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Creative Commons (CC) è un'organizzazione non a scopo di lucro con sede a Mountain View dedicata ad ampliare la gamma di opere disponibili alla condivisione e all'utilizzo pubblico in maniera legale.
L'organizzazione ha stilato diversi tipi di licenze note come licenze Creative Commons (o "licenze CC") che forniscono un modo semplice e standardizzato per comunicare quali diritti l'autore dell'opera si riserva e a quali altri rinuncia, a beneficio degli utilizzatori. Ciò ha introdotto il concetto di "Alcuni diritti riservati" (some rights reserved) a metà tra il rigido modello di copyright "Tutti i diritti riservati" (All rights reserved) e il modello troppo permissivo di pubblico dominio "Nessun diritto riservato" (No rights reserved).
Le licenze Creative Commons evidenziate dalla dicitura Approved for Free Cultural Works sono quelle maggiormente promosse poiché approvate per l'utilizzo in opere culturalmente libere.

Scopi

Le licenze CC consentono di modificare facilmente i termini di copyright dal default di "tutti i diritti riservati" ad "alcuni diritti riservati"; non sono un'alternativa al copyright ma lavorano a fianco del copyright e consentono di modificare i termini di copyright per soddisfare al meglio le esigenze degli autori di opere creative.
Le licenze di tipo Creative Commons permettono a quanti detengono dei diritti di copyright di trasmettere alcuni di questi diritti al pubblico e di conservare gli altri, per mezzo di una varietà di schemi di licenze e di contratti che includono la destinazione di un bene privato al pubblico dominio o ai termini di licenza di contenuti aperti (open content). L'intenzione è quella di evitare i problemi che le attuali leggi sul copyright creano per la diffusione e la condivisione delle informazioni.
Il progetto fornisce vari tipi di licenze libere, le licenze Creative Commons, che i detentori dei diritti di copyright possono utilizzare quando pubblicano le proprie opere sulla Rete. Il progetto fornisce anche dei metadata RDF/XML che descrivono la licenza ed il lavoro che rende più facile il trattamento automatico e la ricerca delle opere concesse con Licenza Creative Commons; viene anche fornito un Founder's Copyright, il quale è un contratto che vorrebbe ricreare lo spirito del concetto originale di copyright così come introdotto dai padri fondatori nella costituzione statunitense.
La normativa per le Creative Commons fornisce un insieme di 4 opzioni che permettono facilmente di riconoscere i diritti vantati dall'autore e da terzi sull'oggetto della licenza. Diversamente dalla General Public License, la legge per le Creative Commons non contiene un testo di riferimento "pronto all'uso", che l'autore può adottare per la sua opera senza alcun adattamento di tipo tecnico o legale.
La normativa non ha disciplinato il tema della revoca della licenza, per mutata volontà dell'autore o obbligazioni legittime derivanti da cause di forza maggiore, come un ordine giudiziale, e il tema collegato della retroattività di questa revoca verso le parti dell'opera già disponibili sotto licenza open source e open content, e in particolare in avanzato stato di modifica da parte di altri soggetti.
L'autore di un programma o opera in genere potrebbe ad esempio distribuire gratuitamente e sotto una licenza Creative Commons per un certo periodo di tempo, beneficiando di una pubblicità gratuita fra gli utenti e dei contributi apportati dalla comunità, dopodiché potrebbe legittimamente revocare la licenza e iniziare una distribuzione commerciale dell'opera.
La licenza GNU-GPL dalla versione 2.0 ha regolato la materia, prevedendo che l'autore può revocare la licenza solamente per la sua copia, non per quelle già distribuite ad altri utenti, e che quindi la revoca non può essere retroattiva, riguardando soltanto parti di codice e modifica all'opera successive al cambio di licenza. Inoltre, se per obbligazioni dovute a cause di forza maggiore, l'autore non può applicare la licenza questa si intende revocata automaticamente per l'intera opera. Resta il caso di una revoca retroattiva per cause di forza maggiore, prevalenti sul testo della licenza stessa, che non è ancora regolato dalla legge.

