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Il videoteatro è un fenomeno teatrale nato in Italia a cavallo tra gli anni settanta e gli anni ottanta, nell'ambito della Postavanguardia, nel quale gli attori in scena interagiscono con strumenti di riproduzione di immagini in movimento, generalmente monitor o videoproiettori. Nel caso in cui le sequenze riprodotte non siano registrate ma riprese in simultanea con l'azione scenica, si utilizzano anche strumenti di cattura quali telecamere fisse o mobili.
Questo genere di sperimentazioni non si limitava solo all'utilizzo del video in scena come strumento drammaturgico, ma spesso le performance stesse divenivano oggetto di una trascrizione elettronica, generando opere autonome dallo spettacolo teatrale (videoclip, video artistici, promoclip, ecc...)
In Italia, tra le rassegne più significative dedicate al videoteatro si segnalano il POW-Progetto Opera Video-Videoteatro (poi Scenari dell'Immateriale) svolto a Narni dal 1984 (dove il fenomeno del videoteatro s'è sviluppato), il TTV di Riccione e il Festival 'O Curt di Napoli.

Storia
In Italia, a partire dalla fine degli anni settanta, si sviluppano forme teatrali sempre più distanti dalla drammaturgia e dalla parola scritta, e sempre più vicine alle tecnologie (il cinema, in primo luogo, e poi video arte, computer, videogiochi, musica elettronica).
Scrive Paolo Puppa, riferendosi a ciò che maturò in quegli anni:
«Svaporata la tensione della sperimentazione, spentisi ben presto i conati pauperistici delle cantine, riassorbite dal teatro istituzionale, e rinnovate in laboratori (…) il teatro immagine accentua le sue tecniche, perfezionandole tramite il mixage elettronico, non più meccanico ed artigianale. Irrompe la telematica che si impossessa del "corpo" del palcoscenico senza trovare più filtri ironici o ambigue resistenze. E dunque addobbo cinestetico, decorazione multimediale celebrano i loro trionfi, all’insegna dei videogames, degli spot pubblicitari, del telecomando, sollecitati da una rampante generazione cresciuta in un ulteriore scollamento tra paese e ideologia politica»

Sperimentazioni recenti
La sperimentazione che oggi nasce all'interno dei nuovi gruppi scenici (attualmente quasi tutti impegnati in operazioni video-teatrali) in realtà elabora una ricerca che ha subìto crisi, ripensamenti e contestazioni interne ed esterne. Fin dall'inizio si è trattato di sperimentatori che vedevano nello spazio del teatro (come successivamente accadrà per la comunicazione e la creatività video) il luogo ove poter riversare una cultura legata al frammento e alla citazione, all'arte della visione e alla sintesi espressiva.
La ricerca si evolve talmente tanto che il teatro delineatosi verso la fine degli anni settanta è all'insegna del tecnologico e dei media, e mira a spettacolarizzare la comunicazione. Le parole e le immagini sono un'unica dimensione, mezzi di comunicazione che "mettono in scena" le loro attrazioni-visioni, la segmentazione dello spazio scenico è abilmente sostituita dalla fiction e dallo schermo.
La frenesia e la velocità, la fiction e la simulazione, il corpo virtuale e l'immagine, sono concetti e linee espressive ricorrenti in tutto il paesaggio della Postavanguardia italiana degli anni settanta che giunge fino alle ondate delle sperimentazioni sceniche contemporanee che con consapevolezza hanno saputo ampliare il proprio percorso d'azzardo estetico fino alle dinamiche compositive del digitale e del web. La nuova spettacolarità della comunicazione interattiva e mobile.
Appropriazioni e sconfinamenti hanno via via messo in luce una varietà di punti di riferimento, tanto assidui quanto innestati grazie ad un procedere fatto di mitizzazione, citazionismo, contagio emozionale. La priorità della ricerca e della sperimentazione, in particolar modo nell'intenso bagliore degli anni ottanta fino alle totalità del XXI secolo, sembra aver conquistato spazi originariamente non suoi ed una nuovissima fenomenologia dell'entusiasmo creativo si è sviluppata soprattutto tra i livelli comunicativi più sperimentali del videoteatro digitale.
E tutto questo procedere di cinema e mass-media, media ibridati e nuove tecnologie, l'inserimento di ritrovate funzioni progettuali ed organizzative e la scelta di vigorose riscritture, sempre all'insegna del frammento e della contaminazione, sembra essere solo l'inizio di un qualcosa di veramente sensazionale da un punto di vista strettamente spettacolare, di avanzamento tecnologico e di ritrovata prospettiva teorica. Con le sperimentazioni presenti nel videoteatro digitale abbiamo la definitiva scomparsa del teatro documentato o semplicemente filmato, e il realizzarsi di un assieme di tecnica e creatività, plasticità delle visioni e priorità del corpo, flussi elettronici e gestualità pura, racconto naturale e re-invenzione del linguaggio scenico.


