Per rispondere a questa domanda mi tocca prima spiegare alcuni concetti di base.


La scena di Matrix della scelta della pillola è identica a quella Total Recall, un film girato 10 anni prima. Il protagonista deve scegliere se prendere la pillola blu per tornare alla realtà, o la pillola rossa e restare per sempre nel mondo di fantasia. La scena è assolutamente identica a quella del film di Schwarznegger, alla faccia del'originalità.

1) Il 'valore letterario' non è oggettivo. Non dipende dal contenuto, ma da quanto 'funziona' tale contenuto. Toglietevi dalla testa ogni paragone tra cinema e libri: l'arte ciematografica è letteralmente nata ieri rispetto alla letteratura. Quindi al cinema sì, esistono ancora storie che non sono MAI diventate un film. Un esempio concreto? Quando uscì il primo film di Matrix, la trama venne accolta come 'unica', 'geniale', 'innovativa' dal pubblico cinematografico. Il pubblico letterario invece… Scoppiò a ridere. Matrix non era altro che un plagio (ai limiti della denuncia) di non una, ma varie idee di Philip Dick, scrittore che tra l'altro raggiunse l'apoteosi del suo successo commerciale… Proprio negli anni novanta. Alla faccia che i Watchoski erano due geni. Macché. Hanno solo fatto un 'remix' delle idee più famose di uno degli scrittori 'di culto' più popolari di quegli anni.
2) Il valore letterario è dato dalla potenza con cui lo stile si fonde col contenuto. E quindi il valore di un romanzo non è dato né dal contenuto 'in sé', né dallo stile 'in sé'. Ma cosa significa questo in concreto, per uno scrittore mentre scrive? Significa che la bravura stilistica o narrativa arriva purtroppo fino a un certo punto… E poi sei fregato. Poi conta solo quanto eri ispirato 'per davvero'. Addirittura, più diventi stilisticamente bravo a scrivere, più il risultato 'rivelerà' le tue 'vere intenzioni' MENTRE stavi scrivendo. Quindi se scrivi un romanzo come se fosse un tema di scuola, cercando semplicemente di portare a termine una certa idea meglio che puoi… il lettore proverà noia. Se fatichi a trovare il finale, il lettore farà fatica a leggerlo o lascerà addirittura il romanzo a metà.
E non è nemmeno finita qui. Aspettate un attimo, perché adesso arriva il peggio. Pronti?
Se tu sai già, fin dall'inizio, come finirà il tuo romanzo… Se ne accorgerà anche il lettore.
Ma come? Io sapevo già il finale, ma non l'ho mica detto al lettore! Come faceva a saperlo?! - obbietterete voi.
Eppure, se prendete dieci lettori, tutti e dieci avevano già capito come finiva la vostra storia… E la colpa è solo vostra. Eh sì.

3) Ecco allora che gli scrittori bravi non 'decidono' cosa scrivere, ma scrivono invece 'ciò che gli viene meglio'. Perché è così che funziona: 'senza trucco e senza inganno'.


Il vero capolavoro di Stephen King: Pet Semetary. Lasciate perdere IT e SHINING, che devono la loro fama solo al fatto che ne sono stati tratti dei film di successo. Il vero capolavoro 'assoluto' di King è, senza ombra di dubbio, Pet Semetary. Come si scrive un libro come Pet Semetary? Facile. Basta diventare tossicodipendenti, drogati e disperati. Basta stare andando dritto verso la morte per overdose o peggio (tipo lesioni cerebrali permanenti) e, nel frattempo, scrivere una storia dell'orrore tale da sguinzagliare involontariamente tutte le tue paure su quello che stai facendo a te stesso e alla tua famiglia.
'Madonna mia' direte voi. E quindi, come si scrive un buon romanzo?

