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Norman Granz (Los Angeles, 6 agosto 1918 – Ginevra, 22 novembre 2001) è stato un produttore discografico e imprenditore statunitense noto per aver creato la casa discografica Verve Records.
Nato in una famiglia di immigrati ebrei ucraini, pur non essendo un musicista divenne una delle figure fondamentali della musica moderna, in particolare della musica jazz americana sviluppatasi a cavallo fra gli anni cinquanta e sessanta.

Il coraggio del jazz

Da giovane fu un impiegato della Metro-Goldwyn-Mayer, ma ben presto l'attrazione esercitata dal genere musicale allora più oscuro, lo assorbì completamente. Il 2 luglio 1944 organizzò un concerto memorabile a Los Angeles, al Philharmonic Auditorium, evento chiamato "Jazz at the Philharmonic" o "JATP". Il concerto fu registrato e l'incisione fu il primo disco di jazz destinato al grande pubblico ad avere successo sul mercato principale della discografia; per di più, era la prima jam session a scalarne le classifiche. Era anche forse la prima rappresentazione jazzistica in un auditorium classico, la prima strappata ammissione di valore musicale autonomo per questo genere, sino ad allora relegato a ruoli di sottofondo o di accompagnamento di corredo ad altre arti.
Fino a JATP, anche il mercato ammetteva soltanto le ultime scintille dello swing, ormai in rapido declino, ed il jazz godeva di una contrastante considerazione: idolatrato da alcuni, che vi vedevano segnali di avanguardia, tacciato di cacofonia da altri, che non lo comprendevano. Ma fu il grande lancio di Granz nel mondo della produzione, ed in ogni caso un grande concerto.
I musicisti che vi suonarono, Ray Brown, Coleman Hawkins, Charlie Parker ("The Bird"), Sonny Criss, Nat King Cole (come pianista, non come cantante), Hank Jones, Shelley Mann, Fats Navarro, Flip Phillips e Tommy Turk, fecero poi insieme un paio di tournée l'anno, dal 1946 al 1949, ma il successo di JATP sarebbe continuato anche in seguito, con esibizioni fino al 1957, più uno special event nel 1967.
Come per molte figure di questa importanza, anche su Granz cominciarono a circolare aneddoti e leggende. Di JATP si racconta che Granz avrebbe ideato un titolo molto più lungo, ma che questo sarebbe stato accorciato d'arbitrio dal tipografo che ne avrebbe stampato la cartellonistica; secondo un'altra nota diceria, tutto l'investimento del produttore sarebbero stati 200 dollari prestati.

Questioni di etichetta

Granz firmò un accordo con Mercury Records per la promozione e la distribuzione del JATP e di altri dischi. Questo accordo venne a scadenza nel 1953 e Granz creò la sua prima etichetta indipendente (Clef Records) con la quale voleva sviluppare e seguire il progetto di JATP. Creò anche la Norgran Records e la Down Home Records, riservate al jazz tradizionale.
La maggior parte dei nomi che hanno fatto la storia nel jazz del periodo hanno firmato un contratto almeno breve, almeno una volta, con una delle sue etichette, compresi, ma non solo, Cannonball Adderley, Louis Armstrong, Count Basie, Bud Powell, Louie Bellson, Benny Carter, Buck Clayton, Buddy DeFranco, Tal Farlow, Stan Getz, Dizzy Gillespie, Lionel Hampton, Roy Eldridge, Billie Holiday, Illinois Jacquet, Barney Kessel, Gene Krupa, Howard McGhee, Thelonious Monk, Gerry Mulligan, Charlie Parker, Joe Pass, Oscar Peterson, Flip Phillips, Bud Powell, Sonny Stitt, Nina Simone, Ben Webster e Lester Young.
Fu nel 1956 che Ella Fitzgerald, già celeberrima, raggiunse finalmente "la Comunità" di Granz, dopo che il suo contratto di lunga durata con Decca Records era spirato, e Granz, progettando di dedicarle grande e impegnativa attenzione, riunì le sue attività sotto l'etichetta comune di Verve Records.
La serie memorabile di "songbooks" (i più importanti dei quali sono quelli dedicati a George Gershwin ed a Cole Porter), insieme alla serie dei "duetti" (fra i quali Armstrong-Peterson, Fitzgerald-Basie, Fitzgerald-Pass e Getz-Peterson) raccolse una popolarità assai vasta e portò un discreto successo anche economico all'etichetta ed agli artisti. Furono anche fra i primi prodotti ad accendere un certo divismo jazzistico presso il pubblico: "Ella and Louis" (agosto 1956, Capitol Studios, Los Angeles), disco di duetti fra la Fitzgerald ed Armstrong (con Oscar Peterson, Herb Ellis, Ray Brown e Buddy Rich), inciso insieme ad un meno noto "Ella & Louis For Lovers", praticamente dovette a grande richiesta essere seguito l'anno successivo dal doppio LP "Ella and Louis again" (luglio-agosto 1957, Hollywood - stessa formazione ma Louie Bellson al posto di Buddy Rich).
Verve fu venduta nel 1960 alla Metro-Goldwyn-Mayer (che nel 1972 l'avrebbe poi ceduta alla PolyGram) e Granz si ritirò in Svizzerà, dove fondò la sua ultima etichetta (Pablo Records) nel 1973 e dove nel 2001 morì per cancro.