Storia

Le licenze Creative Commons sono state anticipate dalle licenze Open Publication License (OPL) e GNU Free Documentation License (GFDL). La GFDL è intesa principalmente come una licenza per la documentazione software, ma è anche in uso per progetti che non riguardano strettamente il software, come la stessa Wikipedia. La licenza OPL è ora defunta, e il suo stesso creatore suggerisce di non utilizzarla. Sia la OPL che la GFDL contenevano delle sezioni opzionali che, nell'opinione dei critici, le rendevano meno libere. La GFDL si differenzia dalle licenze Creative Commons nella sua richiesta che i lavori licenziati con essa vengano distribuiti in una forma "trasparente", ad esempio non usando formati proprietari e/o segreti.
Creative Commons è nato ufficialmente nel 2001 per volere del professore Lawrence Lessig, docente della facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Stanford (e in precedenza anche di Harvard) riconosciuto come uno dei massimi esperti di diritto d'autore negli Stati Uniti. Lessig fondò l'organizzazione come metodo addizionale per raggiungere il suo scopo nel suo caso di fronte alla Corte Suprema degli Stati Uniti, Eldred v. Ashcroft. Oltre a Lessig il progetto è stato poi portato avanti da un consiglio d'amministrazione costituito da esperti di diritto informatico e di tematiche relative alla proprietà intellettuale tra cui James Boyle, Michael Carroll, Molly Shaffer Van Houweling ( questi ultimi tre fra i primi membri dell'Icann), Hal Abelson (docente di Computer Science al MIT), Eric Saltzman (avvocato, regista di documentari, esperto di diritto informatico),Davis Guggenheim (regista di documentari), Joi Ito (noto impresario giapponese) ed Eric Eldred, editore di libri di pubblico dominio. Hanno inoltre contribuito al decollo del progetto molti studenti della Harvard Law School.
Dopo essere dunque state presentate al pubblico, le licenze Creative Commons furono quindi pubblicate a San Francisco il 16 dicembre 2002. Al progetto fu conferito il Golden Nica Award durante il Prix Ars Electronica nella categoria Net Vision nel 2004.
Nel marzo 2009 è stata attivata la prima versione per la licenza Creative Commons 0. Con questa licenza, l'autore rinuncia a qualunque diritto sull'opera, che può essere utilizzata da tutti, in qualunque modo, per sempre e senza condizioni. Scompare pure l'obbligo di citare l'autore.
La legislazione, al momento, non prevede che vi sia un ente preposto dove l'autore possa depositare l'opera prima di distribuirla. È più difficile per l'autore dimostrare la paternità dell'opera, nel caso in cui qualcuno applichi successivamente il diritto d'autore, e al limite accusi di averlo violato quanti fruiscono l'opera stessa.
Rispetto alla licenza, prevale la legislazione, che nei Paesi di diritto latino prevede che resti l'obbligo di citare l'autore, e che i diritti morali sulle opere siano per questi irrinunciabili.