4) 'Senza trucco e senza inganno' è il segreto da un milione di dollari by Wallace Lee (©2001–2020) per diventare bravi scrittori.
E ve lo chiarirò adesso ancora meglio di prima, con un paio di semplicissimi esempi:
  • Come si scrive un romanzo con un finale a sorpresa? Oh, caro scrittore… Purtroppo per te, l'unico modo sulla terra per sorprendere il lettore… E' scrivere un finale che sorprenda anche te. E per sorpreso, intendo 'sul serio'. Intendo sinceramente sorpreso. E quindi, in concreto, l'unico modo per scrivere un finale a sorpresa… è improvvisarlo. Già. Pensaci bene: se tu, mentre scrivi il tuo romanzo, non sai come andrà a finire e ne resterai sorpreso… Come diavolo farà il lettore a scoprirlo prima di te, e a non restarne sorpreso a sua volta?
E preparatevi perché adesso viene il meglio, cari lettori.
  • Come si scrive un romanzo dell'orrore che faccia veramente paura? Per scrivere un romanzo dell'orrore che faccia 'veramente paura', devi riuscire a trovare una storia che faccia 'veramente paura' a te mentre la stai scrivendo.
DOMANDA ORIGINALE: qual'è il genere letterario più difficile da scrivere?
Cari lettori, per due decenni ho pensato che il genere più difficile da scrivere in assoluto fosse l'horror.
Facendo infatti una statistica tra tutti i libri letti nella mia vita, la percentuale di buoni horror era davvero la più scarsa in assoluto, segno che probabilmente raggiungere certi livelli con l'horror è davvero difficile, se non addirittura impossibile. A patto di non essere pazzi sul serio, come lo era per esempio Edgar Allan Poe. Pazzi, e con un sacco di voglia di farsi del male pure.
Infatti, se avete seguito il mio ragionamento, risulta abbastanza ovvio non solo quanto l'horror sia davvero difficile da scrivere anche solo 'bene', ma anche che una persona sana di mente non 'dovrebbe' in sostanza avere alcuna voglia di scrivere un 'buon' horror. Al massimo, una persona sana di mente ha voglia di scrivere un horror 'così così', ma non un horror VERO, di quelli talmente horror da fare paura pure a lui.
Recentemente, però, ho cambiato idea.
C'è un genere che ha strappato la palma perfino all'horror nella mia classifica personale.
Adesso infatti propendo di più per il genere d'azione.
Trovare un libro d'azione di notevole valore letterario è davvero impossibile, e questo potrebbe avere una spiegazione molto logica.
La maggior parte degli scrittori sono persone sedentarie, poco sportive, eccetera. E' molto difficile che una persona di questo genere, nella sua vita, ami sia scrivere (attività tremendamente sedentaria) che massacrarsi 'seriamente' durante attività all'aperto.
E quindi, secondo me, è molto difficile che uno scrittore trovi dentro di sé un amore sincero per una storia con una grande componente di action.
Tra l'altro, anche i più grandi maestri della narrazione, se mai 'cascano' su qualcosa, spesso sono proprio le scene di action: scazzottate, sparatorie, battaglie, eccetera, tendono in genere a essere tristemente 'così così' perfino sotto la penna dei più grandi maestri.
Per me, quello adesso è il genere più difficile da scrivere in assoluto… E parlo anche per esperienza diretta.
I momenti action sono in fondo come i momenti horror: perché abbiano pathos 'per davvero', devi essere tu stesso a non sapere come andranno a finire, mentre le scrivi. Devi tu stesso avere paura per i tuoi stessi personaggi. Devi amarli, ma devono anche essere veramente sacrificabili. Oh, e ovviamente, per metterci anche un minimo di pathos, devi essere sinceramente all'oscuro di come diavolo andrà a finire il tuo romanzo. Con l'aggravante, rispetto all'horror, che l'action avviene si svolge in genere in pochissimi letali istanti, cosa sempre difficile da rendere sulla carta.
Ed è davvero difficile 'trovare' qualcosa di simile dentro di sé.










C'era una volta questo signore, nome all'anagrafe Jerry Lee Lewis.


Jerry suonava il pianoforte e per il suo modo di esibirsi dal vivo si guadagnò il soprannome di The Killer, l'assassino: saltava in piedi sul suo pianoforte, urlava, faceva gesti osceni al pubblico. E ovviamente, dal 1957 in poi, iniziò ad inannellare numeri 1 in classifica a profusione.
Non era il solo, il nostro amico era in ottima compagnia di gente come Chuck Berry, Bo Diddley, e Little Richard. Scapestrati che i genitori americani non avrebbero mai voluto vedere con le loro figlie, figlie che erano invece ad urlare e scalpitare sotto i loro palchi.
Droghe, sesso e auto condivano la vita di questi pionieri del rock.
Alcune tra le frasi famose di Jerry:
Per andare in Paradiso bisogna camminare e parlare con Dio, ma io ho il diavolo in me! Se non ce l'avessi sarei un cristiano.”
Non c'è niente al mondo come il fare a pezzi una discoteca di tanto in tanto.”
Fin dall'alba dei tempi, prima ancora di Elvis, il rock si era presentato fumante di zolfo, ribelle e pericoloso come il Diavolo. E così venne dipinto da molti benpensanti dell'America puritana: la musica del diavolo.


