Nella storia della musica rock ci sono state numerose rivalità.
La più famosa è probabilmente quella che ha coinvolto i Beatles e i Rolling Stones.
Le varie risposte pervenute hanno confermato la prevalenza dei Beatles sui Rolling Stones, come riassunto nella NOTA 1 (vedi dopo).
In realtà i due gruppi non sono stati mai in una vera e propria competizione, poiché avevano (almeno originariamente) poco in comune: i Beatles erano infatuati del rock’n’roll e di Elvis Presley, mentre i Rolling Stones erano visceralmente innamorati del blues più oscuro, quello di Muddy Waters (da un suo brano il loro nome) e di Robert Johnson.
In effetti un singolo del 1950 fu l’origine per i Rolling Stones: Il lato A conteneva Rollin' Stone, un singolo del cantautore blues statunitense Muddy Waters e il lato B Walking Blues, scritto da Robert Johnson nel 1936.
Rollin' Stone è una interpretazione del brano tradizionale Catfish Blues ed ha dato il nome alla nota rivista musicale Rolling Stone e al gruppo rock The Rolling Stones.
Nel 2000, il brano fu premiato con un Grammy Hall of Fame Award; inoltre, nel 2004 fu incluso al numero 459 fra le 500 migliori canzoni, secondo la rivista omonima.


Gli stili e gli interessi diversi hanno permesso la comune coesistenza, visti che gli ambiti ed il pubblico cui si rivolgevano erano differenti, anzi, la reciproca stima fece nascere un rapporto d’amicizia tra i leader. Ad esempio Lennon e McCartney hanno scritto nel 1963 “I wanna be your man” per la band di Jagger, permettendogli di presentarsi con un brano nuovo e di staccarsi dalle cover blues in cui fino a quel momento si era cimentata. Probabilmente la loro rivalità, quella di cui tutti i media hanno parlato per tanti anni, venne costruita a tavolino.
I Beatles, fin dall’inizio della loro carriera discografica, sono stati proposti come i classici bravi ragazzi della porta accanto, rassicuranti nelle loro giacche ordinate e nei loro capelli ben pettinati, vendendo un’immagine che poco apparteneva al loro reale modo di essere, soprattutto nelle persone di Lennon e Harrison, non certo appartenenti alla migliore borghesia. Questa impostazione estetica e mediatica fu dovuta all’intuizione di Brian Epstein, il loro manager, che seppe introdurli in un binario che li portò dritti a suonare per la regina e a ricevere il titolo di baronetti.
Gli Stones furono subito messi in contrapposizione con i Beatles, soprattutto nei giovani che iniziavano a manifestare i primi segni di insoddisfazione verso la rigida società britannica: nasceva così la rivalità Beatles vs. Rolling Stones.
Così i Beatles divennero i “buoni”, mentre gli Stones furono i “cattivi”, attori involontari dell’eterna lotta tra il bene ed il male.



BEATLES VS ROLLING STONES: LA PIÙ GRANDE RIVALITÀ MEDIATICA DEL ROCK
Questi ruoli assegnati a tavolino fecero per un po’ la fortuna dei due gruppi, riempiendo i giornali di dibattiti sempre più accesi, mentre i diretti interessati ridevano e accumulavano milioni di vendite.
Con l’introduzione alle droghe leggere da parte di Bob Dylan (seguite da quelle pesanti per mano d’altri), i Beatles progressivamente si trasformarono, allungando barbe e capelli e vestendo in maniera sempre più stravagante e meno ordinaria, ed i loro testi ed atteggiamenti divennero sempre meno edulcorati.
I Rolling Stones, dal canto loro, continuarono a mostrarsi come teppisti, divenendo una vera ossessione per un certo tipo di media, fino a quando rischiarono grosso con la retata del 1967 a Redlands, nel Sussex. Jagger fu condannato a tre mesi di reclusione e Richards ad un anno, ma l’intervento del Times con l’editoriale “Chi schiaccia una farfalla sotto una ruota”, che accusò la giustizia britannica di aver condannato le rockstar e non i cittadini comuni, portò una riconsiderazione delle pene in appello.
Il raid di Redlands, una delle più clamorose operazioni antidroga nella storia del rock’n’roll, è raccontato nel libro «Mick Jagger» di Philp Norman.
Con la fine degli anni ’60 e lo scioglimento dei Beatles nel 1970, la grande rivalità Beatles vs. Rolling Stones fu cristallizzata e legata indissolubilmente al decennio che era appena trascorso. I Beatles intrapresero carriere soliste e si trovarono spesso a battagliare tra loro in classifica, mentre i Rolling Stones hanno continuato tra alti e bassi, arrivando ai giorni nostri ancora con la fama di dannati.


