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Vorrei dire una cosa a proposito della case discografiche: non funziona così. Forse 5 gruppi in tutta la storia sono diventati famosi mandando le loro risposte alle case discografiche, il resto delle volte le case discografiche nemmeno ascoltano quello che le mandi, per due motivi:
  1. Ormai è troppo rischioso investire su un gruppo agli inizi, conviene dare un contratto a chi è già abbastanza conosciuto localmente o che abbia numeri solidi di seguaci sui social network, quindi un consiglio vero è quello di costruirti una piattaforma e cercate di ottenere fan veri che inizino a dare notorietà alla tua musica.
  2. Corrono un rischio enorme che tu possa denunciarli per violazione di copyright, questo per le grandi aziende è fastidiosissimo, per cui preferiscono cestinare la tua demo prima ancora che la ascoltino.
Un consiglio che posso darti per farti apprezzare la possibilità che in futuro ti firmi una casa discografica è fare tutto da solo. Impara la produzione, impara a fare la grafica di YouTube e della copertina, impara a fare il video musicale e impara a farti del marketing da solo. Solo quando saprai fare tutto da te potrai apprezzare quando te lo farà qualcun altro e valorizzerai il loro lavoro.






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La Beat Generation fu un movimento giovanile che trovò anche una sua espressione in campo artistico, poetico e letterario sviluppatosi dal secondo dopoguerra e principalmente negli anni cinquanta negli Stati Uniti.
Nasce da un gruppo di scrittori americani e viene alla ribalta nel 1950, così come i fenomeni culturali da esso ispirati. Gli elementi centrali della cultura "Beat" sono: il rifiuto di norme imposte, le innovazioni nello stile, la sperimentazione delle droghe, la sessualità alternativa, l'interesse per la religione orientale, un rifiuto del materialismo, e rappresentazioni esplicite e crude della condizione umana.
Della Beat Generation fanno parte inoltre i movimenti culturali del maggio 1968: l'opposizione alla guerra del Vietnam, gli Hippy di Berkeley e Woodstock. Uno degli esempi della ribellione giovanile degli anni cinquanta, come la «gioventù bruciata», tra gli autori di riferimento vanno citati Jack Kerouac, Lucien Carr, Allen Ginsberg, William S. Burroughs, Gregory Corso, Neal Cassady, Gary Snyder, Lawrence Ferlinghetti e Norman Mailer.

Figure, elementi ed eventi significativi
Origine del nome
Jack Kerouac ha introdotto l'espressione Beat Generation nel 1948, per caratterizzare quel movimento giovanile anticonformista emergente dell'underground newyorkese. Il nome nasce da una conversazione con lo scrittore John Clellon Holmes. In realtà fu Herbert Huncke, che, e lo riconobbe anche lo stesso Kerouac, originariamente, utilizzò la parola beat in una precedente discussione.
L'aggettivo beat potrebbe colloquialmente significare stanco o abbattuto, in riferimento alla comunità afroamericana del periodo, ma Kerouac fa sua quell'immagine e altera il significato includendo le connotazioni di ottimista, beato, e l'associazione musicale essere sul beat. Kerouac, devoto cattolico fin dall'infanzia, ha più volte spiegato che, nel descrivere la sua generazione come "beat", ha cercato di catturare la "sacralità" segreta degli oppressi.
John Clellon Holmes definisce il movimento in un articolo in qualità di manifesto estetico, pubblicato sul New York Times nel mese di novembre del 1952, dal titolo This Is the Beat Generation.

Columbia University
È opinione comune che la Beat Generation abbia avuto fisicamente inizio alla Columbia University, nell'occasione dell'incontro di Kerouac, Ginsberg, Lucien Carr, Hal Chase e altri. Anche se questi personaggi sono conosciuti di fatto come anti-accademici, molte delle loro idee si sono formate in risposta a professori come Lionel Trilling e Mark Van Doren. Carr e Ginsberg, compagni di scuola, osservarono la necessità di individuare una "nuova visione", concependo un ideale di rottura, in contrasto con la "tradizione" idealistica e letteraria dei loro professori.
Burroughs venne introdotto nel gruppo grazie ad un vecchio amico, David Kammerer. Carr aveva fatto amicizia con la matricola Allen Ginsberg presentandolo a Kammerer e Burroughs. Carr conosceva anche la fidanzata di Kerouac, Edie Parker; fu grazie a lei che, nel 1944, Burroughs ha incontrato Kerouac.
Il 13 agosto 1944, Carr uccise Kammerer con un coltello da Boy Scout a Riverside Park, affermando in seguito di averlo fatto per legittima difesa. Carr si costituì il mattino seguente, fu poi dichiarato colpevole di omicidio colposo, mentre Kerouac accusato di favoreggiamento e Burroughs come testimone, ma nessuno venne perseguito. Kerouac ha scritto in merito a questo episodio due volte nelle sue opere: una volta nel suo primo romanzo, The Town and the City, e ancora una volta in uno dei suoi ultimi, Vanity di Duluoz. Sull'omicidio, ha scritto anche un romanzo in collaborazione con Burroughs, And the Hippos Were Boiled in Their Tanks.

