Risultati immagini per Yé Yé music wallpaper




Con il termine Yéyé, o anche con musica Yéyé, si intende uno stile musicale dell'Europa meridionale dalle tonalità rock and roll molto leggere e pop in voga nei primissimi anni '60 . Il termine "yé-yé" deriva dall'inglese "yeah! yeah!" reso popolare dalle band britanniche di fine anni '50 ed inizio '60.

Definizione
L'interiezione yéyé veniva aggiunta, spesso sistematicamente, negli adattamenti fatti in fretta e furia dai successi rock e twist degli Stati Uniti. Queste due sillabe permettevano di rilanciare il ritmo e di mascherare le parole mancanti. Per estensione, questa espressione designò dapprima lo stile musicale, poi i cantanti stessi, infine un fenomeno di moda, di cui uno dei precursori è stato Maurice Renoma.

Storia della musica Yéyé
Claude François, Françoise Hardy, France Gall, Sheila, Sylvie Vartan, Chantal Goya, Frank Alamo, Eddy Mitchell, Johnny Hallyday, Jacques Dutronc sono i cantanti più conosciuti che rappresentano questo periodo in Francia. Ne esistono anche altri: Liz Brady, Cléo, Cosette, Dani, Chantal Kelly, Jacqueline Taïeb, Jocelyne. E nel Québec pure: Claire Lepage, Michèle Richard, Jenny Rock, Pierre Lalonde.
Esponenti italiani di uno stile musicale equivalente sono stati in qualche modo Rita Pavone, Rosy, Jenny Luna, Adriano Celentano e Little Tony, anche se molti di loro hanno poi diversificato il proprio repertorio. Anche Mia Martini ha iniziato la sua carriera come "ragazza yéyé", col suo vero nome di Mimì Berté.
Salut les copains (Salve, amici), rivista per i giovani uscita nel 1962 in Francia come prolungamento scritto del programma radiofonico omonimo, illustra eccellentemente il periodo Yéyé.

Artisti Yéyé
Gli artisti e i gruppi yéyé includono : Annie Philippe, Chantal Goya, Chantal Kelly, Christophe, C. Jérôme, Claire Lepage, Claude François, César et les Romains, Dalida, Dani, Daniele Danae, Danny Boy et ses Pénitents, Danyel Gérard, Dick Rivers, Mike Shannon, Les Chats Sauvages, Donald Lautrec, Eddy Mitchell, Evariste, Les Chaussettes Noires, France Gall, Frank Alamo, Françoise Hardy, Frankie Jordan, Gillian Hills, Guy Mardel, Hervé Vilard, Jacqueline Taïeb, Jean-Jacques Debout, Jenny Rock, Jocelyne, Joël Denis, Johnny Farago, Richard Anthony, Johnny Hallyday, El Toro et les Cyclones, Les Aristocrates, Les Gam's, Les Parisiennes, Les Sultans, Les Surfs, Liz Brady, Vic Laurens, Les Vautours, Lucky Blondo, Michel Berger, Michèle Richard, Michèle Torr, Monty, Le Petit Prince, Patricia Carli, Petula Clark, Pierre Lalonde, Ria Bartok, Ronnie Bird, Salvatore Adamo, Sheila, Sylvie Vartan, Tiny Yong, Tony Roman, Zouzou...


Risultati immagini per Valzer



Il valzer è una danza in ritmo ternario nata alla fine del XVIII secolo come evoluzione del Ländler.

