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Il copista è un musicista che prepara le parti individuali per i singoli musicisti copiandole da una partitura orchestrale preparata dall'arrangiatore o dal compositore.
Se il copista dispone di una partitura completa con tutti gli strumenti può limitarsi a copiare senza commettere errori, stimando esattamente le necessità di lettura dell'esecutore e disponendo sulla pagina tutti i simboli musicali nella maniera più leggibile e chiara.
Talvolta al copista vengono lasciati semplici lavori compositivi, soprattutto nel caso in cui la partitura sia incompleta, ad esempio una parte di pianoforte con cenni di strumentazione, una partitura ridotta (con semplici linee guida per le singole sezioni) oppure una partitura per altro organico. In questi casi è richiesto un lavoro di trascrizione (orchestrazione). Per questo il copista musicale deve avere nozioni di composizione, strumentazione, orchestrazione, e lettura della partitura.
I copisti musicali lavorano soprattutto all'interno dell'industria musicale per la produzione di colonne sonore cinematografiche e televisive. Lavorano anche nell'industria discografica, nell'editoria musicale e per le istituzioni concertistiche.
Fino agli anni 1990 molti copisti scrivevano a mano, con diversi metodi. Dagli anni '90 in poi sono stati utilizzati vari software di notazione musicale, tra i quali Finale e Sibelius. Questi permettono di realizzare una partitura in formato digitale e di estrarne facilmente le parti staccate. La velocità del lavoro (in caso di notazione tradizionale) è aumentata di molto, così come la possibilità di effettuare correzioni o trasposizioni. Le copie a mano continuano ad essere indispensabili in caso di urgenza oppure di notazioni troppo complesse per essere gestite in tempi ragionevoli col computer.

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Il produttore radiofonico è quella figura, nel mondo della radio, che si assume l'onere della produzione di trasmissioni radiofoniche, curandone i contenuti, le operazioni tecniche, la distribuzione.
Ci sono comunque due tipi principali di produttore: il produttore audio, o produttore "creativo", e il produttore dei contenuti. I produttori audio specificamente creano suoni e audio. I produttori di contenuti sovrintendono e orchestrano un programma radiofonico o uno spettacolo. Il produttore di contenuti può organizzare scelte musicali, ospiti di fama, Talk Radio o concorsi, tempi e contenuti complessivi di un dato spettacolo. Possono anche produrre contenuti registrati, sia per spettacoli sia per pubblicità e bumper pubblicitari.

Ruoli

È una delle figure preminenti nel campo della radio.
Il ruolo di un produttore radiofonico può includere anche quello di "operatore al quadro" o "operatore tecnico", operatori che stanno al controllo tecnico (livelli di volume-suono, software di registrazione, mixing, ecc.) al posto del conduttore radiofonico. Il produttore spesso si trovava in una sala di controllo separata, divisa dallo studio radiofonico da un finestra, che permetteva il contatto visivo mentre bloccava i rumori. Oggigiorno ciò è cambiato, a seconda degli studi radiofonici.
Alcuni produttori coinvolti nel campo della radio sono talvolta noti come "direttori di produzione", "produttori creativi", "specialisti di imaging", o anche "produttori di imaging". Queste varietà di produttore radiofonico creano e producono principalmente contenuti audio per stazioni radiofoniche o reti radio. Alcuni esempi delle rispettive attività sono i "promo" (clip audio commerciali, promozionali), jingle e vari altri clip, meglio conosciuti nel settore radiofonico come "imaging".
Molte stazioni radio hanno un proprio direttore di produzione che può sovrintendere quotidianamente a qualsiasi delle succitate responsabilità. La maggior parte dei grandi gruppi radiofonici ha un proprio team di produzione creativa in sede, che produce audio per più stazioni del gruppo, o anche del relativo paese.



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Il Walkman originariamente era un lettore di musicassette creato da Akio Morita, Masaru Ibuka e Kozo Ohsone, e prodotto dalla Sony. Il primo Sony Walkman è stato venduto il 1º luglio del 1979. Gradualmente il Walkman di Sony si diffonde in modo tanto capillare che, nel linguaggio comune, il termine Walkman rappresenterà qualsiasi lettore di audiocassette portatile, anche se non prodotto dalla Sony. In ogni caso la parola Walkman è un marchio registrato di Sony. Più recentemente Sony ha deciso di sfruttare la popolarità del marchio, attribuendolo a molti altri suoi prodotti in grado di riprodurre musica, indipendentemente dal fatto che il supporto fosse un'audiocassetta o altro.
Un inventore tedesco, Andreas Pavel, ha rivendicato di essere il vero padre del Walkman, dato che nel 1977 avrebbe creato un oggetto molto simile, chiamandolo stereobelt. Dopo varie battaglie in tribunale nel 1999 Sony e Pavel hanno raggiunto un accordo extragiudiziale.
Il 22 ottobre 2010 la Sony ha annunciato il termine della produzione e distribuzione del dispositivo.

Il walkman TPS-L2
Il primo Walkman è stato il modello TPS-L2, di colore blu-argento, esattamente quello nella foto a fianco, in vendita in Giappone dal 1º luglio del 1979. Nel Regno Unito il prodotto è stato lanciato in un locale di Londra, il Regines, con il nome di Sony Stowaway, nel mese di maggio del 1980. Negli Stati Uniti il prodotto è stato venduto, per un breve periodo di tempo, sotto il nome di Sony Soundabout, per poi passare velocemente al marchio Walkman. Il TPS-L2 della Sony aveva un prezzo lancio di 200 dollari.
Offrendo alla gente la possibilità di portare la musica sempre con sé, il walkman divenne uno dei prodotti di più grande successo commerciale degli anni ottanta, divenendo a tutti gli effetti l'icona di una generazione. Al Walkman sono stati dedicati anche dei successi della musica pop (come "Wired for Sound" di Cliff Richard), mentre sul mercato si diffusero velocemente centinaia di cloni. Spesso, nelle campagne promozionali, il Walkman veniva rappresentato come il compagno perfetto per chi vuole ascoltare musica mentre fa jogging o per gli amanti del roller-skating. Sony ha venduto più di 330 milioni di Walkman, 150 dei quali negli Stati Uniti.
Il primo Walkman era basato sul Pressman, un registratore portatile dedicato al mondo del business. Pur mantenendo un aspetto simile, però, il Walkman sostituì la capacità di registrare con una capacità di riproduzione stereo e la possibilità di collegare due paia di cuffie (anche se nella confezione ne era incluso solo uno). Al posto del tasto di registrazione del Pressman, il Walkman possedeva un tasto "hotline", che consentiva a due ipotetici utenti, che stavano usando due paia di cuffie, di parlare l'uno con l'altro, attraverso un piccolo microfono incorporato. Nel modello di walkman successivo la doppia uscita audio e la funzione hotline non furono più implementate.
Più tardi, tuttavia, sarebbero stati sviluppati altri tipi di Walkman con capacità di registrare più articolate. Il top della gamma Walkman di Sony, inteso come lettore di audiocassette, probabilmente è stato raggiunto dal modello WM-D6C, con una qualità audio comparabile a quella dei lettori da tavolo. Questo modello aveva delle piccole leve per il controllo manuale dei livelli di registrazione. Date le sue possibilità di registrazione avanzata, era preferito dai giornalisti e dagli amanti dei sistemi hi-fi. Verso la fine degli anni novanta si registra una forte flessione delle vendite, a favore soprattutto dei lettori CD portatili, e poi dei lettori MP3.

L'esplosione del Walkman
Walkman II
A metà degli anni ottanta, la Sony produsse Walkman a prezzi bassissimi (togliendo tutto quello che non era necessario senza pregiudicare la qualità), come il WM-22, che avevano una buona qualità audio e segnarono una nuova icona del mondo giovanile: il Walkman. Infatti, all'epoca l'idea di potersi portare tutta la propria musica preferita in giro con sé era davvero all'avanguardia. Il vero e proprio lancio pubblicitario su scala mondiale del walkman si deve però indirettamente al film del 1980 Il tempo delle mele di Claude Pinoteau. Nella scena simbolo del film la protagonista Vic, interpretata da una giovanissima Sophie Marceau, indossa un paio di cuffiette e ascolta musica romantica nel frastuono di una festa assieme al suo ragazzo proprio da un walkman, determinando così il successo planetario di quella che sarebbe diventata una delle icone degli anni ottanta.

Altri prodotti associati al marchio Walkman
Inizialmente Sony ha attribuito il marchio Walkman ai suoi lettori di MiniDisc, un formato a cui l'azienda ha creduto molto. Nonostante le potenzialità del nuovo supporto, Sony si concentrò eccessivamente sul formato ATRAC, perdendo di vista le potenzialità del formato MP3.
Così, tentando inutilmente di promuovere sul mercato i suoi nuovi Walkman per minidisc, l'azienda lasciò campo aperto ai suoi concorrenti, prima fra tutte Apple, sugli altri canali della musica portatile.
La grande diffusione dei lettori di mp3, primo fra tutti l'iPod, ha evidenziato l'errore strategico di Sony che, di fatto, ha perso il primato nel settore.
Nel 2004 si passa ai modelli di Walkman muniti di disco interno ed in grado di leggere gli mp3, un'evidente inversione di rotta dell'azienda che non fa altro che evidenziare gli errori della strategia precedente. Nel 2005 nasce la linea Network Walkman, veri e propri lettori mp3 con radio incorporata e design accattivante. Nello stesso anno, sotto marchio Sony-Ericsson viene prodotto il primo cellulare Walkman, un telefonino con capacità di riproduzione musicale particolarmente avanzate.

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Una musicassetta (abbreviato MC, conosciuta anche come audiocassetta, cassetta a nastro, cassetta audio o semplicemente cassetta) è un dispositivo a memoria magnetica, che memorizza dati ed informazioni in sequenza su nastro magnetico.
È composta da due bobine, racchiuse in un contenitore di materiale plastico, che raccolgono il nastro magnetico utilizzabile su ambo i lati (generalmente identificati come lato "A" e lato "B") per registrare o riprodurre materiale sonoro. Ne venne prodotta una versione di dimensioni ridotte, detta microcassetta. Prodotta dalla Philips agli inizi degli anni 1960, ha avuto grande diffusione negli anni ottanta e novanta, per poi cadere velocemente in disuso agli inizi degli anni duemila, col diffondersi del compact disc.