Melomani e melanina

La figura di Granz è richiamata anche per altri aspetti della sua mentalità. Ebbe una posizione fortemente antirazzista e combatté battaglie per i suoi artisti (molti dei quali erano neri, forse la maggioranza), in tempi ed in luoghi in cui il colore della pelle era causa di discriminazione.
Nel 1956 a Houston, Texas, tolse personalmente le etichette "bianchi" e "negri" destinate a separare il pubblico dell'auditorium in cui si sarebbero dovuti esibire, fra gli altri, la Fitzgerald e Gillespie; nell'intervallo, la polizia locale irruppe nei camerini, trovando gli artisti che giocavano a carte, li arrestò per gioco d'azzardo e solo dopo una lunga trattativa Granz ottenne che lo spettacolo potesse riprendere.
Oscar Peterson raccontò che una volta Granz intimò ad un tassinaro bianco di prendere a bordo del suo taxi i suoi artisti neri come normali passeggeri, e non si arrese neanche quando un poliziotto, chiamato dal vetturino, prese a puntargli una pistola carica in pancia. Ebbe alla fine ragione dell'autista di piazza.
Granz fu anche fra i primi datori di lavoro americani a garantire uguale salario ai lavoratori di colore, rispetto ai bianchi, oltre ad uguali trattamenti accessori, come ad esempio i camerini.
Adorato dai suoi artisti, dichiarò di essersi posto tre scopi nella vita: lottare contro il razzismo, dare agli ascoltatori buoni prodotti musicali, guadagnare solo da buona musica.


Risultati immagini per Attore, performer, regista e coreografo per caso, ma non a caso nella 1437-ORS.



