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Il videoclip (conosciuto in Italia anche come video musicale, filmato musicale) è un breve filmato scenografato, eventualmente coreografato e prodotto per promuovere una canzone ed il cantante che la interpreta. Dalle sue origini fino all'avvento della televisione a colori (in Italia nel 1978) i videoclip erano chiamati filmati cine-musicali. Il termine cambia in video-musicali proprio con l'avvento del magnetico che caratterizza molte emittenti televisive nate agli inizi degli anni ottanta. In altre parti del mondo, come in Giappone, viene indicato con il nome di promotional video oppure, come nei paesi anglofoni, viene indicato con il nome più diffuso di music video.
I videoclip nella loro forma classica e matura, quella iniziata in Italia alla fine degli anni cinquanta con i filmati musicali, utilizzano differenti forme stilistiche ed espressive per commentare visivamente il brano musicale: molti di essi si compongono della semplice riproduzione filmica del cantante o del gruppo musicale che eseguono il brano; altri creano mini film con trama (recitati talvolta dagli stessi componenti del gruppo) oppure veri e propri cortometraggi non narrativi che si possono avvalere di sequenze animate o di immagini documentaristiche.
La pratica di abbinamento di immagini filmate a brani musicali si può far risalire alle origini del cinema stesso, addirittura prima dell'avvento del sonoro, tanto da essere definita negli anni in vari modi tra cui canzone illustrata, talkies, soundies, promo film. Secondo alcuni, il primo video musicale della storia in forma compiuta risale alla fine degli anni cinquanta ed è Dáme si do bytu diretto da Ladislav Rychman; secondo altri, il primo videoclip è invece il filmato musicale italiano del cantante Don Marino Barreto Jr sulle note di Altagracia realizzato per la produzione del prototipo del Cinebox, il juke-box con schermo, presentato alla stampa nel 1958; secondo altri ancora, il primo videoclip con un valore ufficiale di pubblicazione è contenuto nel film Viale della canzone del regista Tullio Piacentini che nel 1965 usa i videoclip in sostituzione dell'avanspettacolo o dei caroselli (forme di intrattenimento che precedevano le proiezioni dei grandi film) nelle sale cinematografiche italiane di sua gestione. Indubbiamente il videoclip, così come il termine stesso, diviene molto popolare a partire dall'inizio degli anni ottanta con la nascita delle prime televisioni tematiche con palinsesto interamente musicale.

Storia e sviluppo
Nel 1894 gli editori di spartiti musicali Edward B. Marks e Joe Stern incaricarono il tecnico George Thomas e una serie di performer di promuovere le vendite della loro canzone The Little Lost Child. sfruttando le caratteristiche di una lanterna magica, Thomas proiettò una serie di immagini fisse su uno schermo, simultaneamente ad una performance live. Questa pratica diventerà una forma popolare di intrattenimento conosciuta come canzone illustrata, il primo passo verso il moderno video musicale.



1926–1959: Talkies, soundies, e corti animati
Nel 1926, con l'arrivo del cinema sonoro e dei primi talkies vengono prodotti molti cortometraggi musicali. I corti Vitaphone (prodotti dalla Warner Bros.) impiegavano molti musicisti, cantanti e ballerini. Alcuni autori del cinema d'animazione come per esempio Max Fleischer realizzarono una serie di corti d'animazione sul modello karaoke (i cosiddetti sing-along oppure follow the bouncing ball) e che invitavano il pubblico a cantare canzoni del repertorio popolare seguendo la cosiddetta "palla che rimbalzava" sul testo della canzone stessa, indicandone ritmo e metrica. I cartoni animati dei primi anni trenta impiegavano musicisti popolari e il loro repertorio di successo in veri e propri frammenti live-action inseriti nello stesso cartoon.
I primi film d'animazione di Walt Disney, come per esempio Silly Symphonies includevano molte interpretazioni di brani classici ed erano costruiti intorno alla musica, come per esempio il più noto Fantasia. I cartoni animati prodotti dalla Warner Brothers, chiamati tutt'oggi Looney Tunes e Merrie Melodies erano nati intorno a canzoni specifiche del repertorio Warner. La cantante Blues Bessie Smith appare in un corto costituito da due rulli noto come 'St. Louis Blues realizzato nel 1929 e sviluppato intorno ad una performance drammatizzata della stessa canzone. Molti altri musicisti partecipano in questi anni all'interno di corti con la stessa struttura.
I Soundies, prodotti e realizzati dal 1940 fino al 1947 erano film musicali di breve durata che spesso includevano brevissimi numeri di danza molto simili alla forma che avrebbero assunto alcuni video musicali nel periodo di massima diffusione, quello degli anni '80. A metà del 1940 il musicista Louis Jordan partecipò alla realizzazione di una serie di corti per le canzoni del suo repertorio, alcune delle quali furono montate insieme per un film di lunga durata noto con il titolo di Lookout Sister. Secondo lo storico Donald Clarke, questi brevi clip erano gli antenati del moderno videoclip.
I Film Musicali sono stati importanti precursori dei video musicali, tanto che molti videoclip tra i più noti hanno imitato lo stile dei Musical classici Hollywoodiani dal 1930 al 1950. Uno degli esempi più conosciuti è il video di Madonna del 1985 intitolato Material Girl (diretto da Mary Lambert) ispirato chiaramente alle coreografie di Jack Cole per il film Gli uomini preferiscono le bionde. Molti video di Michael Jackson sono influenzati da note sequenze di danza dei film musicali di Hollywood inclusi i noti Thriller diretto da John Landis e Bad diretto da Martin Scorsese, quest'ultimo influenzato dai numeri di lotta danzata nella versione cinematografica di West Side Story.
Secondo l'Internet Accuracy Project, il disc jockey J. P. "The Big Bopper" Richardson è stato il primo ad aver coniato l'espressione video musicale (music video) nel 1959.

1958: il primo clip musicale
Il più vecchio clip musicale di forma compiuta conosciuto oggi per alcuni studiosi è Dáme si do bytu (realizzato nel 1958, diretto da Ladislav Rychman).



1940-1967: Panorama Soundie, Scopitone e Cinebox: i Video Juke Box
Il Panorama Soundie è il primo vero Video Juke Box della storia, se si escludono ovviamente gli esperimenti di William Kennedy Laurie Dickson fatti nei laboratori Edison alla fine dell'800 (KInetofono). Il Panorama Soundies era molto popolare negli Stati Uniti intorno al 1940 e caricava pellicole 16mm filmate in bianco e nero; conteneva un vasto repertorio musicale costituito da una serie di clip filmati della durata di tre minuti, chiamate Soundies, veri antesignani del moderno Videoclip. Gli artisti promossi attraverso i Soundies hanno i nomi di Jimmy Dorsey, Spike Jones, Liberace, Stan Kenton, Gale Storm, Kay Starr, Cyd Charisse, Les Brown, Doris Day, The Hoosier Hot Shots, Martha Tilton, Harry "The Hipster" Gibson, Alan Ladd, Gene Krupa, Anita O'Day, Yvonne De Carlo, Merle Travis, e Lawrence Welk. Nel 1958 il concetto del Panorama Soundie viene ulteriormente sviluppato con lo Scopitone che comincerà a caricare in seguito pellicole a colori 16mm. Azionato a moneta, era sviluppato dalla francese Cameca; uno dei primi filmati Scopitone è Le poinçonneur des Lilas di Serge Gainsbourg filmato nel 1958 presso la stazione della metropolitana di Parigi di Porte des Lilas.
Sul versante italiano, come ha dimostrato con le sue ricerche[10] Michele Bovi, i primi filmati musicali "a colori" che usano le immagini per accompagnare una canzone sono realizzati in Italia, a partire dal 1959, quindi un anno dopo rispetto al film promozionale di Serge Gainsbourg. In quell'anno infatti si sperimenta un juke-box ad immagini: il Cinebox, brevettato come "fonografo visivo" dall'inventore Pietro Granelli e realizzato dalla Ottico Meccanica Italiana diretta da Paolo Emilio Nistri, versione perfezionata dei Panorama Soundies e degli Scopitone. Per quanto riguarda invece le prime pellicole dell'Italiano Cinebox, queste sono girate dai registi RAI Vito Molinari, Beppe Recchia ed Enzo Trapani, sono interpretate da Peppino Di Capri, Domenico Modugno, Johnny Dorelli, Renato Rascel, Giorgio Gaber, i Brutos, Gino Paoli, Edoardo Vianello, Equipe 84 e altri. Nel 1963 il Cinebox viene esportato sul mercato americano col nome di Colorama coinvolgendo star come Paul Anka e Neil Sedaka, ma in breve tempo l'esperimento è abbandonato.
Ma i precursori del videoclip contemporaneo sono appunto i soundies (cortometraggi abbinati a brani musicali trasmessi da un rudimentale videojuke-box detto panorama soundie a partire dagli anni 40 negli Stati Uniti), gli scopitone (corrispettivi francesi dei soundies girati in technicolor e sperimentati a partire dal 1958) e le performance che sopperivano all'assenza delle band in studio in alcuni celebri show televisivi degli anni sessanta come Ready Steady Go! (trasmesso dalla BBC) o l'Ed Sullivan Show.
Il primo vero successo del videoclip Italiano avviene nel 1965 con la proiezione nelle sale cinematografiche dei tre film del regista e produttore Tullio Piacentini: 008 Operazione ritmo, Viale della canzone e Questi pazzi, pazzi italiani. Questi film a colori, realizzati in funzione ad un accordo avvenuto agli inizi degli anni '60 tra il produttore stesso e la RCA che prevedeva la realizzazione di almeno 200 'filmati musicali', contenevano una raccolta di decine di videoclip (interpretati dagli esordienti Gianni Morandi, Peppino di Capri, Luigi Tenco, Gigliola Cinquetti, Jimmy Fontana, Bobby Solo, Fred Bongusto, ecc.) ed erano intervallati da barzellette animate. Poi, quando la televisione iniziò ad avere un seguito maggiore di spettatori, il regista Tullio Piacentini produce anche il primo programma televisivo di lancio dei videoclip e dei relativi cantanti: era il 1967 ed era intitolato Passeggiando per Subiaco. Sempre secondo una considerazione di Michele Bovi, solo per il fatto di aver creato la commercializzazione cinematografica prima e televisiva poi di questi filmati musicali, Tullio Piacentini è da considerarsi l'inventore del videoclip. Ma da un punto di vista del linguaggio, la trasmissione italiana che più di tutte e per prima ha raccontato l'arte dei videoclip come forma espressiva tout court è Mister Fantasy, messa in onda su Rai Uno per ben quattro edizioni dal maggio 1981 al luglio 1984; era un rotocalco televisivo dedicato alla musica rock, e alla forma del videoclip per come la conoscevamo poco prima del lancio di MTV. La trasmissione era ideata da Paolo Giaccio e condotta da Carlo Massarini con alcune incursioni di Mario Luzzatto Fegiz.