Storia
Sviluppata nel 1962, il brevetto fu registrato nel 1963 dalla Philips come Compact Cassette. In origine era costituita da una certa quantità di nastro magnetico prodotto dalla BASF racchiusa in un involucro protettivo in materiale plastico. Il numero di tracce registrabili sul nastro dipendeva dalle testine del registratore adoperato.
Con i primi modelli monofonici era possibile registrare una traccia per ogni senso di scorrimento capovolgendo la cassetta in un riproduttore di cassette in modo analogo a quanto avviene con i dischi in vinile. In seguito si passò alla stereofonia con due tracce per lato e si ebbero anche modelli semiprofessionali a quattro tracce per un solo lato, con cui operare registrazioni multitraccia. Negli stessi anni furono sviluppati altri sistemi a cartuccia di nastro (come lo Stereo-8), ma la musicassetta si affermò col supporto della Philips denominato Compact Cassette e lanciato sul mercato nello stesso 1963.
La produzione di massa cominciò nel 1965 ad Hannover in Germania e contestualmente le case discografiche pubblicarono album sia su disco in vinile che su musicassetta, iniziando la vendita di nastri preregistrati.
La diffusione della musicassetta fu enorme, per diversi fattori: maneggevolezza (racchiude in poco spazio una quantità considerevole di tracce audio), versatilità (può essere usata sia in ambito musicale, sia per registrazioni private, come interviste, dettature e registrazione di messaggi vocali), facilità d'utilizzo (sia per la riproduzione che per la registrazione), economicità e facilità di duplicazione.
Inizialmente il cambio dal lato "A" al lato "B" avveniva manualmente, estraendo la cassetta dal lettore e capovolgendola. In seguito si diffusero riproduttori con doppia testina, in grado di invertire automaticamente la direzione di scorrimento e di lettura del nastro alla fine della riproduzione di ciascun lato (funzione di autoreverse).
In breve tempo la musicassetta divenne il supporto preferito per la registrazione di musica e per la riproduzione in auto, relegando il concorrente Stereo-8 a prodotto di nicchia. A lungo, musicassetta e disco in vinile furono gli unici supporti con diffusione capillare. Un'ulteriore spinta alla diffusione della musicassetta venne dal Walkman Sony, messo in commercio nel 1979, che consentiva l'ascolto di musica ovunque con l'uso delle cuffie audio.
La qualità del nastro magnetico si è evoluta nel corso degli anni per soddisfare le più svariate esigenze: al nastro "normale" fu affiancato il nastro al cromo, dalle performance migliori, al quale in seguito si aggiunsero quello al "ferrocromo" e il nastro "metal", particolarmente apprezzato dagli audiofili.
La comparsa del CD audio nei primi anni ottanta non scalfì la diffusione della musicassetta per l'uso domestico. Sebbene il CD audio, in quanto supporto digitale, garantisse una migliore conservazione delle registrazioni e, generalmente, una miglior qualità di riproduzione, tanto da relegare la musicassetta a un ruolo di secondo piano nell'industria discografica, la musicassetta consentiva una facilità di registrazione allora impossibile per i CD all'utenza domestica. Fino alla fine degli anni novanta, la musicassetta fu il principale supporto su cui poter effettuare facilmente registrazioni casalinghe, compilation, duplicazioni o riversamenti da altre sorgenti audio. Con la crescente diffusione dei masterizzatori tale possibilità si estese anche ai CD, ma la musicassetta fu, per diverso tempo, l'unica in grado di permettere la registrazione in tempo reale, nonché la possibilità di riutilizzare uno stesso supporto più volte.
All'inizio degli anni 2000, con la massiccia diffusione di nuove tecnologie digitali come lettori mp3, memorie flash e masterizzatori DVD, l'utilizzo del nastro magnetico diminuì rapidamente. Oggi in ambito casalingo i nuovi supporti digitali garantiscono una capacità di memorizzazione e una qualità audio notevolmente superiore al nastro magnetico, oltre alla possibilità di creare o cancellare i dati memorizzati in maniera pressoché istantanea. A partire dagli anni 2000 la maggior parte delle case discografiche cessò di utilizzare le musicassette come supporto commerciale (salvo alcune eccezioni)), mentre quelle vergini furono ancora prodotte in maniera rilevante sino al 2010 da un ristretto numero di produttori (TDK, Sony, Maxell e Basf con il marchio Emtec a partire dal 2000), sebbene con un'offerta limitata in qualità e durata della registrazione (C46, C60, C90 e C120 erano ancora facilmente reperibili, più rari i formati C50, C54, C70, C74 e C100). Sono disponibili ad oggi per l'acquisto a piattaforme di e-commerce come Ebay e a qualche azienda che continua a produrre nastri vergini in quantità limitate.
Anche le case discografiche smisero di produrre album in formato musicassetta, ad eccezione di pochi gruppi musicali. Le uniche fabbriche che ancora oggi producono questi supporti sono la National Audio Company Inc. di Springfield e l'italiana Tape It Easy.

Caratteristiche
Il nastro magnetico
Erano disponibili in commercio cassette per registrazione di diversa durata (come ad esempio da 46, 60, 90 e 120 minuti) che utilizzavano quattro tipi di nastro magnetico. Per ottenere l'alta fedeltà si è sperimentato sulla composizione del nastro magnetico; il diossido di cromo (CrO2) è stata la prima soluzione, ma richiedeva speciali bias ed equalizzazione da parte dei riproduttori di cassette, oltre a un interruttore per selezionare il tipo di nastro. Diverse case produttrici tra il 1970 e la metà degli anni 90 (Sony, TDK, Maxell, BASF, Philips) commercializzarono cassette ed erano suddivise, in ordine di qualità di resa e di prezzo, secondo quattro tipi unificati di nastro:

IEC I - ossido di ferro (tipo I - FeO2);
IEC II - biossido di cromo (tipo II - CrO2);
IEC III - ferrocromo (tipo III - Fe / Cr);
IEC IV - ferro puro (tipo IV - "Metal").

Esempio di fori usati per la rilevazione automatica del tipo di nastro. Dall'alto verso il basso:
1) cassetta di tipo I (normal), con solo gli intagli di protezione dalla scrittura (qui coperti dalle linguette);
2) cassetta di tipo II (cromo), con due intagli accanto a quelli di protezione dalla scrittura;
3) cassetta di tipo IV (metal), con gli intagli del tipo II più un altro paio al centro;
4) altra cassetta di tipo IV, le cui linguette di protezione dalla scrittura sono state rimosse: ciò significa che la cassetta non può essere registrata.
Il tipo I, detto anche nastro normale, fu il primo tipo di nastro introdotto; è quello più economico e dalle caratteristiche meno performanti, ma rimane comunque più versatile, essendo adatto a tutti gli usi; è un nastro con un basso rapporto segnale-rumore e una buona modulazione sia dei toni alti che di quelli bassi.
Il tipo II, indicato anche come "nastro al cromo" e riconoscibile dalla colorazione più scura, venne introdotto nel 1970 allo scopo di garantire una migliore qualità del suono registrato. Inizialmente si trattava di nastri al biossido di cromo, mentre a partire dalla metà degli anni settanta vennero prodotti nastri di tipo II al cobalto e ossido di ferro. Rispetto al tipo I si ha una migliore modulazione degli acuti, ma è più carente sui toni bassi. Risulta particolarmente indicato per la registrazione da fonti digitali come cd ed mp3.
Il tipo III fu introdotto negli anni settanta per unire i vantaggi dei tipi I e II, attraverso una composizione del nastro intermedia tra quelli normali e quelli al cromo. Dotato di una buona risposta sia sugli alti che sui bassi, non introduceva però grosse migliorie rispetto al tipo II ed è stato prodotto fino ai primi anni ottanta, quando fu soppiantato dal nastro di tipo IV.
Il tipo IV, detto anche "Metal", rappresenta il tipo di nastro più pregiato. Introdotto nel 1979, è dotato di una ottima modulazione degli acuti. Si trattava del nastro più costoso, oltre che più performante, benché nelle prime versioni tendesse a sporcare ed usurare maggiormente le testine, soprattutto nei primi esemplari. È stato prodotto fino agli anni novanta, quando i progressi ottenuti nella lavorazione dei nastri di tipo I e II hanno reso minimo il divario con il tipo IV. È comunque ancora ricercato tra gli appassionati di musica su nastro per le sue qualità.
Ad eccezione del tipo III, la tipologia di nastro è desumibile anche da alcuni fori posti sul lato superiore della cassetta: il nastro tipo II presenta infatti due fori accanto alle linguette usate per prevenire le registrazioni accidentali; le cassette di tipo IV presentano due ulteriori fori al centro del lato superiore. Le cassette di tipo I, invece, non presentano fori aggiuntivi. L'uso di questi fori è stato introdotto per consentire la rilevazione automatica del tipo di nastro da parte dei registratori e dei riproduttori di cassette, in sostituzione degli appositi selettori manuali del tipo di nastro presenti sugli apparecchi fino agli anni ottanta.

Durata della riproduzione
La lunghezza del nastro è normalmente misurata in minuti, che indicavano la durata complessiva della riproduzione considerando entrambi i lati. I formati più diffusi erano:
C46: della durata di 23 minuti per lato.
C60: della durata di 30 minuti per lato.
C90: della durata di 45 minuti per lato.
C120: della durata di 60 minuti per lato.
Sono state inoltre prodotte anche cassette di durata inferiore a 30 minuti (C10, C15 e C20), sia per usi musicali, sia per uso informatico. Formati ancora minori furono usati per contenere jingle, spot pubblicitari e brevi messaggi vocali (come quelli dei risponditori automatici); in questi casi venivano spesso usate cassette a ciclo continuo, la cui durata era misurata in secondi e spesso era di un minuto. Tali cassette possono essere riprodotte per un tempo indefinito, poiché il nastro è sistemato a formare un anello, e una volta raggiunto il punto finale del contenuto registrato si riprende la riproduzione dal punto iniziale.
Lo spessore del nastro varia a seconda della lunghezza dello stesso, con il risultato che i nastri più lunghi sono anche più sottili per consentire alla cassetta di contenere interamente la bobina, e per non affaticare eccessivamente il capstan nel compito di trascinare il nastro. Nelle C46 e nelle C60 lo spessore è di 15-16 micrometri, mentre nelle C90 questo si riduce a 10-11 µm, che diventano 9 µm nelle C120. Chiaramente, in quest'ultimo caso il nastro risulta molto più fragile e necessita di una maggior cura; inoltre, il ridotto spessore tende di per sé a pregiudicare la qualità del suono registrato, salvo l'adozione di particolari accorgimenti nella produzione che rendono affidabili anche i nastri più sottili (per questo motivo, i nastri da 120 minuti erano spesso quelli con il maggior rapporto prezzo/lunghezza).
Riducendo ulteriormente lo spessore del nastro, sono stati prodotti nastri ancora più sottili, arrivando fino a 180 minuti di spazio totale. Raramente però si sono trovate in commercio cassette della durata maggiore di 120 minuti; tra le eccezioni degne di nota prodotte in tempi più recenti ci sono i modelli AE 150 (Tipo I), CDing1 150 (Tipo I) e CDing2 150 (Tipo II) della TDK, le CDix I 150 (Tipo I) della Sony e le UR 150 (Tipo I) della Maxell.
Nel periodo 1972-1982 la TDK ha messo in commercio anche dei nastri da 180 minuti (TDK D-C180), di tipo I; tale nastro era particolarmente fragile e sottile, al punto da risultare trasparente. Non di rado si sono avuti problemi con questo tipo di cassetta, che andavano dalla difficoltà nello scorrimento veloce alla migrazione magnetica tra spire adiacenti di una bobina, passando per la più facile deformazione del nastro, che era anche più soggetto a rimanere incastrato nel meccanismo di trascinamento dello stesso. In virtù di questi problemi e del fatto che la qualità del suono registrato era pesantemente condizionata, le C180 sono state presto ritirate dal mercato e rappresentano oggi dei veri tesori tra i collezionisti. Nastri ancora più lunghi, fino a 240 minuti, sono stati progettati ma mai messi in commercio.