ANNI ’60.
COME SI POTEVA ASCOLTARE IN ITALIA LA MUSICA DEI BEATLES E DEI ROLLING STONES IN QUEL PERIODO?
Poco e male.
Agli inizi degli anni ’60 esisteva un solo programma che trasmetteva musica giovanile di origine straniera: Il Discobolo, un programma radiofonico andato in onda dal 1953 al 1961. Il programma trasmetteva essenzialmente musica straniera, soprattutto americana. Così furono fatti conoscere in Italia il jazz (Count Basie, Cole Porter, Lennie Tristano, ecc.), il pop (The Platters, Paul Anka, Pat Boone, Neil Sedaka, ecc.) e gli esordi dell’era “rock and roll” (Elvis Presley, Chuck Berry, Littla Richard, Jerry Lee Lewis, ecc.).
Il Discobolo durava veramente poco, poiché andava in onda tutti i giorni dalle 13.50 alle 13.55 (solo 5 minuti!). Alla domenica c'era uno speciale dalle 15.00 alle 15.30 (30 minuti e basta!).


Un miglioramento arrivò il 16 ottobre 1965 con “Bandiera Gialla”, programma ideato e condotto da Arbore e Boncompagni e trasmesso sul Secondo Programma RAI sino al 9 maggio 1970.


Perché questo strano nome? La musica angloamericana dei giovani all'epoca (anni ’60) era pressoché bandita dalla radio italiana e proprio per questo motivo il programma fu collegato al simbolo della quarantena per epidemia e divenne appunto “Bandiera gialla” (Attenti! Non avvicinatevi!) poiché era collegato a tali generi musicali, troppo “innovativi” (e, quindi, “pericolosi”) per la RAI dell’epoca.


In tale situazione, specialmente sino a metà degli anni ‘60, le nuove canzoni arrivavano molto in ritardo in Italia e, per me, l’unico modo per essere aggiornato era quello di ascoltare qualche radio straniera. Dopo qualche tentativo, riuscii a scoprire – con grande felicità – Radio Lussemburgo (London West One, emittente ad onde medie) che alla mezzanotte di ogni domenica trasmetteva il meraviglioso programma “Top Twenty Play”, che proponeva i 20 dischi più venduti in Inghilterra nella settimana precedente sulla base delle classifiche pubblicate dal famoso giornale The New Musical Express (NME).
In NOTA 2 alcune notizie su The New Musical Express e su Radio Lussemburgo.
Ricordo ancora la curiosità che avevo ogni domenica notte nell’attesa di conoscere quale sarebbe stata la nuova “Top 20 Play” del NME. Mi sintonizzavo su Radio Lussemburgo e speravo che le condizioni atmosferiche consentissero un buon ascolto, cosa che accadeva un terzo circa delle volte; tutte le altre volte o si ascoltava a tratti (poco e male) oppure si sentivano solo rumori di fondo insopportabili. Pazienza: bisognava aspettare un’altra settimana!
Ricordo anche che l’uscita di un nuovo disco dei Beatles aveva questa particolare caratteristica: non dava la scalata alla classifica un po’ alla volta, ma quasi sempre compariva immediatamente direttamente al primo posto in classifica, all’improvviso: la settimana prima non compariva della “Top 20 Play” e la settimana dopo era al N.1! E lì restava per varie settimane…
In NOTA 3 riporto un aneddoto personale, che descrive bene come i dischi statunitensi e britannici arrivassero in ritardo in Italia in quei tempi.


LE CLASSIFICHE DI THE NEW MUSICAL EXPRESS (NME)
Quali risultati di sintesi possiamo ottenere dalle classifiche di NME degli anni ’60 trasmesse ogni domenica da Radio Lussemburgo?


Ho elaborato i dati disponibili per il periodo dal 18 dicembre 1959 a fine dicembre 1969 (anni ’60) ed ho ottenuto questi 3 riepiloghi, che mi sembrano molto interessanti.
-1) The Beatles vs The Rolling Stones
Viene confermata la prevalenza dei Beatles (19 volte al n.1 dal 1963 al 1969) rispetto ai Rolling Stones (8 volte “soltanto”).
Nella tabella è indicato quale gruppo (con quale brano) è stato al N.1, a partire da quale data e per quante settimane consecutive.
Una sola volta è capitato (The Beatles, “She Loves You”, 1963) che un brano sia ritornato al N.1 dopo aver lasciato precedentemente la prima posizione della classifica:




-2) Tutti gli esecutori del decennio arrivati al N.1, confrontati fra di loro.
I Beatles sono stati al N.1 in 19 occasioni, per un totale di ben 75 settimane: quasi un quarto del tempo intercorrente fra la prima (2 marzo 1963) e l’ultima volta (28 giugno 1969) in cui i Beatles sono stati al N.1 del Ranking. Formidabile!
Seguono Elvis Presley con 12 volte, i Rolling Stones con 8, Cliff Richard con 6, ecc., come si può vedere nei dettagli qui sotto:


Ho usato i colori di sfondo per rendere più immediatamente riconoscibili i varie esecutori nelle diverse tabelle via via mostrate.