1960–1973: I promo clip
Alla fine del 1950 viene inventato in Francia lo Scopitone, un video Jukebox destinato alla diffusione di filmati con artisti francesi come per esempio Serge Gainsbourg, Françoise Hardy, Jacques Brel, e Jacques Dutronc. Nel 1961 per lo show canadese Singalong Jubilee, Manny Pittson cominciò a pre-registrare l'audio musicale e a filmare in svariate location i musicisti mentre cantavano in lip-synching (playback) in modo da montare audio e video come dei veri e propri videoclip. Molti numeri musicali venivano registrati sul palco o in studio. Nel 1964, Kenneth Anger nel suo film sperimentale noto come Scorpio Rising utilizzava canzoni popolari al posto del dialogo.
Altre forme vicine al videoclip contemporaneo vengono realizzate da registi di fama dalla fine degli anni sessanta: The Beatles per fronteggiare la continua richiesta delle loro apparizioni in giro per il mondo per promuovere i nuovi singoli, realizzarono dei video, col tempo sempre più particolari e fantasiosi, che venivano trasmessi dalle Tv o dai programmi televisivi, una sorta di proto-MTV ante litteram, idea seguita anche da Bob Dylan con il video di Subterranean Homesick Blues girato dal documentarista D. A. Pennebaker e inserito in apertura del film del 1967 Dont Look Back, che si avvale della presenza del poeta Allen Ginsberg come "figurante speciale".
In particolare, i Beatles nel 1964 interpretano il loro primo film A Hard Day's Night, diretto da Richard Lester. Filmato in bianco e nero e presentato come un mock documentary, è interrotto da numeri comici e di dialogo con un'attitudine prettamente musicale. Queste sequenze forniranno la base strutturale sulla quale saranno ideati molti videoclip negli anni a venire. Questi numeri sono stati anche il modello per la serie televisiva dei The Monkees (1966–1968) che era costituita in modo molto simile al film dei Beatles da segmenti visivi ideati per accompagnare varie canzoni dei The Monkees.
Il secondo film dei Beatles intitolato Help! (1965) fu filmato a colori a Londra e in location internazionali. La canzone che dà il titolo al film è filmata in bianco e nero ed è probabilmente l'archetipo completo delle moderne performance che si possono vedere nei video musicali, per l'impiego di un linguaggio più complesso come quello del montaggio alternato in funzione ritmica, in contrasto a piani più lunghi e primi piani e soprattutto per angolature non convenzionali della macchina da presa. Per esempio i 50 secondi in cui la mano sinistra di George Harrison e il manico della chitarra si vedono chiaramente a fuoco mentre sullo sfondo l'immagine di John Lennon che canta è completamente fuori fuoco.
Nel 1965 i Beatles cominciano a realizzare clip promozionali per la distribuzione e la trasmissione in altri paesi per promuovere i propri lavori senza per forza dover fare delle apparizioni live. Quando smetteranno di fare concerti alla fine del 1966, i loro filmati promozionali diventeranno ancora più ricchi e complessi. Nel maggio del 1966 gireranno due set di clip promozionali a colori per il loro singolo del momento Rain/Paperback Writer diretti da Michael Lindsay-Hogg, lo stesso autore del The Rolling Stones Rock and Roll Circus e dell'ultimo lungometraggio dei Beatles ovvero Let It Be. Altri clip promozionali a colori erano quelle di Strawberry Fields Forever e Penny Lane, realizzate all'inizio del 1967 e dirette da Peter Goldman[16] operazione che porta il formato del film promozionale dedicato alla musica ad un nuovo livello di realizzazione. Qui vengono infatti utilizzate tecniche tipiche del cinema d'avanguardia, tra cui slow motion e reverse recording angolature non convenzionali, filtri colore aggiunti in post-produzione. Alla fine del 1967 il gruppo realizzò un progetto televisivo di un'ora noto come Magical Mystery Tour; trasmesso dalla BBC nel 1967.
Il clip in bianco e nero di Bob Dylan intitolata Subterranean Homesick Blues e girata da D. A. Pennebaker era originariamente inclusa nel documentario intitolato Dont Look Back. Senza narrazione e performance, mostra Dylan in un vicolo urbano mentre sfoglia in sequenza una serie di cartelli di grandi dimensioni che mostrano alcune parole dal testo della canzone. Molti altri inserti filmati a scopo promozionale e realizzati per sostituire le apparizioni televisive live delle band furono realizzati da artisti inglesi come per i esempio i Pink Floyd con i clip di San Francisco: Film, diretta da Anthony Stern, Scarecrow, Arnold Layne e Interstellar Overdrive, l'ultima diretta da Peter Whitehead, lo stesso che aveva girato numerosi clip pionieristici per i Rolling Stones tra il 1966 e il 1968. Sempre in Inghilterra The Kinks realizzano il loro primo promo clip narrativo per una canzone, il singolo è Dead End Street (1966) una sorta di piccolo film comico in miniatura, considerato dalla BBC di poco conto, quindi mai trasmesso. The Who appaiono in numerosi clip in questi anni, a cominciare dal 1965 con I Can't Explain mentre in Happy Jack (1966) si vede la band interpretare un manipolo di ladri. Il promo film intitolato Call Me Lightning (1968) racconta la storia di come il batterista Keith Moon entra a far parte della band: gli altri tre membri della band consumano tea in quello che sembra un hangar abbandonato, quando improvvisamente Keith Moon balza fuori da una scatola in una scena dai chiari riferimenti Slapstick.
I Rolling Stones appaiono in molti clip promozionali dei tardi anni '60. Nel 1966 Peter Whitehead dirige due promo clip per il loro singolo Have You Seen Your Mother, Baby, Standing In The Shadow?. Nel 1967 sempre Whitehead dirige un clip narrativo per il singolo We Love You, trasmesso nell'agosto dello stesso anno 1967. Il clip è diviso tra immagini da studio realizzate a velocità accelerata dove si vede la band che suona, e l'allestimento di un processo che allude alle accuse ricevute da Mick Jagger e Keith Richards per uso di droghe. L'allora fidanzata di Jagger, Marianne Faithfull appare nel processo e presenta il "giudice" (Richards). La band realizza anche un promo a colori per la canzone 2000 Light Years from Home (dall'album Their Satanic Majesties Request) diretta dal solito Michael Lindsay-Hogg.[18] Nel 1968, Michael Lindsay-Hogg dirige un promo per Jumping Jack Flash/Child Of The Moon in particolare un clip a colori per Child Of The Moon e due differenti per Jumpin' Jack Flash. Nel 1968 la band collabora con Jean-Luc Godard nel film Sympathy for the Devil, che mette insieme la poetica di Godard con alcune sequenze documentaristiche che raccontano l'evoluzione della canzone durante le session di registrazione.
Tra il 1972 e il 1973 David Bowie partecipa a numerosi promo clip diretti dal fotografo Mick Rock, che aveva lavorato molto con Bowie in questo periodo. Rock dirige e monta quattro clip allo scopo di promuovere quattro singoli consecutivi di Bowie, ovvero: John, I'm Only Dancing (maggio 1972), The Jean Genie (novembre 1972), Space Oddity la versione del 1972, e Life On Mars nella versione singolo del 1973. Il clip di John, I'm Only Dancing fu realizzata con un budget di circa US$200 e filmata al Rainbow Theatre luogo di uno storico concerto del 19 agosto 1972. È un lip-sync con Bowie e la band The Astronettes mentre ballano su uno sfondo. Cassata dalla BBC per il presunto tono omosessuale, fu recuperata da Top of the Pops in una versione modificata. Il clip di The Jean Genie fu realizzata per soli 350 $, girata in un giorno e montata in due. Alterna immagini live ad altre della band girate in studio filmate su uno sfondo bianco, ci sono anche alcune sequenze dove si vede Bowie con Cyrinda Foxe (impiegata della MainMan amica di David e di Angie Bowie) a San Francisco fuori dal Mars Hotel, con la Fox in pose provocanti e Bowie appoggiato ad un muro, mentre fuma. I video di Mick Rock hanno la particolarità di inventarsi un linguaggio visionario, che pur partendo dalle immagini girate in studio, giocano molto con la relazione tra immagine e astratta e suono; in questo senso Space Oddity che filma la consolle di uno studio di registrazione come se fosse una sorta di navicella spaziale, è uno dei precursori del moderno videoclip anti-narrativo per stile e linguaggio.