Protezione dalla cancellazione
La cassetta è provvista di un meccanismo di protezione dalla scrittura, utilizzabile per prevenire la cancellazione accidentale di quanto già registrato. Per ogni facciata, sul lato superiore del contenitore, è presente una linguetta di plastica; tale linguetta può essere rimossa, aprendo così un piccolo foro. Un sensore del registratore (o più semplicemente una piccola levetta meccanica) rileva la presenza di questo foro e, tramite un accorgimento meccanico o collegandosi a un dispositivo elettronico, inibisce la funzione di registrazione. Per proteggere dalla cancellazione il lato corrente occorre liberare il foro in alto a sinistra (osservando la cassetta in modo da avere l'apertura del nastro in basso).
La funzione di protezione può comunque essere rimossa, su cassette già protette, coprendo nuovamente il foro, ad esempio con del nastro adesivo, analogamente alle VHS, che però, avendo un solo lato, hanno anche un solo foro.

Funzionamento
Il nastro viene raccolto su due bobine; rispetto al lato che si ascolta (o si registra), la bobina di destra è dedicata al riavvolgimento del nastro, mentre quella di sinistra contiene il nastro da svolgere. Il nastro è saldamente attaccato alle due bobine tramite appositi spinotti di fissaggio, che garantiscono che il nastro non si distacchi dalle bobine in caso di avvolgimento veloce o di trazione prolungata dopo la terminazione del nastro. Generalmente, per non danneggiare le parti di nastro che si trovano alle estremità (e per sfruttare pienamente la superficie registrabile), il nastro non è direttamente attaccato alle bobine, ma possiede dei brevi prolungamenti di plastica connessi a loro volta alle bobine.
Una volta che la musicassetta viene inserita in un lettore, il nastro viene fatto scorrere su una testina, la quale viene a contatto con il nastro grazie a un'apertura centrale sul lato inferiore della cassetta. La testina riceve il segnale magnetico impresso sul nastro e lo converte in un segnale elettrico che dà origine al suono. Per far sì che il nastro aderisca alla testina, le musicassette sono dotate di una spugnetta che permette il contatto durante il trascinamento, senza peraltro danneggiare il nastro. Un'altra apertura, posta più a sinistra, permette la registrazione del nastro per mezzo di un'altra testina; in questo modo, un nastro può essere registrato e, subito dopo, riprodotto.
Il trascinamento avviene a una velocità costante di 4,76 cm/s (1 + 7/8 pollici al secondo), grazie alla rotazione di un piedino metallico, denominato capstan, che viene a contatto con il nastro grazie a un foro trasversale in cui il capstan va ad entrare. L'aderenza tra il capstan e il nastro è assicurata da un rullo pressore, ricoperto di gomma, che assicura il trascinamento e che va a premere il nastro sul capstan grazie ad un'apertura posta sulla destra del lato inferiore della cassetta. Diversamente dalle cassette dello Stereo8, il rullo non è parte integrante della cassetta, ma si trova direttamente nel lettore.
Ad assicurare l'allineamento del nastro con il sistema di testine, capstan e rullo pressore, abbiamo delle guide; due di queste si trovano direttamente nella cassetta, alle estremità del lato inferiore, mentre due fori trasversali permettono l'inserimento di due guide dell'apparecchio.
Il nastro, generalmente, possiede quattro piste longitudinali in cui viene registrato il suono, due per lato; per ciascuna facciata, c'è una pista per il canale sinistro e una per il canale destro (che si fondono in un'unica pista per le registrazioni monofoniche). Esistono altresì sistemi di registrazione professionali che consentono la registrazione (e la riproduzione) di più di due piste audio sullo stesso lato.
Contrariamente a quanto si può pensare, le piste registrate e/o riprodotte per il lato A si trovano dalla parte opposta rispetto a quello che viene mostrato come lato A durante l'uso della cassetta; di conseguenza, quando ascoltiamo o registriamo il lato A, la parte di nastro rivolta verso di noi è quella del lato B e viceversa.
Per evitare che la rotazione delle bobine crei troppo rumore sfregando sull'involucro, e per facilitare il riavvolgimento/svolgimento del nastro, l'involucro della cassetta è dotato all'interno di due foglietti anti-attrito di materiale plastico, che hanno anche lo scopo di permettere che le bobine siano avvolte in modo ordinato.

Utilizzo
Registrazione audio
La musicassetta fu inizialmente concepita per l'uso nei dittafoni, per i quali la fedeltà della riproduzione non era particolarmente critica, ma presto, grazie alla sua praticità e compattezza, divenne uno strumento popolare anche per l'ascolto di musica preregistrata. Dalla metà degli anni settanta la qualità del nastro fu nettamente e progressivamente migliorata passando da supporti magnetici realizzati esclusivamente prima con ferro o ferrite a supporti con cromo, ferricromo e successivamente in una lega metallica appositamente studiata (cassette metal).
Sotto il profilo della qualità di riproduzione, il limite della musicassetta era rappresentato dalla ridotta velocità di scorrimento del nastro pari a soli 4,75 centimetri al secondo. Tale ridotta velocità consentiva la registrazione di un normale programma musicale (ad esempio un intero LP o una sinfonia) su un tratto di nastro relativamente breve, permettendo le ridotte dimensioni della cassetta. La ridotta velocità di scorrimento non era solo la causa del rumore di fondo (il caratteristico "fruscio" delle cassette) ma era anche un limite nella riproduzione dei suoni più acuti dello spettro sonoro.
Con il miglioramento del supporto magnetico e la concomitante produzione di sempre più sofisticati apparecchi per la registrazione e riproduzione di compact cassette, la musicassetta riuscì a ridurre la differenza qualitativa rispetto alle classiche e costose bobine singole, quantomeno negli impianti Hi-fi domestici; inoltre la cassetta rappresentava il modo più conveniente e agevole per ascoltare musica al di fuori dell'ambiente domestico, principalmente in automobile. Tra le tecnologie introdotte nei registratori per migliorare la qualità audio vanno ricordati i sistemi di riduzione rumore (Dolby B/C/S, DBX e DNL) e quelli per l'aumento della dinamica (HX Pro, DYNEQ, ADRES e HIGH COM). Nella gara ingaggiata dai costruttori di lettori di cassette per produrre sempre migliori apparecchiature Hi-fi, vale la pena di ricordare il Nakamichi 1000 del 1973, noto per la qualità cristallina del suono riprodotto con audio cassette.
A partire dal 1979, con l'introduzione del Walkman prodotto da Sony, un riproduttore portatile particolarmente diffuso, la popolarità della musicassetta aumentò ulteriormente, per poi diminuire di colpo prima con l'avvento dei CD masterizzabili e lettori CD portatili, e in seguito a causa della diffusione della musica in formato MP3 e dei relativi lettori.

Memoria di massa informatica
Molti home computer degli anni settanta e ottanta hanno utilizzato la musicassetta come supporto di memoria di massa per la registrazione dei dati: tra di essi ad esempio il Commodore 64, che era dotato di un registratore denominato datassette, lo ZX Spectrum e lo standard MSX. Le ragioni fondamentali di questa scelta tecnologica erano legate al basso costo del supporto e dei relativi dispositivi (al tempo già largamente diffusi).
Nella maggioranza dei casi la musicassetta veniva registrata con dispositivi analoghi a quelli utilizzati in campo audio o con normali registratori connessi al computer, utilizzando una tecnica di modulazione denominata FSK. La quantità di dati che la maggior parte dei micro computer poteva registrare su un lato di una "C90" era di circa 500 kByte, per l'epoca una quantità enorme, a prezzo però di una scarsa affidabilità del supporto (gli errori di lettura, specie se si utilizzavano algoritmi di compressione, come il famoso "turbo tape" del Commodore 64, erano piuttosto frequenti).
L'utilizzo delle musicassette come memorie di massa per i computer casalinghi cessò nel giro di pochi anni con la diffusione dei lettori di floppy disk alla fine degli anni ottanta.

Supporti e formati derivati
Stereo-8
A partire dal 1966 venne introdotto il formato Stereo-8, avente lo stesso principio di funzionamento (salvo il fatto che la bobina era unica ed a ciclo continuo); tale supporto, usato principalmente in ambito musicale, è stato commercializzato fino ai primi anni ottanta.

Microcassetta
Nel 1969 venne prodotta la microcassetta, una cassetta di dimensioni ridotte dal funzionamento pressoché identico a quello della musicassetta,[16] ambito della registrazione vocale personale. Simile alla microcassetta era la minicassetta, avente le stesse dimensioni; in questo caso, però, il nastro era trascinato direttamente dalla rotazione costante della bobina riavvolgitrice, pertanto la velocità di scorrimento variava in funzione della quantità di nastro riavvolto. Per un breve periodo è stata commercializzata anche la picocassetta, una cassetta grande circa la metà di una microcassetta.

Elcaset
Nel 1976 fu introdotta sul mercato anche la Elcaset, di dimensioni comparabili a quelle di una videocassetta e avente un meccanismo simile a quello della musicassetta; tale formato, che riprendeva quello della cartuccia RCA prodotta tra gli anni cinquanta e gli anni sessanta, era molto apprezzato dagli audiofili, ma era molto costoso e garantiva una qualità non molto più elevata di quella raggiunta dalle migliori audiocassette, venendo pertanto dismesso nel 1980.

Digital Audio Tape
Nel 1987 venne creato il Digital Audio Tape (DAT), di buona qualità ma relegato a un ruolo professionale, in quanto costoso e non appoggiato dalle case discografiche che individuavano nel DAT un ostacolo alla tutela del copyright. Per quanto riguarda il settore della dittafonia, è degna di nota una sorta di versione digitale della microcassetta, la NT della Sony, di dimensioni estremamente ridotte e capacità tra i 60 e i 120 minuti.

Digital Compact Cassette
Nel 1992 venne creata Digital Compact Cassette; caratteristica di questo supporto era quella di avere le stesse dimensioni della musicassetta, mantenendo anche una certa compatibilità: un apparecchio per la riproduzione delle DCC era in grado infatti di leggere una musicassetta (non esisteva, però, la stessa compatibilità in scrittura). Il formato, però, non ha avuto successo, anche a causa di una qualità che, seppur migliore di buona parte delle musicassette analogiche, era inferiore ai CD audio.

