenti.
3 - Più di due blogger
Inizia a essere complesso perché mettere d’accordo più persone non è semplice e si rischia di cadere nel caos. Per questo è auspicabile che l’idea sia comunque portata avanti da tutti, ma guidata da una persona sola, che fa da capofila. È lei che organizza le attività, le assegna agli altri blogger, verifica le scadenze, i prodotti intermedi e mette assieme i pezzi. Vi dico la verità, è un impegno importante, ma se fatto bene, anche il risultato può essere importante.
I progetti comuni che coinvolgevano più blogger ai quali ho partecipato ha coinvolto quasi 40 blogger all’estero, ma è venuto benissimo!.

Cosa si può realizzare assieme?

Prodotti comuni. Agenda, calendario, ebook con racconti di vita o di viaggi, ricette, quaderni con gli esercizi, guide, check-list.
Guest post. Si possono ospitare altri blogger sul proprio blog oppure diventarne l’ospite. Un’indicazione che mi sento di darvi è, se sei ospite è di verificare che questo sia comunque almeno in linea con la tua tematica.
Serie di approfondimenti da parte di esperti. Se c’è un fil rouge tra gli articoli in un futuro potrebbero diventare anche un ebook!
Collaborazioni complementari. Due blogger appartenenti a categorie diverse scrivono dello stesso tema, ma con due punti di vista diversi e in fondo all’articolo rimandano all’articolo del blogger collaboratore.
Gestione comune di un gruppo su Facebook che riguarda la stessa tematica o complementare. Il gruppo è un impegno enorme e poterlo condividere con altri può portare tanti benefici.
Corsi di formazione, non solo on-line, webinar, podcast su una determinata tematica comune oppure complementare.
Progetti comuni da proporre per esempio agli enti e imprese per la valorizzazione del territorio. Un progetto proposto da un gruppo di blogger che sanno evidenziare i vantaggi per l’ente e dare maggiore visibilità in rete anche grazie alla complementarietà tra di loro sono decisamente più forti rispetto ad un solo blogger. Sono gli stessi blogger che diventano i promotori di sé stessi e propongono un’idea. Certo che per proporre un’idea valida bisogna conoscere il territorio al quale si propone un progetto.

Elementi fondamentali per una collaborazione vincente?

Valore aggiunto
Prima di iniziare dovete chiedervi come questa collaborazione potrà contribuire a raggiungere l’obiettivo generale del blog e se porta i vantaggi a te e ad altri blogger. Se non ti avvicina neanche minimamente e non ci sono i vantaggi neanche discreti, non perdere il tuo preziosissimo tempo!
Tempo per mantenere la parola
I progetti che siano guidati da te, fatti da due o più blogger richiedono tempo e energie. Chiediti se tu hai questo tempo da dedicare, se potrai rispettare le scadenze e partecipare attivamente. Il tuo essere sfuggente potrebbe farti finire sulla lista nera dei blogger con i quali non si vuole collaborare. Tutto il mondo è paese, anche la blogosfera.
Saper essere il miglior promotore dell’altro blogger
Non abbiate paura di citare gli altri, di condividere i post, di parlare bene e si, di raccomandare, anche dopo la fase operativa della collaborazione! Fa parte delle relazioni e della buona riuscita del progetto.

Come individuare i blogger con i quali collaborare?

Dipende dall’iniziativa.
Se è un’iniziativa tua nella quale coinvolgi altri blogger ti basta osservare la realtà virtuale e individuare con chi vorresti intraprendere una collaborazione. Alcuni non ti diranno subito di si, altri non ti diranno mai si, per i più disparati motivi. Non escludere mai nessuno perché troppo famoso oppure troppo impegnato. Chi sono le persone giuste in questo caso? Quelle che possono essere interessanti per il tuo blog.
Nelle iniziative portate avanti da due blogger dipende dagli obiettivi del progetto comune. Spesso succede che le idee nascano da una chiacchierata tra le persone che si conoscono già da tempo, oppure si conoscono solo di vista anche se solo virtualmente e ad un certo punto in una delle due nasce un’idea che condivide con l’altra persona. In questo caso l’impegno deve essere reciproco e continuativo. Può essere anche una prima esperienza per entrambi.