-3) Le canzoni con più lunga durata nella posizione N.1 (con almeno 1 mese di permanenza)
Al primo posto troviamo Elvis Presley (a fine 1960, 9 settimane consecutive).
I Beatles non sono nelle prime posizioni, ma compaiono ben 8 volte con altrettanti diversi brani, generalmente a maggio (1963, 1965 e 1969) oppure a fine anno 1963, 1964, 1965 e 1967).
I Rolling Stones compaiono una sola volta (1969), vedi qui sotto:




NOTA 1:
Le risposte pervenute sino ad oggi 15 aprile 2020 sono 14 in totale, compresa la mia, che è a favore dei Beatles.
Risultato:
10 risposte per i Beatles
2 a favore dei Rolling Stones
2 con una preferenza in parità.
Se in futuro arriveranno altre risposte, aggiornerò questa classifica di preferenze.


NOTA 2: NEW MUSICAL EXPRESS E RADIO LUSSEMBURGO
Il 29 maggio 1947 il New Musical Express aveva pubblicato per la prima volta una “Top Ten” ed il 28 maggio 1949 era passato alla “Top Twenty”; in tale data iniziò la trasmissione radiofonica di queste classifiche tramite Radio Lussemburgo (The Station of the Stars) con il suo programma “Top Twenty Show”.

La classifica del New Musical Express (NME) è stata la prima nel Regno Unito a misurare la popolarità delle musiche in base alle vendite fisiche di dischi, mentre in precedenza venivano utilizzate le vendite di spartiti. Il cofondatore di NME Percy Dickins imitò la classifica prodotta dalla rivista American Billboard e iniziò a compilare la prima hit parade britannica nel 1952. Per la prima classifica, Dickins telefonò a un campione di circa 20 negozi chiedendo un elenco delle 10 canzoni più vendute. Questi risultati furono poi aggregati per dare una classifica che fu pubblicata in NME il 14 novembre 1952.



NOTA 3: UN ANEDDOTO
Fra i tanti ricordi mi fa piacere segnalare anche questo, per ultimo: quando andavo in un negozio di dischi a chiedere un brano sentito a Radio Lussemburgo, la risposta era qualcosa del genere: o “Non lo conosciamo” oppure “Chissà quando il disco arriverà in Italia”…
Una volta andai a chiedere se fosse arrivata la cover di “If I Had a Hammer” (musica del cantautore e folk-singer statunitense Pete Seeger e testo di Lee Hays) eseguita da Trini Lopez, che avevo sentito il giorno prima su Radio Lussemburgo.
Questa è stata una delle prime canzoni di protesta della stagione del pacifismo e della contestazione contro la discriminazione razziale, canzone che poi sarebbe stata orrendamente trasformata (e travisata) in Italia diventando “Se avessi un martello”, con una traduzione perfetta del titolo, ma con un testo (lyrics) completamente e disastrosamente diverso!
La versione di Trini, molto ritmata, raggiunse il primo posto delle top chart in trentasei paesi, piazzandosi al terzo posto negli Stati Uniti, rimanendo per anni una delle canzoni maggiormente trasmesse dalle radio.
Chiesi al commesso di Ricordi (negozio di dischi) se fosse arrivato il disco di Trini Lopez e pronunciai il titolo. In effetti, il titolo suona abbastanza “strano” con le sue due “h” e non è facilmente pronunciabile, nè comprensibile per gli italiani: il commesso ascoltò, rimase interdetto, spalancò gli occhi e disse: “Che…?”, completamente stranito…
Uscito dal negozio io scoppiai in una fragorosa risata… Il disco, poi, arrivò nei negozi in Italia dopo varie settimane…



Non è vero che tutti lo odiano, ma certamente chiunque può dire che la propria voce registrata è diversa da quella che sente e crede di avere.
La ragione è molto semplice: quando parliamo la nostra voce risuona in varie cavità del corpo e nelle ossa della testa, la ascoltiamo principalmente con le orecchie ma anche attraverso queste risonanze ossee. Queste si vanno a sommare al timbro percepito dall'udito con il risultato che la nostra voce, come la sentiamo noi mentre parliamo, è diversa da come la sentono gli altri (perché sentono solo l'emissione dalla bocca, non le risonanze ossee).
Non abbiamo percezione di questa differenza finché non riascoltiamo la nostra voce quando esce da un altoparlante.
Senza le risonanze ossee ci sembra diversa, meno profonda e corposa, certamente strana.
Inoltre, per registrare ci serve un microfono e qualsiasi tra quelli esistenti non acquisisce le onde sonore con una fedeltà totale, quindi l'atto stesso della registrazione comporta già un scostamento dall'originale.