Storia
Diffuso inizialmente in Austria e nel sud della Germania, il valzer conquistò ben presto gran parte dell'Europa: dalla Francia (dove fu introdotto da Maria Antonietta) alla Russia, dall'Italia all'Inghilterra, diventando una danza internazionale. Il successo fu dovuto non solo al carattere fluente e orecchiabile della musica ma anche al fatto che per la prima volta la coppia di ballerini danzava abbracciata.
Il valzer si affermò a Vienna all'inizio del secolo XIX con Johann Strauss padre ed il suo amico, collega e rivale Joseph Lanner.
In seguito, il valzer viennese, soprattutto con Johann Strauss figlio, conservò un andamento veloce e spigliato, mentre in Francia la nuova danza toccò la massima popolarità all'interno del genere operettistico, acquistando un carattere più languido e sentimentale. In Inghilterra alla fine del XIX secolo si affermò il valzer lento.
Presente sporadicamente nelle opere dei grandi compositori del classicismo viennese (le danze di corte composte da Franz Joseph Haydn e Ludwig van Beethoven, il quale, oltre a scrivere alcuni minuetti a tempo di valzer, diede il titolo di valzer ad alcuni brani per pianoforte), il valzer si impose in ambito colto all'inizio del XIX secolo, grazie a Johann Nepomuk Hummel (che ne definisce il canone formale) e a Carl Maria von Weber. In Francia diventò una forma classica, pianistica e sinfonica, grazie a Hector Berlioz e Fryderyk Chopin. In Italia si sviluppò soprattutto in ambito operistico, mentre in Russia fu impiegato correntemente da Pëtr Il'ič Čajkovskij, in particolare nei balletti ma anche nelle suite e nelle composizioni per pianoforte.
Altri compositori dell'Ottocento che si dedicarono alla composizione di valzer furono Josef Strauss, Eduard Strauss, Émile Waldteufel, Charles Gounod, Jacques Offenbach, Carl Michael Ziehrer.
Nel secolo XX il valzer viennese sopravvisse nelle opere di compositori come Franz Lehár e Robert Stolz, ma anche i compositori espressionisti e pre-espressionisti di area germanica - da Gustav Mahler a Richard Strauss e Alban Berg - lo utilizzarono largamente, sia pure con uno spirito nuovo, caustico e dissacratorio.
Il valzer fu usato anche nella musica jazz. Uno dei principali esponenti fu Bill Evans che spesso utilizzava il tempo 3/4 o anche il 5/4 nelle sue improvvisazioni. Non è possibile non citare il tipico valzer romagnolo (famosi sono quelli di Secondo Casadei) che si balla ancora oggi nelle balere.

Oggi
Oggi il valzer è un ballo, anche in ambito popolare, eseguito con poche varianti in tutti i repertori e accompagnato con strumenti tradizionali come l'organetto, la fisarmonica, il piffero e la cornamusa.
Tipici della tradizione francese sono i valzer impari, possono essere a cinque, otto e undici tempi. Per ottenere queste combinazioni di tempi uniscono a uno o più passi di valzer (tre tempi) un passo di marcia (due tempi), così un passo di valzer+uno di marcia danno il valzer a cinque tempi; due passi di valzer+uno di marcia quello a otto tempi, che avendo un numero di appoggi pari, ha la caratteristica di partire sempre con lo stesso piede; tre passi di valzer+uno di marcia quello a undici tempi.

Valzer musette
Valzer Musette deriva da musette, strumento musicale simile ad una cornamusa. Musetta è una danza pastorale di ritmo ternario o binario diffusa in Francia. Agli inizi del Novecento fu principalmente la fisarmonica con la caratteristica timbrica di un registro che produce un suono struggente e brillante a rendere popolare il "Valzer Musette". Inizialmente venne usata per accompagnare i famosi chansonnier Charles Trenet, Édith Piaf, Georges Brassens, Jacques Brel. Molti fisarmonicisti francesi, e non solo: Louis Ferrari, Yvette Horner, Marcel Azzolla, Richard Galliano, contribuirono al successo con le loro interpretazioni e improvvisazioni su temi prettamente strumentali, sincopati e con armonie moderne, eseguiti con swing, che è un ingrediente jazzistico. Nell'anno 1973 venne pubblicata in Italia dalle Edizioni Musicali Farfisa la raccolta "5 Valzer Musette" di Italo Salizzato, pezzi dedicati ad altrettanti famosi fisarmonicisti italiani: Gervasio Marcosignori, Barimar, Wolmer Beltrami, Peppino Principe, Elio Boschello.