Collaborano con la 1437 United Artist alcuni artisti dalla anomala formazione iniziata in alcuni casi come attori, le cui componenti fondamentali della loro poetica, il loro modo di lavorare, di costruire spettacoli, il loro essere coreografi e danzatori per caso e non per vocazione.
Artisti dai molti talenti – sono attori, performer, registi e infine, volente o nolente, coreografi – appartengono come il sottoscritto alla generazione dei quarantenni. Coreografi per caso forse, come vedremo, ma certo non a caso, data l’intensità delle componenti essenziali delle loro coreografie – spazio, tempo, ritmo, ripetizione – che si concentrano nelle loro creazioni.
Anche perché la danza contemporanea oggi è un “contenitore” dove finiscono anche molti lavori che sono non tanto “indefinibili” quanto piuttosto lavori che non appartengono a nessun format in particolare perché possono appartenere un pò a tutti.
“Quando conosciamo un gruppo nuovo, di danzatori o di collaboratori, ci teniamo molto a precisare quali sono le nostre competenze, quale è il nostro background. Nessuno della 1437 United Artist si firma mai come coreografo, non nel senso che non ci sentiamo all’altezza… ma perché siamo sempre molto chiari, con chi lavora con Noi, rispetto a quello che siamo, a quello che ci piace fare, a quello che ci piace vedere. Ed abbiamo un nostro linguaggio, rispetto alle cose che facciamo, che comunque, all’inizio, sono sempre “nuove”: i nostri programmi di sala son molto semplici. Ci piace anche considerarci un pò naïf: sia quando lavoriamo con dei danzatori contemporanei sia quando lavoriamo, per esempio, con dei giocolieri: neanche quello è un contesto al quale apparteniamo, assolutamente… Perciò cerchiamo sempre di chiedere alle persone innanzitutto se hanno voglia di lavorare con Noi. E se hanno voglia di mettersi in viaggio assieme a persone che devono imparare tutto del loro mondo, per dare una propria versione, alla fine. Cerchiamo sempre di essere molto “nudi” rispetto alla maniera di lavorare di fronte alla quale ci poniamo. Poi magari questa è anche una maniera di mettere le mani avanti, non sappiamo… ”.
“Per fare un esempio molto chiaro di quello che intendiamo: diciamo sempre con chiarezza “ragazzi, alla fine della nostra settimana di lavoro non faremo un casting: direte voi se avrete voglia di continuare questo percorso con Noi… sappiamo che siete dei grandi artisti, che avete un'esperienza incredibile, quindi per Noi siete già dentro al progetto”. Del resto abbiamo carta bianca, possiamo prendere chi vogliamo… Alla fine della prima settimana ci confrontiamo e loro in maniera autonoma decidono chi vuole continuare, chi ha trovato piacere a fare questa esperienza con Noi. Perché per la 1437 United Artist è molto importante che le persone abbiano voglia di lavorare con Noi. Le nostre son quasi sempre azioni ripetitive che portano, apparentemente, quasi a uno sfinimento, fisico e mentale. Quindi se il performer dentro queste azioni non trova il piacere per Noi non ha nessun senso”.
Cerchiamo sempre di andare a scavare, anche da un punto di vista psicologico, la relazione fra Noi e i performer con i quali lavoriamo. Alla base c’è un incontro che dura settimane, durante le quali, attraverso il racconto delle proprie esperienze, professionali ma anche a volte personali, si cerca di costruire, insieme, un gruppo. Non c’è mai una drammaturgia scritta. Quello che cerchiamo di rivelare sul palco sono gli esseri umani. Che hanno un nome e un cognome”.
“Sebbene molti di coloro con cui collaboriamo facciano fatica ancora a definirsi coreografi, mi piace però molto la definizione del sito italiano di wikipedia che dice che la danza è un’arte performativa che si basa sul movimento del corpo umano e che questo movimento del corpo umano è organizzato in un sistema, che può essere strutturato e/o improvvisato, che si chiama coreografia. Quello che facciamo è esattamente questo. Il nostro lavoro è quello di organizzare lo spazio e il tempo.
I nostri spettacoli sono fortemente strutturati: facciamo ore e ore di allenamento. Per prevedere tutto quello che può accadere. Ma ci piace sempre che i performer conservino comunque un margine di improvvisazione all’interno delle strutture che diamo, perché in questa maniera sono impegnati ad essere vigili, presenti, sempre a contatto con quello che può accadere, in qualsiasi momento. Vivi.
E se i performer sono vivi Noi siamo vivi con loro.”
Lo sappiamo che tutti ci tengono a dire che hanno fatto questo mestiere per caso, ma almeno per molti che collaborano con Noi è stato proprio così. Tutto quel che hanno imparato lo hanno imparato facendolo. Lavorando. Se chiedete ai nostri collaboratori se fin da bambini volevano fare questo mestiere, molti vi risponderanno di no. Erano affascinati, certo: super affascinati dai telefilm tipo Saranno famosi. Ma vivevano in provincia, non osavano neanche pensare… Il loro è stato un approccio assolutamente anti-intellettualistico: sono cresciuti a telefilm e cartoni animati…
“La 1437 United Artist è il classico esempio di quelli che non hanno proprio nessun tipo di raccomandazione né di conoscenza. Per questo, ci sentiamo molto fortunati. Anzi: siamo ancora un pò esterrefatti.
“Non siamo dei UFO… ma effettivamente ci dispiace che di fatto stiamo un pò sparendo, dall’Italia. Le cose stanno andando molto bene e ormai solo il dieci per cento del nostro lavoro si svolge in Italia. Qui non siamo ancora riusciti a bucare le stagioni, i luoghi ufficiali…
Ci sono tanti collaboratori con i quali torniamo a lavorare, naturalmente. Ma per la 1437 United Artist è importante che un musicista, un performer, un light designer si senta libero di lavorare con chi vuole. Che non senta la responsabilità di una continuità. Perché non la vogliamo sentire neanche Noi. Si è creata però questa “famiglia allargata” per cui un giorno stiamo tutti insieme, altre volte giriamo da soli ognuno per i fatti propri, altre volte siamo con un gruppo di giocolieri, altre volte ancora con un gruppo di non vedenti. Ci si ritrova, periodicamente. Abbiamo veramente bisogno di sentire che c’è un rapporto di fiducia profondo ma anche un senso di libertà molto grande.
Non abbiamo mai fatto domanda al Ministero perché non abbiamo voglia di restare incastrati in questo sistema delle date dovute, dei borderò… Ogni volta che abbiamo un progetto nuovo iniziamo a bussare alla porta dei coproduttori in tutta Europa.
“… Anche se in realtà è tutto molto organizzato, molto preparato… Non c’è il fascino della vita di strada, se dobbiamo dirla tutta… , non è così esotico. Abbiamo un nucleo fisso di collaboratori ma cerchiamo di mantenere tutto molto leggero. Non abbiamo neppure un magazzino”.
“Per ora. Non viviamo neanche tutti nella stessa città”.