Come diventare un Produttore Discografico Professionista



Innanzitutto c’e’ da differenziare la figura del produttore artistico dal produttore esecutivo. Il primo crea il prodotto, il secondo lo finanzia.
Tutto questo pero’ fa parte del passato; in questa epoca in cui la musica e’ per lo più ascoltata in streaming ed ha una vita molto breve, le figure si sono unite e di fatto la maggior parte degli artisti si auto produce.
Questo significa che il singolo artista/gruppo cura sia la parte tecnica che la parte editoriale, in maniera più o meno autonoma, a seconda delle competenze acquisite. Un esempio e’ una band che scrive e compone un pezzo ma non ha le competenze o i mezzi per finalizzarlo, ed a quel punto si dovrà rivolgere ad uno studio e ad un tecnico competente o ad un grafico per la copertina piuttosto che un video maker per la produzione video.
Tuttavia il lavoro di produttore, o meglio producer, sopravvive ancora per merito di alcune figure di spicco soprattutto in ambito hip hop ed r&b, dove personaggi come Timbaland (citando uno dei più famosi), creano hit mondiali per molti artisti diversi, dalla scrittura alla finalizzazione.
Riassumendo, il produttore discografico, artistico o esecutivo che sia, deve avere sicuramente passione per la musica ed un buon bagaglio tecnico.
Deve inoltre avere un attitudine imprenditoriale e deve saper scegliere il pezzo o album migliore da pubblicare in un determinato periodo.
Ultimo, ma non per importanza, un orecchio musicale e sicuramente una buona dose di fortuna!


Il cinema in generale, non solo quello italiano, in questo decennio ha bisogno di:
  • Meno politically correct e più motherfucker

  • Meno film dove attori devono perdere peso, per vincere l’Oscar, perché per vincerlo devi fare interpretazione di questo genere

  • Meno reboot e più idee originali, diciamo no a film come questi
    Ma soprattutto Basta portare avanti saghe cinematografiche ormai alla frutta, tipo queste









Di che cosa ha bisogno un editore per decidere di pubblicare un ...


Intanto, scrivere un bel libro. Non è detto lo sia. Se il tuo genere è affollato deve poter spiccare. Se no i selezionatori lo scartano.
Editalo, cioè cerca di mandare il miglior manoscritto che puoi. Errori, forma bislacca, contenuti insalubri. No. Devono potersi fidare che gli sforni capolavori, non che arranchi.
Consultare il sito dell'editore e verificare le norme di contatto. Di solito vogliono una lettera di presentazione.
Non inviare a tremila editori, scegli! Tanto più quell'editore è affine al tuo testo, tante più chance hai.
A meno che tu non sia ricco, famoso, già pubblicato non importa chi sei. Lettera velocissima e subito al punto. Non gli frega se hai passione, ma come il tuo scrivere si traduce in materia letteraria: obbiettivi, motivazione, messaggio della tua produzione.
Attendi in silenzio. Possono volerci anche 3 mesi prima di un contatto da parte loro (in genere fanno 3 periodi l'anno di selezione, “accumulano” materiale, al termine dei quali contattano chi passa in quello scaglione). Non rompere le scatole con continue mail di sollecito, è il modo di farsi scartare.
Se ti contattano hai vinto!
Se ti dicono di cambiare qualcosa, ingoia il rospo e cambiala.
L'editor HA SEMPRE RAGIONE.
Mai pagare, mai, mai, mai mai, perché è l'editore che ti chiede il permesso di speculare sul tuo prodotto di ingegno, non sei tu che chiedi a lui.






Dipende dall’autore.
In una intervista con George Stroumboulopoulos l’autore George R.R. Martin (noto per aver scritto la serie Game of Thrones) spiega come secondo lui esistono due tipi di autori:
  • L’architetto
  • Il giardiniere
Cercherò di spiegarti in parole povere che cosa significa ognuno di questi concetti.

