In musica l'arrangiamento è il
lavoro di organizzazione strumentale e strutturale di una data
composizione (che può essere costituita da un semplice tema
accompagnato da una sequenza di accordi, o da un brano già
arrangiato), allo scopo che essa suoni secondo la forma musicale
desiderata.
Il processo di arrangiamento parte,
generalmente, dalla scelta del genere musicale in cui si vuole
arrangiare il pezzo.
Il processo può includere, al suo
interno:
la riarmonizzazione, qualora la
sequenza di accordi di partenza sia non corrispondente allo stile
musicale di arrivo;
lo sviluppo di una struttura
complessa (intro e giri di intro, numero di chorus o strofe o
ritornelli, giri di soli, sezioni strumentali, finali, ecc.);
la scelta degli strumenti da
utilizzare in base al genere del brano.
Se l'adattamento musicale non provvede
all'aggiunta o sottrazione di nuovo materiale musicale rispetto alla
forma di partenza, sarà più corretto parlare di trascrizione.
Un arrangiamento soddisfacente deve:
fare in modo che gli strumenti non
si sovrappongano in un determinato intervallo di frequenze troppo
stretto;
essere abbastanza "trasparente"
affinché ogni frase musicale sia sufficientemente intelligibile;
fare in modo che non tutti gli
strumenti suonino per l'intera estensione del brano;
valorizzare al meglio, quando la
composizione lo richieda, gli strumenti ritmici, basso, batteria,
percussioni, chitarre accompagnamento ecc. Sono il "cuore
pulsante" dell'arrangiamento;
essere al servizio del solista,
sia esso voce o strumento. Una base musicale perfetta per un
interprete non è certo lo sia per un altro. Un errore frequente è
quello di prendere a modello l'arrangiamento di un brano di
successo, interpretato dal cantante X, e sperare possa essere
l'ideale anche per un altro artista. Il risultato è quasi sempre
deludente.
L'arrangiamento è fondamentale per il
buon esito di una produzione musicale e sono quindi determinanti,
oltre ad una orchestrazione corretta, creatività ed ispirazione
nella sua stesura.
Le Società Autori-Editori Sacem
(Francia), Gema (Germania), Ascap e BMI (USA) ed altre, riconoscono
agli arrangiatori una quota parte nelle ripartizioni semestrali agli
aventi diritto.
Cenni storici
Il termine "arrangiamento" si
diffuse nei primi anni venti del XX secolo, ed era usato nella musica
leggera e, soprattutto, nel jazz per indicare un libero adattamento,
sviluppato da una formazione orchestrale, di una canzone di successo,
di un motivo popolare o tradizionale, di un brano classico.
Il primo grande direttore d'orchestra e
arrangiatore jazz fu Jelly Roll Morton, che effettuò negli anni
venti superbe incisioni per la RCA Victor, dosando con grande abilità
i differenti colori orchestrali e le alternanze tra parti soliste e
parti fisse. In seguito, queste rivisitazioni musicali vennero
sviluppate dalle più estese orchestre jazz di Duke Ellington,
Fletcher e Horace Henderson, Don Redman, Benny Carter.
Successivamente ed in epoche più recenti furono le grandi orchestre
di Glenn Miller, Tommy Dorsey, Xavier Cugat, Perez Prado, James Last,
Franc Pourcel, Michel Legrand, Bert Kaempfert, ecc. a cimentarsi in
famosi arrangiamenti, anche in forma di pot pourri
(successione di motivi uniti fra loro ed eseguiti senza interruzione)
o arbitrariamente antologica, di brani celebri, arrangiamenti per
altro non sempre molto riusciti e apprezzati.
Fra i tanti vanno ricordati anche i
Swingle Singers, superbo gruppo vocale, e Walter Carlos con il primo
sintetizzatore inventato da Robert Moog, che con i loro celeberrimi
arrangiamenti di Bach e W.A. Mozart hanno operato negli anni sessanta
originali contaminazioni fra musica colta e musica di consumo.
