"FORMAZIONE: LE SCUOLE DI RECITAZIONE
Il percorso di formazione per diventare attore professionista è estremamente vario. In generale, è preferibile frequentare una buona scuola di recitazione per imparare le tecniche del mestiere e approfondire lo studio della storia del cinema, del teatro, della drammaturgia, delle lingue straniere. In Italia esistono diversi centri di formazione dove sono attivi corsi di recitazione, danza e canto per attori.
Qui elenchiamo gli istituti più famosi:
  • Scuola Nazionale di Cinema – Centro Sperimentale Cinematografia (Roma);
  • Accademia Internazionale di Teatro (Roma);
  • Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico (Roma);
  • Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi (Milano);
  • Scuola di Teatro Luca Ronconi (Milano);
  • Scuola di Recitazione del Teatro Stabile di Genova (Genova).
L’accesso a tali scuole e accademie richiede agli aspiranti allievi il possesso del diploma di istruzione secondaria di secondo grado e può prevedere il superamento di un esame di ammissione. Ricordiamo che l’Accademia Internazionale di Teatro di Roma, l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico e la Scuola di Teatro Paolo Grassi sono gli unici istituti a rilasciare – al termine dei percorsi di formazione di durata triennale – la laurea di primo livello in Recitazione (classe di laurea DADPL 02) equipollente alla laurea in discipline delle arti e dello spettacolo.
Naturalmente esistono anche altre scuole per diventare attore in Italia, quello che vi consigliamo è di documentarvi sull’offerta didattica proposta per scegliere e frequentare il corso di recitazione, di dizione e uso della voce, di teatro che più soddisfa le vostre esigenze. A seconda delle vostre preferenze, potete scegliere di seguire un corso per diventare attore di prosa, attore televisivo, attore cinematografico, attore caratterista, attore comico, attore drammatico. Fattori utili che potete tenere in considerazione nella scelta sono, ad esempio, la qualità del corpo docente, la storia e la reputazione della scuola. E, ancora, l’opinione degli ex allievi relativamente alla validità del corso, i laboratori, i seminari e gli stage offerti.
E’ possibile infine valutare l’opportunità di frequentare scuole estere per diventare attore in America o in altri paesi del mondo. In questo caso è indispensabile avere un’ottima conoscenza della lingua inglese o, in generale, della lingua parlata nel paese di destinazione.
In ogni caso non si può pensare di diventare attore senza scuola, senza una buona formazione di base. Anche se si possiede un talento innato per la recitazione ci sono delle conoscenze tecniche che si possono apprendere solo attraverso un buon percorso formativo.

COSA FARE DOPO LA SCUOLA? COME TROVARE LAVORO?
Terminata la scuola, l’aspirante attore deve preparare un book fotografico da allegare al curriculum vitae per proporsi alle agenzie di spettacolo che si occupano della promozione di attori e attrici di cinema, teatro, televisione e pubblicità. Fare l’attore, lo ricordiamo, non è semplice in quanto richiede una lunga gavetta. Per raggiungere il primo ingaggio, tanto desiderato, e ottenere i primi ruoli occorrerà partecipare a numerosi casting e provini che – a prescindere dall’esito finale – rappresentano, soprattutto all’inizio della carriera, una buona occasione per farsi conoscere da un regista, da un casting director e dai colleghi.
Oltre a rivolgersi direttamente alle agenzie, alle compagnie teatrali o cinematografiche è utile fare ricerche online per trovare offerte di lavoro per attori e attrici. Si può iniziare accettando piccole parti in cortometraggi o in produzioni video realizzate da compagnie minori. E’ importante costruire un buon cv, per questo bisogna realizzare diverse esperienze di lavoro che possano far crescere professionalmente e rappresentare un buon biglietto da visita per future candidature in ruoli più rilevanti.