Adattatori audio digitali
Alcuni produttori hanno creato delle cassette audio che non sfruttano il nastro magnetico, ma una testina (esattamente come quella che serve per leggere le audiocassette), la quale preleva un segnale elettrico da una fonte qualsiasi (come un lettore CD o un lettore mp3), attraverso un cavo munito di connettore Jack, e trasforma tale ingresso in segnale magnetico che viene riprodotto sulla testina della cassetta e letto dalla testina del lettore. Qui è ritrasformato in segnale elettrico ed inviato all'amplificatore, permettendo così di udire il suono riprodotto dal dispositivo che vi è collegato tramite cavo (come lettori MP3, lettori CD, lettori Minidisc, o anche personal computers).

Questo sistema, con la sua catena di conversioni del segnale, introduce una certa perdita di qualità. Lo scopo di questo sistema è consentire ad apparecchi dotati solo di un riproduttore di audiocassette di poter riprodurre musica proveniente da un dispositivo esterno, prevalentemente un lettore digitale più moderno di cui il sistema non è provvisto. Poiché tale soluzione ha come obiettivo principale l'economia (il suo scopo è evitare di cambiare un sistema audio esistente con uno più recente predisposto alla lettura di supporti diversi dall'audiocassetta), la perdita qualitativa viene considerata un compromesso accettabile. Il maggior campo d'applicazione di queste cassette elettroniche è stato infatti la conversione a basso costo delle vecchie autoradio a cassette, negli anni in cui il CD cominciava ad affermarsi, e nei primi anni di diffusione dei lettori MP3.

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L'industria musicale è costituita dalla rete di case di produzione discografica, dalle piattaforme virtuali per la divulgazione / promozione / recensione, dalle riviste musicali, dai portali di download a pagamento, dalla rete di distribuzione e da tutto ciò che contribuisce a creare musica destinata alla commercializzazione e divulgazione.
È in buona parte controllata dalle cosiddette major, ossia dalle etichette maggiori. Iniziò il suo sviluppo inteso nel senso moderno intorno al 1880, quando vennero inventati il fonografo ed il grammofono, con i relativi supporti musicali. I veri e propri accenni ad un mercato discografico imponente si hanno dal secondo dopoguerra, quando cominciano a diffondersi a macchia d'olio jukebox e impianti domestici.
Negli anni settanta, le sopracitate major, costituite da una "casta" di sole 7 aziende (CBS, Capitol, Mca, PolyGram, Rca, A&M, Warner) controllavano il 90% del mercato, a discapito delle aziende più piccole o locali. Situazione che attualmente è cambiata poco, infatti, dopo diverse fusioni, acquisiti, unioni e joint-venture, le major sono diventate le seguenti: WEA, Sony, BMG, Virgin ed Universal.
Sono aumentate altresì le etichette musicali indipendenti, create per dare voce a generi di nicchia, sottogeneri, artisti locali o emergenti (business che comunque non supera il 20% del mercato mondiale) e profitti che, data la situazione discografica attuale, sono sempre in calo (infatti dalla 2 metà degli anni 2000 alcune etichette indipendenti, anche italiane, hanno dovuto chiudere o fondersi con altre compagnie per sopravvivere).

In Italia le etichette indipendenti e le altre aziende che partecipano alla discografia italiana sono rappresentate dalla FIMI (Federazione industria musicale italiana) e sono più di un centinaio.


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Una compilation (in italiano anche "raccolta" o "antologia") è un album discografico composto di brani di uno o più artisti, solitamente già pubblicati in precedenti su album in studio, album dal vivo, singoli o demo, e raggruppati in un'unica opera. Le tracce possono essere selezionate per motivi stilistici, tematici o di successo, e tra queste vi possono essere anche uno o più inediti, specie se si tratta di una raccolta di un solo artista.

Tipi di compilation
La tipologia di compilation più diffusa è certamente la raccolta di canzoni di successo di un singolo artista, che prende anche il nome di Greatest Hits o Best Of. Raccolte di questo tipo vengono generalmente pubblicate al termine di un contratto discografico o quando è stato raggiunto da parte dell'artista in questione un cospicuo numero di successi, in modo da sintetizzare una fase della carriera in un unico disco e costituire una sicura fonte di rendita. Sono infatti i Best Of gli album che riescono a raggiungere il numero più alto di vendite. Il record di album più venduto sul territorio degli Stati Uniti d'America appartiene infatti alla raccolta Their Greatest Hits (1971-1975) degli Eagles. Pubblicata nel 1976, ha venduto 29 milioni di copie[1]. Altri tipi di compilation di un solo artista sono le raccolte di rarità o b-side, di esibizioni a show radiofonici o riedizioni di più EP riuniti in un solo disco. Queste sono pubblicazioni rivolte soprattutto ai più appassionati e difficilmente raggiungono alti risultati di vendite.

I tipi più comuni di compilation sono:
Greatest Hits (o Best Of o Singles Collection): raccolte di alcune tra le più note canzoni di un solista o di un gruppo. Se il solista o il gruppo continua a registrare i redattori comunemente includono uno o più brani inediti come incentivo per i fan ad acquistare l'album anche se hanno già l'altro materiale sulla compilation.
Altre compilation del singolo artista: quelle di rarità o di B-side da collezione, le compilation di sessioni radio, quelle di esecuzioni in esclusiva per una colonna sonora o le raccolte (su uno o più dischi) che combinano versioni diverse delle stesse canzoni tratte da LP e EP. Tali compilation generalmente sono rivolte ai fan e tradizionalmente hanno poca attrattiva per il vasto pubblico, anche se post-mortem raccolte di materiali inediti di cantanti e cantautori recentemente scomparsi hanno significativa popolarità.
Cofanetti: raccolte a dischi multipli che spesso coprono un'intera carriera o un intero periodo di permanenza presso una casa discografica o tutta la produzione di un artista legata a uno specifico genere. Molte sono le antologie di questo tipo pubblicate.
Compilation di canzoni a tema: album contenenti solamente canzoni sullo stesso tema (p. es. canzoni d'amore o canzoni natalizie), interpretate in questi casi da più artisti.
Compilation di genere: includono una selezione di brani appartenenti a vari interpreti di uno stesso genere musicale.
Compilation di successi di artisti vari: semplici raccolte, talvolta pubblicate in serie (come ad esempio Now That's What I Call Music!, nata nel 1983 nel Regno Unito ed esportata in seguito anche in altre nazioni), di singoli di successo usciti nel medesimo anno. Esse rappresentano un'importante fetta del mercato discografico.
Compilation promozionali o campionatori: questi sono cd promozionali di artisti e/o etichette discografiche che anticipano l'uscita di materiale simile su scala più ampia. In genere questi tipi di pubblicazioni sono gratuite o costano molto poco. La Elektra Records ha pubblicato i primi album campionatori nel 1950.
Compilation promozionali di etichette minori o indie: compilation promozionali realizzate per la commercializzazione presso specifici punti vendita al dettaglio da piccole etichette o organizzazioni non-profit. Gli artisti e le case discografiche possono essere in co-brand con grandi marchi per scopi di marketing.
Compilation promozionali Business-to-Business: sono compilation rivolte agli addetti ai lavori del settore musicale (stazioni radio, esperti musicali della televisione, dei film o dei videogiochi) che vengono fatte circolare in questi ambienti per attrarre attenzione sul solista o sul gruppo che si vuole promuovere.
Album compositore/produttore: molti compositori e produttori pubblicano compilation che presentano tracce di interpreti vari ma composte e/o prodotte dallo stesso compositore e/o produttore.
Compilation di singole etichette discografiche: album pubblicati da una singola etichetta discografica con una selezione di brani dei propri cantanti/cantautori. Spesso queste operazioni sono portate avanti da etichette minori, che mettono sotto contratto solo artisti di un certo genere, piuttosto che dalle major.
Compilation di colonne sonore, di film o di videogiochi.

Royalties
Per una compilation multiartista le royalty sono generalmente pro rata. Nella maggior parte dei casi le royalties di ciascun artista (di solito al 12-14% sugli incassi nel 1999) vanno in base al numero dei suoi brani in rapporto al totale delle tracce sul cd. Tuttavia, alcune case discografiche optano per semplificare l'equazione e pagare un tasso arrotondato come percentuale o come importo indipendentemente dal numero totale di artisti sul disco. A partire dal 1999 questi tassi sono stati di circa 0,5%-1% o 15-16 centesimi a brano. Quando una compilation include una traccia di una casa discografica diversa i canoni sono divisi tra l'artista e la casa discografica originale.

Grafici
Nel Regno Unito la Official Charts Company compila un grafico settimanale delle compilation limitato alle compilation dei vari artisti e alle compilation delle colonne sonore.