1974–1980 – verso l'inizio delle televisioni tematiche
Gli show televisivi australiani Countdown e Sounds, entrambi trasmessi per la prima volta nel 1974, hanno avuto un'importanza fondamentale nella diffusione popolare della musica filmata nel continente di riferimento e anche in altri paesi, soprattutto nel delineare la forma "clip musicale" come quella specifica per la promozione degli artisti. Il Dj Graham Webb nel 1974 lancia una trasmissione settimanale su l'australiana ATN-7 intitolato Sounds Unlimited e più tardi più brevemente Sounds. Nello staff di Webb c'erano alcuni registi, tra cui Russell Mulcahy a cui venne chiesto di realizzare dei clip istantanee per artisti che non ne disponevano, come per esempio Harry Nilsson con Everybody's Talkin', metodo che consentì alla coppia di realizzare più di 25 clip inediti. La trasmissione ebbe successo e Mulcahy abbandonò il suo lavoro televisivo per dedicarsi a tempo pieno alla realizzazione di videoclip per band come Stylus, Marcia Hines, Hush e soprattutto gli AC/DC. Nella seconda metà degli anni 70 Mulcahy già trasferito in Inghilterra, realizzò video di successo per band come XTC con il video di Making Plans For Nigel (1979) e un video considerato epocale come Video Killed the Radio Star per The Buggles che in seguito diventerà il primo video musicale ad essere programmato sull'appena nata MTV nel 1981.
Lo show inglese più longevo è sicuramente Top of the Pops che comincia la sua programmazione nel 1970, questo darà molto impulso all'industria. Alcuni esempi: nel 1980, David Bowie raggiunge il numero uno delle charts grazie al video diretto da David Mallet come promo per Ashes to Ashes. Nel 1975 gli Who realizzano il loro lungometraggio Tommy, diretto da Ken Russell, e basato sul loro album omonimo del 1969. Sempre nel 1975 i Queen chiedono al regista televisivo Bruce Gowers di realizzare un video per il loro singolo Bohemian Rhapsody per la diffusione su Top of the Pops; il video diventerà noto per essere stato interamente girato e montato su videotape, aspetto che alimenterà la leggenda metropolitana di "primo videoclip della storia"[senza fonte]. Oltre a Top of the Pops anche un altro show britannico produrrà direttamente una serie di videoclip pionieristici, lo show è The Old Grey Whistle Test e sarà programmato tra i primi anni del 1970 e l'inizio del 1980.
Video Concert Hall, era la creatura di Jerry Crowe e Charles Henderson, lanciata nel novembre del 1979, fu il primo programma Americano a trasmettere nazionalmente video musicali.
Mentre il programma via cavo Night Flight fu il primo a trasmettere i video come forma d'arte. Tra i primi video musicali ci sono sicuramente quelli prodotti dall'ex The Monkees Michael Nesmith che aveva cominciato a lavorare per il Saturday Night Live. Nel 1981 realizza un prodotto ibrido noto come Elephant Parts, vincitore di un Grammy per i video musicali per la sua forma che in qualche modo anticipa quella di un vero e proprio palinsesto televisivo completo. Precursore del film è sicuramente Head di Bob Rafelson e interpretato, guarda caso, dai The Monkees al completo; realizzato nel 1968 anche Head è una strana forma ibrida che mette insieme finta pubblicità, linguaggio televisivo, proto-videoclip, come se si trattasse di un palinsensto televisivo tematico.
Nel 1974 gli ABBA fecero uscire il loro primo videoclip, Waterloo, diretto da Lasse Hallström (che dirigerà la maggior parte dei loro video), seguendo poi ad accompagnare l'uscita dei loro singoli con dei clip promozionali. Nel 1975 Rino Gaetano pubblicò il videoclip del suo successo Ma il cielo è sempre più blu.



1981–1991: Il video musicale diventa mainstream
Con la nascita di MTV (che il 1º agosto 1981 ha ironicamente aperto le proprie trasmissioni con il videoclip Video Killed the Radio Star dei Buggles) e di altre televisioni musicali il videoclip ha assunto sempre maggiore importanza nelle strategie di lancio promozionale dei brani musicali e si è fortemente evoluto dal punto di vista artistico. Il primo videoclip con un alto budget di produzione è stato quello del brano Thriller di Michael Jackson nel 1983, che fu studiato e girato come un vero film dal regista John Landis. Il successivo videoclip considerato ancora oggi tra i più costosi fu quello di Wild Boys dei Duran Duran nel 1984.
I registi di videoclip di questo periodo cominciano ad espandere la forma e lo stile del genere, utilizzando effetti sempre più sofisticati, mixando tecniche di ripresa tradizionale e tecniche native della nascente tecnologia video; l'era catodica del videoclip si sviluppa verso una forma non rappresentativa e quindi astratta dove l'artista non sempre veniva mostrato esempi dei primi anni 80 in questo senso sono il video di Bruce Springsteen per il singolo Atlantic City, diretto da Arnold Levine, quello di David Mallet per David Bowie e per i Queen intitolato Under Pressure, il clip diretta da Ian Emes per i Duran Duran in occasione del lancio del singolo The Chauffeur. mentre nei tardi anni 80 Bill Konersman sempre in questa direzione non rappresentativa, girerà per Prince l'innovativo video di Sign o' the Times che mostra solo il testo della canzone in forma grafica e animata.
Il video più rappresentativo dal punto di vista iconico è sicuramente quello realizzato per un brano di Michael Jackson del 1983 Thriller, diretto da John Landis. Il video dura 14 minuti, introduce nuovi standard di costo, infatti ci vollero 800 000 $ per realizzarlo. Il video di Thriller, così come altri video di Jackson come Billie Jean e Beat It, furono importantissimi per introdurre i video di artisti Afroamericani su MTV, perché prima del successo di Jackson erano raramente trasmessi: basta pensare alle critiche di razzismo che Rick James rivolse contro il canale nel 1983 perché MTV si rifiutava di trasmettere il suo singolo Super Freak e altri clip di artisti Afro-americani.
Nel marzo del 1983, viene lanciata la Country Music Television, nota come CMT. Il canale musicale Canadese MuchMusic fu lanciato nel 1984. Sempre nel 1984, MTV lanciò gli MTV Video Music Awards l'evento annuale che consacrerà l'importanza di MTV nell'industria musicale.
Nel 1985, MTV lancia il canale VH1 mentre MTV Europe sarà lanciata nel 1987, e MTV Asia nel 1991. Altro importante contenitore tematico sarà The Chart Show sul canale britannico Channel 4 lanciato nel 1986, primo contenitore britannico di soli videoclip senza presentatore. Ma la prima emittente televisiva musicale d'Europa, nasce in Italia nel 1984 e viene fondata da Pier Luigi Stefani e Marialina Marcucci, figlia di un imprenditore toscano, Guelfo Marcucci, l'emittente si chiama Videomusic.

1992–2004: arrivano gli autori
Nel novembre del 1992, MTV comincia ad indicare i registi dei video insieme ai crediti dell'artista e della canzone, sintomo di un cambiamento epocale nell'aria che comincia a considerare il regista di videoclip come un autore tout court. Registi come Chris Cunningham, Michel Gondry, Spike Jonze, Floria Sigismondi, Stéphane Sednaoui, Mark Romanek e Hype Williams hanno tutti esordito in questi anni; portando un contributo espressivo personale all'arte del videoclip.

2005–oggi: Internet ama il video
Uno dei primi siti ad ospitare brevi video è stato iFilm, nato nel 1997. Napster, il sistema di sharing peer-to-peer attivo tra il 1999 e il 2001 ha consentito di condividere video files inclusi video musicali, mentre contemporaneamente dalla metà del secondo millennio MTV e molti reti tematiche hanno abbandonato progressivamente la programmazione di video musicali a favore dei reality già introdotti da uno show prodotto proprio da MTV nel 1992 e intitolato appunto The Real World.
Il lancio di YouTube è del 2005, insieme ad altri portali ha consentito la visione veloce ed efficiente di moltissimo materiale audiovisivo, tra i portali più noti in questo senso Google Video, Yahoo! Video, Dailymotion, Vimeo e le funzionalità audiovisive prima introdotte da Myspace e in seguito da Facebook e altri social network. Si tratta di un'evoluzione che ha avuto molta influenza sulla fruizione ma anche sulla realizzazione dei video musicali. La band degliOK Go esemplifica questa tendenza e questo processo avendo ottenuto successo attraverso due video diffusi esclusivamente online tra il 2005 e il 2006, ovvero A Million Ways e Here It Goes Again.
Nel 2009 il video dei Thirty Seconds to Mars' intitolato Kings and Queens viene caricato il giorno dell'uscita solo su YouTube ottenendo 100 milioni di visite.
MTV stessa comincia a fornire servizio streaming dei video, e YouTube negli anni diventa, attraverso il canale Vevo il principale veicolo di lancio per le novità videomusicali. Vevo viene lanciato nel 2009 come consociata di diverse major.

I video per Internet
La crescita della rete Internet accresce l'interesse per i cosiddetti user-generated video grazie ai canali partecipativi come YouTube, questo consente a molte realtà costituitesi come indipendenti di registrare session live e di presentarle direttamente su web. Esempi di questa nuova tendenza creativa sono il francese Vincent Moon che lavora per il The Take-Away Shows e per il In the Van sessions, alcuni raccolti nel canale francese La blogoteque e visitabili sul canale Vimeo dell'autore oppure lo show tedesco VPRO che registra session di autori famosi negli ascensori e in altre piccole locations non convenzionali nello stile del guerrilla filmmaking. Un esempio tutto italiano è liveCastour ideato dal videomaker Michele Faggi, e definito come il primo tour virale della rete internet Italiana ha coinvolto per la sola promozione in rete tre artisti diversi a partire dal 2008: Beatrice Antolini, Paolo Benvegnù e i Kiddycar. LiveCastour registrava con una troupe televisiva agile un intero live degli artisti citati, per post produrre tanti videoclip live quante erano le canzoni del concerto filmato. Ogni videoclip live veniva ceduto per l'utilizzo esclusivo in rete a testate generaliste online (da TgCom a Xelle di Repubblica fino a Yahoo! Musica per citarne alcune) che ospitavano a staffetta in un vero e proprio tour virale un clip ciascuno, ricostruendo l'andamento del concerto con una serie di videoclip live autonomi.



Videoclip, le principali rubriche in rete
Numerose le rubriche internazionali dedicate ai video musicali. Una delle risorse più antiche è il Music Video Database, organizzato per schede, consente di ricercare numerose videografie per regista e per musicista. Più interattivo e orientato all'incorporamento attraverso youtube di tutte le novità del settore videoclip è l'IMVDB ovvero L'internet Music Video Database, archivio di risorse multimediali che include anche redazionali dedicati agli autori di video musicali; la ricerca interna consente di risalire a videografie complete degli autori inseriti. Tra i portali che fanno attività redazionale, ovvero recensioni, interviste e news legate al mondo del videoclip i più aggiornati sono Videostatic e Promonews per quanto riguarda la rete internazionale, mentre, per quanto riguarda la scena italiana, il più attivo con recensioni quotidiane, interviste e classifiche è Videoclip Italia; sulla rivista online di cinema Sentieri Selvaggi da molti anni e con una scadenza mensile viene aggiornata una rubrica dedicata ai videoclip affrontata dal punto di vista del linguaggio cinematografico.[46] Altra rubrica italiana aggiornata quotidianamente con un approccio che privilegia i registi e chi i videoclip li realizza è quella curata dal critico cinematografico e musicale Michele Faggi per indie-eye network e semplicemente chiamata Videoclip. La rubrica include recensioni e monografie sui registi contemporanei e non di videoclip, video in esclusiva, interviste ai maggiori autori di videoclip.

Lyric video
Un lyric video è costituito eminentemente da testo. Nel 1987, Prince realizzò il video per Sign o' the Times. Il video presenta il testo in forma animata, attraverso una serie di forme geometriche astratte, ideate da Bill Konersman.
Nel 1990 George Michael realizza Praying for Time come lyric video. George Michael, rifiutandosi di fare un video tradizionale della canzone, costringe quindi la sua etichetta a realizzarne uno con solo il testo su sfondo nero.
Un lyric video adesso viene comunemente realizzato prima del video tradizionale, come lancio preliminare della canzone; esempi di questo tipo sono presenti nelle videografie di Cee Lo Green, Lady Gaga, Katy Perry, Muse, Maroon 5, One Direction e Avenged Sevenfold.