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Il musicista è una persona che svolge e ha talento per una determinata attività in musica, inerente alla creazione o all'esecuzione di composizioni strumentali, vocali, corali.
I musicisti si possono classificare in base alla loro principale attività musicale: compositore, direttore (d'orchestra, di coro), strumentista, cantante, didatta.
  • Il compositore crea la musica. L'arrangiatore modifica una composizione secondo le esigenze dell'organico esecutivo, talvolta mutandone lo stile musicale originale.
  • Il direttore d'orchestra, seguendo una partitura, coordina artisticamente gli elementi di un'orchestra attraverso le prove di concertazione e ne dirige l'esecuzione musicale.
  • Il direttore di coro prepara i cantori all'esecuzione della propria parte attraverso le "prove d'istruzione", li coordina artisticamente nelle "prove di concertazione" e ne dirige l'esecuzione musicale.
  • Lo strumentista suona uno strumento musicale.
  • Il cantante impiega la propria voce nell'esecuzione del brano musicale.
  • Il didatta si occupa della formazione musicale.
È consuetudine che tali professionalità non siano mai univoche, poiché lo studio della musica abbraccia contemporaneamente diverse specializzazioni (compositore-direttore; strumentista-didatta; cantante-direttore di coro, ecc.).

Storia

Musicisti medievali

Nel Medioevo i musicisti strumentali erano deputati prettamente all'improvvisazione con ensemble interni o strumenti rumorosi negli ambienti esterni. Molti musicisti europei di questo tempo servivano la Chiesa cattolica romana, provvedendo alla scrittura di canti gregoriani e messe per i testi sacri. Tra i maggiori musicisti di questo tempo vi sono Philippe de Vitry, Guillaume Dufay, Guillaume de Machaut e Ildegarda di Bingen.

Musicisti rinascimentali

Nel Rinascimento i musicisti hanno prodotto musica per le messe nelle Chiese e anche a cappella, in riferimento proprio alle piccole cappelle. I brani vocali erano in lingua latina, la lingua ecclesiastica del tempo, in genere polifoniche ossia costituiti da diverse melodie simultanee. Tuttavia, verso la fine del XVI secolo, il mecenatismo ha diviso i musicisti in diverse aree di collocazione: musicisti cattolici, musicisti protestanti, corti reali, ricchi dilettanti, musica scritta e altre. Tra i maggiori esponenti di questo periodi vi sono Giovanni Gabrieli, Thomas Tallis e Claudio Monteverdi.