In Italia

Nella primavera del 2003, in seguito al crescente interesse per le licenze Creative Commons, l'Istituto di Elettronica e di Ingegneria dell'Informazione e delle Telecomunicazioni (IEIIT organo del CNR - Consiglio Nazionale delle Ricerche) contatta Creative Commons per offrirsi di trattare in modo più ampio e dettagliato il tema delle licenze CC in Italia. Scopo del progetto era quello di tradurre e adattare al modello legislativo italiano le licenze CC create in un sistema giuridico differente, quello americano, soggetto alla Common Law. DSG e IEIIT-CNR firmano quindi un memorandum of understanding con Creative Commons per iniziare il lavoro di traduzione e adattamento. Come punto di partenza di questo progetto, l'avvocato milanese Antonio Amelia ha proposto le prime traduzioni delle licenze contestualizzandole alle leggi italiane.
Il 18 novembre 2003 il fondatore di Creative Commons Lawrence Lessig, già professore alla Stanford University nonché uno dei massimi esperti mondiali in materia di diritto d'autore, annuncia ufficialmente l'inizio del lavoro di traduzione e adattamento delle licenze CC da parte del team italiano. Viene nominato a capo del progetto il professore Marco Ricolfi, docente presso il Dipartimento di Scienze Giuridiche (DSG) dell'Università degli Studi di Torino. Al gruppo di lavoro giuridico, del quale fanno parte anche Marco Ciurcina, Massimo Travostino, Nicola Bottero e Samantha Zanni, si affianca l'attività di Juan Carlos De Martin e Alessandro Cogo, appartenenti all'IEIIT-CNR (oggi rispettivamente co-direttore e fellow del Centro Nexa su Internet e Società del Politecnico di Torino), che fornisce consulenza e sviluppo in merito agli aspetti tecnologici, oltre che a quelli di traduzione. Inizia inoltre ad avviarsi un'interazione con la comunità, prevalentemente tramite la mailing list e un wiki.
Nel maggio del 2004 sono state pubblicate le prime versioni delle licenze Creative Commons, tradotte dapprima nella versione 1.0 e in seguito nella versione 2.0 (in cui il numero delle licenze passa da undici a sei), entrambe disponibili su un wiki per poter essere discusse pubblicamente dalla comunità. Il 16 dicembre 2004 vengono presentate a Torino, presso la fondazione Giovanni Agnelli, le Licenze Creative Commons italiane, in occasione di un convegno che vede ospite d'onore Lawrence Lessig; in tale occasione sono stati anche resi pubblici quattro documenti riguardanti alcuni dei temi approfonditi nel corso dell'attività.
A questo punto, l'attività di Creative Commons Italia è totalmente avviata, e nel 2005 è iniziata una nuova fase del progetto: il prof. Marco Ricolfi viene sostituito alla guida di Creative Commons Italia da Juan Carlos De Martin, mentre Ricolfi assume il ruolo di coordinatore scientifico del gruppo giuridico. Sempre a Torino, nel novembre 2005, si è tenuto CCIT2005, il primo incontro nazionale di CC Italia, su temi riguardanti il multimedia, l'editoria e la musica. A tale incontro ne seguiranno altri: nel 2006, a seguito della presentazione pubblica della versione 2.5 delle licenze Creative Commons italiane. In questa occasione si è discusso di questioni relative ad archivi, User Generated Content e open access. Nel 2009, a seguito della presentazione della bozza 3.0 delle licenze, si sono affrontati temi relativi alle licenze libere e alla gestione collettiva dei diritti. Il 2010 ha rappresentato l'occasione per fare il punto sulle licenze 3.0, analizzando le clausole difficili, la legge applicabile e le banche dati, approfondendo inoltre progetti editoriali ed educativi che fanno uso di licenze CC. La versione 3.0 delle licenze italiane viene presentata al pubblico nel giugno del 2011 e, nel corso dello stesso anno in occasione di CCIT2011, l'avvocato Massimo Travostino ha descritto i futuri sviluppi e i primi passi compiuti verso l'elaborazione della versione 4.0 delle licenze Creative Commons. Durante l'incontro sono stati inoltre presentate diverse iniziative di successo che hanno fatto uso di licenze CC.
A partire dal 17 dicembre 2012, Federico Morando è subentrato a Juan Carlos De Martin in qualità di Lead di Creative Commons Italia.
Il sito web (http://www.creativecommons.it), che nella prima fase del progetto è stato creato e gestito da membri della comunità (in primo luogo dai promotori del sito, Danilo Moi e Lorenzo De Tomasi, coadiuvati dal nucleo di collaboratori), a partire dal 2005, con l'avvio della Fase II del progetto CC Italia, è passato dall'EIIT-CNR al Politecnico di Torino, diventando il sito ufficiale di Creative Commons Italia. Il sito continua a svilupparsi grazie al contributo del Centro Nexa su Internet e Società e dei commoner, che avviene sia attraverso i commenti al sito ufficiale, sia tramite le pagine dei commoner.

Le quattro clausole delle licenze Creative Commons

Le licenze Creative Commons sono nate negli USA appoggiandosi al sistema giuridico locale. Sono state quindi adattate al sistema giuridico italiano, dove il diritto d'autore è regolato dalla legge 633/41. L'autore diventa detentore dei diritti nel momento dell'estrinsecazione dell'opera creativa, secondo la L. 633/41, art. 6
«Il titolo originario dell'acquisto del diritto di autore è costituito dalla creazione dell'opera, quale particolare espressione del lavoro intellettuale»
Inoltre tutti i diritti sono riservati all'autore (art.13 / 18bis).
Le licenze Creative Commons sono sei e sono definite dalla combinazione di quattro attributi, stabiliscono in modo esplicito quali sono i diritti riservati, modificando quindi la regola di default in cui tutti i diritti sono riservati.

Attribuzione (BY)

Bisogna sempre indicare l'autore dell'opera (attributo obbligatorio) in modo che sia possibile attribuirne la paternità come definito dagli artt. 8 e 20 lda:
«È reputato autore dell'opera, salvo prova contraria, chi è in essa indicato come tale, nelle forme d'uso, ovvero, è annunciato come tale nella recitazione, esecuzione, rappresentazione o radiodiffusione dell'opera stessa. Valgono come nome lo pseudonimo, il nome d'arte, la sigla o il segno convenzionale, che siano notoriamente conosciuti come equivalenti al nome vero.»
(art. 8)
«[...] l'autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell'opera [...]»
(art. 20)



Non commerciale (NC)

Non sono consentiti usi commerciali dell'opera creativa come definito dal secondo comma dell'art. 12:
«l'autore ha altresì [...] il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l'opera [...]»