Curiosità
Il videoclip più lungo nella storia della musica fino a qualche tempo fa era considerato Ghosts di Michael Jackson, della durata di 39 minuti e 32 secondi, superato di gran lunga dalla concezione espansa consentita dall'era connettiva della rete; tra i più lunghi in questo senso, il video interattivo realizzato dal team We are from L.A. noti anche come Pierre Dupaquier e Clement Durou per l'artista Afro-Americano Pharrell Williams in occasione del lancio del brano Happy; il video dura infatti 24 ore ed è fruibile nell'arco di un'intera giornata "reale" con uno speciale sistema interattivo reso possibile da più di 360 clip combinati insieme.
Il record di videoclip più costoso al mondo è stato raggiunto nel 2006 dal videoclip di From Yesterday dei Thirty Seconds to Mars con ben 13 milioni di dollari spesi per la realizzazione del video; al secondo posto si trova Michael Jackson con il singolo Scream, uscito nel 1995 (costato 7.5 milioni di dollari), seguito al terzo posto da Britney Spears con il singolo Work Bitch (costato 6,5 milioni di dollari). Tra i video inseriti da NME nella classifica dei 50 video peggiori della storia figura Velouria dei Pixies. Fu realizzato per consentire ai Pixies di partecipare a Top of The Pops e per questo realizzato in fretta e furia.

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Un codec audio è un dispositivo hardware o software sviluppato per descrivere ovvero codificare un flusso di dati audio sotto forma di dati numerici adatti ad essere memorizzati su un supporto digitale o trasmessi su un canale di comunicazione digitale.
In altri termini si tratta di uno strumento di codifica/decodifica di flussi di dati audio e/o di compressione degli stessi per ridurne lo spazio di memorizzazione.

Descrizione
I codec audio sono quindi strumenti in grado di trasferire dati e mutarne la loro natura. Correlativamente, possono effettuare anche una compressione dei dati in modo da ridurre la quantità di dati che compone un flusso audio. I codec possono effettuare una compressione senza perdita di informazioni o con perdita di informazioni. Nel caso di compressioni senza perdita di informazioni si possono ottenere dei fattori di compressione del 50% o meno mentre se si utilizzano compressioni con perdita di informazione si possono ottenere compressioni anche del 500% con qualità accettabile.
I dati prodotti dai sistemi audio sono relativamente pochi rispetto a quelli prodotti da un flusso video e difatti esistono codec audio non compressi mentre i codec video non compressi sono riservati ad applicazioni professionali e non sono diffusi tra i personal computer. Comunque la maggior parte dei codec audio adottano tecniche di compressione a perdita di informazione dato che la diffusione di internet ha reso necessario ridurre al minimo i dati trasmessi mentre la potenza di calcolo necessaria per decodificare i flussi audio compressi non costituisce di fatto un problema per gli attuali computer.

Codec audio noti
Senza compressione
AIFF
WAV

Compressione lossless
Apple Lossless Encoding
FLAC
IFF
APE

Compressione lossy
AAC
ATRAC
Dolby Digital
Digital Theater System
G.729
MP3
Mp3PRO
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Una traccia fantasma o traccia nascosta (ghost track o hidden track in inglese, oppure anche traccia segreta, cioè secret track in inglese) è un contenuto di un album discografico la cui esistenza non viene indicata nella lista delle tracce sulla copertina o sul libretto del medesimo. La presenza di tali tracce è considerabile come una sorta di sorpresa del gruppo o artista in questione, che ha deciso di inserire nel proprio disco delle registrazioni che, per vari motivi, si preferisce non inserire nella lista tracce ufficiale.
Le tracce fantasma possono essere versioni alternative di brani già noti, modificati nel mixaggio, nell'arrangiamento o nel testo; oppure possono essere registrazioni demo, prove, errori o contenuti vari, che si decide di "regalare" a sorpresa al pubblico.
Si trovano tra le tracce fantasma anche brani inediti che possono essere anteprime di pubblicazioni future o brani scartati dalla scaletta ufficiale (ad esempio perché l'artista non riusciva a trovare un posto in cui collocare la traccia all'interno della lista). Altre volte si tratta di interventi parlati, messaggi o semplici scherzi da parte dell'artista o degli addetti alla realizzazione del lavoro discografico.
Può capitare che alcune tracce fantasma debbano essere decifrate, ad esempio in quanto registrate al contrario, distorte o a velocità modificata. Sebbene questo metodo appaia oggi facile da attuare, in tempi precedenti queste operazioni potevano risultare molto difficili, in quanto i PC dell'epoca raramente possedevano la potenza e i programmi necessari.

Tecniche
I metodi per inserire, e quindi scoprire, le tracce fantasma sono variati con l'evoluzione dei supporti musicali. Il metodo più utilizzato consiste nell'inserire le tracce fantasma in coda all'ultima traccia indicata, solitamente precedute da un periodo di silenzio più o meno lungo; per scoprirle è quindi sufficiente lasciar proseguire la lettura del supporto. Tuttavia, nei dischi in vinile e nelle musicassette è molto frequente che uno dei due lati termini con dello spazio vuoto, per compensare la maggior durata dei brani dell'altro lato, quindi l'ascoltatore è portato a pensare che il disco sia terminato e ad interrompere manualmente la riproduzione anche quando si può vedere che manca una buona porzione di solco o di nastro, prima che il supporto si fermi automaticamente. Pertanto, su tali supporti, la scoperta delle tracce fantasma, ove presenti, poteva avvenire quasi esclusivamente in maniera accidentale, letteralmente "dimenticandosi" il disco o la musicassetta in funzione.
Con l'avvento del compact disc, la scoperta delle tracce nascoste è diventata assai più semplice. Infatti, poiché le tracce sono numerate e la loro durata è solitamente indicata sulla copertina, è facile riscontrare immediatamente delle differenze tra il numero di tracce effettive e quelle indicate (nei casi, poco frequenti, in cui il brano nascosto è inciso in una traccia separata) o se la durata reale di un brano (indicata dall'apparecchio riproduttore) è differente da quella indicata ufficialmente. Non essendoci, nei CD, la necessità tecnica di lasciare spazio vuoto al termine dei brani, se la durata di un brano è superiore a quella ufficiale oppure se la lettura prosegue per un certo tempo senza avanzamento di traccia, interruzione o inversione dopo il termine di una canzone (solitamente l'ultima della lista ufficiale delle tracce) senza che si senta nulla, si è di fronte a un segnale della probabile presenza di una o più tracce fantasma.
Un'altra tecnica, esclusiva dei CD, consiste nell'inserire, in coda all'album, un gran numero di tracce aggiuntive, gran parte delle quali completamente mute. In questo caso, per l'ascoltatore appare evidente che nel disco si trova una traccia fantasma, ma non è chiaro in quale sia tra le tante presenti.
Quando ancora i PC non venivano utilizzati abitualmente per l'ascolto di musica, alcuni artisti inserivano dei materiali multimediali senza però precisarlo nella copertina del disco. In questo modo solo inserendo il CD nel proprio computer era possibile scoprire questo materiale.

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Il post-punk, a cui ci si riferiva originariamente con il termine new musick, è un termine ombrello che si riferisce ad una vasta gamma di tipologie del rock emerse dal movimento punk degli anni settanta, in cui gli artisti presero le distanze dalla semplicità e dal tradizionalismo del punk rock, per adottare soluzioni e sensibilità più tipicamente avanguardiste. Ispirati dall'energia del punk e dall'etica del DIY, ma determinati a rompere con i cliché del rock, questi artisti sperimentarono forme nuove e diverse, prendendo ispirazione dalla musica elettronica e da stili della musica nera come la musica dub, la funk, la free jazz, e la disco; sperimentando con le nuove tecniche di registrazione e di produzione; ed includendo tra i riferimenti idee e politiche tipiche della teoria critica, del modernismo, del cinema e della letteratura. I pionieri e le comunità legate al primo post punk si svilupparono spesso attorno ad etichette discografiche indipendenti, agli eventi di arti visive, alle performance multimediali ed alle fanzine.
Tra i precursori del post punk sono menzionatili band come Siouxsie and the Banshees, Wire, Public Image Ltd, the Pop Group, Cabaret Voltaire, Magazine, Pere Ubu, Gang of Four, Joy Division, Talking Heads, Throbbing Gristle, the Slits, the Cure, the Fall e Au Pairs. Il movimento post punk è poi strettamente collegato allo sviluppo di generi musicali come gothic rock, darkwave, neo-psychedelia, no wave ed musica industriale. Verso la metà degli anni '80, il movimento post-punk si era disgregato, fornendo allo stesso tempo l'impulso per il New Pop e anche la successiva musica alternativa e indipendente.


Definizione del termine
Origini del termine, contesto e termini correlati
Il post-punk è una categoria peculiare che comprende band evolutesi dal milieu culturale del punk rock nei tardi anni '70. Originariamente chiamato "New Musick", il termine fu utilizzato da diversi scrittori, critici e giornalisti di quegli anni per descrivere le band che andavano dal garage rock di matrice punk fino alle aree più disparate. Tra la fine del 1977 e l'inizio del 1978 Jon Savage e Jane Suck coniarono "post-punk" sulle pagine del Sounds, generando sulla scena una sensazione di rinnovato entusiasmo per ciò che la parola avrebbe comportato, presagendo la pubblicazione di numerosi editoriali sulla new musick. Sul finire della decade, alcuni scrittori iniziarono ad utilizzare anche il termine "art punk" come peggiorativo per quegli episodi di derivazione garage rock ritenuti troppo sofisticati e fuori dalla linea imposta dall'ideologia punk. A cavallo tra gli anni '70 ed '80, molte band precedentemente definite post-punk venivano inserite nel termine ombrello "new wave", tanto che i due termini risultavano spesso intercambiabili, e solo in seguito, "Post-punk" si differenziò da "new wave" restringendo sensibilmente i due campi di applicazione.
Nicholas Lezard descrive il termine post-punk come "così molteplice che è possibile utilizzarlo solo in una accezione ampia". Le dissertazioni successive non sono state in grado di chiarire se le riviste e le fanzine di musica contemporanea compresero convenzionalmente il termine "post-punk" nel modo in cui fu utilizzato negli anni successivi. Il libro del 2005 Rip It Up and Start Again di Reynolds è considerato un punto di riferimento per la dottrina post-punk, anche se l'autore affermò che il libro copre solo aspetti del post-punk a cui si sentiva personalmente vicino. Ed anche in merito a questo, Wilkinson accusò Reynolds di una lettura "revisionista e rinnovatrice". Il critico/musicista Alex Ogg, sostenne che "Il problema non è con ciò che Reynolds ha omesso da Rip It Up ..., ma, paradossalmente, ha aggiunto troppo", sostenendo contemporaneamente che il termine post-punk pertiene ad una certa sensibilità estetica ed a certi approcci piuttosto che ad uno stile unificante ed alla disputa sull'accuratezza cronologico-terminologica del prefisso "post", tanto che molte band comunemente etichettate come post-punk precedono il punk rock stesso. Se Reynolds aveva circoscritto l'epoca del post-punk all'incirca tra il 1978 ed il 1984, Ogg sosteneva che il post-punk dovesse essere concepito "meno come un genere di musica e più come uno spazio di possibilità", suggerendo che "ciò che unisce tutta questa attività è un insieme di imperativi aperti: innovazione; intenzioni stravaganti; volontario disfarsi di tutte le cose precedenti". AllMusic utilizza il termine post-punk per definire "una forma di punk più avventuroso e colto".