Il Neumann TLM 107, uno dei microfoni più famosi e acclamati per la fedeltà nel catturare la voce umana. La fedeltà totale però è impossibile da ottenere






Hollywood è come i film, tutto è solo un'illusione ... non guardare oltre il fotogramma.
Fascino? Un set cinematografico è principalmente un gigantesco magazzino pieno di set di cartongesso e compensato che si alterna tra freddo, caldo e rumoroso.
Ci sono tre gruppi di persone sul set. L'equipaggio che lavora ad un ritmo febbrile e folle per 12-14 ore al giorno, installando, testando o spostando le cose, ottenendo l'approvazione dal regista per poi restare fermo per i 5 minuti effettivi di riprese che finiranno nel film. E se al regista piace quel lavoro - allora si inizia a rompere quel set mentre si costruisce quello nuovo (oggetti di scena, effetti, ecc.). E si deve essere lì ore prima per impostare e rompere e rimettere tutto a posto per il giorno successivo. Se si sta sparando nel deserto il giorno successivo, si caricano i trucchi con tre camion di equipaggiamento.
Gruppo B: i dirigenti o il personale che gira sul set tutto il giorno senza molto da fare a meno che non ci sia una situazione da panico assoluto, che si deve risolvere perché sono 200.000 dollari al giorno... in un gigantesco magazzino e poi si bloccano quando il regista dice AZIONE.
Il gruppo C è il talento - sullo schermo come rappresentante e volto pubblico del progetto, coloro che vengono incolpati se il progetto va storto, sono solo dei giocatori di supporto - devono esibirsi in modo convincente o verranno licenziati in 2 minuti.
Sì, è tutto glamour.
Questa foto incapsula il dietro le quinte di Hollywood anche se in realtà non è tratta da un film.



Come presentare un libro: consigli e suggerimenti



Vederlo finire in libreria? Distribuito? Le probabilità vanno da zero a una su diecimila. Questo è il rapporto tra il numero di persone che scrive e le persone (ogni anno sempre meno) che vengono pubblicate 'in serie A', dove per serie A intendo con tanto di distribuzione in libreria.
Farlo valutare? La cosa più seria che puoi fare è trovare le case editrici che pubblicano libri simili al tuo, e mandargli il manoscritto. Sappi però che le C.E. non ti manderanno indietro alcuna valutazione, soprattutto in caso di risposta negativa (ovvero: circa 99 libri su 100). Ti arriverà una semplice lettera di rifiuto, ma almeno ci avrai provato.
Ti sconsiglio inoltre di usufruire delle AGENZIE LETTERARIE, ovvero dei servizi di valutazione a pagamento. Non servono grosso modo a nulla. Inoltre, siccome si fanno pagare fino a 500 euro per la valutazione di un romanzo, non saranno nemmeno sinceri con te, ma saranno decisamente 'troppo buoni' con te per motivi di puro marketing.
Useranno eufemismi tipo:
"Consigliamo all'autore di lavorare sul suo stile e sulle sue fonti, in modo da portare nel suo romanzo un bagaglio di conoscenze maggiori in merito agli argomenti trattati dalla sua trama"
Traduzione
"Lo stile fa schifo, e l'autore ha scritto pure un libro di spionaggio senza sapere una beata mazza di guerra fredda, di spie, di nulla. L'ignoranza fatta a romanzo, e scritto male pure. La maggior parte del pubblico appassionato di spionaggio scoppierebbe a ridere"
Se ci pensi bene, uno scrittore non può pagare 500 euro per sentirsi dire che scrive da cani.
Il problema è che , statiticamente parlando, 99 scrittori su 100 non scrivono male… Scrivono proprio da bestie.
Negli anni novanta, agli albori di internet (e anche dopo) Stephen King accettava di leggere i racconti mandati dai suoi lettori, e mandargli indietro un parere.
Smise perché (testuali parole come le ricordo oggi. Sono passati tanti anni, ma era un discorso molto articolato e motivato. Ecco come me lo ricordo):
"Da oggi non potrete più mandarmi racconti. Ho deciso di smettere perché, francamente parlando… Era letteralmente deprimente. Su 100 racconti che mi arrivavano, 99 erano indecenti, e uno solo era appena sufficiente…. Ma comunque noioso a morte. Ho deciso allora di smettere sia di leggerli che di rispondere perché a nessuno piace passare il tempo a insultare regolarmente decine di persone al giorno, tanto meno piace a me. Era davvero troppo deprimente"
Chiunque abbia lavorato in una casa editrice ha vissuto un'esperienza simile a quella di King.
E quindi una 'agenzia editoriale' che leggesse romanzi a pagamento e restituisse ai suoi clienti 99 pareri negativi su 100… si distruggerebbe il suo stesso mercato da sola nel giro di pochi mesi. Riempirebbe il web di gente incazzata nera, e chiuderebbe i battenti nel giro di pochi mesi.
Evitate quindi le agenzie letterarie.
Sperando di essere stato utile.

POST SCRIPTUM
Se hai scritto un'atuobiografia, le tue probabilità di successo sono zero. Le case editrici pubblicano SOLO autobiografie di gente GIA' famosa.
Quindi o sei già famoso, o la tua autobiografia avrà gosso modo 0,3–0,1% di 'successo'.



Tecnicamente, il p.e. segue come viene speso il budget.
In realtà, il suo ruolo può andare dal non fare nulla (dare carta bianca al regista, seguendo solo gli aspetti economici), fino al dirigere tutto il progetto passo per passo, imponendo il 'tono' del film, ordinando le modifiche X e Y alla trama, eccetera, eccetera.
E' una figura che cambia molto da film a film.
Non mi risulta, per esempio, che Stanley Kubrick avesse produttori esecutivi.