SBOCCHI OCCUPAZIONALI E CONTRATTO DI LAVORO
L’attore può lavorare come libero professionista, collaboratore a progetto o dipendente a tempo determinato sui set cinematografici interni ed esterni, sui set di fiction e serie televisive, sui palcoscenici dei teatri oppure nelle scuole di recitazione come insegnante. La professione richiede la disponibilità al lavoro in orari non convenzionali, durante i giorni festivi e nei fine settimana. Porta inoltre a spostarsi spesso e a vivere lunghi periodi lontano da casa come quando si partecipa a una tournée teatrale o o si girano le riprese di un film.

STIPENDIO DEGLI ATTORI
Quanto guadagna un attore? A inizio carriera lo stipendio non è alto, per cui molto spesso al lavoro dell’attore si affianca un secondo lavoro. In generale, è possibile affermare che la retribuzione dell’attore varia a seconda del tipo di produzione per cui si viene ingaggiati e dall’esperienza / notorietà dell’artista. A titolo di esempio, se si recita in cortometraggi il compenso è generalmente contenuto (500 Euro, 1000 Euro fino a 5Mila Euro circa) e varia in funzione del ruolo e del tipo di produzione. La partecipazione a film italiani o serie televisive italiane può generare retribuzioni molto più elevate (diverse migliaia di Euro) ma anche l’impegno richiesto è più lungo. Chi riesce a diventare un attore famoso ovviamente può ottenere retribuzioni molto elevate. Attori di fama internazionale come Julia Roberts, Leonardo DiCaprio, Tom Hanks, Daniel Craig, Jim Carrey hanno guadagnato cifre che arrivano sui 15 / 20 milioni di dollari a film. Per iniziare non bisogna però pensare a come diventare attore a Hollywood e ottenere compensi milionari ma è necessario fare un passo per volta. Ci sono attori italiani (attori di film, fiction, serie televisive) che ricevono un’ottimo stipendio di decine di migliaia di Euro."



«Via col Vento è un film razzista»: Hbo lo rimuove dalla piattaforma streaming
Sull’onda delle manifestazioni per George Floyd, John Ridley sceneggiatore di «12 anni schiavo», aveva chiesto di eliminare il film dal catalogo. Hbo l’ha fatto, ma ha spiegato che il film tornerà «con una discussione sul contesto storico e una denuncia degli stereotipi etnici e razziali rappresentati nella pellicola»


Il capolavoro del cinema americano, vincitore di otto premi Oscar, uno dei film più scolpiti nell’immaginario mondiale, è stato rimosso dalla nuova piattaforma di streaming Hbo Max. La storia di Scarlett O’Hara e del suo amore tormentato con Rhett, ambientata nelle piantagioni di Tara e ad Atlanta durante e dopo la guerra civile, si legge in un comunicato della compagnia, «è il prodotto del suo tempo e dipinge alcuni dei pregiudizi etnici e razziali che sono diventati, sfortunatamente, comuni nella società americana». Il film ritornerà sulla piattaforma «con una discussione del suo contesto storico e una denuncia di quegli stereotipi, ma verra presentato come creato originariamente, perché fare il contrario sarebbe come affermare che quei pregiudizi non sono mai esisiti». Un tentativo di storicizzazione, dunque.

Hattie McDaniel, la prima Oscar afromericana
Il 15 dicembre 1939 Hattie McDaniel non poté partecipare alla prima del film: c’erano ancora le leggi Jim Crow nel Sud degli Stati Uniti. Era seduta lontano dai suoi colleghi anche la sera degli Oscar, ma quella notte fu storica: McDaniel fu la prima afroamericana a vincere il premio come miglior attrice non protagonista per il ruolo di Mami (parte per la quale leggenda vuole che persino la first lady Eleanor Roosevelt avesse raccomandato una sua cameriera).
Un traguardo storico, che non le risparmiò le critiche delle associazioni per i diritti civili che la accusavano di perpetrare lo stereotipo del servo nero. «Preferisco interpretare una domestica che esserlo», era la sua risposta. E ancora: «Credo che il pubblico sia meno ingenuo di quello che pensano i miei critici».