Risultati immagini per Ecco perché dovreste imparare a suonare uno strumento




Imparate a suonare uno strumento musicale. Fatelo e basta. Non è necessario che siate dei fenomeni o che ne facciate una professione, ma fidatevi di me, sarete felici di averlo fatto.
Suonare uno strumento musicale vi garantisce un numero praticamente infinito di benefici. Vi rende più intelligenti, per dirne una. Sì, avete capito bene. Imparare a suonare uno strumento è difficle, ed è stato ufficialmente dimostrato che aumenta sia la capacità di memorizzare informazioni che l'abilità di concentrazione. Non è nemmeno una cosa temporanea; alcuni studi suggeriscono che abbia effetti benefici a lungo termine, anche quando lo strumento sarà coperto da anni di polvere.
È anche un ottimo modo per migliorare le vostre capacità motorie, fa benissimo alle orecchie e migliora le vostre capacità cognitive. Pare che aiuti anche con la matematica, anche se non imparerete mai a leggere uno spartito. D’altro canto imparare a leggere e scrivere le note vi aiuterà anche a leggere e scrivere in generale. Non è necessario che vi fidiate della mia parola, ci sono innumerevoli studi e moltissime ricerche che a supporto di questa ovvietà. Fondamentalmente, è un ottimo allenamento a tutto campo per il vostro Gulliver, una sorta di puzzle che stimola in cervello ma che non si può risolvere senza mani e (a volte) piedi.
Imparare a suonare uno strumento vi darà soddisfazioni anche sul posto di lavoro, migliorerà le vostre capacità organizzative e vi farà ottimizzare i tempi. Ci vuole tempo per imparare a suonare uno strumento, quindi dovreste sforzarvi per trovare dei momenti da dedicare all’esercizio ma va considerata anche la soddisfazione che si ricava dal raggiungimento degli obiettivi. La perseveranza è una grande qualità nella vita e verrete senz’altro ripagati se decidete di prendere in mano una chitarra, anche con obiettivi modesti, compatibilmente con quanto vorrete diventare esperti. Entrando in una band (cosa che tutti dovrebbero provare a fare, prima o poi) riceverete qualche bella lezioni sul lavoro di squadra, le capacità comunicative, la gestione della propria personalità e, di nuovo, la tenacia e la perseveranza. Tutte queste cose vi daranno una grossa mano sia nel lavoro sia nella vita privata.
Se siete genitori, date uno strumento a vostro figlio: lo renderà un adulto più responsabile. Prendersi cura di un set di batterie o di un clarinetto richiede tempo e attenzione per i dettagli. Tra l’altro, se lasciate che sia vostro figlio a scegliere il suo strumento sarà più incentivato ad apprendere quale sia il modo corretto di prendersene cura. Probabilmente uno strumento renderà vostro figlio più abile a relazionarsi con gli altri, forse si unirà ad un gruppo della sua scuola, oppure ne formerà uno direttamente nel vostro garage.
Ovviamente c’è sempre qualche segaiolo della chitarra che rinchiude come una talpa nella sua cameretta a studiare per ore ed ore le tablature dei Rush, ma lasciatelo suonare e potreste sorprendervi quando questo recluso pseudo-Geddy Lee Jr. alla fine formerà una tribute band dei Rush. (“The Temples of Syrinx” sarebbe un gran nome per questa band.) Ma fidatevi di me su questo punto—incoraggiare vostro figlio a suonare uno strumento ad un certo punto gli sarà senz’altro di beneficio anche nelle relazioni, se non proprio immediatamente. L’ho visto succedere più e più volte—c’è un legame sociale tra musicisti, smanettoni e collezionisti che è piuttosto speciale. Il senso di realizzazione e raggiungimento di un obiettivo è ottimo anche per i ragazzi, specialmente quelli che hanno problemi di autostima.
Ci sono molte altre cose per le quali imparare a suonare uno strumento può aiutare, come migliorare il sistema respiratorio, sconfiggere la paura del palcoscenico, alleviare lo stress e bla bla bla. Potremmo scrivere dieci pagine di benefici, se ne avessimo voglia. Ma veniamo al dunque: che tu sia un maschietto o una femminuccia, saper suonare uno strumento ti aiuterà a piacere ad altri maschietti e femminucce in quel modo speciale. È una cosa dimostrata.
Deve ancora succedere che un musicista, professionista o aspirante tale, riscontri maggiori difficoltà nel rimediare un appuntamento dopo aver spaccato sul palcoscenico. C’è qualcosa di intrinsecamente affascinante nell’avere in mano un basso o una chitarra, o anche nello stare seduti dietro i pezzi di una batteria e nel suonare col cuore. Questa è la parte davvero figa: quello che suoni non ha nemmeno importanza. Se uno strumento musicale esiste, stai pur certo che là fuori c’è la sua groupie adorante che ti aspetta. Se questa è la tua motivazione, direi che gli strumenti classici da rock band potrebbero funzionare meglio dell’oboe, per dirne uno, ma sono anche pronto a scommettere che il primo oboista della Filarmonica di New York non abbia grandi problemi a rimediare un appuntamento.
Non è troppo tardi, ragazzi. Questo consiglio non vale solo per i giovani. Infatti imparare a suonare ad età più avanzate può solo essere più vantaggioso, dal momento che può aiutare a recuperare alcune delle capacità summenzionate che potrebbero essere andate perdute negli anni.
Io stesso ho formato il mio primo gruppo all’età di 38 anni. Siamo tutti dei vecchietti, uomini sposati che si riuniscono una volta al mese per bere un po’ di birra e suonare cover di brani famosi nel mio seminterrato. Ci capita di esibirci nei bar e nei festival nelle vicinanze, circa tre volte all’anno. E sapete cosa c’è? È la cosa migliore che io abbia mai fatto e uno dei momenti più eccitanti della mia vita da adulto.