Neal Cassady
Neal Cassady venne introdotto nel gruppo nel 1947; fu un personaggio di rottura, una sorta di "musa" maschile per Ginsberg. Ebbero una relazione e Ginsberg divenne il tutor-writing personale di Cassady. I viaggi stradali della fine del 1940 di Kerouac e Cassady, divennero il centro del suo secondo romanzo, Sulla strada (On the Road).

Accezioni del termine beat in italiano
I significati che si possono attribuire alla parola «beat» in italiano sono molteplici. Beat, gli venne attribuito il significato di beatitudine (beatitude), nel senso di salvezza ascetica ed estatica, tipica dello spiritualismo Zen, ma anche aderente al falso misticismo indotto dalle droghe, dall'alcol, dall'incontro carnale e frenetico, dal parlare incessantemente, con lo scopo di scaricare tutti i contenuti mentali. Beat può anche essere tradotto con «battuto», «sconfitto»: denota l'inevitabile sconfitta dovuta alla società, dalle sue costrizioni, dagli schemi imposti ed inattaccabili; beat è il richiamo alla vita libera e alla consapevolezza dell'istante.
Beat come ribellione. Beat come battito. Beat come ritmo. Il ritmo della musica jazz, che si ascolta in quegli anni, il ritmo del be bop e della cadenza dei versi nelle poesie. Il jazz di Frisco, frenetico, sudato, vissuto e catartico; il jazz di Charlie Parker, "The bird", personaggio eroico e deificato da questa generazione; la poesia di Carlo Marx (Allen Ginsberg) declamata fino a tarda notte, e i versi sconnessi dei Mexico City Blues o della poesia "Mare, suoni dell'Oceano Pacifico a Big Sur", da appendice a "Big Sur" di Kerouac. "Essere Beat" significa la scoperta di sé stessi, della vita sulla strada, del sesso liberato dai pregiudizi, della droga libera, dei valori umani, della coscienza collettiva. Beat non è politica, nonostante molti movimenti abbiano nella politica la loro origine. Beat non è religione, nonostante sia forte la componente spirituale.
«Aiuteremo a modificare le leggi che governavano i cosiddetti paesi civili di oggi: leggi che hanno coperto la Terra di polizia segreta, campi di concentramento, oppressione, schiavitù, guerra, morte»
(Allen Ginsberg)
In principio vi erano gli hipster. Questo gruppo di figure distaccate, rappresenta la corrente esistenzialista statunitense, che riconosce il rischio di una guerra atomica, sente il peso oppressivo della società consumistica statunitense del dopoguerra e dell'asfissiante standardizzazione delle masse. Gli hipster sono distaccati, conoscono i pericoli, quindi si "licenziano dalla società", iniziando ad contattare la loro essenza. Gli hipster sono tipi seri, falsamente e misticamente in preda all'eroina che Kerouac descrive nella prima parte de I sotterranei. Accanto a questi personaggi, emergono i beat, giovani sofferenti, spesso dediti all'alcol e alla marijuana, poeti, romanzieri, che vorrebbero condividere con l'umanità il loro amore per il tutto, invece si sentono incompresi. Per il loro stile di vita sono accomunati spesso alla "Lost Generation", alla "Generazione Perduta", e, per stessa ammissione di molti scrittori beat, Whitman ed Hemingway sono alle origini delle loro creazioni letterarie. In realtà, il movimento beat ebbe una portata assai più sconvolgente, grazie anche a diverse coincidenza avvenute nel periodo in cui emerse.
«l'hipster caldo è il folle dagli occhi scintillanti, innocente e dal cuore aperto, chiacchierone, che corre da un bar all'altro, da una casa all'altra, alla ricerca di tutti, gridando irrequieto […].»
(Jack Kerouac)
Simbolo del beat è, di certo, Neal Cassady, ispirazione di molte opere di Kerouac, ma anche di Ginsberg, citato da altri autori statunitensi, quali Charles Bukowski, per l'eccezionale personalità che "l'ultimo sacro idiota d'America" riusciva a deflagrare, ad esplodere. Il movimento beat è una "corsa velocissima" che lascia il segno: pochi sono riusciti a fermarsi prima del punto di non ritorno, una "gioventù bruciata".
