“Solo per una ragazza bruttina è facile essere modesta”.
Marie Magdalene Dietrich (1901-1992) nacque vicino Berlino, e dopo gli studi di pianoforte iniziò a lavorare in film muti. Quando nel 1930 Josef von Sternberg la scelse per “L’angelo azzurro” era solo una florida attrice di 28 anni con bellissime gambe.
Ma poi dimagrì, tolse i molari per sfinare il viso, corresse il naso, tirò la pelle con un nastro dietro i capelli e diventò Marlene Dietrich: misteriosa e sfrontata. Rifiutò l’invito di Hitler a tornare in Germania e, divenuta cittadina americana, si esibì per le truppe USA al fronte.
La sua immagine seducente nascondeva un pessimo carattere, con una mania per l’igiene, alcolismo. Ebbe molti amanti di entrambi i sessi (fu la prima a baciare una donna in un film), era anaffettiva e irascibile (sparò a un reporter salito sul cancello della villa).
Della figlia disse: “Mi detesta. Non le lascerò soldi ma l’esclusiva dei miei eccessi. Con quel mucchio di letame nascosto se è furba potrà arricchirsi”.
Per l’ultimo film, Gigolò (1978), ricevette 250mila dollari per due giorni di riprese: il regista David Hemmings raccontò di averla corteggiata come per portarla a letto.
Dopo una caduta, trascorse 13 anni chiusa in casa rispondendo alle lettere dei fan che per 500 dollari potevano parlarle al telefono per pochi minuti.
Una donna certamente coraggiosa, ma interessata unicamente a se stessa e al denaro.