Razzismo e stereotipi
Ottant’anni dopo, il dibattito in qualche modo è ancora aperto. Via col Vento non è solo un capolavoro del cinema di tutti i tempi, ma anche un film che romanticizza l’era della schiavitù al Sud, una pellicola in cui i personaggi di colore non hanno alcuna complessità, sono come figurine tra la ribelle Rossella, la melensa Melania e l’irresistibile Rhett. Una romanticizzazione per di più datata anni Quaranta, quando la segregazione razziale era ancora legge in America.
Già dopo Charlottesville qualcuno aveva chiesto di boicottare Via col Vento. La decisione di Hbo arriva dopo l’appello sul Los Angeles Times di John Ridley. Non uno qualsiasi: regista, scrittore e sceneggiatore, nel 2014 ha vinto l’Oscar per la miglior sceneggiatura non originale di «12 anni schiavo».

Ma ha senso il boicottaggio?
In un lungo pezzo su Vulture del 2017 sul tema del boicottaggio di Via col vento, una giornalista afroamericana, Angelica Jade Bastién, metteva a confronto proprio il film diretto da Steve McQueen con quello basato sul romanzo di Margaret Mitchell: «Nonostante la sua sanguinosa rappresentazione delle condizioni della schiavitù, credo che 12 anni Schiavo sia una visione più semplice per i liberal bianchi dato l’effetto di distanziamento della violenza che mette in scena. È facile guardare la schiena frustata di Solomon Northup e di altri personaggi e pensare: Be’, non sono così cattivo, non impongo questo tipo di violenza».
Una distanza emotiva che commuove, ma non interroga. Invece, la rappresentazione della mitologia attorno alla schiavitù, degli schiavi felici e fedeli ai loro padroni, la «bellezza di un Sud perduto, non sono intrappolati nell’ambra di un’altra era. Esistono ancora oggi nel cuore ripugnante e velenoso che sta al centro della vita Americana». La frattura su cui è costruito un Paese, come ha ricordato ieri anche Michelle Obama. Così, secondo Jade Bastién, «se Via col Vento fosse consegnato al passato, sarebbe più facile per molti dimenticare quanto sia indicativo del nostro presente». E come quella mitologia attorno alla schiavitù scorra consciamente o inconsciamente non solo negli estremismi del suprematismo bianco.


Come scrivere un romanzo (guida con consigli pratici) - Corso di ...


Ci sono alcune tristi, tristissime verità che nessuno racconta ai milioni di scrittori che custodiscono un romanzo nel cassetto. Da scrittore (non di romanzi, ma di saggi), ho avuto spesso modo di relazionarmi con queste verità e posso dire che non sono piacevoli da affrontare, specialmente per chi vagheggia il romantico desiderio di vedere il proprio romanzo a fianco dell'ultimo libro di Fabio Volo alla Feltrinelli di Galleria Vittorio Emanuele II.
Eccole, e scusate la violenza verbale:
  1. devi conoscere benissimo la lingua italiana. Non pensare di usare la scusa di essere un discepolo di Bukowski o un gonzo writer per non saper concatenare una principale a una subordinata o distinguere un congiuntivo da un condizionale. No, non è così.
  2. devi avere una bella storia da raccontare. La tua fantastica gita delle medie o la vacanza in Grecia potrebbero non essere il romanzo di formazione che tutti aspettiamo da dopo che Hemingway ci ha lasciato.
  3. devi saper raccontare. Che è un po' la combinazione dei primi due punti. Se hai la stessa prosa coinvolgente del bugiardino del Voltaren, lascia perdere.
  4. devi darti da fare per trovare il modo di farti conoscere. Capolavori nel cassetto ce ne sono a migliaia e, purtroppo, tali rimarranno. Nel cassetto. Cerca un editore, cerca dei canali di diffusione, cerca di far sapere alla gente che c'è un libro bellissimo che attende solo di essere letto.
  5. c'è una concorrenza spietata. Le librerie sono inondate, subissate di narrativa. L'editoria non naviga nell'oro, ma a quanto pare in Italia non ci si stanca di scrivere. Il tuo libro potrebbe restare esposto, qualora arrivasse in libreria, una o due settimane prima di sparire nei magazzini.
  6. non diventi milionario. A meno che non indovini la saga giusta, la storia giusta, il filone giusto, non riuscirai a pagare le rate dell'Aventador con i diritti del tuo primo romanzo.
  7. se sei un VIP puoi saltare allegramente tutti i punti precedenti. Un romanzo non si nega a nessun vero VIP, influencer, attore, soubrette, trend setter o blogger che si rispetti. Li riconosci subito. Il loro nome è scritto più in grande del titolo. Lo hanno scritto proprio loro? Hanno usato un ghost-writer? Sono davvero romanzi di qualità? Quando avrai scoperto la risposta, probabilmente avranno già venduto 200.000 copie.