Se li aveva, si limitavano a cercare di ridurre le spese, ovvero cercare le scenografie, effetti speciali, eccetera, per conto di Kubrick, facendo in modo che fossero i meno costosi sul mercato, ma senza mai imporre nulla a Kubrick. Il leggendario regista era infatti famoso per essere uno dei pochissimi che si presentava ai suoi produttori dicendo:
'Signori, i miei film si comperano a scatola chiusa. Io vi dirò cosa voglio fare, e voi sarete dentro o fuori'
Secondo la biografia ufficiale di Kubrick, lui e Micheal Mann - negli anni novanta - erano gli unici due registi di Hollywood a lavorare senza intromissioni sulla trama da parte dei produttori (i quali, nel 99% dei film, 'ordinano' il finale che vogliono ai loro registi).
Oggi giorno, a Hollywood, NON ci sono attualmente registi liberi di scegliere il finale del loro film.
E' il prezzo da pagare per giocare in 'serie A'.
Vuoi fare un film da 50 milioni di dollari? Lo farai alle nostre condizioni.
E se noi vogliamo cambiare il finale, tu lo cambi.
Questa è la normalità, quando si superano certi budget.
Ad ogni modo, visto che abbiamo nominato Mann, parliamo un attimo di lui.
Micheal Mann invece fu (ed è ancora) oltre che regista, un GRANDISSIMO produttore esecutivo. Forse il migliore in circolazione, se chiedete a me.


I film dove appare come produttore esecutivo hanno tutti letteralmente quel tocco in più che per me è l'inconfondibile 'mann's touch'. Quando Mann non dirigeva, ordinava infatti ai registi, sceneggiatori e montatori il TONO del lavoro che voleva per il film che stava co-producendo.
E' così che nacque quel mito della cultura pop che fu MIAMI VICE, di Mann che diresse o scrisse solo una manciata di episodi, mentre invece li seguì tutti come produttore esecutivo.
La copertura dei due polizotti infiltrati è saltata; Sonny e Rico sono stati scoperti. il sigonre della droga Calderone sa che sono poliziotti, eppure loro decidono di presentarsi COMUNQUE all'appuntamento col trafficante, fingendo di non sapere di essere stati smascherati. Farlo è un suicidio, ma è anche l'ultima occasione che hanno di prendere Calderone prima che scappi all'estero. Calderone è l'assassino del fratello di Rico, e quindi lui e Sonny non possono proprio rinunciare all'ultima occasione che hanno di catturarlo. E così, prima di andare verso la morte, Sonny ferma però la macchina. 'C'è tempo' dice, ed entra in una cabina del telefono.
Chiama la sua ex moglie e gli chiede soltanto se era 'vero'.
Se per quel poco che lui e lei erano rimasti assieme, si erano amati 'davvero'.
"Ci puoi scommettere, Sonny" dice lei.
Pausa.
"Va tutto bene?"
Ecco che riparte allora la musica a pieno volume, una musica che batte esattamente come il cuore dello spettatore (ammesso che non siate proprio dei bastardi senza cuore…)
Questo è il puro 'Micheal Mann's touch', quello che si trova solo nei suoi film… O nei film dove figura come produttore esecutivo. Direi che consiste nell'uso di quelle perle di psicologia e di stile che rendono tutto incredibilmente reale, toccante e straziante nella mente dello spettatore. Guardatevi il video, e poi ditemi se è umanamente possibile restare indifferenti.
Miami vice fu un poliziesco 'fantasy', ma con un tasso di drammaticità assolutamente fuori dal mondo, almeno per la sua epoca. M.V. cambiò infatti la storia della televisione, e oggi giorno i cloni si sprecano al punto che è difficile capire quante novità inventò all'epoca. A tratti, toccava vette che oggi definiremmo 'dark'. Molte delle puntate di Miami Vice finivano letteralmente in tragedia prorio perché Mann voleva alzare il livello di tensione là dove i produttori ufficiali, invece, volevano fare una minchiata molto easy e molto rincuorante, sciocca, eccetera. In sostanza, volevano la classica baracconata anni ottanta. Lui invece usò tutto il suo potere di produttore esecutivo proprio per assicurarsi che ci fossero proprio quelle puntate che resero poi MV una leggenda. E i livelli di tensione - credetemi - arrivarono a volte a livelli insostenibili. TUTTI sapevano che a volte MV finiva male o malissimo… E a volte guardarlo è davvero difficile. Muoiono tanti di quei cari, in quel telefilm…
Miami Vice è famoso anche per essere stato forse il primo telefilm ad alto successo ad avere avuto una puntata completamente censurata. Uscì solo più tardi in DVD. E credetemi se vi dico che mostrandola ai miei amci l'anno scorso, eplosero in un coro di
Non ci credo
non è possibile
porca misera
Miami Vice è un mito… la dimostrazione che anche il produttore esecutivo, a volte, può davvero diventare un 'signor mestiere'