L’ARCHITETTO
L’architetto è uno scrittore che sa tutto o quasi tutto della storia che vuole scrivere PRIMA che sia scritta.
Questo tipo di autore fa svariate ricerche, struttura la storia (la serie di libri) in dettaglio, e ha già capito la direzione che avrà la sua storia.
Certo, c’è sempre spazio per cambiare qualcosa in futuro, ma il grosso del lavoro di ‘wordbuilding’ lui/lei lo ha già fatto.


Pensa a Tolkien, a quanto ha scritto sul mondo della Terra di Mezzo PRIMA ancora di scrivere e pubblicare Il Signore degli Anelli. Mappe, poesie, storie, dialoghi, disegni, Tolkien aveva già ben chiaro quel mondo anni prima di scrivere il suo lavoro più famoso.
Questo in sostanza racchiude il concetto di scrittore architetto. Una persona che pensa e pianifica ancor prima di scrivere realmente la sua storia.

IL GIARDINIERE
Il giardiniere è un tipo di scrittore fondamentalmente diverso dall’architetto.
Il giardiniere sperimenta e prova cose nuove mentre sta scrivendo la sua storia. A volte, non sa bene dove sta parando, ma comunque continua a scrivere per scoprirlo.
Per lui/lei la scrittura è un processo di ‘discovery’, ovvero scopre mentre scrive. Il mondo che sta creando è perlopiù misterioso anche per lui/lei, ma questo non lo/a spaventa.
Sa che questa scoperta è parte del processo.
Certo, anche lui/lei può avere scritto degli appunti o sapere parti della storia prima di scriverla, ma in generale non ha un’idea precisa di tutto quello che accadrà e di come accadrà.
Il giardiniere è insomma uno sperimentatore che aggiusta e adatta mentre scrive.


Ogni volta che legge la sua storia è molto probabile che cambi (anche pesantemente) personaggi, momenti, descrizioni e avvenimenti.
Ogni rilettura può cambiare radicalmente il suo libro perché il suo libro è plastico, si modella facilmente.
La sua storia è un’avventura in divenire che spesso lo/a sorprende.

LA MIA ESPERIENZA PERSONALE
Ad un certo punto dell’intervista George Martin confessa come secondo lui nessuno scrittore è soltanto un architetto o soltanto un giardiniere.
Ogni scrittore ha in sé sia una che l’altra componente ‘dosata’ in modi diversi.
Io personalmente mi ritengo più un giardiniere.
La mia serie di fantascienza Onniologo è stato un lavoro in costante divenire.


Quando ho scritto e pubblicato il primo libro, Onniologo, avevo solo poche certezze su come sarebbe andata a finire la storia.
Questo ha comportato sia pro che contro.
Infatti in pratica, avevo una maggiore libertà di azione perché non mi ero messo paletti, ma d’altra parte mi sono trovato più volte a riscrivere parti considerevoli della storia (o a togliere interi capitoli), proprio perché non sapevo esattamente dove stavo andando a parare.
Questa è stata una mia scelta, e non me ne pento affatto. Anzi. Ho imparato molte cose da questo processo. È stata una palestra che mi ha costretto a riflettere sul modo in cui scrivo.
Una volta completato Pelargonium, il secondo libro della serie dell’Onniologo, mi sono trovato con le idee più chiare su come volevo continuare la storia.
Avevo più personaggi a mia disposizione, li conoscevo meglio, e in qualche modo sapevo dove stavano andando. Non tutti, ma la maggior parte di loro.
Alla fine del terzo libro, Dominio, sapevo molto meglio come tutto si sarebbe concluso, ma è stato solo con la stesura di Dodekatheon, il quarto e ultimo libro della serie, che ho chiuso il cerchio in un modo che per me aveva davvero senso.

CHE TIPO DI SCRITTORE SEI?
In definitiva, non esiste un solo modo per pianificare una serie di libri.
Ogni autore ha il suo metodo, e questo metodo potrebbe cambiare con il tempo.
Va bene lo stesso, è il tuo metodo! E se per te funziona e ti permette di mettere la parola fine a quella storia, il metodo funziona.
Good luck.