Risultato immagini per Arte generativa



Il termine Arte generativa si riferisce al concetto di “Arte che genera arte” dove, l'opera artistica, è il prodotto di un sistema autonomo in grado di determinare le caratteristiche (forme, suoni, colori, ecc.) di un'opera che altrimenti richiederebbero decisioni prese direttamente dall'artista.
In alcuni casi, l'artista uomo, può concepire che l'opera finita sia rappresentativa della sua idea artistica, in altri casi è il sistema autonomo ad assumere totalmente il ruolo di creatore. Opere d'Arte generativa possono essere create attraverso sistemi meccanici, robotici, informatici, chimici, di randomizzazione ed altro.
-nel campo digitale- l'Arte generativa muove i primi passi a partire dagli anni ottanta e nasce da una limitata interazione fra uomo e macchina data dall'uso di software-idea (generativo) o dall'impiego di formule matematiche che consentono la realizzazione di opere d'arte, visuali, architettoniche, letterarie o musicali, partendo da un'idea che non sia esclusivamente quella umana.
Grazie a questi programmi è possibile creare da forme semplici, strutture sempre più complesse e diverse consacrandole come uniche nella sfera dell'individualità. Una raccolta di articoli e lavori di Arte Generativa è nel sito www.generativeart.com, sito del convegno - festival annuale di Arte Generativa.
In questa direzione opera il celebre Ward Adrian, autore di software generativi di elevata qualità come dimostra la sua opera intitolata Signwave Autoillustrator, un software semi-autonomo che ha lo scopo di creare disegni di grafica vettoriale.
Sempre nel campo della grafica e del design stampato ed elettronico, opera anche il gruppo svizzero dei Buro Destruct.
Questo gruppo dopo aver esaminato il design elvetico degli anni sessanta, ne ha estrapolate le regole fondamentali codificandole in BDD ossia un software (per entrambe le piattaforme macOS e Microsoft Windows) che crea combinazioni di forme sempre nuove e distinte adatte per essere usate come loghi e pattern in coerenti ed organiche combinazioni cromatiche.
L'azione del gruppo svizzero risulta molto interessante se considerato il processo di codificazione in formule di uno stile riconosciuto storicamente, creando una serie di regole di riproduzione concettuale.
Invece verso la creazione collaborativa si sposta l'attenzione della ricercatrice Elisa Giaccardi che prendendo spunto dal progetto Generatore Poietico di Olivier Auber, utilizza il web come luogo di incontro fra utenti che sperimentano la creazione di un'immagine collettiva attraverso la rete. Anche un gruppo di ricercatori del Politecnico di Milano capitanati dal Prof. Celestino Soddu, implementano e sperimentano le potenzialità dei software generativi. I primi software generativi di C. Soddu che generano modelli tridimensionali di città medievali Italiane sempre diverse sono del 1987.
Secondo Soddu l'idea-processo genera una dilatazione sorprendente ed infinita della creatività attraverso espressioni plurime e aperte dell'idea generante stessa.
Il progetto generativo portato avanti dal Politecnico di Milano, nasce dalla volontà di indagare ed ampliare i campi della creatività umana non conseguibili ai giorni nostri senza l'utilizzo di strumenti informatici.
In questa chiave si attua un processo a catena in cui l'arte viene espressa dalla creazione del generatore, dalle creazioni fatte dal generatore stesso e dalle opere che quelle creazioni possono far nascere tenendo sempre presente che l'idea è processo.