Ovvio che per trarre i vantaggi comuni i due blogger dovrebbero essere più o meno allo stesso livello calcolando un assieme di elementi: contatti, visibilità, conoscenze, competenze e capacità organizzative. Uno può avere più visibilità, l’altro più competenze in una tematica specifica di interesse per entrambi. Non è semplice, lo ammetto, in rete nascono tante joint venture casuali, che in un batter d’ali nascono e muoiono senza concludere le iniziative. La strada maestra è osservare.
Un vero impegno è la gestione di un progetto che coinvolge più blogger. Se sei il promotore metti degli step d'ingresso! L’esperienza insegna che la più bella iniziativa può essere rovinata perché chi ci doveva essere ha deciso di non esserci. Le attività si fanno assieme, le scadenze si rispettano e la promozione si fa congiuntamente. Se nel gruppo che porta avanti il progetto ci sono le persone serie, questo aumenta le probabilità di successo!
Chi sono queste persone?
  • chi pubblica con regolarità sul proprio blog,
  • chi pubblica con regolarità su Facebook, Youtube o Instagram, insomma sui social.
  • chi dimostra capacità di coinvolgimento dei propri lettori
  • chi possiede esperienze pregresse di partecipazione in progetti con gli altri blogger
  • chi possiede competenze specifiche che potranno aumentare le probabilità di successo
Ovviamente tutto dipende dal progetto proposto, dagli obiettivi e dai risultati che si vogliono ottenere!
In tutti i casi è importante stabilire le regole del gioco fin dall’inizio: cosa facciamo, come lo facciamo, chi fa che cosa e chi sarà il proprietario dei risultati. Se decidete di fare un e-book e un'indomani qualcuno lo vorrebbe commercializzare, sarà possibile?

Quali programmi utilizzare per gestire una collaborazione?

Per la gestione delle varie fasi del progetto. Meglio se gratuiti con delle schede dei progetti che potranno essere condivise con più persone. Così tutti sapranno cosa bisogna fare ed entro quando.
Last but non least do – no follow link da aggiungere ai post scritti nell’ambito di una collaborazione. Sapere quando farlo e quando invece evitare?
Ora ci potete dire se avete mai fatto delle collaborazioni con altri blogger e come sono state queste esperienze. Oppure forse, vi abbiamo ispirato?


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Freda Joséphine Baker (nata McDonald) (St. Louis, 3 giugno 1906 – Parigi, 12 aprile 1975) è stata una cantante e danzatrice statunitense naturalizzata francese.
Di origine meticcia afroamericana e amerinda degli Appalachi, è sovente considerata come la prima star di colore e tra le più acclamate vedette di Parigi. Ottenne la nazionalità francese nel 1937, e nel corso della Seconda guerra mondiale giocò un ruolo importante nel controspionaggio francese della Francia Libera. Ella usò in seguito la sua grande popolarità nella lotta contro il razzismo e a favore dell'emancipazione dei neri, in particolare sostenendo la lotta per i diritti civili di Martin Luther King.