Musicisti barocchi

Durante il Barocco venne introdotte importanti innovazioni stilistiche e tecniche rappresentate dall'utilizzo del contrappunto e del virtuosismo. La componente vocale e strumentale divenne più importanti rispetto agli stili musicali delle epoche precedenti per sottolineare maggiormente il volume, la consistenza ed il ritmo di ogni brano musicale. Tra i musicisti degni di nota del periodo barocco si ricordano in particolare George Frideric Handel, Johann Sebastian Bach e Antonio Vivaldi.

Musicisti classici

Nell'ambito della musica classica sono emersi musicisti appartenenti a diverse epoche ma comunque soprattutto alla classe media emergente, alla borghesia nell'epoca dell'assolutismo monarchico. Gran parte di questi musicisti comprende un arco temporale di transizione che si accavalla tra le diverse epoche storiche; generalmente si fa ricorso al termine classicismo per indicare i musicisti vissuti nella stagione creativa dalla seconda metà del Settecento. Tra questi Wolfgang Amadeus Mozart e Franz Joseph Haydn.

Musicisti romantici

La musica del Romanticismo subì gli sconvolgimenti di quella che è considerata l'età delle rivoluzioni che ruppe gli equilibri politici, economici e sociali a partire dalla rivoluzione industriale. In questo periodo (1800) il linguaggio musicale tende ad acquisire un ruolo maggiormente sociale e il musicista diventa in molti casi un libero professionista, non più al servizio della Chiesa e delle corti reali. Egli ha quindi la possibilità e la volontà di esprimere i propri sentimenti e le proprie passione senza l'obbligo di obbedire a determinate regole o rigidità spesso anche formali; in pratica il preconcetto e la formalità vennero sostituite dall'intuizione e la fantasia. Sono tantissimi i musicisti che fanno riferimento a questa epoca, i più importanti dei quali sono Ludwig van Beethoven, Frédéric Chopin, Franz Schubert, Franz Liszt, Richard Wagner, Pyotr Ilyich Tchaikovsky, Johannes Brahms e Johann Strauss II.

Musicisti del XX secolo

Nel ventesimo secolo i musicisti hanno acquisito i connotati moderni nel cercare di descrivere il proprio tempo e le proprie percezioni in maniera più concreta e diretta. Gli artisti in tal caso hanno avuto un lavoro in parte più semplice dovuto all'avvento della tecnologia nell'ambito della registrazione sonora e dei mass media, che hanno contribuito alla diffusione di diversi tipi di musica, dalla musica popolare al rock, passando per l'elettronica, il folk e le diverse forme di musica classica.



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Nell'industria musicale, A&R (sigla dell'inglese Artists and Repertoire, "artisti e repertorio") è una divisione di un'etichetta discografica responsabile della scoperta di nuovi artisti da mettere sotto contratto. L'A&R rappresenta il tramite tra l'artista e l'etichetta e spesso interpreta le preferenze dell'etichetta. Accade di frequente che un A&R sia richiesto per negoziare con gli artisti, cercare compositori e produttori discografici per l'artista e organizzare le sedute di registrazione. Nel Regno Unito, prima che nascesse la figura del produttore discografico, il direttore A&R sovrintendeva alle sedute in studio e si assumeva la responsabilità di eventuali decisioni riguardanti le registrazioni.

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L'accordatore è colui che provvede all'accordatura di strumenti musicali o uno strumento "intonatore" atto a facilitare l'accordatura stessa o a misurare l'intonazione.

Accordatori tradizionali

  • Il diapason è stato ed è tuttora impiegato come principale ausilio nell'accordatura sia dei pianoforti che di altri strumenti. Il suo funzionamento si basa sulla capacità di emettere una precisa frequenza sia percuotendolo che portandolo in risonanza con un corpo che emette la sua frequenza di riferimento (nota La = 440 Hz). A volte si usa la parola corista come sinonimo di diapason.
  • Il corista è una sorta di piccolo strumento musicale ad ancia in grado di produrre una sola nota, il La centrale di 440 Hz, con la stessa funzione del diapason. Il corista può essere comunque anche composto per produrre accordi o note diverse dal La.