Caratteristiche e filosofia
Molti artisti post-punk trovarono un'iniziale ispirazione nell'energia e nell'etica DIY del punk, per divenire, specie in fase successiva, più disillusi sullo stile e sul movimento, tacciandolo infine di un'evoluzione verso formule commerciali, convenzioni rock e parodie di se stessi. Band come queste ripudiarono le rivendicazioni del punk sull'accessibilità e sulla purezza della semplicità, invece di vedere in questi principi un'opportunità per rompere con la tradizione musicale, sovvertire i luoghi comuni e sfidare il pubblico stesso. Questi artisti abbandonarono poi le tematiche tipiche del punk concernenti le preoccupazioni di una popolazione in gran parte bianca, maschile ed appartenente alla classe lavoratrice, e abbandonando la continua dipendenza dai soliti tropi del rock and roll, come le progressioni a tre corde ed i riff di chitarra in stile Chuck Berry. Questi gruppi, anziché definire il punk come un "imperativo in costante cambiamento", credevano che "contenuti radicali esigono forme radicali".
Artisti come James Chance rigettarono i tropi del rock, mescolando la musica d'avanguardia al funk, jazz e ad altri stili.
Anche se gli stili musicali variano molto a seconda delle regioni e degli artisti, il movimento post-punk fu caratterizzato dall'"assalto concettuale" agli stereotipi ed alle convenzioni del rock e dal rigetto di estetiche percepite come tradizionaliste, egemoniche e rockiste, in favore di sperimentazioni con tecniche di produzione e contaminazioni con stili musicali come dub, funk, musica elettronica, disco music, rumorismo, free jazz, world music e musica d'avanguardia. Alcuni stili musicali precedenti servivano però come punti di riferimento per il movimento come il Krautrock, il glam rock, l'art rock, l'art pop ed alcuni generi musicali degli anni sessanta. Questi artisti, si approcciavano poi allo studio di registrazione come se avessero a che fare con un vero e proprio strumento musicale, utilizzando nuovi metodi di registrazione e perseguendo nuovi territori sonici. Il critico Matthew Bannister scrisse che gli artisti del post-punk rifiutarono tanto i maggiori riferimenti del rock degli anni '60 come the Beatles e Bob Dylan, quanto i paradigmi che definivano "il rock come progressivo, come arte, come sterile studio perfezionista... per adottare un'estetica avanguardista". In accordo con il musicalogo Pete Dale, sostennero poi che anche se questi gruppi volevano "stracciare le pagine della storia e ripartire da zero", la musica era ancora "inevitabilmente legata a tracce da cui non sarebbero mai potuti scappare completamente".
Nicholas Lezard descrisse il post-punk come una "fusione tra arte e musica". Questo periodo vide una massiccia appropriazione di idee dalla letteratura, dall'arte, dal cinema, dalla filosofia, dalla politica e dalla teoria critica in contesti culturali musicali e pop. Gli artisti tendevano a rifiutare la distinzione tra arte alta e bassa, per ritrovare una sorta di origine artistica in percorsi come quelli di Roxy Music e David Bowie. Sempre Reynolds ritrova alcune ossessioni e preoccupazioni ricorrenti tra gli artisti del post-punk a proposito dell'alienazione, della repressione e della technocrazia della modernità occidentale. Non a caso, tra le maggiori influenze del post-punk si annoverano scrittori come William S. Burroughs e J.G. Ballard, scene politico-avanguardiste come il situazionismo o il Dada e movimenti intellettuali ascrivibili al postmodernismo. Molti artisti inseriscono il proprio lavoro in esplicite tematiche politiche. Inoltre, in alcuni luoghi, la creazione della musica post-punk era fortemente correlata allo sviluppo di efficaci sottoculture, che giocarono un ruolo importante nella creazione di arte, performance multimediali, fanzine ed etichette discografiche indipendenti. Molti artisti post-punk mantennero un approccio anti-corporaton registrando, producendo e distribuendo la propria musica su formati non convenzionali. I giornalisti divennero poi un elemento importante per questa cultura, con riviste e critici che si immersero nel movimento stesso.

Storia del post-punk
1977-1979: antecedenti e primi anni
Retroterra
Durante l'epoca del punk, un certo numero di imprenditori interessati alle scene musicali locali influenzate dal punk, fondarono label indipendenti come la Rough Trade (fondata da Geoff Travis nel proprio negozio di dischi) e la Factory Records (fondata dal personaggio televisivo Tony Wilson a Manchester). Nel 1977, i gruppi iniziarono a sperimentare nuove metodologie per pubblicare la propria musica in modo indipendente. Questa idea fu diffusa in particolare dai Buzzcocks, che pubblicarono il loro EP Spiral Scratch con un marchio proprio, ed anche dai singoli autoprodotti dei Desperate Bicycles. Fu poi imperativo, per il DIY trovare formule ed infrastrutture di produzione e distribuzione su cui si appoggiò prima il post-punk e poi la musica indie della seconda metà degli anni '80.
Mentre l'originario movimento punk si stava spegnendo, molte nuove scene iniziarono a fondersi con una varietà di band che cercavano di elaborare sonorità sperimentali in un territorio concettuale più ampio. Sul finire del 1977 alcuni episodi britannici come Siouxsie and the Banshees e gli Wire iniziarono a sperimentare sonorità che si differenziavano molto dagli episodi punk contemporanei. Savage descrisse i primi esperimenti del genere come quelli citati come "ruvide lacerazioni urbane", "rumore bianco controllato" o ancora "accentuazioni massicce di rulli di tamburi". L'editore di Mojo Pat Gilbert sostenne che "la prima vera post-punk band fu Siouxsie and the Banshees", notando l'influenza dell'uso della ripetizione sui Joy Division. Sulla stessa linea, John Robb sostenne che i Banshees possono essere considerati una specie di "proto post-punk" band, a causa della loro ipnotica sezione ritmica. Nel gennaio del 1978, il cantante John Lydon (poi conosciuto come Johnny Rotten), annunciò lo scioglimento dei Sex Pistols dichiarando la sua disillusione rispetto alla prevedibilità musicale del punk ed alla cooptazione di interessi musicali, unitamente al suo desiderio di esplorare territori nuovi e diversi. In maggio dello stesso anno, Lydon annunciò la formazione di una nuova band assieme al chitarrista Keith Levene ed al bassista Jah Wobble: erano i Public Image Ltd e dichiaravano apertamente "rock is obsolete", citando la reggae come "influenza naturale" Lydon descrisse poi il suo sound come "un pop totale con significati profondi. Ma non voglio essere categorizzato in altri termini che punk! Da li vengo e li sto".

Regno Unito
In questo periodo, band come Public Image Ltd, the Pop Group e the Slits iniziarono a mescolare le proprie sonorità con la dance music, con le tecniche di produzione del dub e con le intuizioni delle avanguardie mentre le band di Manchester che provenivano dal punk come Joy Division, The Fall, the Durutti Column ed A Certain Ratio svilupparono stili peculiari inspirati da una vasta gamma di influenze tra musica ed arte modernista. Gruppi come Scritti Politti, Gang of Four, Essential Logic e This Heat erano invece fortemente politicizzate, con liriche ispirate alle ideologie di sinistra ed incorporavano nei loro lavori gli studi intrapresi nelle Accademia di belle arti. Delle metodologie tecniche non ortodosse vennero sviluppate negli studi di registrazione da produttori come Steve Lillywhite, Martin Hannett e Dennis Bovell, divenendo elementi importanti nell'evoluzione musicale della "new musick". Etichette come Rough Trade, Factory e Fast Product divennero dei punti di riferimento per questi artisti, facilitando loro la produzione, gli artwork, le performance e la promozione del loro lavoro.
Molte sono le dispute per stabilire quale fosse il primo vero disco post-punk e tra i contendenti appare il primo disco dei Magazine dal titolo Shot by Both Sides (7", Gennaio 1978, Virgin), Hong Kong Garden (7", Agosto 1978, Polydor) dei Siouxsie and the Banshees, Public Image (7", Settembre 1978, Virgin) dei PIL, Extended Play (7" EP, Novembre 1978, Rough Trade) dei Cabaret Voltaire oppure ancora Damaged Goods (7", Dicembre 1978, Fast Product). Il critico musicale di AllMusic Andy Kellman sostiene che Shot by Both Sides è una pietra miliare al pari del brano punk Anarchy in the U.K. (7", Novembre 1976, EMI).
Un certo numero di band che precedettero il punk, come Cabaret Voltaire e Throbbing Gristle sperimentarono il registratore a nastro e gli strumenti musicali elettronici unitamente ai metodi della performance art ed influenzati dalle letterature trasgressive diedero vita alla musica industriale. L'etichetta dei Throbbing Gristle, la Industrial Records, divenne il fulcro della scena omonima.
Mentre queste scene crescevano, le pubblicazioni musicali britanniche come il New Musical Express ed il Sounds svilupparono una parte importante nella nascente cultura post-punk, con scrittori come Jon Savage, Paul Morley e Ian Penman che svilupparono uno stile di critica denso (e spesso giocoso) che pescava a piene mani dalla filosofia, dalla politica radicale e da una grande varietà di altre fonti. Nel 1978 la rivista del Regno Unito Sounds recensiva ottimamente album come The Scream dei Siouxsie and the Banshees, Chairs Missing degli Wire e la band statunitense Pere Ubu con il loro Dub Housing. Nel 1979 il NME sostenne e difese dischi come Metal Box dei PIL, Unknown Pleasures dei Joy Division, Entertainment! dei Gang of Four e 154 degli Wire, l'omonimo album di debutto dei The Raincoats, e Fear of Music della band americana Talking Heads.
I Bauhaus, Siouxsie and the Banshees e the Cure gradualmente iniziarono a produrre sonorità più oscure che generarono poi la scena gothic rock. Influenze importanti per l'evoluzione del gothic rock vennero inoltre dai Joy Division. Nei tardi '70 si sviluppò dalla scena punk britannica anche una forma di neo-psychedelia. Il genere in seguito fiorì in molte parti del mondo in un movimento internazionale che applicava allo spirito psichedelico degli anni '70 le nuove sonorità e le nuove tecniche. Sempre nel 1979 nacquero anche altri stili come l'avant-funk e l'industrial dub.