Biografia

L'artista

Freda Joséphine McDonald abbandonò la famiglia all'età di 13 anni. Risparmiando riuscì qualche volta ad acquistare il biglietto per assistere agli spettacoli del Boxer Washington Theatre, riservato ai soli neri. Qui matura il suo amore per il ballo e il canto finché, con grande difficoltà, un giorno riuscì a convincere il direttore a farle un provino. Josephine iniziò così la carriera di ballerina nei piccoli teatri di St. Louis. A sedici anni debuttò a Broadway in una grandiosa rivista, replicata per due anni. Il 2 ottobre 1925 venne in Europa con la Revue nègre al teatro degli Champs-Elysées.
Al teatro degli Champs-Elysées, dove Joséphine era divenuta nel frattempo la prima ballerina, la sua bellezza di donna e la sua bravura di artista mandarono Parigi in delirio tanto che il teatro registrò costantemente il tutto esaurito. Nei suoi spettacoli e nelle sue canzoni (alcune delle quali come Yes, we have no Bananas, che cantava nuda, e La canne à sucre sono molto note) unì il gusto piccante e ricercato del varietà francese al folklore della musica africana.
Joséphine vestita solo di un gonnellino di sedici banane, scatenata nel più pazzo charleston (una musica allora ancora sconosciuta in Europa) incarna una delle immagini tipiche degli anni venti: un costume inventato per lei dal costumista austriaco Paul Seltenhammer che sarebbe divenuto inoltre un'icona di inizio Novecento e della vita parigina in particolare.
La passionalità delle sue interpretazioni ed il sincero interesse per l'arte popolare le impedirono di cadere nell'esotismo di maniera e suscitarono l'entusiasmo dei parigini per il jazz e le musiche nere. Circa 1500 uomini chiesero la sua mano: uno si uccise ai suoi piedi, mentre altri si batterono in duello (pratica da tempo vietata). A quell'epoca, incontra Georges Simenon che la segue sempre in prima fila. Malgrado il successo conquistato, la Revue nègre si inscrive in una visione colonialista del mondo nero e dell'Africa tipica dell'epoca.
Dopo una tournée in Europa, Joséphine Baker comincia la revue delle Folies Bergère del 1927 accompagnata da un leopardo, che terrorizza l'orchestra e fa fremere di paura il pubblico. Nel 1927 la giovane star si lancia nella canzone. Nel 1931, riporta un indimenticabile successo con la canzone J'ai deux amours composta da Vincent Scott. In questo periodo si sposa segretamente con il sedicente nobile siciliano Giuseppe Abatino, un abile simulatore che diventerà il suo manager. Il matrimonio durerà 10 anni e si concluderà con la morte di lui.
Alcuni cineasti, come Marc Allégret le proposero anche qualche ruolo cinematografico. I suoi due principali film furono: Zouzou e Principessa Tam Tam, ma non incontrarono il successo di pubblico sperato. Invece sui palcoscenici delle music-hall, ella riuscì a fare ombra alla celebre Mistinguett.
La sua tournée del 1936 negli Stati Uniti non incontra un grande successo. L'America è scettica e certamente le rimprovera di parlare talvolta in francese, o in inglese con accento francese. Rientra in Francia dove ottiene la nazionalità francese nel 1937 sposando un cittadino francese, Jean Lion. Il matrimonio durò soltanto due anni. Nel 1937 pubblica La conga blicoti, inserita nel 2011 nella colonna sonora del film Midnight in Paris di Woody Allen.

Agente del controspionaggio

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale, sembra che Joséphine fosse diventata un agente del controspionaggio, tramite Jacques Abtey (capo del controspionaggio militare a Parigi). Per questo motivo, frequentò l'alta società parigina, poi si mobilitò a favore della Croce Rossa. Dopo la Campagna di Francia, il 24 novembre 1940 si arruolò nei servizi segreti della Francia libera, sempre avendo come tramite il comandante Abtey, che restò suo ufficiale di collegamento fino alla Liberazione, in Francia poi in Africa del nord dove fu sotto la protezione di Si Ahmed Belbachir.
Durante la guerra si fece carico di missioni importanti, utilizzando i suoi spartiti musicali per celare dei messaggi. In seguito fu ingaggiata dal servizio femminile inquadrato nell'armée de l'air, sbarcò a Marsiglia nell'ottobre 1944. Alla Liberazione, proseguì la sua attività a favore della Croce Rossa e cantò per i soldati al fronte, seguendo con i suoi musicisti il proseguimento della guerra. Alla fine della guerra, conclusa con il grado di capitano, fu decorata con la Legion d'onore da Charles De Gaulle.

