Diventare Dj | Il corso per Dj



In maniera molto pratica, è colui che ‘mette’ i dischi in discoteca. Passa da una canzone ad un’altra cercando di far sentire il meno possibile il passaggio fra le due tracce. Un compito molto importante del dj, è quello di far divertire la gente che balla nel locale senza però andare contro il proprio volere è/o gusto personale.  
Il DJ è un lavoro che si è evoluto molto nel corso degli anni.
Negli Anni 80 era quello sfigato brutto, mezzo nerd, in fondo ad una sala che metteva dischi nella penombra e nessuno se lo filava. Questo avveniva sia nella balera con liscio e orchestra che nei club che proponevano un sound più Funky e Soul. A livello economico era pagato come un barista o un buttafuori.
Con gli anni 90 viene alla luce la sua prima evoluzione, inizia ad acquisire importanza e notorietà. Il Club/Discoteca diventa più o meno rivelante anche grazie a quanto è abile/riconoscibile il Dj. Il genere predominante, è la UK House nel Regno Unito e la Breakbeat in Germania.
Sul finire degli Anni 90 e inizi del 2000 questa figura continuerà a crescere e alcuni Dj inizieranno ad acquisire una rilevanza importante, sia nel mondo delle Radio, che in quello del clubbing, diventando i Dj resident di club di cui diventano icone. Il genere predominante è la Trance, soprattutto nei paesi del nord Europa, genere che particolarmente si presta ad un inizio di gioco di luci fatto di laser show e fumo in sala.
Fu proprio in questi anni che iniziarono a svilupparsi i primi festival che diventeranno colossi commerciali mondiali come ad esempio Tomorrowland, i vari show della Q-Dance e altri ancora presenti oggi.
Esempi di DJ dell’epoca:
Paul Oakenfold in UK
Gigi D’Agostino, Mauro Picotto in Italia
Paul Van Dyk, Tiësto e Armin Van Bureen in Olanda
Dalla fine del 2000, la crescita del settore diventa tale da produrre delle vere e proprie Rockstar.
Le loro tracce diventano virali al punto da essere paragonati al Pop.
Ad es. David Guetta fa un disco con i Black Eyed Peas, I gotta feeling.
Il movimento cresce, i massimi centri diventano UK, Germania, Olanda e Svezia. E i DJ diventano delle Rockstar dai cachet alti a tal punto da fare i tour con aerei privati.
Ad esempio Swedish House Mafia, Avicii, Hardwell, David Guetta e mille altri.
Qui l’Italia resta indietro. E rimane imbavagliata nel modello Anni 80/90. Dj scarsi che mettono solo Hit da radio, proprietari che pensano solo a far cassa con i tavoli e le bottiglie di champagne a discapito della qualità. A parte rare realtà, rimarrà così fino ad oggi.
Il Dj in buona sostanza non è solo mixare un disco con il successivo al fine di far ballare le persone, ma al giorno d’oggi è un imprenditore a tutti gli effetti. Deve curare l’immagine, essere attivo sui Social, produrre musica di qualità (aspetto principale) e curarne la distribuzione digitale. Alcuni hanno una propria etichetta discografica, altri compaiono in film e serie tv, altri nel mondo del gaming o in ambiti più disparati. Meglio verranno fatte queste cose e sempre più un maggior numero di date (serate) farà e quindi guadagni maggiori. Quando le cose vanno bene, delegherà le funzioni non legate alla musica a professionisti come: Social media manager, agente procacciatore di serate, editor di video musicali ecc ecc. generando un vero è proprio pool di professionisti che collaborano tra di loro e accrescono il buon nome del DJ/progetto.