10 Consigli per promuovere il tuo libro | Youcanprint.it



E perché mai dovrei?
Ho letto manoscritti inediti per una casa editrice come selezionatore, e conosco BENISSIMO cosa gira tra gli esordienti non pubblicati e/o i rifiuti delle case editrici.
Questi sono i miei motivi:
  1. Ho letto - e leggo purtroppo ancora - alcuni cosìddetti 'fenomeni' del self-publishing. Perché quando incontro qualcuno che canta vittoria con il self publishing in Italia, faccio allora dei controlli per pura curiosità professionale. E finora ho trovato SOLO truffatori: copie autocomperate a centinaia per gonfiare le vendite, recensioni a pagamento, palesemente fasulle e spesso scritte dall'autore stesso (!!!!). Per carità, essere nel settore come me aiuta a scoprire queste cose, ma non ci vuole un genio. Se un libro ha dieci recensioni a 5 stelle che gridano al capolavoro (senza nemmeno accennare alla trama, né ad altri contenuti), e poi c'è una sola recensione da una stella, che però parla di “un romanzo senza capo né coda, pieno di errori e incongruenze, e senza finale pure…” allora è chiaro che le altre recensioni sono tutte fasulle. E senza nemmeno bisogno di leggere più di 4–5 pagine. Il massimo dei fenomeni 'leggittimi' del self italiano aveva delle vendite da fallimento editoriale ASSOLUTO, e non si capiva di quale successo stessero parlando. Per quanto riguarda il talento, in tanti anni ne ho incrociato solo uno e vendeva zero, dunque non se lo sta filando nessuno.
  2. leggere richiede tempo. Anche solo accorgersi che un libro non va a parare da nessuna parte richiede tempo prezioso e no, non ho alcun 'dovere' di dare una possibilità a tutti. Lascio che le case editrici facciano il lavoro per me. Infatti il vero lavoro delle case editrici è selezionare libri per noi. Ma nel momento in cui andiamo a tirar su roba cestinata dalle case editrici, stiamo rimestando appunto nella spazzatura. E dentro la spazzatura - per forza di cose - trovare roba buona richiede DAVVERO troppo lavoro. Un lavoro VERO, che conosco per esperienza. La maggior parte dei lettori si lamenta della scarsa qualità della letteratura moderna e qualcuno dice che non bisogna essere 'razzisti' con le autopublicazioni? Bé, io lo sono eccome. Perfino 50 sfumature di Grigio pare Tolstoji rispetto alla media delle autopubblicazioni e questo è un dato di fatto. Poi se avete tempo da perdere alla ricerca della chicca che non conosce nessuno per motivi di puro egocentrismo, siete fortunati. Io ho una vita piuttosto piena, e preferisco NON leggere 10 romanzi orrendi prima di trovarne uno vagamente decente.
  3. i libri curati da una casa editrice vengono curati da professionisti, non da dilettanti. Questo significa meno errori, migliore impaginazione, miglior copertina, miglior tutto. E se da un lato è vero che l'abito non fa il monaco, dall'altro in letteratura la faccenda è un pochino più complicata. Romanzo e libro sono due cose diverse, lo sapete vero? Ma se devo spendere dei soldi - anche solo pochi euro - per un romanzo, PRETENDO che venga messo dentro un libro dignitoso. Ebook o carta, non importa: gli autoeditori non sanno fare libri. Al di là del 'possibile' contenuto sono SEMPRE tutti brutti libri… per il semplice fatto che fare libri belli è un mestiere. E l’autoeditore non lo sa fare.
  4. la maggior parte delle autopubblicazioni meritano di non essere pubblicate, e di non essere lette da nessuno pure. E' un dato di fatto. La gente che scrive male è MOLTA DI PIU’ di quella che scrive bene, è un dato di fatto. No, non è che tutti sanno scrivere. Assolutamente no. E gli autori di tali porcherie cascano sempre tutti completamente dalle nuvole. Non se ne rendono proprio conto. Tutto questo è dimostrabile scientificamente. Viene infatti causato dal 'Dunning Kruger effect'. Il Dunning Kruger effect è un fenomeno psicologico (universale e inevitabile, purtroppo) per il quale meno conosci una cosa, più pensi che sia facile farla. Un po' come quando guardiamo il pattinaggio artistico su ghiaccio, e pensiamo che sia facile perché quelli bravi fanno le acrobazie con fluidità. O pensare che diventare un campione di calcio sia facile perché basta 'calciare un pallone'. In letteratura, il Dunning Kruger ha però una tragica conseguenza: peggio uno scrive, più crede di essere bravo perché non ha proprio idea di cosa voglia dire scrivere bene. Ergo: chi scrive male, per definizione, crede di essere bravo. E a volte, crede di essere addrittura un genio. Se avessi un euro per ogni scrittore mai pubblicato che credeva di essere un genio incompreso, e che ho conosciuto… adesso sarei ricco. Altra cosa - meravigliosa, quest’ultima - è che sono proprio quelli che credono di essere dei geni a scrivere decisamente peggio della media. Viceversa invece, i più bravi sono proprio quelli che pensano - per dire - a 50 sfumature di grigio come a un libro scritto COMUNQUE meglio di come scrivono loro.
In conclusione:
Finiamola con questo qualunquismo letterario e diciamo le cose come stanno:
A) la maggior parte di chi scrive, scrive male
B) possiamo lamentarci delle case editrici quanto vogliamo, ma alla fine le case editrici sanno fare il loro mestiere. Specialmente A) nello scegliere e B) nel trasformare un manoscritto in un libro VERO, fatto bene.
C) Amazon sta lucrando sui sogni e l’ignoranza di migliaia di scrittori.
D) Amazon non rende pubblici i dati sulle vendite per mantenere in piedi l'illusione che il self publishing funziona.