Lavori
Pietro Grossi, il pioniere della computer music, dal 1986 produce computer grafica, scrivendo programmi che generano processi autonomi, che creano immagini sullo schermo, assolutamente imprevedibili e irrepetibili, elaborando il concetto di HomeArt “arte creata da e per se stessi, estemporanea effimera, oltre la sfera del giudizio altrui”.
Goldberg's Variations è un esempio di arte auto-generativa. Il software autom@tedVisualMusiC,[1] creato da Sergio Maltagliati compositore, programmatore e artista italiano, attivo nel campo dell'arte digitale e computer music, genera, partendo da una semplice cellula, molteplici e complesse variazioni musicali e visive. Le immagini, create in relazione a precise corrispondenze suono/segno/colore, seguono il mutare delle note e sono visualizzate attraverso il programma autom@tedVisualMusiC. Il codice di programmazione viene scritto sulla base e sulle esperienze dei programmi realizzati da Pietro Grossi negli anni '80 nel linguaggio BBC Basic con computer Acorn Archimedes, una programmazione solo apparentemente senza logica, affidata ad una casualità, che pone l'artista in una situazione di controllare i processi creativi nella misura desiderata. Il risultato ottenuto è un programma automatico e generativo che, partendo da una semplice sequenza sonoro-visuale, genera innumerevoli e infinite variazioni, dove anche l'ascoltatore-fruitore ha un ruolo predominante: la superficie dell'immagine genera dei campioni differenti di colore e di musica, facendo scorrere liberamente il mouse sulle immagini.


Risultato immagini per Artbook


Un artbook, o art book, è una raccolta di immagini e disegni, realizzati anche con l'ausilio della computer grafica.
Tale raccolta è generalmente rilegata in forma di libro, le cui pagine possono essere di carta semplice, plastificata, o pergamena.
Gli artbook hanno generalmente come oggetto un unico tema: possono raccogliere fotografie, immagini di film e serie televisive, o disegni d'artista.
Gli artbook stanno acquistando popolarità in special modo nel campo di anime e manga: molti mangaka, infatti, realizzano artbook per aumentare la popolarità delle proprie opere e creare raccolte di disegni da collezione per i fan.




Non credo esiste un simile blocco. È un mito. La scrittura è come un muscolo. Quello che tu definisci blocco è come quando porti qualcuno in palestra dopo qualche anno di sedentarietà. Si blocca perché non aveva fatto attività fisica.
Idem la scrittura. Il libro non si materializza così all’improvviso. Quando dico a qualcuno che ci vogliono 4–5 anni tra ricerca e scrittura mi guarda male. Certo, esistono scrittori che pubblicano libri in 2–3 mesi. Ma tutti questi libri sono simili tra di loro. Dopo le prime 10 pagine capisci che se lo butti via non cambia la tua vita.
Stephen King parla di questo muscolo di scrittura nel suo libro autobiografico sulla scrittura. Il blocco è dovuto all’inattività e per superalo basterebbe trasformare la scrittura in abitudine. Un grave incidente auto gli proibì di scrivere per mesi. Altrettanti mesi ci vollero per farlo rientrare in pista.
Non puoi vincere una maratona senza allenamento. Perché ti blocchi da qualche parte nel percorso . Uguale per la scrittura. Scrivere non è difficile, ma farlo quotidianamente, questo è un problema.
È più una questione legata all’autodisciplina. Procrastinare è sempre la parte più facile.
Lo sappiamo tutti.