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La 1437 United Artist nasce con l’intento di rinnovare lo scenario musicale italiano, sviluppando nuovi modi di pensare, produrre, comunicare, promuovere e gestire un certo tipo di progetti artistici e musicali, che abbiano la propensione alla contaminazione delle arti e alla commistione tra spettacolo e nuove tecnologie.
Ecletticità, innovazione, diversificazione e qualità sono gli elementi fondanti di un progetto che non smette mai di evolversi, di cambiare pelle, non per essere al passo con i tempi, ma per anticiparli, guardando al futuro con pragmatismo e creatività, con l’obiettivo di dare vita sempre a nuove forme di arte, che sappia essere trasversale e ibrida, che sappia abbracciare settori diversi creandosi nuovi segmenti di mercato entro cui muovesi, ove il mercato appare saturo.
Dopo anni di attività si può affermare che la 1437 United Artist rappresenti la terza via che la musica indipendente può intraprendere per emergere nel mercato discografico, senza doversi snaturare o ricorrere a una veste più commerciale, puntando ad un prodotto che si distacchi dall’idea tradizionale che vede ancora nella quantità di dischi venduti (fisici o digitali) il principale obiettivo da raggiungere.
La 1437 United Artist si pone nel mercato musicale italiano con un’impostazione ibrida in cui la produzione del disco non è il fine ultimo ma uno dei tanti strumenti con cui impostare una strategia di successo sostenibile e coerente con la natura del progetto a cui si sta lavorando.
Nasce come naturale evoluzione della sezione musica l’etichetta rappresenta la costola produttiva della sezione musicale e seleziona il meglio della nuova musica emergente con cui si entra in contatto grazie ai concorsi che organizza, che rappresentano il passaggio preliminare per un percorso di produzione, management e booking innovativo su tutto il territorio nazionale e internazionale.
Essere sia organizzatori di eventi che produttori ci concede di vedere le cose da un punto di vista differente: già dall'inizio di questa avventura ci è stato chiaro che il futuro della musica e della discografia non sarebbe stato nello sviluppo dei supporti fonografici ma nella riscoperta ed evoluzione dello spettacolo dal vivo e da li abbiamo iniziato a creare eventi dedicati, specializzati nell’arte dal vivo in tutte le sue forme, attraverso 16 categorie artistiche differenti.
Valorizzare il live, rompendo le barriere che dividono la musica dalle altre arti ed ampliando la concezione spettacolare del concerto in un’ottica olistica, in una sperimentazione mai tentata prima. Lo stesso spirito è nel dna della 1437 United Artist, che si propone non come una semplice casa di produzione della musica, ma come una casa di produzione delle arti applicate ad un progetto musicale.
La maggior parte delle etichette sceglie i propri artisti in base al genere di appartenenza.
La 1437 United Artist, invece, è aperta a qualsiasi tipo di sperimentazione che abbia come presupposti due elementi imprescindibili. Ecletticità e qualità. L’apertura all’esplorazione di nuovi linguaggi, come la contaminazione e l’influenza con le altre arti, è la chiave di volta per rendere il live un’esperienza unica e sorprendente tanto da farlo diventare il vero e proprio core business nel percorso di un’artista. In seconda battuta la qualità è la prima caratteristica che ricerchiamo. Da questo punto di vista un termine molto esplicativo che ci rappresenta è quello di LabelQuality. Queste due peculiarità della struttura spiegano perché, ancora oggi, scegliamo i nostri artisti guardando anche le loro performance sul palco.
Uno dei punti di forza della 1437 United Artist è il network di contatti, eventi, progetti e comunicazione interconnessi e rinforzati in anni di attività. La rete di nuclei organizzativi e il circuito in costruzione di una rete di punti vendita alternativi che sfrutta un circuito di club con i quali la 1437 United Artist collabora rappresentano i due dei pilastri strategici attraverso i quali l'etichetta opera e diffonde i progetti nel territorio.
La 1437 United Artist oggi si presenta nella sua versione 3.0 continuando a sfruttare tutte le potenzialità dei social media attraverso canali non convenzionali, non solo per la promozione, ma anche per la produzione di eventi ed iniziative legati agli artisti.
1437 United Artist è l’idea di un’etichetta che da sempre fa dell’attività live una delle sue principali risorse, sviluppando una forte sinergia con tutte le arti per creare spettacoli multipli, versatili e coinvolgenti in perfetto stile 1437 United Artist, è una rete che tende a creare nuove sinergie e collaborazioni per abbattere i costi di produzione della musica live.
Operiamo realizzando una progettazione globale intorno all'artista, sfruttando tutti gli strumenti del mondo digitale, ma anche sfruttando un sistema alternativo per sostenere economicamente la struttura editoriale dell’etichetta attraverso la vendita di servizi per la produzione, promozione e distribuzione musicale delle giovani band, non prodotte dalla 1437 United Artist. In questo contesto si inserisce perfettamente il Gruppo 1437, la piattaforma di Sviluppo Progetti della 1437 United Artist che possiamo definire un piccolo vivaio artistico, dove si dà la possibilità a progetti più sperimentali o che hanno ancora bisogno di potenziarsi, di crescere e sbocciare. È la divisione che si occupa della gestione e dell’erogazione dei 24 servizi, realizzati in esclusiva nazionale ed internazionale, che la struttura è oggi in grado di offrire; rivolti ad artisti, operatori musicali e anche ad altre casa di produzione.
Tra le novità interessanti del 2018 c’è sicuramente il lancio ufficiale di una nuova divisione interna che ha come fine la produzione di musiche adatte a sincronizzazioni o sonorizzazioni di mostre, spettacoli teatrali o di danza o circensi, programmi televisivi o la produzione di musiche per film e documentari.
La maggior parte dei nostri servizi sono erogati grazie alla collaborazione dei vari artisti presenti nella factory 1437 United Artist. Immaginate una struttura che metta in connessione tutti i tipi di arte e tutti i personaggi che la interpretano e la creano. Questa rete di contatti che ricopre l’intero territorio nazionale, presente quasi in ogni regione, dal sud al nord, è il prodotto naturale dell’esperienza della 1437 United Artist che ci ha concesso di entrare in contatto con un altissimo numero di artisti, addetti ai lavori o anche semplici appassionati, che oggi riconoscono in 1437 United Artist un contenitore ibrido di materia artistica in cui si può sperimentare in piena libertà.

Come funziona più specificatamente la Factory?

Poniamo l’esempio di una band che si rivolga a noi per una collaborazione e che abbia bisogno di un videoclip per il lancio del singolo che anticipi l’uscita del disco, ma anche di una copertina con un artwork particolare, e magari una volta iniziato il tour anche di un merchandising personalizzato. Quello che facciamo è coinvolgere i vari artisti della nostra rete attraverso una “call to action”. Gli sottoponiamo il progetto, la linea della band e aspettiamo che ci venga formulata una proposta. Alla fine la band avrà più possibilità di scelta senza il minimo sforzo, gli verranno fornite una serie di opzioni e quello che dovranno fare è semplicemente scegliere quella che li soddisfi maggiormente. È la formula pragmatica di una filosofia più ampia: L’ARTE CHE AIUTA L’ARTE.
La 1437 United Artist ha un approccio completamente innovativo, che affianca alla produzione discografica classica strumenti diversi di promozione e distribuzione e allo stesso tempo viene incontro alle esigenze degli artisti ma anche di altre etichette discografiche offrendo servizi a 360°, che integrino il lavoro già svolto per conto proprio. I servizi offerti, quindi, sono erogati dal Gruppo 1437 coprono tutta l’attività di un’etichetta e vanno dal management all’ufficio stampa e promozione, dalla distribuzione al marketing musicale al booking, dalla gestione temporanea delle edizioni alla produzione di video, dalla formazione alla grafica e stampa di supporti fonografici e merchandising.
La 1437 United Artist punta anche alla formazione di nuove figure nell'ambito manageriale e artistico musicale. Organizza anche un Corso di formazione per produttori e organizzatori di eventi musicali allo scopo di far crescere ulteriormente il progetto offrendo nuovi sbocchi professionali a giovani appassionati. I partecipanti al corso avranno la possibilità di imparare a conoscere il mondo dell'organizzazione di eventi musicale, ma anche tutto quello che riguarda la produzione e la gestione di un artista, ma soprattutto avranno la possibilità di formarsi all’interno della nostra struttura grazie uno stage formativo.
La 1437 United Artist si avvale di uno staff giovane e poliedrico, molto attento alle mutazioni del mercato e all'innovazione tecnologica.


promozione radio tv




Sei un artista o suoni in una band ed hai realizzato il tuo nuovo album?
Hai realizzato un singolo e ti piacerebbe far conoscere la tua musica?
La 1437 Network è una startup che per promuovere i propri servizi professionali di promozione radiofonica e ufficio stampa ad artisti, band, etichette ed agenti musicali offre gratuitamente la garanzia di risultati certi in termini di recensioni, interviste, passaggi radiofonici e televisivi solo a mille tra coloro che richiederanno i nostri servizi.
Ogni progetto verrà seguito in base al tuo desiderio di visibilità sui media a cui verrà inviata la tua musica. Ricordati di allegare un file audio/video della tua musica in modo da valutare tutti gli elementi per una collaborazione.

Lavoriamo con le seguenti tipologie di riviste
Stampa Musicale
Agenzie di Stampa
Quotidiani locali e nazionali
Webzine e blog musicali

Siamo in contatto con le seguenti tipologie di radio
Network nazionali
Radio Locali
Radio Universitarie
Webradio
Circuiti radiofonici

Promozione Radiofonica/TV
Essere indipendenti non significa essere invisibili: grazie ai nostri sistemi digitalizzati è possibile promuovere in modo efficace un singolo su radio in fm e online, meglio se seguito dall’uscita di un EP o di album: quando si presenta un nuovo progetto musicale al direttore artistico dell’emittente radiofonica, al curatore di un programma radiofonico o televisivo, è fondamentale garantire la qualità del file audio o video inviato accompagnato da tutte le informazioni necessarie a divulgare al meglio la musica trasmessa.

Ufficio Stampa
L'ufficio stampa è un mezzo fondamentale per promuovere la musica sui giornali e sulle testate digitali, far conoscere alla critica un disco, significa far ascoltare alle persone "che contano" il proprio lavoro.
L’obiettivo principale è quello di ottenere recensioni ed interviste su giornali cartacei e webzine in modo che le stesse vengano lette da coloro che acquistano la rivista o il quotidiano cartaceo, o nel caso di webzine dagli utenti che arrivano dai motori di ricerca, dalla newsletter o dai profili social sui quali viene condivisa la notizia.

Cosa facciamo nel concreto
Il nostro lavoro comincia con la verifica del materiale audio e video che invierai in redazione e che dovrà essere editato e mixato in modo professionale. L’etichetta discografica o l’artista dovrà invarci la label copy contenente le informazioni sul brano, la biografia dell’artista o della band, la digital delivery in caso di collaborazione con i circuiti. Procediamo alla compilazione di un press kit digitale corredato di file audio e video, testo del comunicato stampa, link vari ai profili social e al sito web, immagini e all’invio al nostro database di contatti selezionati tra radio FM e web, redazioni giornali cartacei, online e blog di settore, TV musicali e non del digitale terrestre.
Realizziamo interviste al gruppo o all'artista, che saranno fatte circuire sulle emittenti radiofoniche, al fine di diffondere oltre al brano anche gli aspetti tecnici ed umani.
Per le band e gli artisti che hanno già terminato la fase di registrazione del proprio album ed intendono promuovere il proprio lavoro, offriamo pacchetti dedicati alla promozione dei live e delle tournèe.

Monitoraggio
Grazie ai sistemi di monitoraggio radio adottati, riusciamo a monitorare l’andamento della campagna, il passaggio del brano sulle radio dei circuiti nazionali, regionali, locali e web e a sapere in modo preciso quali emittenti radiofoniche e quante volte hanno trasmesso il tuo brano.
I nostri rapporti con i circuiti radiofonici presenti su tutto il territorio nazionale ci consentono di garantirti risultati certi in termini di passaggi radiofonici ed inserimento nelle playlist.

Report
Al termine della campagna promozionale, forniamo direttamente a te una reportistica dettagliata sulle performance ottenute come il numero delle email aperte, i brani scaricati dalla casella di posta del contatto a cui viene inviato il brano, oltre a quelli garantiti per contratto, tutti i passaggi radiofonici e televisivi ricevuti durante il periodo promozionale. Durante la campagna, ti forniremo risultati intermedi al fine di verificare l'andamento della campagna stessa.