Nella biblioteca di Houghton dell’Università di Harvard è stato scoperto un libro con rilegatura in pelle umana. Le ricerche hanno confermato che un volume di poesie del poeta francese Arsène Houssaye “Dei destini dell’anima”, conservato nella biblioteca sin dal 1954, è stato effettivamente rivestito di un materiale inusuale. All’esame attento del libro, gli esperti hanno scoperto un’annotazione lasciata sul manoscritto dall’amico dell’autore, il dottor Ludovic Bouland, che scrive: “Un libro sull’anima umana merita di avere una copertura umana“. Il personale ha intuito qualcosa di sospetto e ha confrontato la rilegatura dei libri di Houssaye con altri libri rilegati in pelle. La copertina è stata quindi sottoposta ad una perizia da Alan Puglia, specialista in libri antichi il quale ha confermato ciò che si sospettava: il libro è realmente rilegato in pelle umana.






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La domanda richiede una risposta molto complessa, che cercherò di semplificare.
Innanzitutto c’e’ da differenziare la figura del produttore artistico dal produttore esecutivo. Il primo crea il prodotto, il secondo lo finanzia.
Tutto questo pero’ fa parte del passato; in questa epoca in cui la musica e’ per lo più ascoltata in streaming ed ha una vita molto breve, le figure si sono unite e di fatto la maggior parte degli artisti si auto produce.
Questo significa che il singolo artista/gruppo cura sia la parte tecnica che la parte editoriale, in maniera più o meno autonoma, a seconda delle competenze acquisite. Un esempio e’ una band che scrive e compone un pezzo ma non ha le competenze o i mezzi per finalizzarlo, ed a quel punto si dovrà rivolgere ad uno studio e ad un tecnico competente o ad un grafico per la copertina piuttosto che un video maker per la produzione video.
Tuttavia il lavoro di produttore, o meglio producer, sopravvive ancora per merito di alcune figure di spicco soprattutto in ambito hip hop ed r&b, dove personaggi come Timbaland (citando uno dei più famosi), creano hit mondiali per molti artisti diversi, dalla scrittura alla finalizzazione.
Riassumendo, il produttore discografico, artistico o esecutivo che sia, deve avere sicuramente passione per la musica ed un buon bagaglio tecnico.
Deve inoltre avere un attitudine imprenditoriale e deve saper scegliere il pezzo o album migliore da pubblicare in un determinato periodo.
Ultimo, ma non per importanza, un orecchio musicale e sicuramente una buona dose di fortuna!


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In questo periodo storico in cui la musica e’ per lo più ascoltata in streaming ed ha una vita molto breve, le etichette discografiche sono a mio parere superflue, per molti fattori, uno su tutti: la possibilità di auto prodursi!
Questo era possibile anche anni fa, ma oggi più che mai e’ alla portata di tutti, sia economicamente che logisticamente.
L’artista, di fatto, e’ l’etichetta!
Oltre alle capacita’ di registrare e arrangiare un brano in home studio, che do per scontate, bisogna solo trovare il distributore digitale, chiamato anche aggregatore, che fa al caso nostro. Ce ne sono davvero centinaia, con varie tipologie di offerte.
Non obbligatorio ma fortemente consigliato, e’ un piano di marketing legato all’uscita discografica, quali Ads su i principali social networks, ed invio di email promozionali ad eventuali blog musicali e addetti ai lavori.
Molto importante inoltre, avere competenze in vari ambiti legati a tutto ciò che sta intorno alla produzione di un disco, quali artwork, videoclip, foto e post produzione audio, ma anche in questo caso si trovano professionisti del settore in grado di svolgere determinate attività a prezzi decisamente accessibili.
Ultimo, ma non per importanza, sicuramente una buona dose di fortuna!



Ecco qui la mia classifica di alcune celebrità che sono andate troppo oltre con le parole:
7. Christian Bale

Bale fece parlare di sé quando una sua invettiva lanciata sul set di Terminator (tuttora facilmente reperibile sul web) nel Luglio 2008 fece l’en plein su You Tube, (in seguito, fu addirittura rilasciato un Remix della traccia). In questa, in un'evidente esplosione da accumulo di stress, Bale spadroneggia offendendo abbastanza pesantemente il direttore della fotografia di Terminator Salvation in un violento sfogo emotivo. Bale poi si scusò per l’accaduto ed il suo linguaggio scurrile in un’intervista su una stazione radio Californiana,
Beh, che dire, anche il lavoro dell’attore può essere stressante.