Tango vals
Musica e danza argentina, frequentemente accompagnata da testo analogamente al tango argentino, il tango vals o valsesito criollo nacque alla fine del XIX secolo per un doppio motivo: i valzer viennesi (come quelli di Johann Strauss) erano la musica di moda nella Belle Époque inoltre a partire dalla seconda metà dell'800 e sino alla prima del 900 sulla costa argentina iniziò una consistente immigrazione dall'Europa, che comprendeva svizzeri, austriaci e tedeschi, i quali influirono con le loro musiche sulle musiche folcloristiche argentine.
Dalla fusione con valzer europei nacque così in Argentina uno stile particolare (in 3/4 anziché 2/4), il tango vals o "valsesito criollo" con numerosi titoli celebri quali "Salud, dinero y amor", "Caserón de tejas", "Amor y Celos", "Desde el Alma", "Soñar y nada más", "La Tapera" e molti altri.
In generale un valsesito criollo viene eseguito con gli strumenti tipici delle formazioni di tango e può avere uno o più vocalisti, ed è caratterizzato da un tempo più lento e armonico del tango, molto simile al valzer viennese e, come questo, si balla in tre tempi.
Sono molti i nomi, soprattutto di origine italiana, di compositori di tango vals quali Juan D'Arienzo, Rosita Melo, Francisco Canaro, Osvaldo Donato.


Risultati immagini per Volta danza



La volta, conosciuta anche nelle varianti di volte, lavolta, la volta, levalto o levolto, è una danza rinascimentale in tempo ternario e di andamento mosso, che conobbe il suo massimo splendore in tutta Europa durante il XVI e il XVII secolo. Si pensa che essa abbia dato origine al passo di valzer e, secondo alcune fonti (molto controverse), probabilmente anche a quello di polka.[

Storia
Etimologia e diffusione
Il nome della danza deriva dal latino volgare volvĭta, volta, derivati del latino classico: volvĕre, in italiano volgere.
La tradizione colloca la nascita della danza in Provenza. Dalle Mémoires di Margherita di Valois sappiamo che i provenzali danzavano la volte con i cimbali. Qui fu introdotto nella corte parigina dei Valois nel 1556 dal conte di Sault,[5] ed ebbe un gran successo grazie alla preferenza di Caterina de' Medici, ma soprattutto, di Enrico III. Gaston Vuillier parla di quest'ultimo così:

(FR)
«Henri III dansa la premier valse à trois temps sous le nom de Volte»
(IT)
«Enrico III fu il primo a ballare il valzer in tre tempi, sotto il nome di Volte»
(Gaston Vuillier, La danza, 1899)



Questa citazione pone un dubbio sull'origine della danza. Infatti, secondo alcune fonti, essa sarebbe di origine italiana: Rinaldo Corso attesta la pratica della danza in Italia già nel 1555. Inoltre il nome stesso della danza suggerirebbe l'origine italiana, benché anche l'ipotesi che derivi dal provenzale voute non sia da escludere. Secondo altre fonti, la danza sarebbe di origine tedesche. Come afferma Curt Sachs, la volta era stata raffigurata già nel 1538 da Heinrich Aldegrever (incisore della Vestfalia, regione dove la danza era già presente molti decenni prima). Quel che è appare certo è che questa danza ha origini contadine.
Nel 1600, tramite i francesi, la volta aveva già raggiunto l'Inghilterra dove conobbe un gran successo e la stessa regina Elisabetta I la annoverava tra le sue danze preferite. Inoltre era presente stabilmente nelle lezioni di danza, come William Shakespeare attesta nell'Enrico V:

(EN)
«They bid us to the English dancing-schools,
And teach lavoltas high and swift corantos»
(IT)
«E ci invitano a fare da maestri nelle scuole di ballo in Inghilterra,
a insegnargli le audaci piroette della lavolta, e l’agile corrente»
(William Shakespeare, Enrico V, traduzione di Goffredo Raponi, 1999)




E in Troilo e Cressida (IV.4), Shakespeare fa dire a Troilo:

(EN)
«I cannot sing,
Nor heel the high lavolt»
(IT)
«Non so cantare,
né alzare ritmicamente il tallone nella lavolta»
(William Shakespeare, Troilo e Cressida, traduzione di Goffredo Raponi, 1998)


Nello stesso periodo è attestata la presenza della volta in anche Italia come per esempio in un dipinto del pittore Federico Zuccaro e nelle composizioni di Cesare Negri: Le gratie d'amore e Nuove inventioni di balli. In quest'ultimo la danza è chiamata La nizzarda ma, vista la presunta provenienza della danza e la forte somiglianza dei passi, si può affermare che l'autore si riferisca alla volta.