Per info: 1437network@protonmail.com 

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Il videoclip (conosciuto in Italia anche come video musicale, filmato musicale) è un breve filmato scenografato, eventualmente coreografato e prodotto per promuovere una canzone ed il cantante che la interpreta. Dalle sue origini fino all'avvento della televisione a colori (in Italia nel 1978) i videoclip erano chiamati filmati cine-musicali. Il termine cambia in video-musicali proprio con l'avvento del magnetico che caratterizza molte emittenti televisive nate agli inizi degli anni ottanta. In altre parti del mondo, come in Giappone, viene indicato con il nome di promotional video oppure, come nei paesi anglofoni, viene indicato con il nome più diffuso di music video.
I videoclip nella loro forma classica e matura, quella iniziata in Italia alla fine degli anni cinquanta con i filmati musicali, utilizzano differenti forme stilistiche ed espressive per commentare visivamente il brano musicale: molti di essi si compongono della semplice riproduzione filmica del cantante o del gruppo musicale che eseguono il brano; altri creano mini film con trama (recitati talvolta dagli stessi componenti del gruppo) oppure veri e propri cortometraggi non narrativi che si possono avvalere di sequenze animate o di immagini documentaristiche.
La pratica di abbinamento di immagini filmate a brani musicali si può far risalire alle origini del cinema stesso, addirittura prima dell'avvento del sonoro, tanto da essere definita negli anni in vari modi tra cui canzone illustrata, talkies, soundies, promo film. Secondo alcuni, il primo video musicale della storia in forma compiuta risale alla fine degli anni cinquanta ed è Dáme si do bytu diretto da Ladislav Rychman; secondo altri, il primo videoclip è invece il filmato musicale italiano del cantante Don Marino Barreto Jr sulle note di Altagracia realizzato per la produzione del prototipo del Cinebox, il juke-box con schermo, presentato alla stampa nel 1958; secondo altri ancora, il primo videoclip con un valore ufficiale di pubblicazione è contenuto nel film Viale della canzone del regista Tullio Piacentini che nel 1965 usa i videoclip in sostituzione dell'avanspettacolo o dei caroselli (forme di intrattenimento che precedevano le proiezioni dei grandi film) nelle sale cinematografiche italiane di sua gestione. Indubbiamente il videoclip, così come il termine stesso, diviene molto popolare a partire dall'inizio degli anni ottanta con la nascita delle prime televisioni tematiche con palinsesto interamente musicale.

Storia e sviluppo
Nel 1894 gli editori di spartiti musicali Edward B. Marks e Joe Stern incaricarono il tecnico George Thomas e una serie di performer di promuovere le vendite della loro canzone The Little Lost Child. sfruttando le caratteristiche di una lanterna magica, Thomas proiettò una serie di immagini fisse su uno schermo, simultaneamente ad una performance live. Questa pratica diventerà una forma popolare di intrattenimento conosciuta come canzone illustrata, il primo passo verso il moderno video musicale.



1926–1959: Talkies, soundies, e corti animati
Nel 1926, con l'arrivo del cinema sonoro e dei primi talkies vengono prodotti molti cortometraggi musicali. I corti Vitaphone (prodotti dalla Warner Bros.) impiegavano molti musicisti, cantanti e ballerini. Alcuni autori del cinema d'animazione come per esempio Max Fleischer realizzarono una serie di corti d'animazione sul modello karaoke (i cosiddetti sing-along oppure follow the bouncing ball) e che invitavano il pubblico a cantare canzoni del repertorio popolare seguendo la cosiddetta "palla che rimbalzava" sul testo della canzone stessa, indicandone ritmo e metrica. I cartoni animati dei primi anni trenta impiegavano musicisti popolari e il loro repertorio di successo in veri e propri frammenti live-action inseriti nello stesso cartoon.
I primi film d'animazione di Walt Disney, come per esempio Silly Symphonies includevano molte interpretazioni di brani classici ed erano costruiti intorno alla musica, come per esempio il più noto Fantasia. I cartoni animati prodotti dalla Warner Brothers, chiamati tutt'oggi Looney Tunes e Merrie Melodies erano nati intorno a canzoni specifiche del repertorio Warner. La cantante Blues Bessie Smith appare in un corto costituito da due rulli noto come 'St. Louis Blues realizzato nel 1929 e sviluppato intorno ad una performance drammatizzata della stessa canzone. Molti altri musicisti partecipano in questi anni all'interno di corti con la stessa struttura.
I Soundies, prodotti e realizzati dal 1940 fino al 1947 erano film musicali di breve durata che spesso includevano brevissimi numeri di danza molto simili alla forma che avrebbero assunto alcuni video musicali nel periodo di massima diffusione, quello degli anni '80. A metà del 1940 il musicista Louis Jordan partecipò alla realizzazione di una serie di corti per le canzoni del suo repertorio, alcune delle quali furono montate insieme per un film di lunga durata noto con il titolo di Lookout Sister. Secondo lo storico Donald Clarke, questi brevi clip erano gli antenati del moderno videoclip.
I Film Musicali sono stati importanti precursori dei video musicali, tanto che molti videoclip tra i più noti hanno imitato lo stile dei Musical classici Hollywoodiani dal 1930 al 1950. Uno degli esempi più conosciuti è il video di Madonna del 1985 intitolato Material Girl (diretto da Mary Lambert) ispirato chiaramente alle coreografie di Jack Cole per il film Gli uomini preferiscono le bionde. Molti video di Michael Jackson sono influenzati da note sequenze di danza dei film musicali di Hollywood inclusi i noti Thriller diretto da John Landis e Bad diretto da Martin Scorsese, quest'ultimo influenzato dai numeri di lotta danzata nella versione cinematografica di West Side Story.
Secondo l'Internet Accuracy Project, il disc jockey J. P. "The Big Bopper" Richardson è stato il primo ad aver coniato l'espressione video musicale (music video) nel 1959.

1958: il primo clip musicale
Il più vecchio clip musicale di forma compiuta conosciuto oggi per alcuni studiosi è Dáme si do bytu (realizzato nel 1958, diretto da Ladislav Rychman).



1940-1967: Panorama Soundie, Scopitone e Cinebox: i Video Juke Box
Il Panorama Soundie è il primo vero Video Juke Box della storia, se si escludono ovviamente gli esperimenti di William Kennedy Laurie Dickson fatti nei laboratori Edison alla fine dell'800 (KInetofono). Il Panorama Soundies era molto popolare negli Stati Uniti intorno al 1940 e caricava pellicole 16mm filmate in bianco e nero; conteneva un vasto repertorio musicale costituito da una serie di clip filmati della durata di tre minuti, chiamate Soundies, veri antesignani del moderno Videoclip. Gli artisti promossi attraverso i Soundies hanno i nomi di Jimmy Dorsey, Spike Jones, Liberace, Stan Kenton, Gale Storm, Kay Starr, Cyd Charisse, Les Brown, Doris Day, The Hoosier Hot Shots, Martha Tilton, Harry "The Hipster" Gibson, Alan Ladd, Gene Krupa, Anita O'Day, Yvonne De Carlo, Merle Travis, e Lawrence Welk. Nel 1958 il concetto del Panorama Soundie viene ulteriormente sviluppato con lo Scopitone che comincerà a caricare in seguito pellicole a colori 16mm. Azionato a moneta, era sviluppato dalla francese Cameca; uno dei primi filmati Scopitone è Le poinçonneur des Lilas di Serge Gainsbourg filmato nel 1958 presso la stazione della metropolitana di Parigi di Porte des Lilas.
Sul versante italiano, come ha dimostrato con le sue ricerche[10] Michele Bovi, i primi filmati musicali "a colori" che usano le immagini per accompagnare una canzone sono realizzati in Italia, a partire dal 1959, quindi un anno dopo rispetto al film promozionale di Serge Gainsbourg. In quell'anno infatti si sperimenta un juke-box ad immagini: il Cinebox, brevettato come "fonografo visivo" dall'inventore Pietro Granelli e realizzato dalla Ottico Meccanica Italiana diretta da Paolo Emilio Nistri, versione perfezionata dei Panorama Soundies e degli Scopitone. Per quanto riguarda invece le prime pellicole dell'Italiano Cinebox, queste sono girate dai registi RAI Vito Molinari, Beppe Recchia ed Enzo Trapani, sono interpretate da Peppino Di Capri, Domenico Modugno, Johnny Dorelli, Renato Rascel, Giorgio Gaber, i Brutos, Gino Paoli, Edoardo Vianello, Equipe 84 e altri. Nel 1963 il Cinebox viene esportato sul mercato americano col nome di Colorama coinvolgendo star come Paul Anka e Neil Sedaka, ma in breve tempo l'esperimento è abbandonato.
Ma i precursori del videoclip contemporaneo sono appunto i soundies (cortometraggi abbinati a brani musicali trasmessi da un rudimentale videojuke-box detto panorama soundie a partire dagli anni 40 negli Stati Uniti), gli scopitone (corrispettivi francesi dei soundies girati in technicolor e sperimentati a partire dal 1958) e le performance che sopperivano all'assenza delle band in studio in alcuni celebri show televisivi degli anni sessanta come Ready Steady Go! (trasmesso dalla BBC) o l'Ed Sullivan Show.
Il primo vero successo del videoclip Italiano avviene nel 1965 con la proiezione nelle sale cinematografiche dei tre film del regista e produttore Tullio Piacentini: 008 Operazione ritmo, Viale della canzone e Questi pazzi, pazzi italiani. Questi film a colori, realizzati in funzione ad un accordo avvenuto agli inizi degli anni '60 tra il produttore stesso e la RCA che prevedeva la realizzazione di almeno 200 'filmati musicali', contenevano una raccolta di decine di videoclip (interpretati dagli esordienti Gianni Morandi, Peppino di Capri, Luigi Tenco, Gigliola Cinquetti, Jimmy Fontana, Bobby Solo, Fred Bongusto, ecc.) ed erano intervallati da barzellette animate. Poi, quando la televisione iniziò ad avere un seguito maggiore di spettatori, il regista Tullio Piacentini produce anche il primo programma televisivo di lancio dei videoclip e dei relativi cantanti: era il 1967 ed era intitolato Passeggiando per Subiaco. Sempre secondo una considerazione di Michele Bovi, solo per il fatto di aver creato la commercializzazione cinematografica prima e televisiva poi di questi filmati musicali, Tullio Piacentini è da considerarsi l'inventore del videoclip. Ma da un punto di vista del linguaggio, la trasmissione italiana che più di tutte e per prima ha raccontato l'arte dei videoclip come forma espressiva tout court è Mister Fantasy, messa in onda su Rai Uno per ben quattro edizioni dal maggio 1981 al luglio 1984; era un rotocalco televisivo dedicato alla musica rock, e alla forma del videoclip per come la conoscevamo poco prima del lancio di MTV. La trasmissione era ideata da Paolo Giaccio e condotta da Carlo Massarini con alcune incursioni di Mario Luzzatto Fegiz.