Arrangiare
e riarrangiare
Un brano musicale già esistente può
essere registrato nuovamente con un arrangiamento diverso
dall'originale, cambiando - spesso drasticamente - strumenti, tempo,
bpm e tonalità. Il risultato finale è una canzone che contiene,
rispetto al brano di partenza, uno stesso testo, delle linee
melodiche familiari, ma fondamentalmente suona come qualcosa di nuovo
(gli esempi eclatanti a tale proposito non si contano. Talvolta è lo
stesso artista/band (o il suo arrangiatore) che ripropone il nuovo
arrangiamento di un brano, allo scopo di renderlo più adatto ad una
dimensione live o per rilanciarlo da un punto di vista
artistico o commerciale.
Anche alcuni remix, in particolare
nella musica dance, possono essere considerati dei riarrangiamenti.
Specifiche differenze fra arrangiamento, trascrizione e parafrasi
Nella terminologia corrente può
accadere a volte che parole come "arrangiamento" e
trascrizione si sovrappongano. La trascrizione propriamente detta,
differentemente dall'arrangiamento, consiste un po', come la
filologia in letteratura, nel riportare antiche melodie strumentali o
vocali, scritte con vecchie notazioni (neumi, intavolature), a
sistemi più accessibili di standard correnti. O anche – e qui si
determina effettivamente una certa somiglianza con l'arrangiamento –
nell'adattare o elaborare, per strumenti o voci diverse, una
partitura in origine differentemente concepita (altri sinonimi comuni
sono per l'appunto l'adattamento, l'elaborazione o la
parafrasi lirico-ottocentesca). Di fatto però l'arrangiamento
non ha mai avuto una connotazione rigorosamente classica.
Pian piano, per estensione, il
significato storico del termine, tipico come si è visto della musica
leggera moderna, si andò adattando all'orchestrazione ex novo
di tutte quelle canzoni inedite per le quali si poneva l'esigenza
precipuamente commerciale di un "confezionamento" adeguato
ai mezzi di diffusione di massa. Nasceva così, ed è tuttora tale,
la figura del musicista arrangiatore, molto spesso anch'egli un
compositore, al quale si richiede, più o meno pilotandone
l'ispirazione, di creare un prodotto di successo.
Ruolo dell'arrangiatore
All'arrangiatore non si rivolgono solo
produttori discografici, artisti famosi o grossi impresari, ma anche
molti appassionati desiderosi di confezionare professionalmente
proprie composizioni originali. L'autore del brano a volte suggerisce
all'arrangiatore lo stile o il genere gradito, altre volte si affida
alla sensibilità ed alla fantasia dell'arrangiatore lasciandogli
completa autonomia. Può capitare che l'autore non abbia conoscenze
musicali e fornisca all'arrangiatore solo un motivo (melodia) privo
di accordi (armonia), magari semplicemente canticchiandolo "a
cappella" (con la sola voce senza strumenti). In questo caso
sarà compito del musicista arrangiatore trovare un giro armonico
adeguato a valorizzare la canzone. La possibilità di apportare
eventuali modifiche come arricchimenti armonici, incisi strumentali,
cambi di tonalità, adattamenti/variazioni sul testo, va in genere
concordata preventivamente.
Esistono molte scuole di pensiero e innumerevoli modi di intendere
un arrangiamento.
Più nel dettaglio: gli stili
utilizzabili per arrangiare un brano sono teoricamente infiniti, ma
in pratica si dovrà sempre tener conto:
del tipo di melodia, che nel suo
andamento, più o meno marcatamente, si rifarà già di per sé ad
un genere più che ad un altro;
della metrica del testo (se
esiste) che in questa melodia è inserito; e di conseguenza;
degli accenti e della
sillabazione, quindi del ritmo, che scaturisce dal testo stesso.
A volte questa osservazione analitica
da parte dell'arrangiatore è facilitata dalla semplicità
strutturale del brano, a volte no; non esiste una regola precisa. Ma
con una buona dose di sensibilità e preparazione e parlandone fra le
due parti si addiverrà certamente alla migliore soluzione.