Critiche e declino della danza
La danza fu molto criticata, in quanto era ritenuta «indecente» per il «modo vergognoso» di tenere la dama, «oscena» e poco igienica:
«Essa dovrebbe essere attentamente sorvegliata da una bene ordinata forza di polizia e dovrebbe essere proibita con più severità [...] tanto più perché questa danza è portatrice di disgrazie e origine di innumerevoli delitti e aborti.»
(Guillame Bouchet, in Edmond Bonnafé, Notes sur la vie privée à la Renaissance, Parigi, 1896, p. 380)
(FR)
«La volte, la courante, la fissaye, que les sorciers ont amenées d'Italie en France, outre les mouvemens insolens et impudiques, ont cela de malheur qu'une infinité d'homicides et avortemens en adviennent, faisant mourir et tuant tous ceux qui ne sont point en vie»
(IT)
«La volta, la corrente, la fissaye, che gli stregoni hanno portato dall'Italia in Francia, oltre i movimenti insolenti e impudenti, hanno questa disgrazia[:] che un'infinità d'omicidi e aborti colpiscano, facendo morire e uccidere tutti coloro che sono in vita»
(Guillame Bouchet, in Edmond Bonnafé, Notes sur la vie privée à la Renaissance, Parigi, 1896, p. 380)


Altre critiche lamentano il forte senso di vertigini che la danza porta e il fatto che questa non è assolutamente adatta per le dame. Inoltre, il sollevarsi delle vesti, dovuto al continuo girare, era considerato come una cosa molto volgare:
(FR)
«En faisant volleter la robbe, monstroit toujour quelque chose agréable à la veue»
(IT)
«Facendo svolazzare i costumi, mostravano sempre qualcosa di piacevole alla vista.»
(Brantôme, La vie des Dames Galantes)


La danza fu fortemente osteggiata e a causa delle critiche cadde in disuso: già nel 1636 abbiamo una delle ultime menzioni della danza in un piccolo dialogo del El maestro de danzar di Félix Lope de Vega: un personaggio domanda cosa sia La nizzarda, senza però avere una risposta, il che può essere interpretato come un segno di declino. L'ultima attestazione letteraria della volta compare nel poema eroico di Bartolomeo Corsini (morto nel 1675):
(DE)
«Usz dantzen vil unratts entspringt»
(IT)
«Dalla danza nascono molti danni»
(Sebastian Brant, La nave dei folli)


Descrizione
Struttura formale della composizione
La volta era una danza in tempo ternario di movimento rapido, scritta solitamente in 3/4 o in 6/8. Non abbiamo la suddivisione esatta della battuta, ma possiamo affermare che questa sia stata non tanto differente dalla gagliarda e che abbia avuta una struttura regolare ma che, comunque, si poteva adattare. Riguardo agli strumenti utilizzati per accompagnare la danza, troviamo scritto, nelle Notes sur la vie privée à la Renaissance, che la volta provenzale veniva accompagnata con il suono del cimbalo.
Nell'esempio di volta presente nell'Orchésographie di Thoinot Arbeau, l'autore non riporta l'unità di tempo, ma scrive che questa è ternaria e mette le spezzabattute ogni sei minime: quindi si può dedurre che l'unità di tempo sia il 6/2. Lo spartito non presenta accidenti, è scritto in notazione mensurale, ma non cita per quale strumento questa sia stata scritta. Lo spartito è molto breve ed è composto da quattro misure e da una melodia molto semplice. Curt Sachs, sulla base di questo spartito, è riuscito a creare un'ipotetica suddivisione della battuta. Secondo la ricostruzione, la battuta sarebbe stata in 3/4 e composta da sei crome oppure dallo schema sincopato: semiminima-croma, semiminima-croma.
Esempi di volte si trovano nelle suite del XVII secolo, dova questa occupava a volte il ruolo di danza finale (come in Thomas Simpson, Opusculum newer Pavanen, 1610). Le volte appaiono in arrangiamenti per liuto, strumenti a tastiera ed insiemi orchestrali. Adrian Le Roy include nella sua opera Instruction (1568) l'arrangiamento per liuto di una delle più antiche melodie provenzali conosciute chiamata La volte, essa appare nel volume di Jean d'Estrées Tiers livre de danseries (1559), nelle intavolature per liuto dell'italiano G. C. Barbetta (1585) e di G. A. Terzi (1599). Nell'opera Terpsichore di Michael Praetorius (1612) sono presenti quarantotto volte. Il primo e il secondo libro di Robert Ballard (1611 e 1614) ne contiene sette. Troviamo delle volte nelle collezioni di musiche virginali: due esempi si trovano nel Fitzwilliam Virginal Book, uno di William Byrd e uno di Thomas Morley. Louis Couperin la utilizza in una composizione per cembalo.