Stati Uniti
Verso la metà degli anni '70 svariati gruppi musicali (alcuni provenienti dalla scena punk di Downtown Manhattan) come i Television ed i Suicide) iniziarono ad espandere il classico vocabolario del punk. Band del Midwest come i Pere Ubu ed i Devo presero ispirazione dalla rivoluzione industriale, implementando tecniche dell'arte concettuale, della musica concreta e forme verbali non convenzionali che presagirono la nascita del movimento post-punk degli anni successivi. Un certo numero di band successive incluse band di Boston come i Mission of Burma, o di New York come i Talking Heads, combinarono elementi del punk con sensibilità accademico-artistiche. Nel 1978 quest'ultima band iniziò una serie di collaborazioni con il pioniere britannico di musica ambientale ed ex-Roxy Music Brian Eno, sperimentando con le tecniche poetiche dadaiste, sonorità elettroniche e poliritmia africaneggiante. La vivida scena post punk di San Francisco generò gruppi come Chrome, the Residents, Tuxedomoon e MX-80 Sound che influenzarono l'espansione e l'implementazione della sperimentazione multimediale, del cabaret e le teorie drammaturgiche del Teatro della crudeltà di Antonin Artaud.

Talking Heads
Sempre di questo periodo fu poi l'emergere del movimento no wave nella downtown di New York, una scena musicale ed artistica dalla vita breve, che rappresentò una delle più influenti reazioni al riciclaggio del punk di tradizionali tropi del rock, che proiettò una visione del mondo abrasiva, conflittuale e nichilista. I musicisti no wave come the Contortions, Teenage Jesus and the Jerks, Mars, DNA, Theoretical Girls e Rhys Chatham sviluppò maggiormente uno stile legato al rumorismo, alle dissonanze, alla atonalità, mescolandola a generi musicali non prettamente rock. Le prime quattro formazioni in particolare, furono inserite nella compilazione No New York prodotta da Brian Eno, spesso considerata il testamento essenziale di questa scena musicale. Le feste decadenti e le opening d'arte divennero in questo periodo i centri d'incontro di musicisti ed artisti visivi. Spesso nei locali come il Club 57 ed il Mudd Club si incontravano artisti affini a questa scena come Jean-Michel Basquiat, Keith Haring e Michael Holman. Il giornalista del Village Voice, Steve Anderson, sostiene che la scena perseguì un riduzionismo abrasivo "ha minato la potenza e la mistica di un'avanguardia rock privandola di una tradizione contro cui reagire". Anderson ha affermato che la scena no wave rappresentava "l'ultimo movimento stilisticamente coeso dell'avanguardia rock di New York".

Italia
Se nel 1977 l'Italia era ancora immersa nel periodo disco music, fu proprio da quella scena che venne fuori una delle prime perle del post-punk italiano, quando i Chrisma, dopo un periodo di permanenza a Londra e la scoperta del punk rock, convinsero il produttore della Polygram Niko Papathanassiou (fratello di Vangelis) a vedere nel punk rock nuove possibilità. Fu proprio in questo contesto che il duo confezionò prima il 7" C' Rock / Mandoia (Polygram, 1977) e poi l'album Chinese Restaurant (Polygram, 1977), che anticiparono alcune sonorità del post-punk britannico. A Bologna, nel 1977 nasceva invece la Harpo's Music, che nel 1978 curò la produzione artistica di MONO tono (Cramps Records, 1978) dei concittadini Skiantos, un album che già mostrava l'attitudine avanguardista tipica del post-punk, e poi nel 1979 il primo album omonimo dei Gaznevada che già mescolava sonorità punk all'elettronica ed a ritmiche funky. Sempre del 1979 fu l'album più compiutamente post-punk degli Skiantos, intitolato Kinotto (Cramps Records).

La scena del Regno Unito e gli ambiti commerciali
Il post-punk britannico entrò negli anni '80 con il sostegno sia della comunità della critica musicale - il critico americano Greil Marcus ritrasse il "post-punk pop d'avanguardia britannico" in un articolo sul Rolling Stone datato 1980 come "mosso da una tensione, un umorismo ed un senso del paradosso chiaramente unici nella musica pop di oggi" - che di personaggi legati ai media come il DJ della BBC John Peel, tanto che alcuni esponenti del post-punk come PiL e Joy Division raggiunsero buone posizioni nelle classifiche della musica popular. Il network delle etichette che supportavano questo fenomeno come la Industrial Records, Fast, E.G. Records, Mute, Axis/4AD e Glas continuarono a sostenere l'uscita di sempre nuove produzioni. Nel 1980 erano attivi nella scena post-punk della Gran Britannia band come Magazine, Essential Logic, Killing Joke, the Sound, 23 Skidoo, Alternative TV, the Teardrop Explodes, the Psychedelic Furs, Echo & the Bunnymen e the Membranes, concentrate perlopiù nelle città di Londra e Manchester.

Gary Numan
Fu in questo periodo che le maggiori figure ed artisti iniziarono a prendere le distanze dall'estetica dell'underground. La scrittura sempre più esoterica delle pubblicazioni post-punk, iniziò presto a allontanare i lettori dalle riviste musicali, tanto che l'NME perse la metà delle vendite. Scrittori come Morley iniziarono a sostenere la "luce dell'overground" invece delle sensibilità sperimentali promosse nei primi anni. Le collaborazioni di Morley con l'ingegnere del suono Gary Langan e con il programmatore J. J. Jeczalik che portò agli Art of Noise aprì la tendenza a portare suoni elettronici e campionamenti nel pop mainstream. Artisti del post-punk come Green Gartside degli Scritti Politti e Paul Haig dei Josef K precedentemente affini alle metodologie avanguardiste, distolsero lo sguardo da questi approcci per perseguire stili mainstream e successo commerciale. L'evoluzione che portò alcuni artisti post-punk ad inserire idee sovversive nel mainstream pop, furono categorizzati con il termine di marketing New Pop.
Altre band orientate verso il pop come ABC, the Associates, Adam and the Ants e Bow Wow Wow (questi ultimi due erano prodotti dal manager dei Sex Pistols Malcolm McLaren) trovarono spazio, parallelamente al fenomeno del New pop, con l'evolversi della scena della sottocultura del New romantic. Dando maggior valore al glamour, alla moda ed all'evasione piuttosto che alla serietà sperimentale dei precedenti gruppi post-punk, questa scena orientata verso il club, pur destando non pochi sospetti negli abitanti del movimento, raggiunse un buon successo commerciale. Artisti come Gary Numan, the Human League, Soft Cell, John Foxx e Visage contribuirono invece a creare un nuovo stile, il synthpop, che prendeva ispirazione dalla musica elettronica e dai sintetizzatori. Al successo di questo genere contributi non poco l'ascesa di MTV.

Downtown Manhattan ed altrove negli USA
Glenn Branca durante una performance alla galleria Hallwalls nel 1980
Nei primi anni '80 la scena no wave di Downtown Manhattan si diresse verso sonorità meno abrasive rispetto al suono originario, spostandosi su posizioni decisamente più ballabili con compilazioni come Mutant Disco della ZE Records, evidenziando una nuova sensibilità, più giocosa, e nata dall'incontro tra hip hop, disco music ed il punk della città, senza tralasciare influenze dub, reggae e world music. Gruppi musicali come ESG, Liquid Liquid, the B-52s, Cristina, Arthur Russell, James White and the Blacks e Lizzy Mercier Descloux proposero formule descritte provocatoriamente da Luc Sante come "un niente di niente + disco music a culo". Altre band che avevano un debito con la no wave furono Swans, Glenn Branca, the Lounge Lizards, Bush Tetras e Sonic Youth, continuando invece ad esplorare l'attitudine della scena iniziale rivolta al rumore ed ai territori più ruvidi.

Europa
In Germania, band come gli Einstürzende Neubauten svilupparono uno stile peculiare di musica industriale utilizzando rumorismo avanguardista, strumenti autocostruiti ed oggetti trovati. Alcuni membri di questa band collaborarono in seguito con membri dei the Birthday Party.

Il revival
Il post-punk revival è una corrente di rock alternativo nata negli anni 2000 dove le band riprendono gli elementi del genere originale dell'inizio degli anni ottanta. Il movimento è assai diffuso nei paesi anglosassoni quali il Regno Unito e gli Stati Uniti e in diversi paesi del continente europeo, ed è molto legato alla scena post-punk di Londra e di New York degli anni ottanta.

Il termine post-punk revival fu coniato da vari critici musicali per indicare band come Arctic Monkeys, The Killers, The Rapture[38], Interpol[39], Franz Ferdinand, Bloc Party e The Strokes. Questa seconda ondata di gruppi che riprendono il post-punk inseriscono all'interno della loro musica elementi dell'indie rock e della dance degli ultimi anni ottanta più o meno come succedeva per il post-punk che fondeva elementi del krautrock e della musica da discoteca della fine degli anni settanta.

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L'hit parade è la classifica musicale degli album discografici, dei singoli, dei film o dei libri più venduti, in un territorio e in un periodo di tempo definiti.


Storia
Stati Uniti
Il termine è inglese ed è stato coniato negli anni trenta ed adottato per molto tempo da un famoso programma radiofonico americano.
Verso la fine del 1940, il termine intendeva una lista di canzoni, non una lista di records. In quei tempi, quando una canzone diventava un successo, era solitamente registrata da parecchi artisti diversi. Negli anni seguenti, tali ri-registrazioni diventarono versioni cover di uno stesso brano.
Il titolo Hit Parade divenne familiare durante la fine degli anni 1960 e l'inizio del 1970 grazie ad un format popolare creato dalla leggendaria Drake-Chenault & Co. e trasmesso da centinaia di emittenti radiofoniche. Originariamente chiamata Hit Parade '68, poi Hit Parade '69, '70, ecc., più tardi divenne conosciuta semplicemente come Hit Parade.