Il movimento è sostanzialmente frutto di un'utopia che nasce all'interno di un gruppo di amici, amanti della letteratura e completamente saturi della società che vivono, delle regole, dei tabù. I beat desiderano scappare, viaggiare, fare l'autostop fino a dove possono arrivare, ma non per un senso di fuga dalle responsabilità, ma per trovarsi da soli nuove regole e stili di vita. Da qui viene l'avvicinamento alla spiritualità Zen, al cattolicesimo, al taoismo, che tanto viene approfondito, discusso e rimodellato in un'ottica beat; ma da qui viene anche l'abuso di sostanze stupefacenti, di alcol per trovare un nuovo sistema di regole, per tentare di sedare la sofferenza e per riunire l'io e il Tutto.
Inizialmente, il movimento beat, anche grazie al successo del libro di Kerouac, Sulla strada, raccoglie un grande consenso e dà vita al movimento dei figli dei fiori e dei beatniks. Entrambi i gruppi saranno motivo di grave malcontento della società contro gli scrittori beat che, per il loro modo di vivere, non sembravano differenziarsi da questi personaggi che intendevano tutta la corrente, come una rivolta contro la borghesia statunitense che infine sfocerà nella protesta contro la guerra del Vietnam. Ad un certo punto essere beat diventa scomodo sia per gli attacchi pressanti delle associazioni statunitensi, che per le intrusioni nella sfera personale da parte di fan e giornalisti che vedevano in questi uomini dei simboli di una rivolta che non avevano il coraggio di iniziare.
«[…] un fiume inesauribile di telegrammi, telefonate, visite, giornalisti, ficcanaso, o quella volta che il giornalista si precipitò di sopra in camera mia mentre vi sedevo in pigiama sforzandomi di trascrivere un sogno… teenager scavalcano lo steccato alto un metro e ottanta che avevo fatto costruire intorno al giardino per restare solo…»
(Big Sur)
Inizialmente la compagine dei beat era formata dalla triade composta da Kerouac, Neal Cassady e Allen Ginsberg che si incontrava con altri ragazzi al Greenwich Village di New York, discutevano, si divertivano, e condividevano i propri lavori fino a tarda notte. Pur essendo più anziano, anche William Burroughs venne considerato un elemento importante di questa prima formazione, seppur la sua figura sia, per i giovanissimi Kerouac e Ginsberg, meglio definibile come quella di una guida utile per districarsi attraverso i meandri della letteratura e della filosofia. Sarà una fase ricca di viaggi negli USA, specie verso San Francisco, di fama, ma anche di momenti storici come il Vietnam, la paura dell'atomica, le rivendicazioni razziali e studentesche.
In seguito si aggiungeranno Gary Snyder, Lawrence Ferlinghetti e Gregory Corso, spesso considerato il migliore della trinità Beat e che instaurerà proprio con Kerouac, il re dei beatniks, un rapporto contrastato di odio, amore e amicizia in chiave beat. Quando Ginsberg si trasferì a San Francisco, sede di tutti i beat e residenza del "santone" Henry Miller, idolo assoluto di questo movimento, iniziò una fase che molti considerano della "Scuola di San Francisco", ma sulla quale non v'è molto da aggiungere se non il fatto che Ferlinghetti, nella sua libreria City Lights Bookstore nel North Beach di San Francisco, pubblicò alcune opere beat tra cui il poema Howl, uno dei più famosi manifesti del movimento. Il movimento, con il tempo, andò via via scemando, come idea di gruppo, di pari passo con la fine delle contestazioni. Si lasciò dietro le morti premature di Cassady e Kerouac, una lunga disapprovazione sociale, soprattutto dovuto all'uso delle droghe, e tante opere che ancora oggi sono custodite presso City Lights, diffuse e stampate in molte lingue e in molti stati. Nonostante tutto, si porta dietro la leggenda di quei ragazzi che giravano sulla strada, verso l'ignoto, e che ancora oggi stimolano le fantasie di milioni di persone.

«È stato un fuorilegge il padre della nostra patria? Sì. È stato un fuorilegge Galileo per aver detto che il mondo è rotondo? Io dico che il mondo è rotondo! Non è square»
(The origins of the beat generation, Kerouac)

All'origine del movimento negli USA vi sono probabilmente figure più o meno vicine al movimento del Trascendentalismo ottocentesco, fra cui spiccano Ralph Waldo Emerson, Henry David Thoreau e Walt Whitman. Fra i movimenti affini, ma storicamente troppo distanti, ci sono quelli cinici della Grecia antica.