Accordatori elettronici

Oggi esistono apparecchi elettronici usati per l'accordatura di strumenti musicali.
Per gli strumenti acustici (cioè non elettronici) esistono accordatori tascabili che a mezzo di un piccolo microfono ricevono il suono prodotto dallo strumento e indicano tramite led o frequenzimetri ad ago o digitali il livello della frequenza del suono e quindi l'intonazione da eventualmente correggere. Questo tipo di accordatori è usato di frequente non soltanto per accordare gli strumenti, ma anche per controllare e correggere la propria intonazione durante lo studio negli strumenti a fiato, ad arco e nel canto, in cui l'intonazione rappresenta notoriamente una difficoltà da tenere sotto controllo.
Per molti strumenti elettronici, invece, basta collegare direttamente l'ingresso di un accordatore all'uscita dell'amplificatore per far ricevere ed analizzare all'accordatore i suoni emessi dallo strumento.

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L'aedo, nell'antica Grecia, era il cantore professionista. L'etimo della parola viene dal greco antico "ἀοιδός", aedo, che a sua volta deriva da "ᾄδειν" cioè "cantare".
Egli era una figura sacra, era considerato un profeta, tradizionalmente ritratto come cieco in quanto, essendo tale non veniva distratto da niente e da nessuno e affinando le capacità sensibili poteva entrare in contatto direttamente con la divinità (attraverso gli occhi dell'anima) che lo ispirava, sviluppava quindi una capacità metasensibile (oltre i sensi). La sapienza che possedeva rendeva la capacità di vedere superflua, era un "invasato", aveva il dio dentro, le Muse parlavano attraverso di lui.
L'aedo faceva parte della cosiddetta face to face society, la trasmissione dei testi avveniva oralmente, con una "performance" nella quale l'aedo era in diretto contatto con l'uditorio. L'aedo non disponeva di un testo scritto, dunque diveniva a sua volta compositore. La trasmissione orale richiedeva l'uso di un linguaggio chiaro e diretto, quindi vi è un grande uso di similitudini, il linguaggio è contraddistinto da uno stile formulare, caratterizzato da ripetizioni, la presenza in grande quantità di appellativi come i patronimici, nonché dei cosiddetti topoi, cioè luoghi narrativi: nel caso in cui l'aedo avesse dimenticato la strofa successiva, poteva "indugiare" su quella che stava ancora cantando usando questi ferri del mestiere. Gli aedi erano soliti narrare i poemi non per intero, per ovvie ragioni di tempo, ma a pezzi; dovevano in ogni modo possedere una buona memoria e una grande immaginazione. La funzione dell'aedo era duplice: aveva una funzione di memoria storica (attraverso i loro componimenti fissavano nella loro memoria tutte le conquiste che la civiltà aveva prodotto; inoltre conoscevano le cose che furono, che sono e che saranno).
Dalla tradizione apprendiamo anche che vi erano scuole di aedi che si tramandavano di generazione in generazione i propri canti; particolarmente famosa era quella degli Omeridi, nell'isola di Chio, che si vantavano di discendere dal grande Omero.



Gli aedi e la creazione dell'Iliade e dell'Odissea

Attraverso lo studio comparativo della tradizione orale è stato dimostrato che l'Iliade e l'Odissea (come d'altra parte le opere di Esiodo) derivano dall'epica tramandata oralmente. Nella tradizione narrativa orale i testi non vengono tramandati in maniera esatta e sempre uguale a se stessa, ma piuttosto passano da una generazione all'altra attraverso l'opera dei bardi, che si servono di formule mnemoniche per aiutarsi a ricordare un gran numero di versi. Furono proprio poeti di questo tipo a farsi portatori della prima tradizione epica orale greca, ma di loro si sa molto poco. Nel momento in cui i testi vennero finalmente messi per iscritto (le date più probabili sono quelle che vanno dal 750 al 600 a.C.) i poeti e gli scrittori dell'epoca non citarono i loro nomi. Secondo le fonti classiche Omero visse molto prima che i due poemi fossero trascritti.