Regno Unito
Il termine hit parade divenne di uso comune anche nel Regno Unito tra gli anni cinquanta e anni sessanta per riferirsi alla classifica discografica, ma nel giro di breve tempo venne usato sempre meno e fu quindi visto come un termine arcaico e fuori moda. Ancora oggi viene raramente usato per riferirsi ai vecchi successi di quegli anni.

Italia
In Italia la prima classifica di vendita di 45 giri fu pubblicata a partire dal 1959 dal mensile Musica e dischi. Negli anni successivi ogni settimanale musicale, da TV Sorrisi e canzoni a Ciao 2001, pubblicò una classifica settimanale dei dischi più venduti, affidandosi a varie società di rilevazione. Una di queste società era la Doxa, a cui si appoggiò la Rai per la trasmissione radiofonica che, partita nel 1967, per circa un decennio settimanalmente diffuse la classifica dei dischi più venduti ai tempi conosciuta con il nome di Hit parade. Fu condotta, tra gli altri, dal Maestro Lelio Luttazzi e, successivamente, da Giancarlo Guardabassi, e per più decenni divenne la classifica di vendite più accreditata, assieme a quella di Musica e Dischi e a quella di TV Sorrisi e Canzoni.
In seguito la classifica venne trasmessa anche in televisione dalla trasmissione Discoring e pubblicata sulle pagine della rivista "Radiocorriere TV". Nella prima metà degli anni novanta la pubblicazione della Hit Parade fu interrotta senza chiari motivi.
Nel 1995 la FIMI inizia a pubblicare le proprie classifiche denominate Top of the Music e redatte inizialmente dalla "Nielsen". Quella dei singoli arriverà nel 1997. Nascono così le prime vere classifiche ufficiali, certificate da un'associazione di settore.
Nel frattempo la classifica di vendite di TV Sorrisi e Canzoni, nota come Superclassifica (che dagli anni 80 veniva in parte trasmessa su Canale 5 dapprima nella trasmissione Superclassifica Show e poi nella trasmissione Super di Canale 5 e Italia 1, senza contare i vari show radiofonici), continuò le sue pubblicazioni, ma la crisi di vendita del vinile e l'eccessivo costo del singolo nel nuovo formato CD finì per ridurre la classifica dei singoli alle sole prime 10 posizioni nella metà degli anni novanta. Nel 1997, anche la classifica dei singoli di Sorrisi cominciò ad usare Nielsen, rendendola di fatto identica alla classifica singoli FIMI.

Altri Paesi
Il termine hit parade viene tuttora usato in alcuni Paesi dell'Europa continentale per riferirsi alla locale classifica musicale dei dischi più venduti.



Risultati immagini per creare un'etichetta discografica


Fare un etichetta discografica?La cosa è più semplice di quanto possa sembrare.
Se, fra i promotori dell’etichetta, esiste già una società con partita Iva, la cosa è già fatta, quella società sarà l’etichetta.
Se non c’è nessun tipo di “ragione sociale”, la cosa migliore è sentire un commercialista di fiducia e farsi spiegare le varie possibilità (Snc, Srl, Sas, Associazione, Cooperativa, Piccola Cooperativa, ecc), in base al livello di investimento, i possibili soci, ecc. Tutti aspetti che qui è veramente difficile approfondire… comunque non c’è bisogno di particolari permessi.
L’unica cosa è che la società esistente abbia la facoltà statuaria, nella ragione sociale, di poter pubblicare e vendere dischi e prodotti fonografici, nelle varie forme compreso il downloading. I primi passi necessari sono la costituzione di una società e l’iscrizione alla camera di Commercio, ecc. (ma in fondo anche una macelleria potrebbe produrre dei dischi promozionali per il proprio negozio…).
Semmai la cosa migliore è inventarsi un marchio (che potrebbe comunque essere quello della società). Infatti quando si dice “etichetta” si pensa di solito al marchio… Questo marchio, poi, se lo si ritiene opportuno (ma non è proprio indispensabile) potrebbe essere registrato. In proposito la cosa migliore è sentire la Camera di Commercio della propria città o provincia. E’ lì che si registrano i marchi. Ovviamente, per fare la registrazione c’è da pagare. Una volta fatto questo, c’è solo da decidere i dischi da produrre, e quindi trovare una fabbrica che stamperà il cd.
Di solito le fabbriche curano tutto (glassmaster/matrice, assemblaggio delle varie parti, stampa delle parti grafiche – booklet, inlaycard, ecc. – stampa dei dischi, la label, ecc.)
Bisogna mandare i files delle parti grafiche, il master in cd e i bollini siae.
Rispetto a questo, cioè alla Siae, bisogna andare al più vicino ufficio regionale della Siae e chiedere se danno l’autorizzazione al bollino. La cosa è abbastanza semplice: si fa la richiesta, la Siae attribuisce un codice, e dei fogli da riempire. Quello più importante è la “label copy” dove si deve scrivere i dettagli del disco (titoli, autori, registrazione, codice del disco, codici dei brani, ecc.). Dopodiché stamperanno i bollini nella quantità richiesta. Per ritirarli si dovrà pagare alla cassa. Il costo medio è di 0,50 Euro per disco (ma il prezzo del bollino dipende dal prezzo di vendita del disco: merita dichiarare la linea più bassa… la cosiddetta “budget line“).Il tutto, ovviamente, è regolato dal regime dell’iva (per questo in fondo ci vuole una società…).Andrà poi regolata al meglio l’aspetto vendita dei dischi e eventuale distribuzione. In questo caso si tratta di costruire una rete di relazioni necessarie al passo che trasforma la passione per la musica in un lavoro vero e proprio.

Qualche consiglio:
Subito una precisazione: questo non è il modello migliore o il più efficiente, piuttosto che il più economico o il più redditizio e chi più ne ha più ne metta. E’ un modello tra tanti che però ha risposto alle nostre necessità ed ha permesso di costituire una realtà a tutti gli effetti in regola con la legislazione italiana civilistica e, soprattutto, fiscale.
Solitamente il problema che devono affrontare coloro che impiantano un’etichetta è con quale tipo di organizzazione possono affacciarsi all’esterno. Noi siamo partiti già con l’idea di dover fare una struttura che fosse completamente sotto la luce.
Tutta la normativa di base a cui farò riferimento è in file allegati ma, ovviamente, non potrò spedire tutto per cui dove si ha necessità di approfondire ciò sarà oggetto di successivi invii di materiale.
Lo scoglio principale che abbiamo dovuto superare è la convinzione da parte della P.A. che qualunque gruppo di individui, comunque si presti a favorire la vendita di dischi, esso viene considerato a tutti gli effetti una organizzazione di società di servizi e per cui soggetta alle norme sulle società.
Ma quanti ragazzi possono permettersi un notaio per fare una società, il commercialista per la tenuta della contabilità, l’avvocato per le transazioni commerciali e le controversie. E quante di queste società, poi, riuscirebbero a stare nell’ambito degli studi di settore dell’Agenzia delle Entrate?
Il nostro escamotage è stato quello di costituire un’associazione culturale senza scopo di lucro finalizzata alla divulgazione della musica come forma artistica senza, fondamentalmente, esclusione di mezzi e/o modalità. Ma come fare dal punto di vista tributario?
La soluzione ce l’ha fornita la L. 398/1991 e successive modifiche e integrazioni. Anzi: è stata proprio la lettura della legge che ci ha fornito la chiave di volta alla soluzione del problema.
Questa legge istituisce un regime tributario sostituivo per le associazioni sportive dilettantistiche a cui successivamente sono state affiancate le associazioni culturali senza scopo di lucro.
Una cosa è fondamentale in tutto il discorso: LA ASSOLUTA MANCANZA DI SCOPI DI LUCRO. E’ chiaro, quindi, che se qualcuno volesse aprire un’etichetta per farne motivo di guadagno (pazzo in un periodo come questo!) questo modello è assolutamente fuori luogo.
Fatta questa necessaria introduzione vado ora ad elencare i passaggi successivi per arrivare alla costituzione dell’etichetta indie:
1) ATTO COSTITUTIVO E STATUTO. Meglio se una scrittura privata autenticata da un notaio (il costo è accessibile e non è una mostruosità); in sostituzione anche un accordo firmato registrato presso l’Agenzia delle Entrate; in mancanza anche un accordo avente data certa con l’apposizione di francobolli per posta prioritaria annullati in posta con timbro postale a data. Le soluzioni sono in ordine decrescente di attribuzione di pubblica fede in caso di contestazioni in sede giudiziaria qualunque esse possano essere e da chiunque possano provenire. 2) ATTRIBUZIONE DELLA PARTITA IVA E DEL CODICE FISCALE. Questo è da fare subito ma ATTENZIONE!!!! Il legale rappresentante deve dichiarare in sede di richiesta che l’associazione intende avvalersi del regime tributario sostitutivo ai sensi della L. 398/1991. 3) COMUNICARE ALLA SIAE CHE CI SI AVVALE DELLA 398/1991. 4) FARSI RILASCIARE DALLA QUESTURA L’AUTORIZZAZIONE A OPERARE NEL CAMPO DELLA FONOGRAFIA E VIDEOTECA. E’ una comunicazione, una specie di nulla osta, resa ai sensi dell’art. 75 bis del TULPS (testo unico sulla legge di pubblica sicurezza, introdotto dall’art. 8, comma 2, della L. 248/2000) che attesta che non si è stati in precedenza condannati per pirateria o per diffusione di opere pedopornografiche. Si chieda a chiunque venda dischi o noleggi videocassette o DVD. 5) EVENTUALE ISCRIZIONE, PRESSO LA LOCALE C.C.I.I.A., AL R.E.A. (Registro Economico e Amministratico). Non è obbligatorio ma è un “sigillo di garanzia” per le ditte che operano nel commercio. E’ come se fosse un documento di riconoscimento che da piena fede a chi lo ha rispetto a chi non lo ha perché vuol dire che il soggetto è “riconosciuto” come operante nel mercato e non uno “sconosciuto”.
6) SE SI VUOLE VENDERE IN INTERNET COMUNICARE AL PROPRIO COMUNE “L’INIZIO ATTIVITA'” AI SENSI DEL D. Lgs. 114/1998 (legge Bersani) sul commercio a distanza (televendite e cataloghi) e sul commercio elettronico (internet) e aspettare un mese dalla comunicazione. A questo punto si è una vera e propria società che non può dividersi il guadagno ma che, anzi, deve fare di tutto perché l’attività economica di vendita dei dischi non sia esageratamente superiore all’attività associativa. Noi organizziamo concerti, convegni, conferenze… Insomma i soldi guadagnati (?) con i dischi DEVONO essere spesi nell’associazione!
OCCHIO: NON SI STA PARLANDO DI UNA ONLUS CHE E’ TOTALMENTE DIVERSA! Non è finita qui, però.
Se si vende in UE bisogna compilare l’intrastat in base al giro d’affari (per noi basta uno all’anno).
Ogni mese ci sono le comunicazioni da fare alla SIAE con i modelli SD/1 giornaliero, SD/2 mensile e SD/3 annuale.
Ogni trimestre c’è il versamento di metà dell’IVA a debito, come stabilito dalla 398. E poi ci sono le tasse da pagare sul reddito, i libri societari da avere. Insomma: i dettagli si possono leggere negli allegati. Io credo di essere stato fin troppo noioso con commi, articoli, norme e leggi varie