6. Mel Gibson


Durante un arresto per guida sotto l’influenza, un ubriaco Gibson (nel mezzo di una lunga ciarla) disse al poliziotto che stava effettuando l’arresto:
“Fott**i ebrei. Gli ebrei sono responsabili per tutte le guerre finora avvenute. Sei ebreo?”
Gibson poi si scusò per il suo comportamento, ottenebrato dai fumi dell’alcol.

5.Hulk Hogan


Nel periodo in cui sua figlia usciva con un uomo di colore, Hogan fu sorpreso a fare questa osservazione:
“[…] Cioè, se proprio ma proprio si dovesse sc*****e un neg*o, preferirei si sco***se un neg*one di due metri con cento milioni in conto in banca! Sì, tipo uno dell’NBA. Eh, vabbè dai, cosa ci vuoi fare… Siamo tutti un po' razzisti.
Neg*o del c*zzo!”
Hogan venne poi licenziato dalla WWE per questi suoi commenti.

4. Ice Cube


Il rapper Ice Cube (aka il Musulmano che beve, fuma e mangia bacon) ha fatto parlare di sé più volte nel corso della sua carriera, per aver apparentemente trasformato la sua “lotta per i diritti degli afro-americani[a scopo di lucro]” in un qualcosa di estremamente simile ad una discriminazione a priori verso l’uomo bianco (cioè, solo nelle sue canzoni, ovviamente, mai nei suoi film Hollywoodiani con contratti a sette zeri). Ma l’episodio che vado a citare avvenne in realtà all’inizio della sua carriera, con il rilascio del famoso dis No Vaseline (per chi non lo sapesse, una canzone di disrispetto è una traccia musicale che un ‘rapper’ registra per insultare o rispondere agli insulti di un altro/i rapper), in cui Cube si riferisce al manager del suo ex-gruppo (gli NWA), Jerry Heller, in questo modo:
[…] Questo è un caso di divide et impera,
Perché hai lasciato un ebreo rompere la mia band
e
Ho sentito che avete lo stesso conto in banca
Stupido negro! Ma come caz*o pensi?
Liberati di quel diavolo facilmente
Mettendogli un proiettile tra le tempie
Perchè non puoi essere un NWA 4life,
Con un giudeo bianco che ti dice cosa fare,
Ficcando lana negli occhi con le tue trovate,
Mentre io ora devo recitare
Il Silenzio degli Agnelli (Innocenti)
Il rabbino di Los Angeles, in seguito, criticò Cube per queste liriche, e quest’ultimo gli rispose con:
“E’ sbagliato che quel rabbino mi chiami antisemita. Io rispetto gli ebrei, perché a differenza di noi neg*i, loro sono uniti.”

3. Tupac Shakur


I sopraccitati ‘dis’, nel mondo hip hop, hanno vari livelli di intensità e magnitudo. Si inizia con l’offendere le qualità liriche di un avversario, si passa poi a criticarne l’aspetto fisico, la moralità, la sua verosimile ipocrisia, fino a poi passare da offese ‘cliché’ (rivolte, tipicamente, alla madre) a critiche studiate per offendere nel dettaglio un familiare dell’avversario. Esiste però anche una linea che qualsiasi rapper con un minimo di, non dico bontà, ma empatia e rispetto non dovrebbe mai superare.
Con il rilascio di Hit ‘em Up, un dis indirizzato in primis al rivale Biggie Smalls, ma in realtà anche alla ‘East Coast’ più in generale, Shakur—dopo una prima parte di liriche abbondanti in insulti e bestemmie ai massimi livelli consentiti da legge e buon senso, procedette a superare questi ultimi, tirando in ballo l’anemia drepanoctica di Prodigy, uno dei tanti bersagli del suo dis:
Oh, già, Mobb Deep, volete scherzare con noi?
Voi piccoli nanerottoli figli di put*ana,
Uno di voi neg*i non aveva anemia [drepanoctica] o robe varie?
Stai facendo il mona con me, neg*o,
Fai il mona e ti bruschi un ictus, o un infarto
Ti conviene andare indietro tutta
Prima che la situ si faccia brutta
Prodigy (co-fondatore di Mobb Depp, considerati uno tra i migliori gruppi Hip Hop Americani della storia) passò a miglior vita nel giugno del 2017, a soli 42 anni, per complicazioni dovute alla sua lunga battaglia con la malattia.