Definizione del genere
«La Beat Generation è un gruppo di bambini all'angolo della strada che parlano della fine del mondo»
(Jack Kerouac)
Gli autori beat riprendono e amplificano i temi della contestazione giovanile della loro epoca, che, partendo da una critica radicale alla guerra del Vietnam, si estendono all'intero sistema statunitense, mettendo in discussione la segregazione razziale dei neri, la condizione subordinata della donna, le discriminazioni in base all'orientamento sessuale.
I giovani beat studiano il neoplatonismo di Plotino, le teorie cosmogoniche contenute nel libro Eureka di Edgar Allan Poe, le poesie mistiche, i trattati ascetici di San Giovanni della Croce, la telepatia e la cabala[9].
Scrivono di viaggi mentali - anche mediante la sperimentazione psichedelica di droghe quali l'LSD - e fisici, in lungo e in largo attraverso le strade degli USA, come ad esempio Sulla strada di Kerouac, scritto viaggiando in autostop da una costa all'altra degli Stati Uniti.

Il Beat in Italia
È stata Fernanda Pivano, con le sue traduzioni, a favorire la conoscenza del pensiero Beat in Italia, agevolata dal fatto di essere amica di diversi autori della beat generation, ed autrice di molte prefazioni delle loro opere.
Molti "appartenenti" alla Beat Generation, in diversi momenti vennero in Italia. Alcuni per trovarvi ispirazione[10]. Allen Ginsberg al Festival di Spoleto del 1965. Jack Kerouac, nell'ottobre del 1966 protagonista di un tour di conferenze, organizzato dalla Mondadori, in alcune di esse facendosi accompagnare dal cantautore Gian Pieretti.
Poesia, letteratura, musica e stili di vita vennero, in qualche modo, coinvolti e condizionati da queste presenze.

Poesia e letteratura
A differenza di quello che avvenne negli USA, la poesia e la letteratura di ispirazione beat in Italia si sviluppò dal 1965 ai primi anni settanta, in un lungo crepuscolo, che si esaurì solo alle soglie degli '80. Tra i punti di riferimento, la libreria Hellas e l'editrice Pitecantropus, il Beat '72, l'aperiodico, "I lunghi piedi dell'uomo" curato da Poppi Ranchetti e la rivista Pianeta Fresco, ispirata e diretta da Fernanda Pivano, per un certo periodo anche stimolo diretto per molti giovani creativi che incontrava spesso nella sua abitazione milanese di via Manzoni.
Tra i poeti beat di lingua italiana si ricordano Gianni Milano, Vasco Are, Aldo Piromalli, Vittorio di Russo, Carlo Silvestro e il ticinese Franco Beltrametti. Tra gli scrittori, Silla Ferradini, autore molto underground di un solo libro, I Fiori Chiari, cronaca della scena Beat milanese anni sessanta, Andrea D'Anna con il romanzo psichedelico Il Paradiso delle Urì, Melchiorre Gerbino con Gamla Stan, Gianni De Martino con Hotel Oasis.
Negli anni settanta la deriva beat influenzò ancora alcuni giovani autori italiani che nel frattempo avevano stravolto le loro visioni poetiche filtrandole attraverso l'influenza della freak-generation nord-statunitense. Da ricordare, tra questi, Giulio Tedeschi editore di Tampax, organizzatore di letture pubbliche di poesia e musica, e autore di "Madras Ice Cream", Piero Verni e il ticinese Antonio Rodriguez, curatore della rivista psichedelica Paria.

Mondo Beat
A metà anni sessanta, il circolo anarchico Sacco e Vanzetti di Milano divenne per un certo periodo un punto di appoggio del movimento beat. Furono Vittorio Di Russo, Melchiorre Gerbino, Renzo Freschi, Gennaro De Miranda e il finanziatore Umberto Tiboni, a ideare il titolo di "Mondo Beat", sicché Melchiorre Gerbino a partire dal n.1, fu incaricato dal gruppo di registrare la nuova testata in Tribunale. "Mondo Beat" è considerata la prima rivista underground italiana : inizia le pubblicazioni nel novembre 1966. In tutto ne uscirono sette numeri. Ben presto, la rivista "Mondo Beat" divenne la "voce" del movimento dei "capelloni" e ispiratrice di una libera comunità denominata dai suoi abitanti, "il campeggio", creata in una zona che negli anni 60 era la periferia di Milano, in via Ripamonti. La stampa "benpensante" inizia una forte campagna tesa a denunciare il fenomeno Beat, accusando gli occupanti della tendopoli, di contravvenire alle regole della moralità, e di rappresentare un serio pericolo di pandemia, a causa delle precarie condizioni igieniche. Le squadre della polizia iniziano a perquisire sistematicamente la tendopoli, alla ricerca di minorenni "scappati di casa" che trovano facile rifugio nelle tende del movimento. In seguito ad alcune perquisizioni avvenute con "modi bruschi", il 7 marzo 1967, un centinaio di "capelloni" inscena una manifestazione per protestare contro la brutalità della Polizia venendo poi caricata da un reparto della Celere. Il 12 giugno 1967 la tendopoli di via Ripamonti viene sgomberata dalla forze di Polizia e rasa al suolo dagli operatori comunali del SID, intervenuti con i lanciafiamme. Molti degli occupanti vengono fermati ed allontanati dalla città con foglio di via. Dopo l'uscita del n. 5, luglio 1967, anche "Mondo Beat" cessa le pubblicazioni.