Stili
musicali richiesti
Gli stili arrangiativi più richiesti e
graditi orbitano in un ambito leggero. Principalmente "sanremerie",
pop-rock (e numerose sottospecie), musica latina, disco, dance e
liscio, ma anche standard jazz, swing, fusion, reggae, rock blues.
Sporadicamente possono capitare richieste di arrangiamenti world
music, elettronica, new age, etno-folk/popolare, o anche, più
raramente, di stili riconducibili alla musica colta (medioevo,
rinascimento, barocco, classico, romantico). In quest'ultimo caso è
meglio farsi documentare dal committente, se possibile attraverso
dischi o partiture complete, con dei chiari esempi stilistici.
Negli ultimi anni, sia negli
arrangiamenti che nella scelta dei suoni – causa anche una certa
esasperazione tecnologica –, si assiste alla tendenza
dell'imitazione reciproca. Basta ascoltare le centinaia di emittenti
radiofoniche per avere un'idea di quanto sempre più omogeneizzato
sia il prodotto musicale leggero. Chiunque può verificare,
ascoltandole, che dietro una pretesa di diversità o novità, le
canzoni, in realtà, tendono sempre più a somigliarsi fra di loro
riciclando gli stessi ingredienti. Stessa cosa si può dire per gli
stili vocali dei cantanti.
L'arrangiamento standard – Strumenti musicali utilizzati
Ecco un facile esempio di
orchestrazione arrangiativa. Dopo aver determinato con precisione
l'ossatura melodico-armonica della composizione (se ne può buttar
giù una bozza provvisoria) e – nel caso di brano cantato –
fissata una giusta tonalità, si elabora una partitura (classica o
schematica) per l'attribuzione e la suddivisione timbrica delle parti
strumentali. Si comincia dalla sezione ritmica, programmando tempo e
suoni di batteria e/o eventuali percussioni. Il giro e il tipo di
basso scelto, interagendo con quest'ultima, definirà la struttura
portante del pezzo. Un tappeto di warm pad (un avvolgente, corposo
suono di synth), di archi o di organo costituiranno il supporto
armonico su cui far poggiare il brano. L'armonia stessa verrà
comunque rinforzata e sostenuta dal piano (o da altro strumento
polifonico), ritmicamente affrancato.
Il brano difficilmente parte con il
cantato; in genere si preferisce introdurlo con una breve frase
musicale, che può essere libera o vincolata al successivo motivo
strofa-refrain. Una chitarra acustica arpeggiante (o altro
strumento solistico) intesseranno una ricorrente figurazione (o
inciso) che si muoverà all'interno della frase musicale cantata con
caratteristiche ritmiche o melodiche. I passaggi fra strofe e
ritornelli saranno sottolineati da riff o fill di
batteria; così come stop, stacchi, controtempi, pause, sincopi,
accenti ritmico-armonici potranno caratterizzare l'andamento metrico
delle battute. Dalla seconda strofa una chitarra elettrica distorta
di arricchimento (o un altro opportuno strumento) si dispiegherà in
contrappunto al canto principale, volando poi in un assolo
strumentale (lanciato magari da un salto di tonalità). La canzone
concluderà con la ripresa dal ponte (o bridge) e ripetizione
del refrain a loop sfumato, rifinita con finalino
rallentato o con una corona o cadenza strumentale di chiusura, simile
all'introduzione.
Un arrangiamento standard come quello
appena descritto comporta l'utilizzo di circa 12-14 tracce (di
sequencer o di registratore) e due-tre giorni di lavoro pieno.
Naturalmente, se viene richiesto di arrangiare il pezzo con una
complessità strutturale ad esempio di taglio sinfonico, le
difficoltà tecniche e i tempi di realizzazione (e relativi costi)
aumentano considerevolmente.