La candidatura di successo comincia dal titolo - Colloquio Diretto



Ehm… Non lo contatti e no, non è una candidatura.
Gli spedisci il tuo lavoro nel caso in cui POTREBBE interessargli, che è ben diverso da contattarlo per candidarsi.
E per scoprire se il tuo libro potrebbe interessargli, devi prima studiare per bene la casa editrice cui vorresti spedirlo.
Nel loro catalogo c'è qualcosa che somiglia a quello che hai scritto? Perché se non c'è, mandargli il tuo scritto non servirà assolutamente a nulla, e a quel punto non farai altro che cercare e studiare un'altra casa editrice, e poi un'altra, e poi un'altra ancora, fino a quando non ne troverai una che potrebbe avere un interesse concreto verso il tuo particolarissimo lavoro.
Una volta trovata quella giusta, spulcerai il suo sito alla ricerca della pagina CONTATTI o INVIO MANOSCRITTI.
Se sono aperti alla pubblicazione di autori 'sconosciuti' (non tutte le case editrici lo sono) troverai sul loro sito delle linee guida da seguire per proporgli il tuo lavoro. In genere, tali linee guida spiegano cosa vogliono leggere, e come riceverlo.
  • Alcune case editrici voglio i libri interi, altri solo un riassunto.
  • Alcune li vogliono stampati su carta, altre in formato PDF.
  • Alcune vogliono una BREVE presentazione dell'autore, altre no. Ma attenzione! Troppe persone fraintendono quest'ultimo punto.
Quando una casa editrice ti chiede di includere due righe di presentazione dell'autore, non è un curriculum. Devi scrivere solo età, domicilio, titolo di studio, lavoro attuale (tre righe), per poi passare a elencare gli eventuali risultati letterari precedenti (premi letterari, pubblicazioni e recensioni da parte di persone importanti, non persone qualunque, ecc).
Lo scrivo perché mi è capitato di leggere curriculum standard (che alle case editrici non interessano per nulla) o cose assurde come:
'molti dei miei amici hanno letto questo romanzo e gli è piaciuto molto'.
Le autopubblicazioni su Amazon (o altre piattaforme) vanno SOLO menzionate. Non vantatevi di vendite stratosferice e recensioni positive. Giusto se avete un romanzo con più di cento recensioni, allora sì, potrebbe valerne la pena ma MAI, PER NESSUN MOTIVO, dovrete 'dire' alla casa editrice che avete 'sfondato' col self publishing.
Lo dico per due motivi.
PERCHE' MENZIONARE LE AUTOPUBBLICAZIONI E BASTA? SENZA ENTRARE NEL MERITO?
1) PRIMA RAGIONE: perché barare sul numero di copie vendute è una delle ragioni principali dell'esistenza del self-publishing. Quindi non solo quelli della casa editrice daranno per scontato che state mentendo (perché - di fatto lo fanno tutti i self publishers), ma farlo non servirà nemmeno a un bel niente. Il motivo per cui il seflpublishing gode di ottima salute è che NESSUNO può controllare se le vostre cifre sono vere o inventate, e quindi TUTTI mentono. Ma un professionista serio ci mette tre minuti a capire se vostre le vendite sono gonfiate o no. Certo, il professionista non avrà mai le cifre esatte in mano, ma è davvero facile farsene un'idea verosimile. Per questa ragione, non sarai TU a dire alla casa editrice quanto successo hai avuto col self publishing. Saranno LORO a giudicarlo visitando il tuo profilo dell'autore sulla piattaforma, e con un paio di ricerche google.
2) SECONDA RAGIONE: scriversi le recensioni da soli è lo sport preferito dei selfpublisher. Quindi a meno di non avere la recensione positiva di una persona importante (un giornalista, un cantante famoso, eccetera), le case editrici se ne strafregano letteralmente delle tue recensioni su amazon. Non gliene può fregare di meno.
Una volta elencati i risultati letterari, ci sono in effetti anche delle cose extra-letterarie che potrebbero interessare alla casa editrice.
In particolare quelle che hanno a che fare con la FAMA.
Per esempio, vale la pena menzionare se siete avvocati di una certa fama, professori universitari, se avete un canale youtube o un blog di grande successo, eccetera. Se avete un milione di follower su instagram, il vostro romanzo verrà letto con molta più attenzione e l'asticella di giudizio si abbasserà molto.
Il fatto che un autore abbia già un pubblico, è un fattore MOLTO interessante per una casa editrice e questo sì, dovete menzionarlo per forza.