La lotta per i diritti civili e la morte

Nel 1947 si sposò con il direttore d'orchestra Jo Bouillon; insieme acquistarono il castello di Milandes in Dordogna, dove accolsero e adottarono 12 bambini provenienti da diversi paesi del mondo, che verranno bonariamente chiamati "la mia tribù arcobaleno". Per il mantenimento del castello spese completamente tutta la sua fortuna, costringendola ad aumentare i concerti della sua banda per aumentare le entrate e proseguire la sua opera.
Nel 1955 amplificò in Europa l'ondata di indignazione sollevatasi in America per la morte del giovane afroamericano Emmett Till, seguita dal rilascio dei due assassini che espressero ciniche dichiarazioni dopo il giudizio, una volta che si erano assicurati l'impunità. Il 6 marzo 1960 fu iniziata in massoneria nella loggia La nouvelle Jérusalem (appartenente alla Grande Loggia Femminile di Francia ). Partecipò poi nel 1963 a Washington alla marcia organizzata da Martin Luther King.
Quando Joséphine fu definitivamente rovinata dalle sue difficoltà finanziarie, la principessa Grace di Monaco, amica della cantante, come lei di origine americana e come lei artista, le offrì dapprima un aiuto in denaro, e successivamente la possibilità di esibirsi per la Croce Rossa nel Principato di Monaco: questo le permise di uscire dalla bancarotta e di acquistare un alloggio per passare il resto della vita in Costa Azzurra.
Gli anni '70 furono una nuova fase di successo con spettacoli in tutta Europa e negli Stati Uniti. Dopo uno spettacolo della sua ultima revue a Parigi l'11 aprile 1975, fu trovata esanime e morì poche ore dopo per un'emorragia cerebrale. Era il 12 aprile. Fu seppellita nel cimitero del Principato di Monaco dopo un funerale con gli onori militari a Parigi, a cui assistette una folla immensa.
Joséphine Baker si era convertita al giudaismo in occasione del suo matrimonio con l'industriale Jean Lion nel 1937, ma questa conversione puramente formale non durò a lungo: infatti Joséphine ricevette funerali cattolici nella Chiesa della Madeleine a Parigi.

Riconoscimenti

Bertrand Delanoë, sindaco di Parigi, nel giugno 2006 (a un secolo dalla nascita) decise di intitolarle la Piscina Municipale "Joséphine Baker" sulla Senna, inaugurata nel luglio 2006 nel 13° arrondissement di Parigi.


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Il termine cultura underground (o semplicemente underground) definisce un ampio insieme di pratiche e di identità accomunate dall'intento di porsi in antitesi e/o in alternativa alla cultura di massa o alla cultura popolare. Il termine fu utilizzato per la prima volta da Marcel Duchamp, in una famosa conferenza a Filadelfia nel 1961, nella quale dichiarò programmaticamente che l'Arte dovesse diventare sotterranea ("will go underground"), indicando la via per l'utilizzo del termine underground.
Nel mondo anglosassone, il termine "underground" ("sottosuolo") indicava una "rete sotterranea di resistenza" e venne utilizzato nel XIX secolo con le Underground Railroads, reti clandestine di case sicure per affrancare gli schiavi in fuga dal Sud degli Stati Uniti. Analogamente, si definì nello stesso modo il network che facilitava la fuga in Canada dei giovani statunitensi che rifiutavano il servizio di leva durante la guerra del Vietnam. Il termine venne anche utilizzato per indicare i movimenti di resistenza europei durante la seconda guerra mondiale ("The Undergrounds").

La cultura underground negli anni sessanta / settanta
Sebbene la definizione contemporanea di cultura underground nasce negli anni cinquanta, essa viene solitamente riferita all'area creativa della controcultura giovanile alternativa e contrapposta alla cultura ufficiale che si sviluppò negli Stati Uniti e in Europa nella metà degli anni sessanta. L'underground fu una rete di gruppi teatrali, laboratori artistici, cineclub, spazi sociali a gestione comunitaria, librerie, case editrici, riviste politiche e letterarie, etichette discografiche indipendenti, negozi di abbigliamento usato, circoli culturali che si diffusero prima negli Stati Uniti, poi in alcuni paesi europei sulla scia della cultura beat, del movimento studentesco e del movimento hippy. Sebbene spesso non esistessero collegamenti reali e duraturi tra tali realtà, nate e sviluppatesi in modo informale e legate alla dimensione locale entro cui esse agivano, esse erano accomunate dal progetto di costruzione di una "società parallela".
La cultura underground si sviluppò all'interno di società del capitalismo avanzato in un'epoca in cui l'industria culturale subiva forti trasformazioni per lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa; in risposta a tali mutamenti la cultura underground proponeva un utilizzo alternativo degli stessi mezzi di comunicazione atti alla diffusione di stili e princìpi di vita differenti da quelli della società ufficiale.
Per estensione, la definizione di cultura underground venne in seguito utilizzata per indicare numerose reti sottoculturali alternative ai canali ufficiali (punk, cyberpunk, ravers, alternative hip hop, ecc).