Struttura della coreografia della danza
Cesare Negri, nel capitolo sulla nizzarda del suo trattato Le Gratie d'amore (1602), scrive che è una danza allegra, caratterizzata da salti e giri, alla quale non si può dare una regola precisa perché è danzata differentemente secondo il paese. Di questa abbiamo differenti descrizioni, tra cui soprattutto quella presente nell'Orchésographie di Thoinot Arbeau (1589).

(FR)
«Les mouvements & pas de ceste dance, se font en tornant le corps, & consistent en deux pas, un souspir pour le sault majeur, une assiette de pieds joincts, & en fin deux souspirs ou pauses»
(IT)
«I movimenti e i passi di questa danza, si fanno girando il corpo, e consistono in due passi, un sospiro per il passo maggiore, un equilibrio a piedi uniti, e infine due sospiri o pause»
(Thoinot Arbeau, Orchésographie)


Nella volta i danzatori ballano a coppia chiusa, ossia a stretto contatto. L'uomo con il braccio sinistro prende la dama sul suo fianco destro e appoggia la mano destra sotto alla stecca del busto di lei. La dama, a sua volta, appoggia la mano destra sulla spalla o sul collo del suo cavaliere e con la mano sinistra sostiene un lembo della gonna, per evitare che questa si sollevi eccessivamente. Durante tutta la durata della danza la coppia non cambia mai di partner. La danza inizia con un passeggio, durante il quale i ballerini compiono alcuni passi saltati simili a quelli della gagliarda, e infine si posizionano uno davanti all'altro e si prendono nella posizione descritta sopra. I passi che eseguono i ballerini, e che caratterizzano la volta, sono saltati e girati. Infatti, i ballerini incominciano con un primo saltello sul piede interno e, allo stesso tempo, alzano quello esterno e girano di 90°. Dopo fanno un pas assez long (passo abbastanza lungo) sul piede destro senza saltare, quindi girano per un quarto di giro. Infine eseguono un salto più alto girando di un quarto e cadendo a piedi uniti. Per ritornare alla posizione iniziale, i danzatori dovevano eseguire per quattro volte lo schema qui descritto. Sempre nell'Orchésographie compare un esempio di spartito della volta nel quale l'autore fa corrispondere a ogni nota un passo, secondo questo ordine:
  1. Saltello iniziale
  2. Passo lungo (prende due note)
  3. Salto maggiore
  4. Caduta a piedi uniti
Nel trattato di Cesare Negri Le Gratie d'amore (poi ristampato col titolo Nuove inventioni di balli), ci è data un'altra descrizione della danza sotto il nome di nizzarda. Questa si balla in coppia chiusa e l'uomo prende per mano la dama con la mano destra; la donna, a sua volta, mette la mano destra sulla gonna. La danza inizia con un inchino, poi con una camminata. Successivamente, questi eseguono un passo in avanti con il piede sinistro seguito da un saltello terminato sul piede destro. Nel suo trattato, Negri dà anche un esempio di intavolatura per liuto de La nizzarda.