Molto probabilmente se fai questa domanda hai già sperimentato quanto le aspettative di un viaggio nel “paradiso della techno” siano alte, e quanto rapidamente vengano deluse. Infatti per un ragazzo/a italiano talvolta può essere praticamente impossibile entrare nei templi sacri della techno come il Berghain, il Tresor o il Kit-Kat per esempio.
Dalla mia esperienza e da quella di amici ho notato che parlare il tedesco può essere utile, infatti con l’inglese spesso non ti degneranno neanche di una risposta. Altra cosa molto importante è arrivare alla discoteca sobri o almeno decorosi, tanto avrete tempo di spaccarvi in due una volta entrati. Gruppi piccoli e poco vistosi sono raccomandati anche se non è una regola, infatti ho visto rimbalzare ragazzi e ragazze venuti soli e far entrare gruppi di 10.
Credo che la cosa più importante sia non farsi riconoscere come il tipico turista italiano a Berlino, che viene in città per un weekend solo per sfondarsi e fare casino, ecco se sei uno di quelli lascia stare. I buttafuori lo capiranno solo con uno sguardo.
Evitare quindi di vestirsi da disco italiane, niente camicia, niente di firmato……vestirsi come un berlinese in poche parole (Consigliati vestiti scuri)
In conclusione voglio però dirti che questi accorgimenti non ti garantiranno proprio nulla, infatti la verità è che i buttafuori di Berlino fanno quel mestiere da 20–30 o in alcuni casi anche più anni, in tutto questo tempo hanno sviluppato una sorta di radar a cui si affidano ciecamente nel decidere se farti entrare o lasciarti fuori.
Inoltre se tieni davvero ad entrare in una delle “BIG” ti consiglio di farti una vacanza più lunga del solito weekend, ciò perché data l'alta probabilità di non entrare l’unica soluzione possibile è la perseveranza….ti garantisco che dopo 2 o più ore di coda essere scartati in 1/2 secondi ti farà impazzire, ma non demordere!







Beh in Italia - ma in generale nel Mondo - esistono un sacco di concorsi letterari, che a volte mettono in palio premi fino a qualche migliaio di euro.
È necessario inviare un racconto o una poesia, in base alla tipologia di concorso scelto, talvolta pagando una piccola quota di iscrizione.
Inoltre sono molteplici le opportunità di guadagnare della propria scrittura: si può fare il copywriter scrivendo testi per la pubblicità, il ghostwriter scrivendo i discorsi ai personaggi pubblici, l’autore televisivo o lo sceneggiatore per il cinema, lavorare in un ufficio stampa o in un giornale, tenere un blog, o se ce la si cava con le lingue fare il traduttore.
Certo vanno messe in campo diverse competenze, ma niente che qualche libro o l’esperienza non possano insegnare.
Oppure, ed è altrettanto plausibile, lo scrittore si trova un lavoro come tutti gli altri, e scrive nel suo tempo libero. Di questi tempi avere un lavoro alternativo è la strada più probabile, considerando le poche copie che si riescono a vendere per ciascun libro pubblicato (se non si ha la fortuna di essere un genio e diventare un caso letterario, o se non ne comprano i diritti per farne una serie o un film).
Per citare qualche caso:


Alessandro D’Avenia fa anche il professore.


Alessandro Baricco nelle sue mille vite è stato autore pubblicitario, giornalista, presentatore, sceneggiatore, e ha fondato una scuola di cui è preside.

Insomma, basta una piccola ricerca su Wikipedia per vedere che ogni scrittore ha un lavoro parallelo più o meno attinente alle sue capacità.


Musica classica - Wikipedia



Perché viene genericamente riferita ad uno dei periodi d’oro della musica europea, il Classicismo, quando operarono musicisti come Mozart, Haydn, Beethoven. In realtà sarebbe piu corretto parlare di musica Rinascimentale, Barocca, Classica, Romantica, Contemporanea, a seconda del periodo storico di composizione. Così facendo ci accorgeremmo che la cosiddetta musica “classica” non è finita con l’800 ma tutt’ora continua ad essere composta da musicisti che lavorano in un ambito non strettamente commerciale, in cui la fa da padrone la musica cosiddetta “leggera”, quest’ultima costruita su misura con criteri di marketing per un pubblico che vuole composizioni facili, brevi, riconoscibili, consumabili come la gomma da masticare. Ma la musica può dare ben altro, ed oggi anche il jazz, nato come musica popolare di intrattenimento dei neri americani, ha acquisito lineamenti d’elite. Insomma, la musica leggera, rock, disco ecc non è che una forma musicale attuale, che si è sovrapposta ad altre forme e stili ancora presenti.