L'arrangiatore, come si diceva, è un compositore a tutti gli
effetti. Ma rispetto al normale compositore dev'essere anche un buon
organizzatore e valorizzatore della materia musicale che da questi
gli viene fornita. Se il secondo è baciato dall'ispirazione il primo
deve avere l'intuizione per manipolare e forgiare il plasma sonoro
attraverso il discorso musicale. Nessun dubbio, sono entrambi degli
artisti, ma queste due doti una volta era normale trovarle nella
stessa persona. Molti autori del passato, infatti, non ricorrevano
all'arrangiatore – la cui figura proprio non esisteva – e quasi
sempre eseguivano, orchestravano e dirigevano essi stessi le loro
composizioni; oggi sono ben pochi quelli che lo fanno o che riescono
a farlo.
Grandi
arrangiatori
Dei leggendari musicisti arrangiatori
si è detto all'inizio, possiamo aggiungere qualche altro grande mito
come William "Count" Basie, Melvin James "Sy"
Oliver, Joseph "Gerry" Mulligan, tutti dell'epoca d'oro
(fra le due guerre mondiali) del jazz e dello swing.
In Italia
Ecco alcuni arrangiatori fra i più
conosciuti in Italia.
Giampiero Boneschi. Già
pianista/arrangiatore con Gorni Kramer, anch'egli arrangiatore e
direttore d'orchestra di molte trasmissioni televisive. Ha arrangiato
per Fonit Cetra, Polydor, Durium, Ricordi e per artisti come Giorgio
Gaber, Enzo Jannacci, Ornella Vanoni, Gino Paoli, Sergio Endrigo,
Luigi Tenco.
Michele Canova Iorfida. È tra i
giovani che si sono messi più in luce negli ultimi anni. Arrangia
per Tiziano Ferro, Eros Ramazzotti, Gianni Morandi, Francesca
Michielin, Luca Carboni, Jovanotti, Adriano Celentano.
Lucio Fabbri. Tra i suoi numerosi
arrangiamenti ricordiamo Perdere l'amore. Arrangia tutte le
basi musicali del programma televisivo XFactor Italia.
Gianni Ferrio. Figura storica della
musica italiana, compositore e arrangiatore per artisti come Mina,
Jula de Palma, Caterina Valente, Johnny Dorelli e molti altri.
Angel 'Pocho' Gatti. Jazzista argentino
che visse in Italia negli anni sessanta e settanta, arrangiando e
dirigendo per varie trasmissioni Rai e Festival di Sanremo e per
Gigliola Cinquetti, Fred Bongusto, Mia Martini, Bruno Lauzi, Ornella
Vanoni, Johnny Dorelli e vari altri interpreti. Incise alcuni
interessanti LP di production-music con la sua big band, con
arrangiamenti oscillanti dal jazz classico alle nuove tendenze funky
ed elettroniche dell'epoca.
Augusto Martelli. Uno dei più
qualificati arrangiatori degli anni sessanta, collaboratore di Mina e
autore/arrangiatore delle musiche del film Il dio serpente,
tra cui il brano Djamballà.
Tony Mimms. Arrangiò dischi di artisti
come Fabrizio De André (Volume VIII, Rimini), gli Alunni del Sole,
Ivan Graziani, Mina (Ancora dolcemente, dall'album Singolare).
Giusto Pio. Ha arrangiato per Franco
Battiato, Giorgio Gaber, Alice, Giuni Russo, Milva, Leonard Cohen e
nei propri album come Legione straniera o Restoration.
Pino Presti. Realizzatore nel 1976 del
primo album dance-funk italiano, 1st Round, è l'arrangiatore
che più di ogni altro ha collaborato con Mina per gran parte degli
anni settanta. Ha firmato tra gli altri successi come Grande,
grande, grande, E poi..., L'importante è finire. Al fianco di
Mina come bassista, arrangiatore, direttore d'orchestra in occasione
dei suoi ultimi concerti a Bussoladomani nel 1978.
Gian Piero Reverberi. Molti famosi
brani anni settanta recano la sua firma. Ha collaborato con New
Trolls e Lucio Battisti. Ha curato gli arrangiamenti di La buona
novella di Fabrizio De André. Ha fondato il gruppo Rondò Veneziano.