Podcast mania, ecco chi guadagna di più :: Dailyonline



Che si possa guadagnare dal proprio podcast non ci sono dubbi. In Italia i numeri non sono ancora tali da giustificare grosse sponsorizzazioni, ma le forme di guadagno sono molteplici, alcune dirette (ad esempio quote d'abbonamento per accedere a contenuti inediti), altre indirette (ad esempio nel mio caso promuovo percorsi online). Nei Paesi anglosassoni, in particolare negli USA, la situazione è molto diversa ed esistono molti podcast che guadagnano fior di quattrini.




"Quanto si guadagna per un film? Ecco i prezzi di Hollywood
Quanto guadagna una stella di Hollywood? Ed un attore dalla fama media? Un emergente? È vero che un agente guadagna più di una stella e che un assistente di studio prende lo stesso stipendio di un operatore dei call center? A tutte queste curiosità ha provato a dare risposta il puntuale "The Hollywood Reporter" con un ampio reportage pubblicato. Il lavoro del magazine di cinema e spettacoli è stato quello di passare al setaccio tutti i contratti delle diverse categorie operanti ad Hollywood, dagli attori divisi in superstar, midstar d emergenti, fino ai direttori della fotografia, dai registi agli assistenti fino agli studio chief.
Come se la passa una star del calibro di Robert Downey Jr.? L'attore è riuscito a guadagnare nell'ultimo anno 75 milioni di dollari, di cui solo il 7% è arrivato da "Iron Man 3", mentre ben 12 milioni di dollari gli sono arrivati grazie ad un accordo pubblicitario con la HTC. In linea di massima, se il tuo nome è uno di quelli che sbanca il botteghino, la tua paga sarà almeno del 30% rispetto agli incassi totali del film, mentre se sei una midstar, oppure un emergente, il cachet avrà un drastico calo. Un esempio? In "The Wolf of Wall Street", Leonardo Di Caprio ha chiuso un accordo per 25 milioni di dollari più i bonus sugli incassi finali, mentre Jonah Hill, co-protagonista, ha avuto soltanto 60mila dollari. È un esempio estremo ma efficace: aspettate di vedere quanto prenderà Jonah Hill per un prossimo film.
Il discorso è lo stesso per i registi: ci sono i "big", i "mid" e gli emergenti. In verità, secondo le stime del THR la classe "mid" non esiste più. Nel senso che oggi un regista di buon nome, non un maestro, ti costa comunque tra i 3 e i 5 milioni di dollari. Sono cifre sproporzionate rispetto a quanto può chiedere un emergente: dai 100mila ai 250mila dollari. Un "master" come Ridley Scott può arrivare anche a 35 milioni di dollari.


Quanto guadagna un agente?
Alla domanda può un agente guadagnare più una stella internazionale, la risposta è: si, certo che può. Gli basta gestire anche una sola bigstar e più midstar che lavorano in un anno solare. I salari di un agente crescono a dismisura in questo caso, rispetto ad una situazione di partenza più o meno "normale": un novizio può guadagnare fino a 65.000 dollari l'anno mentre un senior agent riesce a chiudere intorno ai 200.000 dollari. Poi ci sono agenti in grado di strappare bonus e onorari che riescono ad oscillare tra i 400.000 e 