Risultati immagini per Agenzie di spettacolo: tra sogni, illusioni e truffe

Gli Artisti, per poter lavorare nel mondo dello spettacolo, devono spesso affidarsi alle Agenzie di Spettacolo e di Moda. In Italia non esistono delle leggi specifiche che regolano questo settore, motivo per il quale più volte abbiamo chiesto un intervento. Ogni agenzia ha il suo modus operandi, giusto o sbagliato che sia; c'è una forte anarchia, è una giungla che si fonda sulla "legge del più forte". Gli Artisti si sentono abbandonati, illusi, truffati. Lavorare nel mondo dello spettacolo non è facile, è una sfida contro la società, contro se stessi; una corsa ad ostacoli, con continui imprevisti, porte in faccia, insuccessi e truffe. Ad esempio c'è un'agenzia di Milano che, per la modica cifra di 3 mila euro, promette lavoro a gò gò. Promesse non mantenute; di lavoro neanche a parlarne.
La 1437 United Artist ha sempre ribadito la sua posizione in merito: proporre un servizio, che costi 100 euro piuttosto che 3 mila euro, non è un reato. C'è libertà di scelta, c'è libertà di dire sì, no o forse. Nessuno vi costringe ad accettare questo caro compromesso. Diversamente è reato quando viene promesso il lavoro che poi non arriva. Partiamo dalla consapevolezza che oggigiorno trovare un lavoro in Italia è difficilissimo e soprattutto, se ciò dovesse fortunatamente avvenire, è solo per dedizione, passione e talento (tralasciando le raccomandazioni, ovviamente). Dunque un'Agenzia, che fa da tramite tra Artisti e Addetti ai lavori nella figura dei Registi, Produttori, Casting Director etc., non potrà mai garantirvi un'occupazione stabile: lavorare nel mondo dello spettacolo significa essere perennemente disoccupati, significa lavorare intensamente e con grande dispendio di sudore. Partecipare ad un Corso di formazione non è sinonimo di successo; partecipare ad un Casting non è sinonimo di successo; affidarsi ad un'Agenzia di spettacolo o di Moda non è sinonimo di successo. Avere talento, invece, è sinonimo di successo.
A nostro avviso è sbagliato all'Artista imporgli il pagamento di un corso di formazione. E' altresì necessario per alcuni settori possedere un Book fotografico/Composit: chi vuole fare il Modello non può mostrare al talent scout una foto con gli amici al mare. Il Book, però, deve essere realizzato laddove si ritiene opportuno, non per forza in Agenzia. Obbligare ad acquistare un Book fotografico è scorretto. Poi un invito agli aspiranti Artisti: siate consapevoli delle vostre abilità e soprattutto dei vostri limiti. Non vi illudete da soli; il mondo dello spettacolo non è per tutti, non è l'ultima spiaggia per chi non sa cosa fare della propria vita.
Nelle ultime settimane abbiamo avviato un progetto con un gruppo di Artisti che si battono per far valere i loro diritti. "Tutto nasce da un presupposto truffaldino che accomuna tantissime agenzie: le selezioni. Le finte selezioni. Questa è la base del reato, una vera e propria associazione a delinquere finalizzata alla truffa aggravata e continuata ai danni di terzi. Il codice penale all'articolo 640 parla chiaro: chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032". Gli Artisti vogliono giustizia, non vogliono più essere presi in giro, non vogliono più che qualcuno speculi sui loro sogni e poi la passi anche liscia.

 



Assolutamente sì, ogni artista deve avere un marchio personale per farsi riconoscere.

Questo è in realtà un argomento più ampio. Cosa hanno i Daft Punk a cui pensi quando pensi a loro? Skrillex, topo morto? Un atto? Un modo di presentare? Chi sei? I loro produttori?

No, forse, non lo so, ma hanno sicuramente un marchio più grande di un logo di Fiverr o qualcosa del genere. Hanno un atto. Una consegna memorabile. La maggior parte degli artisti di scena che sono "stagionati" con un seguito, hanno inchiodato al loro modo di fare quello che fanno. È memorabile, forse misterioso, divertente, strano o qualsiasi altra cosa. L'idea è che gli artisti che fanno il salto di qualità hanno certe qualità che devi affermare così puoi differenziarti dalla folla di artisti mediocri.


 



Scrivendo.

È la risposta più banale possibile e immaginabile ma questo non la rende meno vera.