P.S.
A meno di errori ogni file ha a che fare con la 398 o con una delle sue leggi collegate: basta andare su “modifica”, poi “trova” e digitare “398” per trovare il riferimento normativo alla legge in questione. Per tutto il resto sono sempre valide le norme sul codice civile sulle associazioni.
Per chi fosse interessato a fare domande e chiedere ulteriori informazioni scrivere a 1437network@gmail.com oggetto: “come aprire un’etichetta”. Se farai un’etichetta, ci auguriamo di averti fra di noi, in 1437 Network…





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Videomusic è stata un'emittente televisiva italiana, ideata dall'avvocato Michele Lo Foco e dal discografico Ciro Dammicco e fondata da Pier Luigi Stefani e Marialina Marcucci.
La sede dell'emittente si trovava presso il centro produzioni televisive Il ciocco a Castelvecchio Pascoli, frazione di Barga, Lucca.


Storia
La nascita
Videomusic nacque il 2 aprile 1984, in piena notte, sulle frequenze di Elefante Tv, a sua volta evoluzione di TVS Telexpress, dal centro di produzione all'interno del complesso "Il ciocco" di Castelvecchio Pascoli, frazione del comune di Barga, Lucca). Il videoclip che inaugurò le trasmissioni fu quello di All Night Long (All Night) di Lionel Ritchie. In realtà le prime trasmissioni sperimentali del canale erano iniziate nel gennaio dello stesso anno. Il logo, una piccola scritta "video" su una "M" verde, fu ideato e disegnato da Graziano Gregori e la scenografia, in stile Blade Runner, fu ideata da Bruno Rubeo, in seguito scenografo di Oliver Stone in alcuni film e candidato all'Oscar alcuni anni dopo per A spasso con Daisy di Bruce Beresford.
Videomusic, insieme a Elefante tv e Rete Mia, fu una delle tre reti a diffusione nazionale con sede in Toscana.

La programmazione
I primi videoclip trasmessi furono Club Tropicana degli Wham!, Radio Ga Ga dei Queen, Soul Kissing di David Knopfler, Yah Mo B-There di James Ingram e Michael McDonald, Don't Cry degli Asia e Rock the Casbah dei Clash. Nell'aprile 1984 l'emittente, diretta da Pier Luigi Stefani, dedicò totalmente i propri sforzi ai programmi musicali con recensioni, interviste, videoclip, concerti, informazioni sulla musica e il mondo giovanile 24 ore su 24. Inizialmente i dj erano quattro: Rick Hutton, Clive Griffiths, Johnny Parker e Tiziana Cappetti. Successivamente arrivarono Claudio De Tommasi, Antonella Monetti, Elisa Jane Satta, Attilio Grilloni e molti altri volti, noti e meno noti, fra cui Lorenzo Scoles, che debuttò con la striscia comica Lo sconosciuto. Il canale ebbe da subito un grande successo di pubblico tra i ragazzi. La rotazione dei video avveniva durante tutto l'arco della giornata all'interno di vari programmi, fra i quali On the Air, condotto a rotazione, tra gli altri, da Gianfranco Monti e Marco Baldini. On the Air (in it. In onda) era strutturato come un omologo radiofonico: dei conduttori si udivano solo le voci, mentre i clip musicali sostituivano i brani solo audio delle radio.
Molte trasmissioni divennero programmi di culto: Hot Line, condotto a rotazione da Marie Moniquette delle Lorimeri, Johnny Parker, Rick Hutton, Clive Griffiths, Elisa Satta, Claudio De Tommasi e, in seguito, anche da Attilio Grilloni; Heavy con Kleever, dedicato all'hard rock e all'heavy metal, nel quale Clive vestiva i panni del metallaro Kleever; Blue Night e Moka Choc, programmi di tendenza e contenitori culturali notturni, il primo condotto per un anno da Julia Jones e in seguito da Clare Ann Matz, il secondo da Larry Bolognesi; Segnali di fumo e Crazy Time, con Rick Hutton e Clive Griffiths, contenente degli sketch e la rubrica Telemontepecora; Rock Revolution, presentato da Mixo, sulla storia della musica anni Sessanta-Ottanta, realizzato con materiale d'archivio delle tv estere, soprattutto britanniche e statunitensi; Print, programma dedicato alla letteratura; Caos time, con Marco Mazzoli; Metropolis, un viaggio nella cultura delle maggiori città europee e americane e nei libri; Zona Mito, contenitore di video musicali degli anni precedenti, con Paola Rota; Jazz X, con Giuska Ursini.
Monti, affiancato da Alberto Lorenzini, fu anche autore e conduttore di Le ombre, poi divenuto Radio Lab (1991-1993), che andava in onda ogni sabato dalla mattina al primo pomeriggio, simile nel formato a On the Air, tranne per il fatto che in video comparivano le sagome scure dei corpi dei due presentatori. All'interno di Radio Lab, oltre alle interviste telefoniche a personaggi più o meno noti, come addetti ai lavori del settore musicale, giornalisti, ma anche persone comuni, venivano mandati in onda messaggi lasciati dai telespettatori sulla segreteria telefonica della redazione. La trasmissione conteneva anche la rubrica La Scheda di Massimo Riserbo, un intervento solo audio accompagnato da un filmato con immagini in tema, da parte di Giancarlo Trombetti, critico musicale e responsabile del palinsesto della rete, sotto pseudonimo per avere maggiore libertà di commentare, anche con toni polemici e graffianti, un argomento specifico per ogni puntata.
Video della settimana era il titolo della rubrica che dal lunedì alla domenica successiva mandava in onda, più volte nell'arco delle 24 ore, un filmato promozionale, ogni settimana diverso, di un artista o di un gruppo musicale internazionale, del quale si trattava in particolar modo la nuova uscita discografica considerata un evento musicale, che anticipasse o meno l'uscita di un nuovo album; il corrispettivo per la musica nazionale era Made in Italy.
Nacque nel 1991 il VM Giornale, diretto prima da Daniela Brancati e poi da Tana De Zulueta, realizzato e trasmesso da Roma, primo telegiornale per i giovani, che dedicava grande spazio alla musica, al cinema, all'ecologia e al lavoro: il tradizionale "Buongiorno" era sostituito dal più informale "Ciao". Fra i giornalisti che qui iniziarono a lavorare ci furono anche Damiano Ficoneri e Alessandra Sardoni.
Ma Videomusic divenne famosa anche per le riprese dal vivo dei concerti dei più grandi artisti rock in tournée in Italia, da David Bowie e Jethro Tull agli Iron Maiden, fino agli italiani di maggiore rilievo come Francesco De Gregori, Enrico Ruggeri e Ivano Fossati. Molti concerti furono poi pubblicati in home video e divennero in seguito oggetti di culto. Uno degli esempi più noti è il Live in Rome dei Nirvana, un DVD molto popolare fra i fan dei suddetti. La regia dal vivo dei concerti, diretta prima da Ruggero Montingelli e poi da Gabriele Cazzola, iniziò a far scuola in Italia partendo proprio da Videomusic.

L'acquisto da parte di Cecchi Gori e la fine
Il 3 marzo 1995 Vittorio Cecchi Gori acquistò Videomusic dalla famiglia Marcucci. Il palinsesto divenne più generalista, lasciando spazio anche allo sport, a film e telefilm. I programmi venivano allora realizzati tra Roma e Firenze, ma per i programmi musicali la sede continuava ad essere ancora il capoluogo toscano. Nel giugno 1996 il palinsesto di Videomusic venne ridotto a metà giornata per dedicare il resto a una nuova TV, TMC 2, rete consorella di TMC. Questo nuovo canale ebbe una programmazione che proponeva principalmente sport e cinema. Nell'estate 1997 il logo di Videomusic sparì completamente dai teleschermi per far posto definitivamente a TMC 2, anche se la programmazione musicale riacquistò più spazio col passare degli anni. Nel 2000 si pensò di ripristinarlo, ma ciò non si realizzò perché il canale fu acquistato da Telecom Italia Media. In realtà il logo di Videomusic fece una breve riapparizione sugli schermi dalla mezzanotte del 16 al 22 aprile 2001 insieme a quello di TMC 2, nei giorni precedenti al debutto di MTV Italia sulle stesse frequenze, quando la programmazione era ormai tornata ad essere costituita di sola musica non stop e da qualche breve notiziario.
Dal 1º maggio 2001 il nuovo acquirente utilizzò il canale esclusivamente per trasmettere MTV Italia, che era stata sfrattata sulle frequenze terrestri da Rete A, di fatto chiudendo anche l'esperienza di TMC 2. Sulle frequenze di Rete A nacque, nello stesso giorno, la versione italiana di VIVA, canale musicale tedesco. MTV Italia divenne proprietaria di una parte dell'archivio di Videomusic e lo ritrasmise soprattutto sul canale MTV Classic.
Il 29 agosto 2012, durante un incontro a Firenze, lo storico volto di Videomusic Clive Griffiths lanciò un appello per far risorgere l'emittente musicale. All'incontro parteciparono anche altri VJ del canale come Mixo e Gianfranco Monti. Dal 2016 il nuovo canale nazionale SOS Television propone L'archivio e i racconti dietro le quinte di Videomusic: durante il programma, assieme al logo del canale, è presente sullo schermo anche quello storico di Videomusic. Dal 1º luglio 2017 è partito un nuovo canale 24 ore su 24 dal nome "Vuemme Tv", che basa il suo palinsesto sui format dei vecchi programmi di Videomusic, oltre a mandare di nuovo in onda speciali, concerti e videoclip d'archivio. Un gruppo di fan ed ex collaboratori di Videomusic ha realizzato anche un canale televisivo web che ripropone materiale d'archivio tratto principalmente da VHS registrate dagli spettatori di tutta Italia.