1960–1973: I promo clip
Alla fine del 1950 viene inventato in Francia lo Scopitone, un video Jukebox destinato alla diffusione di filmati con artisti francesi come per esempio Serge Gainsbourg, Françoise Hardy, Jacques Brel, e Jacques Dutronc. Nel 1961 per lo show canadese Singalong Jubilee, Manny Pittson cominciò a pre-registrare l'audio musicale e a filmare in svariate location i musicisti mentre cantavano in lip-synching (playback) in modo da montare audio e video come dei veri e propri videoclip. Molti numeri musicali venivano registrati sul palco o in studio. Nel 1964, Kenneth Anger nel suo film sperimentale noto come Scorpio Rising utilizzava canzoni popolari al posto del dialogo.
Altre forme vicine al videoclip contemporaneo vengono realizzate da registi di fama dalla fine degli anni sessanta: The Beatles per fronteggiare la continua richiesta delle loro apparizioni in giro per il mondo per promuovere i nuovi singoli, realizzarono dei video, col tempo sempre più particolari e fantasiosi, che venivano trasmessi dalle Tv o dai programmi televisivi, una sorta di proto-MTV ante litteram, idea seguita anche da Bob Dylan con il video di Subterranean Homesick Blues girato dal documentarista D. A. Pennebaker e inserito in apertura del film del 1967 Dont Look Back, che si avvale della presenza del poeta Allen Ginsberg come "figurante speciale".
In particolare, i Beatles nel 1964 interpretano il loro primo film A Hard Day's Night, diretto da Richard Lester. Filmato in bianco e nero e presentato come un mock documentary, è interrotto da numeri comici e di dialogo con un'attitudine prettamente musicale. Queste sequenze forniranno la base strutturale sulla quale saranno ideati molti videoclip negli anni a venire. Questi numeri sono stati anche il modello per la serie televisiva dei The Monkees (1966–1968) che era costituita in modo molto simile al film dei Beatles da segmenti visivi ideati per accompagnare varie canzoni dei The Monkees.
Il secondo film dei Beatles intitolato Help! (1965) fu filmato a colori a Londra e in location internazionali. La canzone che dà il titolo al film è filmata in bianco e nero ed è probabilmente l'archetipo completo delle moderne performance che si possono vedere nei video musicali, per l'impiego di un linguaggio più complesso come quello del montaggio alternato in funzione ritmica, in contrasto a piani più lunghi e primi piani e soprattutto per angolature non convenzionali della macchina da presa. Per esempio i 50 secondi in cui la mano sinistra di George Harrison e il manico della chitarra si vedono chiaramente a fuoco mentre sullo sfondo l'immagine di John Lennon che canta è completamente fuori fuoco.
Nel 1965 i Beatles cominciano a realizzare clip promozionali per la distribuzione e la trasmissione in altri paesi per promuovere i propri lavori senza per forza dover fare delle apparizioni live. Quando smetteranno di fare concerti alla fine del 1966, i loro filmati promozionali diventeranno ancora più ricchi e complessi. Nel maggio del 1966 gireranno due set di clip promozionali a colori per il loro singolo del momento Rain/Paperback Writer diretti da Michael Lindsay-Hogg, lo stesso autore del The Rolling Stones Rock and Roll Circus e dell'ultimo lungometraggio dei Beatles ovvero Let It Be. Altri clip promozionali a colori erano quelle di Strawberry Fields Forever e Penny Lane, realizzate all'inizio del 1967 e dirette da Peter Goldman[16] operazione che porta il formato del film promozionale dedicato alla musica ad un nuovo livello di realizzazione. Qui vengono infatti utilizzate tecniche tipiche del cinema d'avanguardia, tra cui slow motion e reverse recording angolature non convenzionali, filtri colore aggiunti in post-produzione. Alla fine del 1967 il gruppo realizzò un progetto televisivo di un'ora noto come Magical Mystery Tour; trasmesso dalla BBC nel 1967.
Il clip in bianco e nero di Bob Dylan intitolata Subterranean Homesick Blues e girata da D. A. Pennebaker era originariamente inclusa nel documentario intitolato Dont Look Back. Senza narrazione e performance, mostra Dylan in un vicolo urbano mentre sfoglia in sequenza una serie di cartelli di grandi dimensioni che mostrano alcune parole dal testo della canzone. Molti altri inserti filmati a scopo promozionale e realizzati per sostituire le apparizioni televisive live delle band furono realizzati da artisti inglesi come per i esempio i Pink Floyd con i clip di San Francisco: Film, diretta da Anthony Stern, Scarecrow, Arnold Layne e Interstellar Overdrive, l'ultima diretta da Peter Whitehead, lo stesso che aveva girato numerosi clip pionieristici per i Rolling Stones tra il 1966 e il 1968. Sempre in Inghilterra The Kinks realizzano il loro primo promo clip narrativo per una canzone, il singolo è Dead End Street (1966) una sorta di piccolo film comico in miniatura, considerato dalla BBC di poco conto, quindi mai trasmesso. The Who appaiono in numerosi clip in questi anni, a cominciare dal 1965 con I Can't Explain mentre in Happy Jack (1966) si vede la band interpretare un manipolo di ladri. Il promo film intitolato Call Me Lightning (1968) racconta la storia di come il batterista Keith Moon entra a far parte della band: gli altri tre membri della band consumano tea in quello che sembra un hangar abbandonato, quando improvvisamente Keith Moon balza fuori da una scatola in una scena dai chiari riferimenti Slapstick.
I Rolling Stones appaiono in molti clip promozionali dei tardi anni '60. Nel 1966 Peter Whitehead dirige due promo clip per il loro singolo Have You Seen Your Mother, Baby, Standing In The Shadow?. Nel 1967 sempre Whitehead dirige un clip narrativo per il singolo We Love You, trasmesso nell'agosto dello stesso anno 1967. Il clip è diviso tra immagini da studio realizzate a velocità accelerata dove si vede la band che suona, e l'allestimento di un processo che allude alle accuse ricevute da Mick Jagger e Keith Richards per uso di droghe. L'allora fidanzata di Jagger, Marianne Faithfull appare nel processo e presenta il "giudice" (Richards). La band realizza anche un promo a colori per la canzone 2000 Light Years from Home (dall'album Their Satanic Majesties Request) diretta dal solito Michael Lindsay-Hogg.[18] Nel 1968, Michael Lindsay-Hogg dirige un promo per Jumping Jack Flash/Child Of The Moon in particolare un clip a colori per Child Of The Moon e due differenti per Jumpin' Jack Flash. Nel 1968 la band collabora con Jean-Luc Godard nel film Sympathy for the Devil, che mette insieme la poetica di Godard con alcune sequenze documentaristiche che raccontano l'evoluzione della canzone durante le session di registrazione.
Tra il 1972 e il 1973 David Bowie partecipa a numerosi promo clip diretti dal fotografo Mick Rock, che aveva lavorato molto con Bowie in questo periodo. Rock dirige e monta quattro clip allo scopo di promuovere quattro singoli consecutivi di Bowie, ovvero: John, I'm Only Dancing (maggio 1972), The Jean Genie (novembre 1972), Space Oddity la versione del 1972, e Life On Mars nella versione singolo del 1973. Il clip di John, I'm Only Dancing fu realizzata con un budget di circa US$200 e filmata al Rainbow Theatre luogo di uno storico concerto del 19 agosto 1972. È un lip-sync con Bowie e la band The Astronettes mentre ballano su uno sfondo. Cassata dalla BBC per il presunto tono omosessuale, fu recuperata da Top of the Pops in una versione modificata. Il clip di The Jean Genie fu realizzata per soli 350 $, girata in un giorno e montata in due. Alterna immagini live ad altre della band girate in studio filmate su uno sfondo bianco, ci sono anche alcune sequenze dove si vede Bowie con Cyrinda Foxe (impiegata della MainMan amica di David e di Angie Bowie) a San Francisco fuori dal Mars Hotel, con la Fox in pose provocanti e Bowie appoggiato ad un muro, mentre fuma. I video di Mick Rock hanno la particolarità di inventarsi un linguaggio visionario, che pur partendo dalle immagini girate in studio, giocano molto con la relazione tra immagine e astratta e suono; in questo senso Space Oddity che filma la consolle di uno studio di registrazione come se fosse una sorta di navicella spaziale, è uno dei precursori del moderno videoclip anti-narrativo per stile e linguaggio.

1974–1980 – verso l'inizio delle televisioni tematiche
Gli show televisivi australiani Countdown e Sounds, entrambi trasmessi per la prima volta nel 1974, hanno avuto un'importanza fondamentale nella diffusione popolare della musica filmata nel continente di riferimento e anche in altri paesi, soprattutto nel delineare la forma "clip musicale" come quella specifica per la promozione degli artisti. Il Dj Graham Webb nel 1974 lancia una trasmissione settimanale su l'australiana ATN-7 intitolato Sounds Unlimited e più tardi più brevemente Sounds. Nello staff di Webb c'erano alcuni registi, tra cui Russell Mulcahy a cui venne chiesto di realizzare dei clip istantanee per artisti che non ne disponevano, come per esempio Harry Nilsson con Everybody's Talkin', metodo che consentì alla coppia di realizzare più di 25 clip inediti. La trasmissione ebbe successo e Mulcahy abbandonò il suo lavoro televisivo per dedicarsi a tempo pieno alla realizzazione di videoclip per band come Stylus, Marcia Hines, Hush e soprattutto gli AC/DC. Nella seconda metà degli anni 70 Mulcahy già trasferito in Inghilterra, realizzò video di successo per band come XTC con il video di Making Plans For Nigel (1979) e un video considerato epocale come Video Killed the Radio Star per The Buggles che in seguito diventerà il primo video musicale ad essere programmato sull'appena nata MTV nel 1981.
Lo show inglese più longevo è sicuramente Top of the Pops che comincia la sua programmazione nel 1970, questo darà molto impulso all'industria. Alcuni esempi: nel 1980, David Bowie raggiunge il numero uno delle charts grazie al video diretto da David Mallet come promo per Ashes to Ashes. Nel 1975 gli Who realizzano il loro lungometraggio Tommy, diretto da Ken Russell, e basato sul loro album omonimo del 1969. Sempre nel 1975 i Queen chiedono al regista televisivo Bruce Gowers di realizzare un video per il loro singolo Bohemian Rhapsody per la diffusione su Top of the Pops; il video diventerà noto per essere stato interamente girato e montato su videotape, aspetto che alimenterà la leggenda metropolitana di "primo videoclip della storia"[senza fonte]. Oltre a Top of the Pops anche un altro show britannico produrrà direttamente una serie di videoclip pionieristici, lo show è The Old Grey Whistle Test e sarà programmato tra i primi anni del 1970 e l'inizio del 1980.
Video Concert Hall, era la creatura di Jerry Crowe e Charles Henderson, lanciata nel novembre del 1979, fu il primo programma Americano a trasmettere nazionalmente video musicali.
Mentre il programma via cavo Night Flight fu il primo a trasmettere i video come forma d'arte. Tra i primi video musicali ci sono sicuramente quelli prodotti dall'ex The Monkees Michael Nesmith che aveva cominciato a lavorare per il Saturday Night Live. Nel 1981 realizza un prodotto ibrido noto come Elephant Parts, vincitore di un Grammy per i video musicali per la sua forma che in qualche modo anticipa quella di un vero e proprio palinsesto televisivo completo. Precursore del film è sicuramente Head di Bob Rafelson e interpretato, guarda caso, dai The Monkees al completo; realizzato nel 1968 anche Head è una strana forma ibrida che mette insieme finta pubblicità, linguaggio televisivo, proto-videoclip, come se si trattasse di un palinsensto televisivo tematico.
Nel 1974 gli ABBA fecero uscire il loro primo videoclip, Waterloo, diretto da Lasse Hallström (che dirigerà la maggior parte dei loro video), seguendo poi ad accompagnare l'uscita dei loro singoli con dei clip promozionali. Nel 1975 Rino Gaetano pubblicò il videoclip del suo successo Ma il cielo è sempre più blu.