900.o00 dollari l'anno. I milionari sono due: Tracey Jacobs, 9 milioni di dollari l'anno gestendo Johnny Depp, Patrick Whitesell arriva a 10 milioni di dollari l'anno gestendo solo Jennifer Aniston, Jessica Alba e Christian Bale. È dura la vita del pasha, pardon dell'agente. C'è meno fortuna per gli assistenti degli agenti, che guadagnano comunque dai 10 ai 13 dollari l'ora, lavorando quasi 7 su 7. Stress fortissimo ma a fine mese c'è un bel gruzzolo e, soprattutto, un curriculum che aumenta man mano.
Quanto guadagna una tv star?
Se sei un attore di una serie tv, e se la serie tv in questione è diventata indispensabile per la vita delle persone, allora puoi tranquillamente essere paragonato ad un sultano. L'esempio che calza a pennello è quello del cachet del cast di "The Big Bang Theory" che per rinnovare l'ultima stagione ha chiesto 1 milione di dollari ad episodio: parliamo di Jim Parsons, Johnny Galecki e Kaley Cuoco. Ashton Kutcher per "Two and a half men" guadagna 750mila dollari ad episodio, circa 34.000 dollari a minuto. Halle Berry in "Extant", nuovo show della CBS, guadagna 150mila dollari ad episodio, solo perché siamo ancora in una fase di lancio. Ma la tendenza è a raddoppiare il cachet, con il passare delle stagioni.
Dagli attori animali agli chef privati: tutti gli "altri" guadagni
Un attore animale quanto guadagna? La scimmietta Crystal, apparsa nel 2012 in un episodio di "Animal Practice", è riuscita a portarsi a casa (con la tutela del suo padrone, s'intende) ben 108mila dollari. In generale il cachet per gli animali varia sempre a seconda delle qualità: un cane o un gatto prendono circa 400 dollari al giorno e di solito riescono a portarsi a casa tra i 5000 e i 10000 dollari l'anno. Un legale specializzato in diritto dello spettacolo ha guadagni da capogiro: può prendersi fino al 30% dalle procure dei suoi clienti. Il più famoso, Skip Brittenham, guadagna 10 milioni di dollari l'anno. Quelle professionalità che ad Hollywood chiamano "Extra", dai figuranti presi sul posto fino a inserimenti dell'ultimo minuto, percepiscono un onorario di 148 dollari al giorno. Inutile dire che c'è chi campa facendo il figurante di professione, portandosi a casa circa 40.000 dollari l'anno.
Uno chief di studio ha grandi responsabilità. Deve assicurarsi che le cose vadano come devono andare, che il film stia girando, che gli attori abbiano tutto e che i tecnici non battano la fiacca. È li per conto di Dio, o meglio del produttore, e lavora a condizioni di stress elevatissime. I più bravi riescono a guadagnare anche 15 milioni di dollari ma lavorano in condizioni davvero estreme: quasi 18 ore al giorno. Da uno chief allo chef: un servizio privato di catering può costare molto. Il più pagato è Christian Paier e si porta a casa per la sua azienda oltre 200.000 dollari all'anno, lavorando sui set più importanti di Hollywood. Uno sceneggiatore di cinema guadagna da 100.000 ad un milione di dollari a sceneggiatura, mentre quelli per la tv, di solito più giovani, si portano a casa 6.000 dollari a settimana."