La musica
Il beat in Italia scatenò un fiorire di complessi: l'Equipe 84, i Dik Dik, I Corvi, I Camaleonti, i Nomadi, I Delfini o il riscoperto gruppo cult I tubi lungimiranti, sono solo alcuni tra gli esponenti, e di solisti: Riki Maiocchi, Gian Pieretti, Patty Pravo, Caterina Caselli ed altri, e di case discografiche. Questo fiorire condusse alla nascita di riviste musicali nate espressamente per i giovani, Ciao amici, Giovani, Big, di locali dedicati espressamente alla musica beat, il Piper Club di Roma è il più noto, ma ne nacquero in ogni città, a Torino ad esempio La Perla, di concorsi musicali legati al beat, il più noto di tutti fu il Rapallo Davoli, ed al diffondersi in ogni città d'Italia di punti di aggregazione per i "capelloni", tra cui, piazza di Spagna e piazza Navona a Roma o piazza Castello a Torino.

Il Beat al cinema
Il film Pull My Daisy, del 1959, di Robert Frank e Alfred Leslie, è ritenuto il manifesto del cinema beat: la voce fuori campo è di Jack Kerouac e fra gli attori compaiono Peter Orlovsky, Allen Ginsberg e Gregory Corso. La breve narrazione (di 28 minuti) di una divagante chiacchierata tra amici gioca sul cortocircuito tra modi e strutture della finzione e istanze di realismo documentario.
Del 1960 è La nostra vita comincia di notte, di Herman Rhudell McDougall; del 1987 The Beat Generation: An American Dream, con Burroughs, Cassady, Corso, Kerouac, Ginsberg e Ferlinghetti; del 1990 The Beats - L'urlo ribelle, mockumentary incentrato soprattutto sull'incontro e sul rapporto tra i fondatori e sull'influenza del movimento beat sulle generazioni successive. Del 1991 è Il pasto nudo (Naked Lunch), di David Cronenberg, tratto dall'omonimo romanzo di William Seward Burroughs; del 1959 e del 2010 è il film, Urlo scritto e diretto da Rob Epstein e Jeffrey Friedman, che racconta la vita del celebre poeta beat Allen Ginsberg, interpretato da James Franco.
Nel 2013 è stato realizzato il film Giovani ribelli - Kill Your Darlings, tratto dal romanzo E gli ippopotami si sono lessati nelle loro vasche scritto a quattro mani da Jack Kerouac e William S. Burroughs, il quale racconta la nota vicenda dell'omicidio di David Kammerer da parte di Lucien Carr.
Nel 2015 è stato realizzato il docufilm Bomb! Burning fantasy di Matteo Scarfò, con Nick Mancuso, sulla vita e la poesia di Gregory Corso.




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Oltre una certa età la musica può interferire con alcuni tipi di memoria nella fase di apprendimento: ecco il brutto scherzo che gioca sul ricordo dei nomi di persona.

La musica aiuta a rilassarsi, a darsi la carica e a ritrovare la concentrazione. Ma per chi ha difficoltà a memorizzare e rievocare i nomi di persona - specialmente per gli anziani - potrebbe risultare controproducente, persino distraente. La conferma a un fatto che molti di noi avranno già avuto modo di osservare arriva da uno studio del Georgia Institute of Technology.


IL TEST. I ricercatori hanno reclutato un gruppo di 117 soggetti, tra cui 57 studenti universitari (18-30 anni) e 60 uomini e donne tra i 60 e i 75 anni.
Ai partecipanti sono state fatte osservare foto di facce associate a nomi propri di persona, ed è stato chiesto di dire se i volti mostrati "stessero bene" con il nome associato.
Qualche minuto dopo i volti sono stati riproposti con un nome a caso in associazione, e ai soggetti è stato chiesto di ricordare se l'abbinamento fosse quello corretto.