Scrivere aumenta il senso della scrittura. Non sto parlando solo della scelta dei vocaboli, o della fantasia, o del modo in cui ci si avvicina ad una storia, sto parlando della naturalezza nello scrivere.

È come allenare un muscolo. Invece di andare in palestra e fare delle ripetizioni, si scrivono righe e paragrafi e pagine. E si continua a farlo.

Certo, ci sono delle cose che una persona può fare per ‘esercitarsi’. Come ad esempio leggere un genere che di solito non si legge per avere degli spunti interessanti da esplorare. O scrivere ripetutamente la stessa scena (magari una fuga da un carcere, o un inseguimento) decine di volte in modo diverso. Mi viene in mente una cosa che disse Hugh Howey, a proposito di ‘esercitarsi a scrivere’:

“Tutti vogliono scrivere un romanzo, e vogliono farlo senza neppure fare un po’ di stretching. Non vi allacciate le scarpe e correte una maratona senza prima imparare a correre un miglio, due miglia, cinque miglia. Il giorno in cui decidete di realizzare il vostro piano è il giorno in cui iniziate a leggere ed è il giorno in cui iniziate a scrivere. Iniziate un blog e pubblicate un post quotidianamente. Potrebbe essere una sola riga di una storia che ancora non esiste. O una scena, magari un primo bacio o una rissa da bar. Magari scrivete ogni giorno per un mese diversi primi baci. Tutto ciò equivale ad allenare il vostro tiro in sottomano. Quindi, quando dovete effettivamente farne uno, non vi farete prendere dal panico. L’importanza di un blog è che i vostri post rimangono visibili per sempre. Facebook nasconderà e distruggerà quello che condividete. Potete postare su Twitter e Facebook, se volete, ma il blog deve essere il vostro cuore pulsante. Questo è il vostro angolo di strada. Qui è dove strimpellate con il vostro strumento e dove migliorate.

Dopo che avete iniziato il vostro blog, scrivete alcuni racconti. Lavorate attivamente per completare quello che iniziate. Fissate degli obiettivi. Un nuovo racconto breve ogni mese per il primo anno. Questo significa avere dodici opere pubblicabili. Magari le mettete sul vostro blog a gratis per avere dei pareri, per vedere quello che ne pensano amici e familiari. Non state cercando di vendere un milione di libri in questo momento; state cercando di capire se potete far diventare qualcuno vostro fan. Mia cugina Lisa è stata la mia prima fan. Lei è stata la prima persona che non doveva dirmi che il mio libro era spettacolare, ma che me lo diceva comunque. È stata lei la prima a supplicarmi per il seguito. Il vostro obiettivo è di avere un fan come questo. Il resto seguirà di conseguenza.”






 

La gente è sempre pronta a denigrare Tom Cruise.

Essere legato a Scientology non lo mette di certo in una migliore luce.

È molto più di un alieno pazzo. Aver saltato sul divano di Oprah l'ha sempre dipinto come un bizzarro idiota.

Tutti quelli che conoscono Cruise non hanno altro da dire che cose positive su di lui.

Cruise merita di meglio. Hollywood non sarebbe la stessa senza di lui.


Brad Pitt in Deadpool 2.

Ha lavorato per l'assoluto minimo previsto dall'industria, e una tazza di caffè.




Cosa significa un premio Oscar per la carriera di un attore e cos'è esattamente " il bernoccolo da Oscar?"



Ogni candidato all'Oscar è già un vincitore, poiché guadagna un pacchetto premio del valore di 215.000 dollari. Vincere un Academy Award, d'altra parte, probabilmente migliorerà la carriera di un artista.

La serata è la più grande convalida di Hollywood, un timbro di approvazione conferito alle migliori star, registi, sceneggiatori, produttori, costumisti e truccatori del settore. Tenere il leggendario uomo d'oro nelle tue mani significa apprezzare anni di dedizione al mestiere. È la consapevolezza di averlo fatto in un mercato esigente e imprevedibile.

Vincere un Academy Award stabilisce la legittimità e il riconoscimento che ne deriva apre le porte a nuove possibilità. Gwyneth Paltrow, che ha vinto come migliore attrice agli Academy Awards nel 1999 per il ruolo di Viola in Shakespeare in Love di John Madden, ne è un esempio.