Non solo gli Italiani, ma tutto il mondo non compra libri self-published. E' per questo che Amazon non ha MAI reso note le cifre effettive delle vendite: perché guadagna di più con le pubblicità che con le vendite. Guadagna di più dai soldi degli autori che vogliono autopubblicizzarsi, e dunque pagano Amazon per essere messi in alta visibilità sul portale.
Perché col self publishing vendono tutti zero?
Perché le case editrici NON sono tipografie. Ma proprio per nulla.
Il vero lavoro delle case editrici è selezionare libri al posto nostro. Selezionare libri in modo che noi lettori non se ne debba cestinare 20 per trovarne uno di vagamente decente.
Vuoi un giallo?
Nella mia casa editrice, ne arrivano 20 al mese, 200 all'anno. E ne pubblico solo 5–6 su 200. Solo i migliori.
Hai voglia di leggere 190 gialli di XXXXa in un anno, prima di leggerne uno vagamente decente? Ovvio che no. Anzi. Magari sei pure capace di sputare sui libri che escono in libreria, vero? Pensa se leggessi per sbaglio una delle porcate che cestino ogni giorno.
Oh, senza dimenticare che il poveretto che autopubblica su Amazon il suo horror, non si rende mica conto di uscire magari in contemporanea dell'ultimo horror di King. E sicuro: ruberà clienti al re. E come no? Con la sua copertina da sballo e la sua pubblicità mondiale mozzafiato, sbaraglierà la competizione come nulla.

IN CONCLUSIONE
La gente non legge self publishing perché non ha voglia di destreggiarsi tra migliaia di porcate, mentre invece l'offerta di autori prestigiosi e 'sicuri' è enorme e pubblicizzata mille volte meglio.



Chi non ha mai visto Il Mago di Oz o non ha mai canticchiato qualcuna delle canzoni di questo immortale capolavoro del cinema targato 1939? E credo che sarebbe una sorpresa per molti sapere che la vecchia e allegra terra di Oz in realtà celava una nuvola tossica letale. Stiamo parlando di amianto, non roba da poco..
Hai presente la famosa scena del campo di papaveri, in cui Glinda, la strega buona risponde con la neve all'effetto narcotizzante indotto dai papaveri della cattiva strega dell'Ovest?


Sarai stupito nel sapere che la "neve" che cade su Dorothy, lo Spaventapasseri, il Leone codardo e l'Uomo di latta è stata prodotta al 100% con amianto crisotilo industriale (conosciuto anche come amianto bianco), nonostante i rischi per la salute derivante dall'amianto fossero noti da diversi anni.
Sebbene non si sappia di alcuna morte causata agli attori del film dall'amianto, Jack Haley, l'uomo di latta, ha sofferto per anni di crisi respiratorie.



Nel senso, come ha fatto qualcuno come Coppola, qualsiasi età avesse nel 1971, a trovare le risorse/finanze per girare Il Padrino? O Spielberg? O Tarantino? Questione di conoscenze?
Coppola, Spielberg e Tarantino non riuscirebbero mai a sfondare come hanno fatto allora nelle condizioni dell'industria di oggi. Non esiste una regola fissa e molte delle idee più famosi su come si riesca ad avere successo nell'industria del cinema sono ormai impraticabili da decenni.


I giovani registi che vogliono avere successo nel panorama di oggi devono imparare dalla storia.
Perciò facciamo torniamo indietro al…


Hollywood - che, solo pochi anni prima, era considerata la casa di artisti, anticonformisti e pionieri - si stava man mano riempiendo di regole e di burocrazia.
E gli uomini che avevano fondato le grandi produzioni…


erano da poco andati in pensione ed erano stati sostituiti dagli young executives.


I vecchi metodi di indagine di pubblico, produzione, marketing e distribuzione non riuscivano a spremere numeri interessanti dal pubblico giovane ai box office.
I film erano in crisi e la nuova direzione non sapeva dove mettere le mani.
Contemporaneamente, le telecamere stavano diventando sempre più leggere e meno costose. Cassavetes girò Ombre a New York. Godard girò Fino all'ultimo respiro a Parigi.
E questi film aprirono gli occhi ai giovani registi sulle possibilità.


E poi uscì Easy Rider.
Prodotto al di fuori del sistema con soli $400,000, ne guadagnò 60 milioni e dimostrò a Hollywood che adolescenti e studenti universitari potevano riempire i cinema.


Improvvisamente la gioventù tornò di moda. A registi di venti o trent'anni venivano affidati milioni di dollari; le prime lauree in cinema - USC (Lucas), UCLA (Coppola), NYU (Scorsese) - erano chiaramente e profondamente legate a Hollywood.
E, forse per l'ultima volta, a molti nuovi registi furono offerte opportunità all'interno del sistema.