EFFETTO INDESIDERATO. Una parte di volontari ha compiuto il test in silenzio, una parte con una musica non parlata di sottofondo (rumore di pioggia associato a musica, o musica rock poco conosciuta e senza parole). I giovani non hanno avuto problemi nei compiti di rievocazione; i soggetti anziani hanno ricordato il 10% di nomi in meno se durante l'apprendimento avevano ascoltato musica (che entrambe le fasce di età hanno comunque trovato distraente).

DOPPIO ASCOLTO. È vero che, in alcuni casi, la musica può facilitare la rievocazione dei ricordi (specie quelli autobiografici). Fate ascoltare una canzone a qualcuno in un dato momento, e fategliela riascoltare qualche tempo dopo: i ricordi della prima esperienza riemergeranno con estrema facilità.

TROPPA DISTRAZIONE. In questo caso, però, la musica è stata fatta ascoltare solo in fase di apprendimento, e in una fascia d'età - quella degli anziani - in cui alcuni tipi di memoria subiscono peggioramenti. Tra questi spicca la memoria di lavoro, quella che ci permette di svolgere più compiti cognitivi complessi contemporaneamente: in questo caso, associare alla foto di un volto il relativo nome. Per gli anziani coinvolti, la musica ha agito da stimolo distraente, andando a interferire su un compito che richiedeva concentrazione.

UNA COSA ALLA VOLTA. Che con l'avanzare dell'età si faccia più fatica a svolgere più compiti cognitivi contemporaneamente è cosa risaputa: negli anziani per esempio, l'effetto "cocktail party" - quello che permette di concentrarsi su una conversazione a una festa, ignorando quanto accade intorno - funziona meno. La scoperta potrebbe rivelarsi utile per quanti debbano scegliere il luogo più adatto allo studio o a una riunione di lavoro: se siete un po' avanti con gli anni, meno optare per una sala silenziosa.


Risultato immagini per North Beach (San Francisco)



North Beach è uno storico e vivace quartiere di San Francisco in California. Noto come "Little Italy", è celebre per l'atmosfera beatnik che si respira passeggiando tra i caffè, le librerie e i locali notturni all'insegna del jazz, del blues e dell'opera.
Situato nei pressi del quartiere cinese, tra Columbus Avenue, Broadway, e Mason Street, North Beach lega indissolubilmente la sua fama alla Beat Generation e ai suoi capofila, quali Lawrence Ferlinghetti e Allen Ginsberg. Centro propulsore delle idee, del pensiero, e della letteratura Beat è da considerarsi la popolare libreria City Lights, fondata dal poeta Ferlinghetti negli anni 50. Accanto al Bookstore, oltrepassato il Jack Kerouac Alley, il Café Vesuvio rappresenta un altro animato punto di riferimento dell'epoca Beat.
Dal punto di vista del culto religioso, la Chiesa dei Santi Pietro e Paolo, in Washington Square, rappresenta il luogo di congregazione della comunità italiana; insieme alla Coit Tower, le due guglie gemelle della Saints Peter and Paul Church simboleggiano, visibilmente, il quartiere di North Beach.


Risultato immagini per Diane di Prima

Diane di Prima (Brooklyn, 6 agosto 1934) è una poetessa statunitense della Beat Generation.

Biografia
Nata a Brooklyn, studiò allo Swarthmore College. Di origini italiane, suo nonno materno, Domenico Mallozzi, è stato un attivo anarchico. Diane di Prima cominciò a scrivere che era ancora una bambina. A diciannove anni conobbe Ezra Pound e Kenneth Patchen. Fino al 1960 visse a Manhattan, dove prese parte al movimento beat.
La sua prima raccolta poetica, This Kind of Bird Flies Backwards, venne pubblicata nel 1958 dalla Totem Press, di Hettie e LeRoi Jones.
Nel 1962 conobbe il maestro Zen Suzuki Roshi, grazie al quale si avvicinò al buddhismo, praticando la meditazione. Dopo la morte del suo primo maestro, fu discepola di Chogyam Trungpa Rimpoche.
È una delle poetesse più attive della Beat Generation.
Diane di Prima pubblicò The Floating Bear con Amiri Baraka (LeRoi Jones) ed insieme fondarono il New York Poets Theatre. Ha fondato, inoltre, la Poets Press.
Nel 1966 si è trasferita a Millbrook, entrando nella comunità psichedelica di Timothy Leary. Nel 1969 ha pubblicato il racconto della sua esperienza beat in Memoirs of a Beatnik.
Nel 1970 si è trasferita in California, dove vive tuttora. Qui è entrata a far parte del movimento Diggers ed ha studiato il Buddhismo, il sanscrito, lo gnosticismo e l'alchimia. È qui che ha pubblicato il suo lavoro maggiore, il poema Loba, nel 1978.
Attualmente insegna, ed ha pubblicato trentacinque raccolte poetiche. Una selezione di poesie è stata raccolta in Pieces of a Song, nel 1990, e del 2001 sono le sue memorie, Recollections of My Life as a Woman.