1981–1991: Il video musicale diventa mainstream
Con la nascita di MTV (che il 1º agosto 1981 ha ironicamente aperto le proprie trasmissioni con il videoclip Video Killed the Radio Star dei Buggles) e di altre televisioni musicali il videoclip ha assunto sempre maggiore importanza nelle strategie di lancio promozionale dei brani musicali e si è fortemente evoluto dal punto di vista artistico. Il primo videoclip con un alto budget di produzione è stato quello del brano Thriller di Michael Jackson nel 1983, che fu studiato e girato come un vero film dal regista John Landis. Il successivo videoclip considerato ancora oggi tra i più costosi fu quello di Wild Boys dei Duran Duran nel 1984.
I registi di videoclip di questo periodo cominciano ad espandere la forma e lo stile del genere, utilizzando effetti sempre più sofisticati, mixando tecniche di ripresa tradizionale e tecniche native della nascente tecnologia video; l'era catodica del videoclip si sviluppa verso una forma non rappresentativa e quindi astratta dove l'artista non sempre veniva mostrato esempi dei primi anni 80 in questo senso sono il video di Bruce Springsteen per il singolo Atlantic City, diretto da Arnold Levine, quello di David Mallet per David Bowie e per i Queen intitolato Under Pressure, il clip diretta da Ian Emes per i Duran Duran in occasione del lancio del singolo The Chauffeur. mentre nei tardi anni 80 Bill Konersman sempre in questa direzione non rappresentativa, girerà per Prince l'innovativo video di Sign o' the Times che mostra solo il testo della canzone in forma grafica e animata.
Il video più rappresentativo dal punto di vista iconico è sicuramente quello realizzato per un brano di Michael Jackson del 1983 Thriller, diretto da John Landis. Il video dura 14 minuti, introduce nuovi standard di costo, infatti ci vollero 800 000 $ per realizzarlo. Il video di Thriller, così come altri video di Jackson come Billie Jean e Beat It, furono importantissimi per introdurre i video di artisti Afroamericani su MTV, perché prima del successo di Jackson erano raramente trasmessi: basta pensare alle critiche di razzismo che Rick James rivolse contro il canale nel 1983 perché MTV si rifiutava di trasmettere il suo singolo Super Freak e altri clip di artisti Afro-americani.
Nel marzo del 1983, viene lanciata la Country Music Television, nota come CMT. Il canale musicale Canadese MuchMusic fu lanciato nel 1984. Sempre nel 1984, MTV lanciò gli MTV Video Music Awards l'evento annuale che consacrerà l'importanza di MTV nell'industria musicale.
Nel 1985, MTV lancia il canale VH1 mentre MTV Europe sarà lanciata nel 1987, e MTV Asia nel 1991. Altro importante contenitore tematico sarà The Chart Show sul canale britannico Channel 4 lanciato nel 1986, primo contenitore britannico di soli videoclip senza presentatore. Ma la prima emittente televisiva musicale d'Europa, nasce in Italia nel 1984 e viene fondata da Pier Luigi Stefani e Marialina Marcucci, figlia di un imprenditore toscano, Guelfo Marcucci, l'emittente si chiama Videomusic.

1992–2004: arrivano gli autori
Nel novembre del 1992, MTV comincia ad indicare i registi dei video insieme ai crediti dell'artista e della canzone, sintomo di un cambiamento epocale nell'aria che comincia a considerare il regista di videoclip come un autore tout court. Registi come Chris Cunningham, Michel Gondry, Spike Jonze, Floria Sigismondi, Stéphane Sednaoui, Mark Romanek e Hype Williams hanno tutti esordito in questi anni; portando un contributo espressivo personale all'arte del videoclip.

2005–oggi: Internet ama il video
Uno dei primi siti ad ospitare brevi video è stato iFilm, nato nel 1997. Napster, il sistema di sharing peer-to-peer attivo tra il 1999 e il 2001 ha consentito di condividere video files inclusi video musicali, mentre contemporaneamente dalla metà del secondo millennio MTV e molti reti tematiche hanno abbandonato progressivamente la programmazione di video musicali a favore dei reality già introdotti da uno show prodotto proprio da MTV nel 1992 e intitolato appunto The Real World.
Il lancio di YouTube è del 2005, insieme ad altri portali ha consentito la visione veloce ed efficiente di moltissimo materiale audiovisivo, tra i portali più noti in questo senso Google Video, Yahoo! Video, Dailymotion, Vimeo e le funzionalità audiovisive prima introdotte da Myspace e in seguito da Facebook e altri social network. Si tratta di un'evoluzione che ha avuto molta influenza sulla fruizione ma anche sulla realizzazione dei video musicali. La band degliOK Go esemplifica questa tendenza e questo processo avendo ottenuto successo attraverso due video diffusi esclusivamente online tra il 2005 e il 2006, ovvero A Million Ways e Here It Goes Again.
Nel 2009 il video dei Thirty Seconds to Mars' intitolato Kings and Queens viene caricato il giorno dell'uscita solo su YouTube ottenendo 100 milioni di visite.
MTV stessa comincia a fornire servizio streaming dei video, e YouTube negli anni diventa, attraverso il canale Vevo il principale veicolo di lancio per le novità videomusicali. Vevo viene lanciato nel 2009 come consociata di diverse major.

I video per Internet
La crescita della rete Internet accresce l'interesse per i cosiddetti user-generated video grazie ai canali partecipativi come YouTube, questo consente a molte realtà costituitesi come indipendenti di registrare session live e di presentarle direttamente su web. Esempi di questa nuova tendenza creativa sono il francese Vincent Moon che lavora per il The Take-Away Shows e per il In the Van sessions, alcuni raccolti nel canale francese La blogoteque e visitabili sul canale Vimeo dell'autore oppure lo show tedesco VPRO che registra session di autori famosi negli ascensori e in altre piccole locations non convenzionali nello stile del guerrilla filmmaking. Un esempio tutto italiano è liveCastour ideato dal videomaker Michele Faggi, e definito come il primo tour virale della rete internet Italiana ha coinvolto per la sola promozione in rete tre artisti diversi a partire dal 2008: Beatrice Antolini, Paolo Benvegnù e i Kiddycar. LiveCastour registrava con una troupe televisiva agile un intero live degli artisti citati, per post produrre tanti videoclip live quante erano le canzoni del concerto filmato. Ogni videoclip live veniva ceduto per l'utilizzo esclusivo in rete a testate generaliste online (da TgCom a Xelle di Repubblica fino a Yahoo! Musica per citarne alcune) che ospitavano a staffetta in un vero e proprio tour virale un clip ciascuno, ricostruendo l'andamento del concerto con una serie di videoclip live autonomi.



Videoclip, le principali rubriche in rete
Numerose le rubriche internazionali dedicate ai video musicali. Una delle risorse più antiche è il Music Video Database, organizzato per schede, consente di ricercare numerose videografie per regista e per musicista. Più interattivo e orientato all'incorporamento attraverso youtube di tutte le novità del settore videoclip è l'IMVDB ovvero L'internet Music Video Database, archivio di risorse multimediali che include anche redazionali dedicati agli autori di video musicali; la ricerca interna consente di risalire a videografie complete degli autori inseriti. Tra i portali che fanno attività redazionale, ovvero recensioni, interviste e news legate al mondo del videoclip i più aggiornati sono Videostatic e Promonews per quanto riguarda la rete internazionale, mentre, per quanto riguarda la scena italiana, il più attivo con recensioni quotidiane, interviste e classifiche è Videoclip Italia; sulla rivista online di cinema Sentieri Selvaggi da molti anni e con una scadenza mensile viene aggiornata una rubrica dedicata ai videoclip affrontata dal punto di vista del linguaggio cinematografico.[46] Altra rubrica italiana aggiornata quotidianamente con un approccio che privilegia i registi e chi i videoclip li realizza è quella curata dal critico cinematografico e musicale Michele Faggi per indie-eye network e semplicemente chiamata Videoclip. La rubrica include recensioni e monografie sui registi contemporanei e non di videoclip, video in esclusiva, interviste ai maggiori autori di videoclip.

Lyric video
Un lyric video è costituito eminentemente da testo. Nel 1987, Prince realizzò il video per Sign o' the Times. Il video presenta il testo in forma animata, attraverso una serie di forme geometriche astratte, ideate da Bill Konersman.
Nel 1990 George Michael realizza Praying for Time come lyric video. George Michael, rifiutandosi di fare un video tradizionale della canzone, costringe quindi la sua etichetta a realizzarne uno con solo il testo su sfondo nero.
Un lyric video adesso viene comunemente realizzato prima del video tradizionale, come lancio preliminare della canzone; esempi di questo tipo sono presenti nelle videografie di Cee Lo Green, Lady Gaga, Katy Perry, Muse, Maroon 5, One Direction e Avenged Sevenfold.

Curiosità
Il videoclip più lungo nella storia della musica fino a qualche tempo fa era considerato Ghosts di Michael Jackson, della durata di 39 minuti e 32 secondi, superato di gran lunga dalla concezione espansa consentita dall'era connettiva della rete; tra i più lunghi in questo senso, il video interattivo realizzato dal team We are from L.A. noti anche come Pierre Dupaquier e Clement Durou per l'artista Afro-Americano Pharrell Williams in occasione del lancio del brano Happy; il video dura infatti 24 ore ed è fruibile nell'arco di un'intera giornata "reale" con uno speciale sistema interattivo reso possibile da più di 360 clip combinati insieme.
Il record di videoclip più costoso al mondo è stato raggiunto nel 2006 dal videoclip di From Yesterday dei Thirty Seconds to Mars con ben 13 milioni di dollari spesi per la realizzazione del video; al secondo posto si trova Michael Jackson con il singolo Scream, uscito nel 1995 (costato 7.5 milioni di dollari), seguito al terzo posto da Britney Spears con il singolo Work Bitch (costato 6,5 milioni di dollari). Tra i video inseriti da NME nella classifica dei 50 video peggiori della storia figura Velouria dei Pixies. Fu realizzato per consentire ai Pixies di partecipare a Top of The Pops e per questo realizzato in fretta e furia.