Questi cambiamenti lanciarono la Nuova Hollywood, l'epoca d'oro che diede i natali a Spielberg, Ashby, May, Bogdonovich, Altman, De Palma, Cimino, Peckinpah, Malick e a molti altri.
Lo spasso durò fino alla fine degli anni '70, segnando una delle grandi decadi dell'industria cinematografica americana.
Ma cos'è che cambiò alla fine degli anni '70? Due cose.
Prima di tutto, questi due tizi riscrissero il concetto di successo:


Lo Squalo (che guadagnò $470m) e Star Wars ($775) ridefinirono qualsiasi definizione di successo. La gente rimaneva in attesa per ore per poter vedere questi film, rendendo così popolare il termine "blockbuster".


Poi, nel 1981, quando I Predatori dell'Arca Perduta uscì sei mesi dopo il fallimento da bancarotta de I Cancelli del Cielo, fu l'inizio della fine.


I Cancelli del Cielo fu un film talmente costoso da diventare un simbolo di ridicola autorialità (se non ricordo male, il regista, Michael Cimino, fece sradicare una quercia e la fece trasportare in nave oltreoceano per poterla piazzare sullo sfondo durante una ripresa).
E sfortunatamente per tutti, I Cancelli del Cielo recuperò solo $3,5 milioni contro i $44 milioni di budget spesi.


Questi due esempi - I Predatori e I Cancelli del Cielo - posero la gestione di Hollywood di fronte a una scelta binaria dalla quale non si è più ripresa.
I dirigenti scelti dalle compagnie per proteggere gli interessi di azionisti multinazionali erano incentivati ad adottare i processi burocratici di altre industrie. Gli studio - che in precedenza distribuivano le proprie scommesse tra diversi film di media portata - furono sempre di più inclini a giocare tutto il piatto su puntate della portata di Star Wars.
I budget per le pubblicità partirono a razzo, i finali si fecero più lieti, e i giovani registi che erano stati un tempo la linfa vitale di Nuova Hollywood vennero scansati a favore della chiassosa programmazione estiva.
E undici anni dopo l'uscita di Easy Rider la festa era finita.


Mentre tutto questo succedeva a Hollywood, la nuova generazione di grandi registi americani - Spike Lee, Jim Jarmusch, David Lynch, Jane Campion, Richard Linklater, Sam Raimi, i Coens - stava maturando.


I fratelli Coen realizzarono un piccolo trailer per il loro film debutto, Sangue Facile, presero l'elenco telefonico, trovarono un po' di studi dentistici sparsi per il Minnesota, proiettarono sui loro muri il film, fecero una previsione delle vendite e cominciarono a raccogliere assegni.


E il Sundance Film Festival, che fu fondato nel 1978 - in parte in reazione ai nuovi mandati corporativi di Hollywood - diventò una forza della natura già a metà degli anni '80.


Il Sundance permise a questi registi di ricevere attenzione.
Registi di tutto il mondo facevano debuttare lì i loro film e venivano scoperti dalla stampa, da Hollywood e dal pubblico pagante. E con l'avvento dell'home video, questi piccoli film potevano diventare dei fenomeni culturali minori senza dover dipendere dai metodi tradizionali di distribuzione cinematografica.


Nel 1990, i film indipendenti avevano creato una propria industria.
Giovani compagnie come la Miramax presero il mercato con la forza e le grandi produzioni furono obbligate a rimanere al passo creando delle proprie piccole distribuzioni sussidiare come la Paramount Vantage e la Searchlight Pictures.
Poi arrivò questo tizio…


Il successo de Le Iene - e due anni dopo di Pulp Fiction - di Quentin Tarantino generò la storia di successo alla quale la maggior parte dei giovani registi ancora aspira. E questo è un peccato perché la situazione è cambiata molto da allora.
Detto questo, l'ascesa di Tarantino al tempo fece senz'altro scalpore. I dirigenti presero a competere, gli uni con gli altri, a caccia del nuovo Tarantino ed è così che registi come Paul Thomas Anderson, Wes Anderson, James Gray, David O. Russell, Robert Rodriguez e Kevin Smith hanno sfondato.


Contemporaneamente, il successo di MTV creò un ponte (ormai bruciato) tra registi di video musicali e Hollywood. E David Fincher, Antoine Fuqua, Spike Jonze, Michel Gondry, Jonathan Glazer e Tarsem Singh debuttarono quasi tutti insieme in questo periodo.

Lo spasso proseguì fino a metà anni 2000 e Sofia Coppola, Christopher Nolan, Lynne Ramsay, Jonathan Glazer, Steve McQueen e Rian Johnson riuscirono tutti a infilare il piede nella porta prima della fine della festa.


E poi accadde questo…


E tutto cambiò di nuovo.
La Grande Recessione ebbe molti effetti a lungo termine sull'industria cinematografica.
Tra gli altri, gli studio spolverarono le vecchie mosse del 1981 e ritornarono ad essere più avversi ai rischi, e meno disposti a correre il rischio con giovani registi.


Questa tendenza andò a braccetto con alcune serie fratture tecnologiche riguardo ai metodi di distribuzione e di consumo dei film.
Gli studio hanno continuato a sottovalutare le minacce costituite da Netflix, Amazon e altre tubature innovative create da queste compagnie.