Opere
  • This Kind of Bird Flies Backward (Totem Press, New York, 1958)
  • Various Fables from Various Places (G.P. Putnam, New York, 1960)
  • Dinners and Nightmares (Corinth Press, New York, 1961)
  • The New Handbook of Heaven (Auerhahn Press, San Francisco, 1962)
  • The Man Condemned to Death (1963)
  • Poets' Vaudeville (Feed Folly Press, New York, 1964)
  • Seven Love Poems from the Middle Latin (Poets Press, 1965)
  • Haiku (Love Press, Topanga, CA, 1966)
  • New Mexico Poem (Poets Press, New York, 1967)
  • Earthsong (Poets Press, New York, 1968)
  • Hotel Albert (Poets Press, New York, 1968)
  • War Poems (Poets Press, New York, 1968)
  • Memoirs of a Beatnik (Olympia Press, Paris and New York, 1969)
  • L.A. Odyssey (Poets Press, San Francisco, 1969)
  • The Book of Hours (Brownstone Press, New York 1970)
  • Kerhonkson Journal (Oyez, Berkeley, 1971)
  • Revolutionary Letters (City Lights Books, San Francisco, 1971)
  • The Calculus of Variation (Eidolon Editions, San Francisco, 1972)
  • Loba, Part I (Capra Press, Santa Barbara, 1973)
  • The Floating Bear: a Newsletter (Laurence McGilvery, La Jolla, 1973)
  • Freddie Poems (Eidolon Editions, Point Reyes, 1974)
  • Brass Burnace Going Out (Pulp artforms-Intrepid Press, Buffalo, 1975)
  • Selected Poems: 1956-1975 (North Atlantic Books, Plainfield, VT, 1975)
  • Loba, Part II (Eidolon Editions, Point Reyes, 1976)
  • The Loba As Eve (The Phoenix Book Shop, New York, 1977)
  • Selected Poems: 1956-1977 (North Atlantic Books, Plainfield, VT 1977)
  • Loba: Parts 1 - 8 (Wingbow Press, Berkeley, 1978)
  • Memoirs of a Beatnik (Last Gasp Press, San Francisco, 1988)
  • Wyoming Series (Eidolon Editions, San Francisco, 1988)
  • The Mysteries of Vision (Am Here Books, Santa Barbara, 1988)
  • Pieces of a Song: Selected Poems (City Lights Books, San Francisco, 1990)
  • Seminary Poems (Floating Island, Point Reyes, 1991)
  • The Mask Is the Path of the Star (Thinker Review Internatl, Louisville, 1993)
  • Loba (Penguin, New York, 1998)
  • Dinners and Nightmares (Last Gasp, 1998)
  • Recollections of My Life as a Woman: The New York Years (Viking, NY 2001)
  • Fun with Forms (Eidolon Editions, San Francisco, 2001)
  • Towers Down (con Clive Matson) (Eidolon Editions, San Francisco, 2002)
  • The Ones I Used to Laugh With (Habenicht Press, San Francisco 2003)
  • TimeBomb Eidolon Editions, San Francisco, 2006)




Autopubblicazione, alcune riflessioni




Autopubblicare un libro è una lotteria. Puó andare incredibilmente bene o incredibilmente male.
Le piú grandi difficoltà che uno scrittore autopubblicato affronta sono relative alla promozione e alla vendita del proprio libro dato che, in linea generale, non ha accesso a piattaforme e a competenze tali da permettegli una grande diffusione del proprio titolo.
L'avvento di Kindle (e altre piattaforme come kobo, bookwire etc) ha sdoganato l'autopubblicazione rendendola alla portata di tutti ma, allo stesso tempo, rendendo molto difficile la consultazione e la ricerca di un libro di alta e media qualità da parte dei lettori.
Nel momento in cui si pubblica un libro su Kindle (per esempio), ci si inserisce in un mercato saturo con milioni di titoli che fanno da "concorrenza" e dove difficilmente si trovano libri autopubblicati nelle top chart né nelle ricerche organiche.
Per far si che un libro appaia nelle prime posizioni delle varie keyword di ricerca ci sono vari strumenti (Kw planner, KDP Rocket KDPSpy, etc), strategie da applicare (Funnel di lancio, automazioni, costruzione di una mailinglist, chatbot, integrazioni con social networks, etc), piattaforme a cui attingere (AMS, Piattaforme di distribuzione POD, etc.) Il problema è che uno scrittore autopubblicato difficilmente ha la possibilitá di accedervi.
Vi sono poi anche altri aspetti relativi a correzione del testo, beta reading, disegno della copertina, distribuzione etc.
Nella maggiorparte dei casi, gli scrittori che decidono di autopubblicare il proprio libro si occupano in prima persona di tutti gli aspetti della pubblicazione e preparazione del manoscritto. Spesso, questo, genera dei risultati controproducenti in termini di vendita.
Risparmiare per non affidarsi a dei professionisti, dei correttori, dei grafici si paga nel momento in cui si mette in vendita un prodotto non attraente o contenente errori grammaticali o strutturali.