Risultati immagini per Attenzione alla Gang Of Ducks


Cosa sappiamo di G.O.D.? Cioè non nel senso propriamente di Dio, che di lui non ne sappiamo parecchio, se non che tramite il Santo Padre sloggia il demonio da giovani anime in pena. Nel senso di Gang Of Ducks, un nome-acronimo-collettivo che ultimamente si è fatto notare per un paio di video e collaborazioni.
Non si sa come, cosa o chi, ma è uscito sotto l'egida di Gang Of Ducks l'EP Throughways di Shape Worship che i G.O.D. hanno subito rimaneggiato tutto con la collaborazione di Dave Saved.
Stessa cosa che avevano fatto, con Vaghe Stelle, al White Wall EP di Traag
Ognuna di queste uscite è accompagnata da video surreali di questo genere. Insomma, essendo che non vogliono farci capire un'ostia di quello che fanno, non ho mai creduto che mi avrebbero dato risposte serie alle mie serissime domande. Però in fondo mi hanno anche sorpresa.
Ciao Gang Of Ducks.
Gang Of Ducks:
Ciao ragazzi.
Siete un'entità che non desidera essere definita o volete darmi qualche indicazione su quanti siete, da dove venite, di che materiale siete composti, se contenete allergeni o derivati del latte?Non sappiamo come hai fatto a indovinare, ma siamo un'entità derivata dal latte.
Come mai Gang Of Ducks quando il gioco di parole sul vostro nome potevate farlo con qualsiasi parola con la D, per esempio datteri, duroni, dialetto, drenante. C'è un significato particolare?
In realtà proprio perché ci sentiamo un branco di papere. Siamo caotici, starnazziamo in continuazione e migriamo da un paese all'altro. L'acronimo G.O.D. in realtà non è voluto. In ogni caso gang of datteri ce la teniamo nel cassetto, magari per qualche progetto parallelo.
Quindi non siete consapevoli del fatto che il vostro acronimo in inglese significa Dio? Mi pareva di aver capito che foste un gruppo a fondo religioso come i P.O.D.
Sì, come dicevamo prima l'acronimo è stato un caso ma abbiamo poi cominciato a giocarci su. Questa cosa tra l'altro rappresenta un po' l'animo del nostro progetto, il farsi guidare dalla casualità, dagli incontri, dagli avvenimenti e provare a cavalcarli al meglio.
Detto ciò, siamo sicuramente affascinati dalle simbologie sacre di vari culti, tanto che le copertine dei dischi della label prendono ispirazione da un'antica cultura religiosa. Anche il fatto di non esistere come persone reali, ma solo come anime vaganti nel web, ci rende più liberi a livello creativo, abbandonando il proprio ego a favore di un disegno più ampio. Ma poi chi cazzo sono i P.O.D.?
Ma come chi sono!? Sono la gioventù della nazione! Ma non parliamo di loro, parliamo di voi: come vi siete imbattuti negli individui con cui avete collaborato (Vaghe Stelle /Dave Saved)? Li avete quindi incontrati in chiesa?
...in un viaggio astrale, in un sogno abbiamo preso la stessa onda.
Mi è tutto molto chiaro. Dato che girate i videoclip con le telecamere a circuito chiuso del Leroy Merlin, volete raccontarmi se c'è una particolare idea comunicativa/creativa riguardo al vostro progetto?
In tempi in cui la ricerca della perfezione sembra essere la maggior aspirazione noi vorremmo dare un senso all'imperfezione. Le VHS, con la loro pessima definizione e i loro intoppi, ci permettono di trasmettere questo concetto anche se non vogliamo che questo stile diventi il nostro marchio di fabbrica, anzi, ci stiamo già muovendo per trovare altri mezzi.
Parlatemi delle uscite passate/presenti/future.
A chi ce lo chiede di solito rispondiamo vai su www.gangofducks.com. Ma vogliamo comunque annunciarti qualcosa: a breve usciranno BanDito, una collana handmade in argento creata in collaborazione con holy-crap.org, e delle stampe in xilografia (la stessa tecnica che usiamo per le cover dei dischi) fatte da alcuni artisti con cui collaboriamo, satelliti di Gang Of Ducks. Tutto questo in parallelo all'attività discografica, che includerà, oltre alle uscite già in programma, produzioni video e showcase live.
Un'altra informazione che circola su di voi è che siate da qualche parte tra Torino e Berlino. Norimberga? No dai, seriamente, la domanda che volevo farvi è: parlatemi del senso di produrre musica da Berlino, ci sono parecchi artisti (sto pensando ad alcuni ragazzi che fanno Techno tipo Dadub, Grün e altri giovani baldi che stanno di base a Berlino) ed altri che conosco che vanno a registrare i propri dischi a Berlino, come, per dire un nome, i Niagara. La situazione qui è così irrecuperabile?
No, ma è lo stesso concetto della sindrome di Norimberga. Se sei troppo condizionato dai pregiudizi e dalle idee che ti circondano non riesci a valutare la realtà per quello che è, ed ad avere un giudizio obiettivo. Non crediamo che sia un discorso di irrecuperabilità, quanto di necessità di ricevere stimoli da altre realtà. L'assenza di spostamento e cambiamento può portare ad assenza di stimoli in qualsiasi luogo ci si trovi troppo a lungo. Per quanto ci riguarda non staremmo bene a Torino senza Berlino e non staremmo bene a Berlino senza Torino.
Avete in programma altre collaborazioni/remix?
www.gangofducks.com