Bruno Santori. Capace arrangiatore,
orchestratore e direttore d'orchestra del panorama italiano. Ha
collaborato con alcuni tra i più importanti artisti pop italiani ed
internazionali (tra cui: Eros Ramazzotti, Laura Pausini, Tiziano
Ferro, Zucchero, Claudio Baglioni, Andrea Bocelli, Raf) per la
realizzazione di alcuni tra gli eventi live più importanti degli
ultimi anni come "Radio Italia Live: il concerto" tenutosi
nel 2012 e 2013 in Piazza Duomo a Milano. È stato direttore musicale
del Festival di Sanremo nel 2009.
Celso Valli. Con la disco-dance made in
Italy è stato molto apprezzato all'estero negli anni
settanta-ottanta. Lavora per i più affermati big nostrani: Mina,
Patty Pravo, Claudio Baglioni, Laura Pausini, Giorgia, Vasco Rossi,
Eros Ramazzotti, Adriano Celentano, Andrea Bocelli, Raf.
Fio Zanotti. Un altro pezzo da novanta
della musica leggera italiana. Arrangia praticamente per tutti: dai
Pooh a Fiorella Mannoia, da Zucchero a Eros Ramazzotti, da Anna Oxa
ad Adriano Celentano, da Renato Zero a Francesco De Gregori, da
Marcella Bella a Vasco Rossi, ecc.
All'estero
Per chiudere questa mini rassegna vanno
ricordati ancora Luis Bacalov, negli anni sessanta l'arrangiatore per
antonomasia della RCA, tuttora ottimo compositore, e all'estero, in
anni più recenti, Quincy Jones, Sergio Mendes e Claus Ogerman.
Altri
arrangiatori
Ci sono anche altri arrangiatori, ma
che hanno contribuito ai brani dello Zecchino d'Oro: Sergio Parisini,
Gianni Zilioli, Siro Merlo, Fabio Coppini, Sandro Comini, Marco
Bertoni, Luca Scarpa, Michele Monestiroli, Massimo Varini, Alessandro
Magri, Raniero Gaspari, Marco Guarnerio, Mario Natale, Luca Orioli,
Alex Volpi, Chicco Santulli, Massimo Tagliata, Mario Zannini Quirini.
Organizzazione e tecnica dell'arrangiamento
Da diversi anni ormai è molto diffuso
l'arrangiamento effettuato con il computer (o con tastiere
workstation dotate di sequencers). Utilizzando software adeguati,
collegati a expander (moduli di suoni campionati) e tastiere MIDI (o
più correttamente M.I.D.I.: Musical Instrument Digital Interface)
si è in grado, sempre con la necessaria preparazione, di allestire
ottimi arrangiamenti, assemblando ed editando con relativa facilità
parti sonore ed elementi strumentali di vario genere e provenienza.
Tutto questo con costi e tempi piuttosto contenuti. Notevole anche la
dinamica ottenibile. Naturalmente ogni vantaggio ha il suo rovescio.
Per quanto si siano fatti progressi, l'umanizzazione delle
apparecchiature (human feeling, pseudo-swingin', clonazioni di
caratteristiche peculiari dei vari strumenti, algoritmi sempre più
sofisticati, microvariazioni indotte, ecc.) segna il passo ormai da
qualche anno: una macchina non potrà mai suonare come un essere
umano. Con poche eccezioni come la disco-dance e certe canzonette
leggere, la musica pop di un certo livello, ancor di più se
classica, jazz ed etnica, viene infatti penalizzata in misura
variabile, dal massiccio uso (e abuso) del computer.
All'opposto del tutto-MIDI,
l'arrangiamento classico si realizza con turnisti di sala e strumenti
veri (e non suoni campionati) come pianoforte, chitarre, archi,
fiati, batteria, percussioni, o anche utilizzando direttamente vere e
proprie orchestre. Naturalmente questi arrangiamenti vanno rapportati
a progetti tali che possano giustificarne costi conseguentemente
piuttosto elevati.