2. Dr. Dre


Il motivo per cui non ho messo questo individuo al primo posto è che, tecnicamente, le sue non sono state parole, ma un gesto; ed anche se quest’ultimo parla più di un libro intero, esso non rientra, tecnicamente, nei limiti di questa lista.
Ma non potevo fare a meno di aggiungerlo.
L’ex gansta-rapper, ora miliardario, Dr. Dre, aggredì e lasciò in brutte condizioni la giornalista di Fox Dee Barnes, nel Gennaio 1991. Barnes dichiarò che
“[I]niziò con il prendermi la testa e sbattere questa e la parte destra del mio corpo ripetutamente contro un muro vicino alle scale […]”
Le ‘scuse’ di Dre furono le seguenti:
“Gente parla un sacco di caz*ate, ma sai, quando qualcuno fotte me, io poi fotterò lui. L’ho fatto e basta. [sic] C’è niente che puoi cambiare parlandone ora. Inoltre, non è niente di grave—l’ho solo lanciata attraverso una porta.”
Dre è stato accusato da tutte le sue ex-mogli e da più di una co-produttrice di violenza.
Famoso per essere stato in passato membro e ballerino di un gruppo electro-pop molto ‘chic’, per poi assumere improvvisamente atteggiamenti da gangster a seguito della formazione degli NWA, pur non essendone mai stato uno nella vita reale (sì perché Dre crebbe in una famiglia benestante—che scappò da Compton proprio per via della diffusa criminalità—non andò mai in carcere, e non subì nemmeno una denuncia); Dre sentiva forse il bisogno di affermare la sua ‘machezza’ e potenziale criminale con queste azioni A parer mio, tuttavia, picchiare le donne non è un gesto che ci rende più uomini; al massimo, è l’esatto opposto.

1. Mark Wahlberg


La co-star di Mel Gibson in Daddy’s Home 2 ha in realtà molti più scheletri nell’armadio del fittizio padre nella commedia natalizia, e la magnitudo delle sue ‘gesta’ sormonta di gran lunga quella dell’invettiva alcolica di Mel.
  • Nel 1986, Wahlberg ed acluni suoi amici furono denunciati per aver lanciato pietre ad un gruppo di ragazzini di colore, canticchiando “Ammazza il neg*o! Ammazza il neg*o!” Il giorno dopo, Wahlberg e la sua gang seguirono un gruppo di alunni durante una gita sulla spiaggia, li colpirono con dei sassi, ed urlarono loro frasi razziste. Un’azione civile fu messa in atto, ed il caso fu chiuso entro la fine del mese successivo.
  • Nell’Aprile del 1988, Wahlberg (da solo, questa volta) assalì un uomo di origine Vietnamita nel bel mezzo della strada, chiamandolo “Fottuta mer*a Vietnamese”, e facendogli poi perdere i sensi per mezzo di un grosso stecco di legno. Poche ore dopo, Wahlberg attaccò un secondo Vietnamita, colpendolo in questa occasione nell’occhio, con un cazzotto. I poliziotti che si recarono sulla scena per arrestare Wahlberg notarono il suo linguaggio ricco di epiteti razzisti. Quando gli agenti riportarono Wahlberg sulla scena della prima aggressione, al fine di farlo identificare, Wahlberg disse loro:
“Non c’è bisogno di lasciare che mi identifichi, ve lo dico io ora: quello è il figlio di put*ana la cui testa ho spaccato!”
Stando alle dichiarazioni di Wahlberg, egli avrebbe strappato l’occhio della sua seconda vittima, ma questa, in seguito, dichiarò di aver perso l’occhio in Vietnam. Wahlberg fu accusato di tentato omicidio, e condannato a due anni di reclusione, anche se alla fine uscì dopo appena 45 giorni.
  • Nel 1992 (quando la fama era già arrivata, quindi; ovvero dopo il suo multi-platino Music for the People—per chi non lo sapesse, Wahlberg raggiunse la fama come rapper, inizialmente, e solo dopo passò al cinema), Wahlberg, senza alcun motivo, tirò un cazzotto ad un vicino, fratturando la mandibola di quest’ultimo.
  • Dopo aver chiesto pubblicamente scusa, nel 2014, Wahlberg chiese il perdono per le sue condanne, suscitando aspre critiche. Uno dei ora cresciuti ragazzini di colore si oppose pubblicamente, dichiarando che “Un razzista rimarrà sempre un razzista.”
Nel 2016, Wahlberg si scusò per aver cercato di ottenere il perdono, e la sua petizione fu rimossa.