La cultura underground negli anni ottanta
A partire dagli anni ottanta la cultura underground si confronta con le nuove tecnologie, sviluppando, di fatto, i primi esperimenti collegati all'utilizzo di internet, alla multimedialità e ai nuovi linguaggi espressivi. È questo il caso della Chiesa dell'Elettrosofia o dei primi montaggi video realizzati su piattaforme Mac da Robert Croschicki, e della nascita del Cyberpunk.
Sulla scia delle esperienze newyorkesi di Keith Haring e di artisti apolidi giunti in Italia come Norman Mc Laren, scoppia il boom della Street Art, Arte di strada, ulteriore evoluzione della cultura del Graffitismo, ormai entrata di diritto nell'arte ufficiale. È in questa area che si muovono street artist di livello come Sten Lex o Bob Rock, Bros, Tresoldi, artisti outsider come Mauro Gottardo, Mario Pischedda e i bolognesi d'adozione Blu e Ericailcane.

La cultura underground negli anni novanta
Durante gli anni novanta proseguì la sperimentazione di nuovi canoni. Il grado raggiunto rappresentò la massima, nonché definitiva espressione della controcultura.

La cultura undeground in Italia e nel mondo
In Italia la cultura underground ebbe indiscutibili meriti nel diffondere le nuove tendenze dell'arte e della cultura contemporanea: dalla psichedelia alle filosofie orientali, dalla fantascienza alla letteratura beat. Rilevante fu l'esperienza della rivista milanese Mondo beat (1965-1966), accanto alla nascita dei primi gruppi hippy. In Italia e Francia esercitò una certa influenza anche il movimento situazionista, all'interno del quale convivevano sia la teoria rivoluzionaria che le azioni dirette di provocazione pubblica.
Ma al contrario di quanto accadeva negli Stati Uniti, in cui la componente creativa e quella politica del movimento studentesco procedettero strettamente connesse, in Italia il Sessantotto rappresentò un momento di rottura tra l'identità del movimento politico e quella delle culture alternative, che si trovarono contrapposte: da una parte, infatti, il movimento studentesco si diresse verso un irrigidimento su posizioni ideologhe filo-marxiste, dall'altro le culture underground assunsero una piega artistica e visionaria, ripiegando ai margini del movimento contestatario.
Significativa, per la cultura underground italiana fu la pubblicazione nel 1971 della prima mappa della scena underground italiana, il libro Ma l'amor mio non muore. Origini, documenti, strategia della "cultura alternativa" e dell'underground in Italia (Arcana Editrice) a cui seguì "Dalle Alpi alle Piramidi" (Arcana Editrice).
Importanti per il movimento alternativo le varie guide che vennero, in quel periodo, pubblicate e fatte circolare quasi esclusivamente nel circuito underground, tra cui: come coltivare la marijuana, come realizzare una radio libera, i manuali di autodifesa negli scontri di piazza, ecc. Molto attiva a pubblicare questo tipo di manuali la viterbese Stampa Alternativa, che lancerà anche la collana Millelire, capace, grazie al prezzo contenuto, di garantire tirature elevatissime.
Nel corso degli anni settanta in Italia avvenne una parziale ricomposizione tra la tendenza politica e quella creativa che sfociò nel movimento del '77.