Tra i due modi di arrangiare è
possibile comunque una via di mezzo. E cioè il ricorso a strumenti
in parte reali in parte sintetici o campionati, in un mixing
strumentale non necessariamente regolato da programmi specifici ma
registrato più o meno convenzionalmente.
Ipotizziamo un arrangiamento realizzato
da un musicista arrangiatore polistrumentista, magari anche versatile
cantante (in grado quindi, se richiesto, di imbastire l'arrangiamento
del brano anche vocalmente con cori, armonizzazioni vocali e
controcanti). Nella sua orchestrazione le chitarre elettriche,
distorte o pulite, acustiche o classiche che siano, sono sempre vere
e suonate realmente, come reali sono molti altri strumenti
utilizzati: congas, cajón, maracas, tamburello, campanelli,
maranzano, mandolino, flauti, armoniche a bocca e così via. Riff,
fill e break di batteria (accenti e sottolineature
ritmiche dei vari passaggi, per esempio fra strofe e ritornelli), sia
pur campionati, sono però inseriti e realizzati manualmente. Le
stesse batterie elettroniche, campionate o sintetiche, quando non
programmate, sono suonate e modificate a mano o integrate ad esempio
con i piatti della batteria acustica. Contrappunti e armonizzazioni
vocali sono rigorosamente veri e realizzati per intero in logica
successione temporale; ad esempio, quando in una canzone viene
ripetuta dal coro per molte volte un'identica frase (come accade in
genere nella dance), non si ricorre al copia-incolla riutilizzando a
loop sempre la stessa porzione registrata una sola volta (per
risparmiare tempo), ma si ripete la frase tante volte quanto
necessita, come d'altronde accade nelle esibizioni dal vivo.
Naturalmente tutto ciò utilizzando se necessario anche suoni
campionati o sintetici da expander o tastiere, in special modo se si
tratta di "tappeti" (piani armonici su cui poggiano le
costruzioni melodiche del brano).
Le registrazioni potranno essere
effettuate affidandosi totalmente al computer o previo utilizzo di
multitraccia digitali o di analogici a nastro, ricorrendo comunque
sempre al computer per l'ottimizzazione finale e la masterizzazione.
I costi dell'arrangiamento
Come si diceva all'inizio,
nell'omologazione tipica della musica di consumo, quando un
arrangiamento porta al grande successo una canzone, può accadere che
venga emulato da altri. È così che si creano filoni
pseudostilistici che vanificano la vera originalità e viziano
l'ascolto del pubblico desensibilizzandolo nei confronti di ciò che
non è allineato. Copiare un arrangiamento – ancorché con melodia,
accordi e tempo diversi – per un musicista esperto e smaliziato è
un gioco da ragazzi: ma se è così facile scopiazzare allora perché
non si istituisce un copyright anche per gli arrangiamenti? Una
certa, differenziata protezione giuridica dell'arrangiamento musicale
esiste solo in alcune nazioni; in Italia non è ancora prevista
specifica tutela da parte della legge sul diritto d'autore e delle
opere dell'ingegno. Se nell'elaborazione del brano l'arrangiatore
inserisce riff strumentali importanti, modificazioni
strutturali quali tempo e velocità e in genere se l'intervento
dell'arrangiatore determina una significativa mutazione nelle
caratteristiche della canzone, è giusto che se ne tenga conto: o con
uno specifico deposito del brano arrangiato, o con la firma della
paternità del pezzo insieme all'autore. Ma un arrangiamento in fondo
è una semplice commissione, e, in quanto tale, può anche venir
remunerato con un acconto iniziale e un saldo a fine lavoro (entrambi
a monte della pubblicazione del brano). In questo caso quanto viene a
costare?