Risultati immagini per Commedia della Restaurazione



Con commedia della Restaurazione, nota anche con il nome inglese di Restoration comedy, si intende la produzione teatrale comica prodotta in Inghilterra tra il 1660 ed il 1710, il periodo detto appunto della Restaurazione. Dopo la chiusura dei teatri voluta dal regime puritano e durata diciotto anni, i teatri riaprirono nel 1660, dando vita a un nuovo rinascimento del teatro inglese dopo gli splendori del teatro elisabettiano e giacobita. Le commedie di maniera scritte in questo periodo di rinnovamento sono caratterizzate da una studiata amoralità e da un linguaggio e tematiche sessualmente esplicite, per rispecchiare il clima licenzioso del primo periodo del regno di Carlo II e della sua corte. L'uso di teatri al chiuso, i cambiamenti di scenografia, un'acustica ben studiata che permetteva uno stile di recitazione più naturalistico influenzarono gli autori del periodo a sfruttare pienamente i nuovi mezzi scenici, scrivendo commedie notevolmente diverse da quelle che veniva portate in scena all'inizio del secolo in teatri come il Globe o il Fortune. Rispetto al periodo precedente, inoltre, le donne assunsero un ruolo di maggior rilievo, potendo finalmente diventare le protagoniste sia sulla scene in veste di attrici (Nell Gwyn, Elizabeth Barry e Anne Bracegirdle) che fuori scena come commediografe e autrici (Aphra Behn, Susanna Centlivre). Per quanto riguarda il pubblico, esso era composto non solo da aristocratici ed il loro servitori, ma anche dalla sempre più numerosa società borghese.

Contesto storico
Grande amante del teatro, appeana restaurato al trono nel 1660 Carlo II concesse patenti reali per la messa in scena di opere teatrali a due compagnie gestite da commediografi del periodo carolino: la King's Company di Thomas Killigrew e la Duker's Company di William Davenant. Le due compagnie costruirono i rispettivi teatrali a Drury Lane e Dorset Gardens - entrambi progettati da Christopher Wren - e, rinunciato al genere jonsoniano della satira, si dedicarono quasi esclusivamente alla commedia di maniera, un genere capace di rispecchiare acriticamente lo stile di vita e il codice sociale dell'aristocrazia inglese. Il bacino del pubblico però non era abbastanza numerose per far prosperare le due compagnie, per le quali la messa in scena della stessa opere per dieci repliche successive poteva già considerarsi un autentico trionfo. Per accattivarsi le simpatie del pubblico, i commediografi divennere particolarmente ricettivi nei confronti del gusto degli spettattori, tanto che stili e genere passavano di moda e cambiavano di settimana in settimana invece che di stagione in stagione. Questo inevitabilmente portò a una ricerca assidua e frenetica di nuove opere da portare in scena per assicurare pubblico e guadagni alla compagnia. La King's Company e la Duke's Company non si condendevano quindi solo il pubblico, ma anche gli scrittori e gli attori più amati dagli spettatori.
La quantità di nuove opere scritte ogni anno calò notevolmente nel 1682, quando la Duke's Company assorbì la King's Company per formare la più grande United Company. Il clima politico incerto e la crisi del potere portarono anche a una crisi nel mondo del teatro: non solo la quantità, ma anche la qualità delle nuove commedie diminuì, così come anche i salari degli attori. Questo portò a un'autentica crisi dietro alla quinte, soprattutto quando il nuovo impresario e avvocato Christopher Rich diminuì i privilegi e i salari dei primattori per favorire l'afflusso di finanziatori esterni. Come scrive Colley Cibber, questa decisione portò ad un autentico sciopero da parte di alcuni degli attori più amati del periodo, tra cui Thomas Betterton, Elizabeth Barry ed Anne Bracegirdle, che lasciarono i teatri insieme con il loro vasto pubblico di fedelissimi. Per raggirare Rich ed il suo monopolio del teatri e delle messe in scena, gli attori ottennero una licenza e fondarono una loro nuova compagnia, fondata e gestita dai dieci maggiori attori del periodo, con un rigido contratto che regolava i salari e limitava il potere degli impresari. La nuova compagnia fece il suo debutto nel 1695 con la commedia di William Congreve "Love For Love", ottenendo subito un enorme successo al botteghino. Come nel decennio precedente, Londra si trovò nuovamente con due compagnie teatrali in competizione che, se da una parte rivitalizzarono il mondo della commedia per accaparrarsi il pubblico, dall'altra finirone per sacrificare definitivamente la qualità a favore della popolarità, ricorrendo ad intrattenimenti da fiera come giocolieri e animali da circo.