Ho letto consigli da parte di molti grandi scrittori, editor e lettori. Ma c'è un consiglio, in particolare, che è riuscito a mettermi davvero il pepe al culo.
Il consiglio è da parte del mio scrittore preferito, Neil Gaiman.
"Se ti metti a scrivere solo quando ti senti ispirato, potrai anche finire per diventare un poeta decente ma non potrai mai essere uno scrittore di romanzi - questo perché ogni giorno dovrai raggiungere la tua quota di parole scritte, e quelle parole non stanno lì ad aspettare te, che tu sia in vena o no. Perciò ti toccherà scrivere anche quando non sarai 'ispirato'… E la cosa strana è che sei mesi dopo, o un anno dopo, ti guarderai indietro e non riuscirai a ricordare quali scene hai scritto quando eri ispirato e quali hai scritto perché dovevano essere scritte."
Il consiglio mi ha colpito per due motivi.
  1. Per me era una rivelazione che Neil Gaiman avesse giornate storte. Per qualche motivo, ero convinto che fosse dotato di poteri magici come i personaggi di cui scrive. Davo per scontato che fosse sempre in bolla.
  2. Se il mio scrittore preferito si trova costretto a stringere i denti, allora io non ho nessuna scusa per non scrivere in maniera costante.
Per finire un manoscritto, devi scrivere. Punto. Scrivere un libro è un processo lungo e solitario.
Ma le parole di Gaiman mi hanno ricordato che ci devo investire del tempo, ora dopo ora, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana - che me la senta oppure no.
Non mi nascondo più dietro al dito del "blocco dello scrittore".
E questo mi ha permesso di finire un libro, di pubblicarlo e di arrivare a metà della scrittura del secondo (per ora).
E sapete una cosa? Ha ragione lui. Quando rileggo quello che ho scritto non riesco a vedere la differenza tra le scene che ho buttato giù mentre "ci stavo dentro" e quelle che ho arrabattato quando boccheggiavo come un pesce fuor d'acqua.
Dobbiamo tutti stringere i denti. Persino Neil Gaiman. Questo significa che neanche tu hai più scuse.
Hai raggiunto la tua quota di parole giornaliere, oggi?



Qual è l'esempio di un attore che si è così immerso nel suo personaggio che lo ha danneggiato nella vita reale?


Credo che l'attore ungherese Bela Lugosi fu uno di questi attori, condizionati dai propri personaggi.
Bela Lugosi moriva, il 16 agosto 1956, pronunciando queste parole: «Io sono il conte Dracula, io sono il re dei vampiri, io sono immortale». E si racconta che l’ultimo visitatore venuto a rendere omaggio alla sua spoglia mortale vedesse fuggire attraverso la vetrata un gigantesco pipistrello nero.
Che Bela Lugosi, pseudonimo di Béla Blasko, oscuro attore di origine ungherese giunto a Hollywood sul finire dell’anno 1923 e impostosi poi in un centinaio di film come il primo, il più aristocratico e il più malinconico dei conti Dracula, si fosse veramente trasformato in vampiro è un fatto che ormai pochi si sentono di contraddire.
Ma io non ci credo assolutamente.




Immagino che Marlon Brando sia un ottimo esempio dal momento che non ha nemmeno imparato le battute per Il padrino.


Anche nella scena iniziale in cui sta accarezzando un gatto e questo non era nemmeno nella sceneggiatura. Brando ha appena trovato un gatto in studio e ha iniziato a coccolarlo e Coppola ha appena detto di iniziare le riprese.
Nella scena in cui sta parlando con Micheal Corleone e quando alza lo sguardo nel cielo, in realtà sta leggendo le righe che pendono da un albero.


Quindi sì, penso che questo sia il minimo sforzo che un attore abbia fatto in un film. Non che io sia pazzo, il film è stato fantastico.