Considerata l'estrema differenza
riscontrabile in questo campo fra richiesta e offerta, non è
possibile determinare tariffe precise. Come riferimento orientativo e
restando in un ambito di offerta professionale (ma non di domanda),
possiamo dire che gli arrangiamenti MIDI realizzati esclusivamente
con computer ed expander offrono in assoluto i prezzi più
bassi, pur suonando un po' freddini (sono sviluppati e gestiti
all'interno di una macchina) e risultando timbricamente simili: fra i
200 e i 500 euro. Possono rappresentare il tipo di arrangiamento
adatto all'appassionato dilettante che dispone di un budget limitato.
L'arrangiamento in tecnica mista (la
via di mezzo di cui sopra) è forse quello che offre il miglior
rapporto qualità/prezzo. L'arricchimento con alcuni strumenti veri
come chitarre e percussioni fa sembrare autentici anche gli altri
strumenti campionati dando quella piacevole sensazione di realistico
a tutto il brano. È ovvio però che se si decide di evitare i
sequencers (da tastiera o da computer) va inevitabilmente effettuata
una vera e propria registrazione con il sistema tradizionale (oltre
ai multitraccia digitali si va riaffermando la registrazione in
analogico), per cui i tempi di realizzazione aumentano. E
conseguentemente anche il costo: da un minimo di 400 fino a 1000
euro, specie se il pur poliedrico arrangiatore deve ricorrere ad un
collaboratore, per esempio una cantante o un sassofonista.
Vediamo, infine, la spesa necessaria
per realizzare un arrangiamento ultraprofessionale. In questi casi
spesso l'autore del brano ricorre preventivamente ad una bozza di
orchestrazione realizzata al computer da sottoporre al produttore.
Questo prearrangiamento resta aperto allo stato di prototipo per
possibili modifiche. Una volta stabilito il tipo di arrangiamento
definitivo, si affida il lavoro a un unico maestro arrangiatore che,
dopo aver pianificato stesura, armonizzazione, partiture,
orchestrazione, richiede al produttore l'ingaggio di un cast di
turnisti (il turnista è un professionista che viene retribuito per
turni o sedute di registrazione di tre ore), o di eventuali
orchestre. È ovvio che i costi complessivi varieranno in base a
quanti e quali strumentisti s'intendano contattare, o in quanti e
quali studi si vogliano realizzare le registrazioni e i missaggi.
Possiamo azzardare un budget minimo di 2.000-2.500 euro, che nel caso
di un arrangiatore di grido, di importanti turnisti, di grandi
orchestre o dell'utilizzo di più studi (ad alti livelli è normale
registrare da una parte e mixare da un'altra, spostandosi anche da un
continente all'altro) può impennare vertiginosamente fino a
20.000-30.000 euro e più. Stiamo però parlando dell'arrangiamento
di un solo brano: legittimo chiedersi quanto deve incassare un album
fatto di 10-12 canzoni così arrangiate. Quando si tratta di grandi
star/produzioni (solo loro possono permettersi di spendere tanti
soldi) si ragiona in termini di milioni di dollari, o di euro.
Oltretutto, a questi livelli, è prassi consueta che i brani di un
album siano affidati ad arrangiatori diversi, ognuno dei quali
dispone di équipe di propri turnisti e fonici fiduciari. Con costi
che salgono alle stelle.
I ricavi delle vendite del prodotto
finito al netto delle spese (studio, arrangiamenti, turnisti,
promozione, distribuzione, ecc.) andranno ripartiti essenzialmente
fra casa discografica, produttore, distributore e artisti in
percentuali variabili e con margini di guadagno che dovrebbero essere
adeguati al budget investito. Adeguati però secondo discutibili
parametri da qualche anno ritenuti sempre più anacronistici, prova
ne è che le stesse major del disco – sullo sfondo di un
ineludibile ridimensionamento economico mondiale – vanno
adeguandosi (con qualche affanno) all'incessante trasformazione
tecnologica subentrata negli audiovisivi, studiando e sperimentando
sempre nuove formule commerciali per cercare di contrastare il calo
delle vendite di dischi e il fenomeno della crescita tumultuosa del
download online internazionale ormai inarrestabile.