La stampa underground in Italia
Il circuito delle riviste underground in Italia fu vasto ed articolato. Periodo fondamentale quello che si sviluppa tra il 1967 e il 1977: tra le testate che meritano essere ricordate, oltre il già citato Mondo beat anche Pianeta fresco, Re Nudo, Paria, Tampax, Roman high Roma sotto (poi Fallo!), L'Arca, Buco, Get Ready, King Kong (in cui muove i primi passi Lorenzo Mattotti), Puzz, Gatti selvaggi, Hit, Hemicromis, P.L.M., A/traverso, " Gatto Rosso " , " Io vorrei " ," Fuoco ", Vomito, Cannibale e lo stesso Frigidaire, vero e proprio fenomeno di mercato, capace di lanciare personaggi come Ranx Xerox e autori come Pazienza, Tamburini, Mattioli, Echaurren.
Molte di queste riviste (stampate in vari modi: offset, eliografia, ciclostile) aderirono alla I.A.P (International Alternative Press), un piccolo sindacato/distribuzione con sede a Milano, attivo tra il 1971 e il 1979 circa.
Gli anni '80 sono stati caratterizzati dalla realizzazione di numerose 'zines musicali e culturali in tutta Italia, ispirate al punk, metal, news wave, dark, oltre ai fan club dei cantanti e dei gruppi musicali più di tendenza del periodo.
Negli anni '90 c'è stata una rinascita della stampa underground italiana delle cosiddette fanzines. Tra i nomi più rilevanti di queste riviste amatoriali storiche realizzate con successo intorno alla seconda metà degli anni '90, troviamo nomi come Raw Art Fanzine[3], Jammai, Trippa Shake, Freak Out, Equilibrio Precario,


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Se il mercato discografico è in crisi, è possibile rivoluzionarlo dal basso?
Per la 1437 Network sì, secondo una felice intuizione. Quella di creare una community per fare decidere ai fans su quali artisti puntare e quali band produrre.
"L'industria musicale si basa sulle barriere: chi sta dentro e chi è fuori. La 1437 Network vuole abbattere queste barriere. Qualunque appassionato di musica può farvi parte". Il progetto funziona con un meccanismo semplicissimo: artisti solisti e gruppi musicali possono iscriversi gratuitamente alla community, creare il proprio profilo e caricare i propri brani da fare ascoltare ai potenziali fans.
I quali, dal canto loro, hanno l'opportunità di diventare i produttori della band preferita, investendo quote a partire da un minimo di 10 euro.
L'obiettivo è di raggiungere quota 50.000 per far registrare al gruppo prescelto un intero album presso uno studio professionale, con un produttore di grido. Trovare i finanziatori sembra la parte più difficile. In realtà non lo è: bastano cinquemila ascoltatori che credano nella band e acquistino "azioni musicali" da 10 euro ciascuna. Raggiunto l'obiettivo, i 5000 fans che hanno sostenuto il progetto riceveranno un CD in edizione limitata con il disco del proprio artista preferito, a cui saranno legati anche da un rapporto economico. Una volta inciso l'album, le canzoni del gruppo potranno essere scaricate gratuitamente, ma saranno vendute per ogni altro scopo (pubblicità, sigle di trasmissioni, colonne sonore) e i proventi verranno equamente divisi in tre parti: una finirà in tasca all'artista, una alla 1437 Network ed una ai fans che hanno sponsorizzato la registrazione.
Inoltre sarà possibile stampare anche una versione su Cd del disco da vendere ai concerti, attraverso negozi on-line o tramite il sito del gruppo. Anche in questo caso artisti e fans si divideranno i profitti. E se non si raggiunge la quota di 50.000 euro che fine fanno i soldi investiti? "Non è un problema": il fan-sponsor potrà dirottare le quote acquistate su un altro artista con più possibilità di successo o potrà addirittura richiedere il rimborso dell'intera somma investita.
La formula sembra funzionare: in poco più di un anno sono già quattro gli artisti che ce l'hanno fatta a convincere i fans e hanno raggiunto il budget di 50mila euro. Si tratta di gruppi molto diversi tra loro. In totale sono oltre 3000 i gruppi che hanno deciso di inserire il proprio profilo sulla community per tentare di convincere i fans della bontà della loro proposta musicale. La 1437 Network ha iniziato.