Il club dei presunti evasori dall'ugola d'oro allunga la sua lista. Dopo Pavarotti, Tiziano Ferro, Marcella Bella, Umberto Tozzi, Renato Zero, Vasco Rossi, Zucchero Fornaciari, ecco la new entry Gianna Nannini.
La Guardia di Finanza ha sequestrato la bella villa senese con magazzini, autorimessa e scuderia (anche i cavalli?) perché è accusata di evasione fiscale per circa quattro milioni di euro. I dettagli sono stati snocciolati dal Corriere della Sera secondo cui la cantante avrebbe sottratto al fisco 3 milioni e 750mila euro interponendo tra la sua società milanese, una società di diritto irlandese e un'altra di diritto olandese. Questo in modo da non pagare al fisco italiano le royalties dei dischi e dei concerti, delocalizzandole in paesi in cui la tassazione è più favorevole. Una quota di questa evasione (126mila euro) sarebbe stata realizzata detraendo dalle dichiarazioni dei redditi costi «inerenti attività canora» e che invece (dopo che la Gdf ha sentito fornitori e operai), secondo l'accusa sarebbero serviti non per i palcoscenici dei concerti ma per arredi e decorazioni di una casa della Nannini. Con parte della somma evasa, la cantante avrebbe comperato anche un appartamento nel quartiere londinese di South Kensington.
Fin qui i fatti, tutti ovviamente da verificare. La cantante – tranquilla a detta del fratello Alessandro - non si sente per niente un evasore tanto che ricorrerà immediatamente contro il sequestro e farà valere le proprie ragioni. Ci sarà da aspettare secoli prima di capire come andrà a finire. Così come non si capisce come si siano conclusi i processi a carico di tanti artisti italiani che sono stati sbattuti in prima pagina al pari di delinquenti di primo pelo.
Ma il nome famoso attira l'occhio. Ti fa pensare che nessuno può evitare la scure della legge, che il nostro fisco ci strangola ma è anche bravo a scovare gli evasori, che anche quelli famosi prima o poi devono pagare. E ci sentiamo meno oppressi. In realtà, di queste mediatiche operazioni antievasori poco resta attaccato all'osso. E molti di questi vip la spuntano con l'Agenzia delle entrate. Hanno soldi e bravi professionisti da sfoderare a differenza dei poveri diavoli che invece devono pagare fior di sanzioni se sbagliano qualche riga della dichiarazione dei redditi.
Ma da che parte sta il giusto? È corretto dare il messaggio che i nostri cantanti sono degli evasori quando ancora è tutto da verificare? Oppure sono le leggi da rifare?
Silvio Ceci, noto fiscalista che ha difeso il comico Luca Laurenti con successo contro le accuse del Fisco, ammette che l'attuale normativa si presta a diversa interpretazione. «La verità è che operazioni come quelle compiute dalla Nannini sono formalmente legittime. È il nostro legislatore e la Cassazione che le qualificano come “elusive“, parificandole all'evasione fiscale».
Il limite è molto sottile. E quando una società trasferisce all'estero la sede legale per pagare meno tasse si pensa subito al peggio. «In realtà lo ha fatto anche la Fiat trasferendo in Olanda la sede per evidenti vantaggi fiscali– aggiunge Ceci – e quindi che facciamo arrestiamo anche Elkann e Marchionne?» Ceci parla di «pianificazione fiscale» e il nome la dice lunga sul ginepraio di leggi e leggine esistenti. «Purtroppo, ammette il fiscalista, ci sono troppe differenze di aliquote nei diversi paesi europei che andrebbero armonizzate: se la Ue esiste deve esistere per tutti».
Del resto, finché non cambia qualcosa in Italia, l'elusione e l'evasioni cresceranno a dismisura.