Molto eloquenti, grazie.
Grazie a te.



Risultato immagini per Arte biodegradabile



L’arte effimera biodegradabile, nasce a Milano nel 1970 ad opera dell'artista siciliano Filippo Panseca, critici di questo nuovo movimento artistico sono Pierre Restany e Guido Ballo. Panseca realizza provocatoriamente delle opere profumate con essenze vegetali, di pino, alghe marine, a rapidissima alterazione, realizzate con plastica fotodegradabile che gli proviene dalla Bio-Degradable Plastics, Inc. di Boise, Idaho (USA).

Opere
Le opere vengono esposte in Italia a Milano presso la Galleria del Naviglio, a Parigi alla Galleria Lara Vincy, a New York presso Leo Castelli.
  • Nel febbraio 1973 la rivista Domus pubblica la copertina del Monumento Effimero alle Religioni, consistente in una sfera rossa biodegradabile di m 30 da realizzare nella piazza San Pietro di Roma in sostituzione dell'obelisco.
Lo stesso progetto viene pubblicato dal N° 1 del nuovo quotidiano la Repubblica. I “Monumenti fotodegracabili di Filippo Panseca” vengono definiti da Tommaso trini “enormi sfere da costruire con polimeri fotodegradabili che potrebbero diventare i monumenti a perdere di domani”. La rivista Design di New York dedica a firma del suo direttore Jan Roger Guilfoile ampio spazio e foto all'evento artistico con numerose immagini dei progetti.
  • La galleria del Naviglio di Milano nel 1974 pubblica il progetto per un monumento biodegradabile in 90 giorni alla Biennale di Venezia, e successivamente apre una sottoscrizione per la realizzazione di un monumento biodegradabile da realizzare a Milano nel 1975.
  • Nel 1975 con il critico d'arte Pierre Restany, trasmette dalla Rank Xerox di Milano via Satellite negli USA il progetto per un monumento all'Arte in sostituzione della Statua della Libertà di New York.
  • Nel 1981 esegue presso il cortile dell'Accademia di Brera nella mano del Napoleone di Canova l'installazione di una Vittoria Alata effimera, biodegradabile in 30 giorni. I progetti con prefazione di Pierre Restany vengono esposti alla Galleria Apollinaire di Guido Le Noci in via Brera.
  • Nel 1982 invitato alla Biennale di Venezia espone due progetti ed una sfera biodegradabile in 60 giorni.