Le prime che mi vengono in mente, più per il titolo che non per l'immagine della copertina, sono quelle di alcuni gruppi Hair Metal degli anni 80 o anche prima:

(Ragazze, Ragazze, Ragazze)

"Leccalo tutto"

"La pistola dell'amore" (con tanto di ragazze adoranti e sottomesse ai piedi delle 4 rockstar)

Anche nel punk si possono trovare famosi esempi:
"Lascia perdere i coglioni" o "lascia perdere le cazzate"

Queste copertine sono perfettamente inquadrate nel periodo storico in cui sono uscite, erano provocatorie, a volte edonistiche e fin troppo esplicite, ma allo sesso tempo in tendenza con quello che era il portamento delle rockstar dell'epoca. Oggi verrebbero giudicate volgari nel migliore del casi, sessiste nel peggiore. E forse lo erano. E forse è proprio per questo che erano così divertenti.
Oggi pochissime case discografiche accetterebbero di pubblicare un album di grossa tiratura con dei titoli del genere. basti pensare ad Immanuel Casto, che voleva intitolare un suo album "Disco Dildo" (nome di una delle tracce al suo interno) ma fu invece costretto ad optare per il molto più innocente 

"The Pink Album"


Sì.
Sono i generi più popolari del momento tra i giovani? No.
Con un punto di riguardo al metal, diamo un'occhiata a come si è evoluto il genere nel corso degli anni:


Siamo lontani da un genere che vive di ricordi e di passato, Certo, i grandi del rock e i grandi del metal non appartengono agli anni 2000, ma sono nati prima, però ancora oggi non mancano nuove leve o nuovi generi.
Quello metal è un pubblico di nicchia che gode di un seguito fedelissimo che segue i vari generi dal vivo, sul web, su carta. Potete trovare molti festival estivi e concerti dedicati solo al metal (Hellfest, Wave Gothic Treffen, Download, Rock Am Ring, Wacken Open Air, …). In edicola, quando l'editoria su carta è massacrata, sopravvivono ancora diverse testate legate a metal e rock. In libreria il metal rappresenta il genere musicale più seguito (Tsunami Edizioni su tutte). E, cosa non da poco, il pubblico metal sostiene la scena acquistando dischi, andando ai concerti, comprano il merchandising. Un supporto non indifferente che gioca moltissimo su spirito di appartenenza e identità.
A questo punto la domanda torna: è un pubblico giovane o no?
Innegabile l'evidenza di un pubblico che privilegia la fascia 35 - 50enni, quelli che hanno vissuto i momenti di gloria del genere negli anni Ottanta e Novanta. Ma altrettanto evidente, per chi frequenta i forum e i concerti, come i giovani siano sempre presenti, sebbene in percentuale minore dei più adulti. E questa è anche la capacità di gruppi come Iron Maiden e Metallica per citare i più grandi, di trascendere le generazioni e attirare ancora i giovani.
Oggi se parliamo di giovani e musica pensiamo a hip hop, rap, trap, non certo al metal. E questi generi è innegabile come oggi la facciano da padrona Ma da qui a dire che il genere non sia più popolare, ce ne passa. E se allarghiamo il discordo al rock, ancora di più.