Non credo che ci sarà mai un altro scandalo che possa battere questo episodio accaduto un secolo fa.
Il 5 settembre 1921 si tenne una festa all'hotel St. Francis di San Francisco.
Uno dei partecipanti era lui:


Arbuckle Roscoe. La star numero 1 di Hollywood. Era l'attore più pagato ed era molto popolare.
Un altro dei partecipanti era questa ragazza:


Virginia Rappe, una nuova arrivata in California, che cercava di farsi strada come attrice.
Sappiamo che furono nella stessa stanza.
Quattro giorni dopo, Rappe morì a causa di una vescica rotta.
E qualcuno si fece avanti e disse che Arbuckle era responsabile.
Arbuckle fece tre processi, in cui fu assolto.
Alcuni ospiti hanno riferito alla polizia che Arbuckle aveva violentato brutalmente Rappe.
Arbuckle raccontò che aveva trovato Rappe che vomitava in bagno, molto probabilmente dopo aver bevuto alcolici (che all'epoca erano illegali). L'ha messa sul letto e ha chiamato il medico di guardia dell'hotel, che ha stabilito che era solo un'intossicazione.
Tuttavia, non è migliorata ed è stata portata in ospedale. Lì morì di peritonite dalla vescica rotta.
Nel frattempo, l'autopsia non ha mostrato alcun segno di violenza sessuale. C'erano anche dei testimoni che confermavano la storia di Arbuckle.
Questi sono i giornali del 1921.





I giornali hanno cercato di guadagnare il più possibile diffondendo dettagli sia su Arbuckle che su Rappe.
Dopo che fu assolto, al terzo processo, l'accusa si è scusata con Arbuckle e hanno sperato che la sua carriera riprendesse. Non ha mai più lavorato.
Questo perché la prossima grande star di Hollywood era un socialista che continuava a corteggiare ragazze di sedici anni.


Ma questa è un'altra storia.



Nei film sono obbligati a usare delle banconote o un po' più piccole o un po' più grandi del normale, cambia anche la tonalità del colore. Alcune volte cambiano anche le immagini:








I film di Totò sono stati fin da subito un colpo di fulmine. Fin da quando da bambino li vidi in Televisione per me sono stati una scuola di cinema, di comicità e di vita. Mi hanno insegnato che la storia di un film può essere semplice ma anche originale; che alcuni personaggi pur se tirchi, egoisti o ladri possono risultare comunque simpatici. Di non prendermi mai troppo sul serio…
E poi a riguardarli oggi, sono un concentrato di com'era popolata l’Italia del dopoguerra: guardie, ladri, truffatori, padri, figli, lavoratori, artisti, bugiardi, smemorati, nobili, ricchi, morti di fame, taccagni, falsari…
Con Roma e Napoli che diventavano brutte e allo stesso tempo meravigliose, deserte e affollatissime, polverose e fangose, con i mezzi pubblici zozzi e affollati, le case dei Parioli alternate alle baracche dei morti di fame. Ma dove nasceva la nostra voglia di fare battute, di ridere e quindi anche di vivere.
Il Principe ha fatto circa 100 film di cui almeno 20 sono capolavori assoluti. Ho buttato giù al volo la lista dei miei preferiti, che poi sono quelli che riguardo più spesso.
I 2 marescialli, I tartassati, Guardie e Ladri, La banda degli onesti, Il coraggio, Totò Fabrizi e i giovani d’oggi, Operazione San Gennaro, Totò Peppino e la Malafemmina, I soliti ignoti, Miseria e Nobiltà, La cambiale, Un turco Napoletano, Signori si nasce, Totò Peppino e i Fuorilegge, Letto a 3 piazze, Totò a colori, 47 morto che parla, Totò Le Moko, Il Monaco di Monza, Lo smemorato di Collegno, Totò Truffa 62, Totò e Cleopatra
Secondo me da questa lista si può pescare un titolo a caso.






In realtà in passato, quando il cinema era muto, c’erano donne regista.



La produzione dei film muti era infatti ad un prezzo di gran lunga inferiore rispetto alla produzione dei film sonori;
Ciò faceva si che venisse permesso alle donne di girarli, aggiungendo anche il fatto che le macchine da presa erano più leggere e quindi maneggevoli anche per le donne.
Con l’avvento dei film sonori le macchine da presa si sono appesantite e, soprattutto, la produzione di un film era molto più costosa e perciò ritornò un lavoro che poteva svolgere solo un uomo.
Da allora il mondo della regia è tornato del tutto maschile.
Anche se oggi donne regista ci sono, rappresentano l’assoluta minoranza, essendo il lavoro del regista un lavoro tradizionalmente maschile.