Storia e generi della commedia
Nell'arco dei circa quarant'anni del periodo della commedia della Restaurazione, molteplici stili e generi si susseguirono rapidamente per assecondare il gusto del pubblico e la moda del momomento, ma anche gli intensi cambiamenti politici e sociali. I due massimi momenti artistici del periodo furono durante gli anni 1670, con la commedia aristocratica, e durante gli anni 1690, con nuove commedie rivolte a un pubblico maggiore e socialmente diversificato.

La commedia aristocratica, 1660-1680
La produzione degli anni 1660 e 1670 fu caratterizzata dalla rivalità delle due compagnie teatrali, ma anche dall'interesse di Carlo II e della sua corte per il eatro. La grande domanda di nuove commedie spinse gli autori a prendere temi, trame e stili dal teatro contemporaneo francese e spagnolo, ma anche dalla precedente produzione inglese di età carolina e giabita, oltre che alle anctiche commedie greche e romane. Al più raffinato modello di Molière, con la struttura drammatica semplice ma ben studiata, il pubblico preferiva commedie con numerosi sub-plot e una grande varietà stilistica era molto apprezzata all'interno della stessa opera: i sub-plot rispecchiavano questo desiderio presentando trame solo vagamente intrecciate che spaziavano dalla farsa alla tragedia eroica. Le commedia poco sentimentali ("hard comedies") di John Dryden, William Wycherley e George Etherege rispecchiavano i valori della corte ed un certo maschilismo dell'aristocrazia, con un interesse per l'intrigo e la conquista sessuale preferito alla più tradizionale ricerca romantica.[13] Alcuni personaggi di corte diventavano autentici protagonisti delle commedie del periodo, come il libertino John Wilmot, conte di Rochester, rappresentato favorevolmente da Etherege in The Man of Mode (1676).

La crisi, 1678-1690
La fine dell'antagonismo tra le due compagnie portò la scena teatrale londinese a stagnare e declinare rapidamente in quantità e qualità, in un periodo in cui i cambiamenti politici e sociali allontanarono il gusto del pubblico dalla commedia di maniera in favore dei drammi politici. Il complotto papista (1678) e la Crisi dell'Esclusione (1682) monopolizzarono l'attenzione del pubblico sia nei fatti di cronaca che sulle scene e anche le commedie del periodo (scritte da Aphra Behn, Dryden e Thomas Shadwell) sono caratterizzati da sottotoni politici.

La ripresa e la fine, 1690-1710
Le commedie dell'ultimo decennio del diciassettesimo secolo cominciarono a rispecchiare la maggior diversità e stratificazione sociale del pubblico, favorendo la classe medie e le donne presenti tra gli spettatori.[16] Le nuove commedie, dette "morbide", non volevano più presentare una giovane generazione che si dimostrava più astuta della precedente, ma provò a conquistare un pubblico maggiore con scene di vita relativamente più quotidiana. La battaglia tra sessi non si svolgeva più a colpi di intrighi, ma all'interno del matrimonio, e le commedia di William Congreve e John Vanbrugh presentano la vita di coniugi che imparano a conoscersi meglio dopo le nozze. I temi più licenzioni vennero relegati al sub-plot e la gara in astuzia tra i due protagonisti romantici non era più esasperata come nei decenni precedenti, ma più che altro volta a scoprire se tra i due futuri coniugi esistesse una vera intesa. Con il finire del secolo, un atteggiamento più moralistico si era ormai impadronito del pubblico e la crisi della commedia di maniera fu esacerbata da fattori quali i cambiamenti demografici, la Gloriosa Rivoluzione, le continue cause legali intentate ai danni dei commediografi da parte della Society for the Reformation of Manners, ma anche una mancanza di interesse e addirittura disprezzo dei regnanti Guglielmo III e Maria II per il teatro. L'ultima opera di Congreve, La via del mondo, fu accolta freddamente dal pubblico nel 1700, che alla commedia di maniera ormai preferiva opere sentimentali e moraleggianti.