The Beatles: perché sono il gruppo più importante nella storia del ...



Penso che siano stati il PRIMO gruppo musicale di strumentisti del mondo pop: non un gruppo vocale come i Coasters o i Platters, non un orchestra jazz, ma un gruppo che scriveva e cantava canzoni orecchiabilissime e che entravano in testa subito… inventarono la "boy band", ma da essa si evolsero influenzando gran parte della musica successiva… da "Rubber soul" in poi i Beatles innovarono la musica pop inserendovi elementi "estranei" (il sitar usato in "Norwegian Wood") e convergendo verso l'allora sconosciuta "psichedelia" che venne adottata dai Pink Floyd… e non finì lì, i Beatles andarono avanti: "Revolver", "Sgt Pepper's Lonely Heart Club Band"(considerato dai più, non un album pop, ma L'ALBUM POP per eccellenza e che ebbe vari tentativi di risposta ("Their Satanic Majestic Request" degli Stones, "The soft Parade" dei Doors" "Simley smile" dei Beach Boys tanto per fare alcuni esempi); "White album"; "Abbey Road", album nel quale è contenuta "The end", canzone che anticipa la scena degli anni '70 (parte del progressive e soprattutto le sonorità dei primi Queen)… i Beatles sono quel gruppo pop con il quale tutti gli altri gruppi pop dovranno sempre rigorosamente confrontarsi… un po' come Marilyn Monroe per i sex-symbol, Jimi Hendrix per i chitarristi, Fausto Coppi per il ciclismo…



Sono le 20.00 del 30 ottobre 1938 e dalle stazioni radio della CBS il giovane Orson Welles legge questo comunicato: «Signore e signori, vogliate scusarci per l’interruzione del nostro programma di musica, ma ci è appena pervenuto una notizia. Alle 19:40 locali il professor Farrell dell’Osservatorio di Mount Jennings, Chicago, ha rilevato diverse esplosioni di gas incandescente sul pianeta Marte. Il gas è idrogeno e si sta muovendo verso la Terra ad enorme velocità…».
Dopo questo annuncio iniziale la musica riprende e viene interrotta più volte successivamente da altri comunicati sempre più concitati ed allarmanti. Dopo quasi un’ora di lettura viene dato il comunicato finale; un meteorite di grandi dimensioni era caduto nel New Jersey e, con dettagli sempre più drammatici e particolareggiati, trasmettendo anche urla di terrore di sottofondo, si confermava l’avvenuta invasione del nostro pianeta da parte dei Marziani.
La trasmissione scatenò il panico in buona parte degli Stati Uniti.
In realtà quello che Orson Welles aveva fatto era leggere alla radio, rendendo tutto moto verosimile, un tratto dal famoso romanzo fantascientifico La guerra dei mondi di H. G. Wells. Lo stesso Orson Welles descrisse l’effetto suscitato dalla sua trasmissione con queste parole: «Furono le dimensioni della reazione ad essere sbalorditive. 6 minuti dopo che eravamo in onda le case si svuotavano e le chiese si riempivano; la gente alzava invocazioni e si lacerava gli abiti per strada.
Cominciammo a renderci conto, mentre stavamo distruggendo il New Jersey, che avevamo sottovalutato l’estensione della vena di follia della nostra America».
Questo sensazionale debutto gli diede la celebrità e gli fece ottenere un contratto per tre film con la casa di produzione cinematografica RKO. «Per quello che abbiamo fatto sarei dovuto finire in galera, ma al contrario, sono finito a Hollywood».
Per la prima volta si intuì l’enorme potere dei mass media.