Perciò cosa hanno fatto le grandi produzioni?
Hanno scommesso il doppio sui blockbuster; i più grossi, rumorosi, epici filmoni scassatutto progettati per tirare fuori di casa le persone, lontani dai computer e dalle televisioni, per farli tornare sulle poltroncine dei cinema di tutto il mondo.



Seguendo il successo del MCU, sequel, adattamenti e proprietà intellettuali pre-esistenti hanno cominciato a farla da padroni.


Il business del cinema ha perso largamente interesse per film di piccola/media taglia originali per adulti.
E come dice James Gray, la "classe media della regia" è stata erosa:
"Ho 47 anni, vivo in un appartamento, non mi posso permettere di comprare casa. Se fossi stato adulto nel 1973, ora sarei a Bel Air. E il motivo si trova proprio in quello che stavamo dicendo, che la via di mezzo è sparita… Cinque registi fanno la Marvel, e poi c'è il resto di noi che gratta le porte in cerca di soldi per fare film."
Il Sundance, che un tempo era la casa dei registi emergenti, ha cercato di crearsi la sua nicchia ma sta sempre più diventando incline alla logica corporativa.
Ora i suoi pupilli sono i film da stagione degli Oscar, con star di serie A, mentre i festival più piccoli come SXSW sono lasciati a fare il lavoro duro.



Perciò, come hanno fatto nuove voci ad affermarsi dalla fine del 2000 ad oggi?
I registi indie di successo tra il 2000 e il 2010 - Greta Gerwig, i fratelli Safdie, Barry Jenkins, i Duplass, Lena Dunham, Josephine Decker, Lulu Wang, David Lowery, Joe Swanberg, Alex Ross Perry, Sean Baker, Rick Alverson - hanno trovato diverse strade per il successo in questo panorama tumultuoso.
Ma hanno tutti qualcosa in comune: ciascuno di loro ha realizzato film in solitaria con budget minuscoli.


Molti di loro, come i Safdie e Barry Jenkins, si sono adattati a fare film indipendenti a basso budget finanziati dalle istituzioni.


Altri, come la Dunham e Swanberg, si sono adattati a cercare il successo in televisione…



Altri ancora sono stati sfruttati per dirigere filmoni per grosse produzioni, come David Lowery…


E' un piccolo gruppo - tra cui Robert Eggers e Ari Aster - hanno sfondato come i grandi degli anni '70 grazie all'aiuto di A24, e hanno fatto il loro debutto cinematografico con infrastrutture ben finanziate.


Ma la verità è che queste storie di successo sono poche e sparpagliate.
Per ogni regista che dà inizio a una carriera di successo con un film micro-budget, ce ne sono infiniti altri che si schiantano di faccia.
Questo è il paradosso della regia indipendente di oggi. Anche se la tecnologia abbordabile rende più facile che mai girare ed editare un film, la realtà economica dell'industria cinematografica rende molto difficile avere un punto d'appoggio.
E quest'anno abbiamo assistito a un disastro mai visto prima.

Solo il tempo ci dirà quali saranno gli effetti a lungo termine del COVID-19 sulle arti e sull'industria cinematografica.
Ma se la storia ci insegna qualcosa, probabilmente è questa: gli studio stringeranno ancora di più i cordoni delle borse e presto sarà più difficile che mai per i registi indipendenti entrare nel giro.
Come sarà quindi il prossimo decennio?
In termini di produzione, sarà richiesta frammentarietà. Scrivete i vostri film in modo che costino molto poco e abbracciate tutte le limitazioni che questo comporta. Se non avete i soldi/le risorse per girare un film, cominciate a girare corti.
Mandate la roba ai festival ma preparatevi a mostrare il vostro lavoro al pubblico anche senza di loro. Persino il "biglietto d'oro" del Sundance non è più la stessa cosa di prima. Perciò non fate affidamento sui festival per salvarvi.
Una volta finito il film, preparatevi a distribuirlo da soli.


E anche se "auto-distribuito" sembra a molti sinonimo di fallimento (una nota che abbiamo ricevuto da gente molto in gamba interna all'industria) è, secondo me, l'arena più eccitante e più solida per l'innovazione nell'industria cinematografica al momento.
I Vanishing Angle, la squadra dietro a Thunder Road, sono pionieri sul fronte dell'auto-distribuzione digitale.
Per i registi indipendenti, il panorama è in continuo movimento. La strategia di successo di oggi diventerà obsoleta e impraticabile domani. La cosa importante è continuare a provare. Non chiedete il permesso. Come dice Mark Duplass, accettate che la cavalleria non è in arrivo.
Studiate e testate nuovi metodi di finanziamento, produzione, distribuzione, marketing ed esposizione - o createne voi di nuovi. Sperimentate, imparate dai vostri fallimenti e condividete le scoperte con noi.
E come sempre, guardate ai grandi registi indipendenti del passato in cerca di ispirazione.