Autori e opere principali
  • Charles Sedley, The Mulberry-Garden (1668), Bellamira: or, The Mistress (1687)
  • George Villiers, II duca di Buckingham, The Rehearsal (1671)
  • John Dryden, Marriage a la Mode (1672)
  • William Wycherley, The Country Wife (1675), The Plain Dealer (1676)
  • George Etherege, The Comical Revenge (1664), She Would if She Could (1668), The Man of Mode (1676)
  • Aphra Behn, The Rover (1677), The Roundheads (1681), The Rover, Part II (1681), The Lucky Chance (1686)
  • Thomas Shadwell, Bury Fair (1689)
  • Thomas Southerne, Sir Anthony Love (1690), The Wives Excuse (1691)
  • William Congreve, The Old Bachelor (1693), Love For Love (1695), The Way of the World (1700)
  • John Vanbrugh, The Relapse (1696), The Provoked Wife (1697)
  • George Farquhar, Love and a Bottle (1698), The Constant Couple (1699), Sir Harry Wildair (1701), The Recruiting Officer (1706), The Beaux' Stratagem (1707)
  • Susannah Centlivre, The Perjured Husband (1700), The Basset-Table, (1705), The Busie Body (1709)


Risultati immagini per Minstrel show



I Minstrel shows erano una forma di spettacolo statunitense che consisteva in una miscela di sketch comici, varietà, danze e musica, interpretati da attori bianchi con la faccia dipinta di nero, cioè in Blackface o (specialmente dopo la guerra civile americana) da Afroamericani sempre con la faccia dipinta di nero. I Minstrel shows rappresentavano i neri in maniera stereotipata, e quasi sempre offensiva: in questi spettacoli erano immancabilmente mostrati come ignoranti, pigri e superstiziosi, e veniva accentuato in maniera caricaturale il loro amore per la musica.
Il Minstrel Show è considerato la prima forma teatrale originale statunitense, e fra il 1830 e il 1840 ebbe un ruolo fondamentale nella nascita dell'industria discografica statunitense. Per lungo tempo è stato una finestra su come la popolazione statunitense bianca vedeva la popolazione nera. Nonostante i suoi forti connotati razzisti ha stimolato per la prima volta l'interesse dei bianchi nei confronti della cultura e delle tradizioni afroamericane.

Storia
La prima forma caricaturale degli afroamericani amanti della musica, che ispirò le successive rappresentazioni, si ebbe però ad opera di un tedesco, Joahann Gottlieb Graupner, che si esibì a Boston nel 1799, con il volto annerito ed un banjo, presentando un motivo chiamato The gay Negro boy. Il successo riscontrato portò l'inserimento del numero in numerosi spettacoli circensi e di varietà.
I Minstrel show come genere compiuto e definibile ebbero origine intorno al 1830 come brevi intermezzi comici fra gli atti delle commedie, ed emersero come genere a sé stante nel decennio successivo. Il loro momento di maggior successo fu nella seconda metà del XIX secolo, mentre dagli inizi del '900 iniziò a perdere popolarità in favore del vaudeville. Sopravvisse come forma professionale di intrattenimento sino al 1910, mentre le performance amatoriali continuarono sino agli anni cinquanta quando le prime rivendicazioni razziali degli afroamericani fecero perdere ogni popolarità al genere.

Struttura del Minstrel Show
Il tipico "Minstrel" era strutturato in tre atti. Inizialmente la troupe danzava sul palcoscenico, cantando e scambiando battute ironiche. La seconda parte consisteva di una varietà maggiore di sketch, fra cui lo "stump speech", un monologo pieno di nonsense e giochi di parole che talvolta ironizzavano sulla politica, la scienza o la società. L'atto finale consisteva solitamente in un musical ambientato in una piantagione o nella parodia di una commedia popolare. Fra i personaggi tipici dei Minstrel c'erano inizialmente lo schiavo e il dandy. In seguito comparvero altre presenze fisse come la matrona nera "mammy", il vecchio zio (old darky), la provocante ragazza mulatta, e il soldato nero. Gli attori e i produttori di Minstrel dichiaravano spesso che le loro canzoni e le loro danze erano autenticamente "negre", anche se l'influenza della cultura afroamericana su quelle musiche è ampiamente dibattuta. I canti spirituals (noti come jubilees) entrarono nel repertorio del genere a partire dal 1870, diventando la prima vera musica tradizionale nera ad essere usata in un Minstrel.