Con il secondo attributo si definisce come diritto esclusivo dell'autore il solo uso commerciale dell'opera creativa. I diritti di riproduzione (art. 13), di trascrizione (art. 14), di esecuzione (art. 15), di comunicazione al pubblico (art. 16), di distribuzione (art. 17) e di noleggiare (art. 18bis) definiti dalla L633/41 non sono esplicitati nella licenza e pertanto non sono considerati diritti esclusivi dell'autore. Chiunque può riprodurre, trascrivere, eseguire e distribuire purché non a scopo di lucro, attribuendo sempre la paternità come definito nel primo attributo. Tuttavia le limitazioni sullo sfruttamento economico dell'opera sono limitate al settantesimo anno solare dopo la morte dell'autore come specificato dall'art. 25 lda.

Non opere derivate (ND)

Non sono consentite elaborazioni dell'opera creativa come definito dall'art 20
«[...] l'autore conserva il diritto di rivendicare la paternità dell'opera e di opporsi a qualsiasi deformazione, mutilazione od altra modificazione, ed a ogni atto a danno dell'opera stessa, che possano essere di pregiudizio al suo onore o alla sua reputazione»
Caso particolare costituito dalle opere architettoniche, per le quali
«[...] l'autore non può opporsi alle modificazioni che si rendessero necessarie nel corso della realizzazione [...] o ad opera già realizzata»

Condividi allo stesso modo (SA)

Si può modificare l'opera ma l'opera modificata deve essere disponibile secondo le stesse condizioni scelte dall'autore originale.
«Senza pregiudizio dei diritti esistenti sull'opera originaria, sono altresì protette le elaborazioni di carattere creativo dell'opera stessa, quali le traduzioni in altra lingua, le trasformazioni da una in altra forma letteraria od artistica, le modificazioni ed aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell'opera originaria, gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non costituenti opera originale.»
(art 4)

Le licenze

I precedenti quattro attributi, combinati, producono le sei possibili licenze pubbliche dei Creative Commons:
  • Attribuzione: permette agli altri di distribuire, modificare e sviluppare anche commercialmente l'opera, riconoscendo sempre l'autore originale;
  • Attribuzione - Non opere derivate: permette agli altri di ridistribuire, e sviluppare anche commercialmente ma non modificare l'opera, riconoscendo sempre l'autore originale;
  • Attribuzione - Non commerciale: permette agli altri di distribuire, modificare e sviluppare l'opera senza fini commerciali, riconoscendo sempre l'autore originale;
  • Attribuzione - Condividi allo stesso modo: permette agli altri di distribuire, modificare e sviluppare anche commercialmente l'opera, licenziandola con gli stessi termini dell'opera originale, riconoscendo sempre l'autore;
  • Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate: permette agli altri di accedere all'opera senza però modificarla e svilupparla commercialmente, riconoscendo comunque l'autore originale;
  • Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo: permette agli altri di modificare e sviluppare non commercialmente l'opera, riconoscendo sempre l'autore originale.
Licenza Può essere usato commercialmente? Si possono creare nuove versioni?
Attribuzione
Attribuzione - Non opere derivate No
Attribuzione - Non commerciale No Sì, ma la versione creata deve avere una nuova licenza "Non commerciale"
Attribuzione - Condividi allo stesso modo Sì, ma la versione creata deve avere una nuova licenza "Condividi allo stesso modo"
Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate No No
Attribuzione - Non commerciale - Condividi allo stesso modo No Sì, ma la versione creata deve avere una nuova licenza "Non commerciale" e "Condividi allo stesso modo"

Critica

Tutte le licenze Creative Commons richiedono Attribuzione, che può essere poco conveniente per delle opere ispirate da altre opere. I critici temono che I Creative Commons possano distruggere il sistema copyright col tempo. Inoltre potrebbero arrecare danno alla creatività degli individui, che potrà essere facilmente sfruttata da chiunque abbia tempo di farlo.
I critici temono anche che la limitata ricompensa possa far rinunciare gli artisti a pubblicare le loro opere. In risposta a queste critiche, Lawrence Lessig, co-fondatore dei Creative Commons, controbatte che le leggi copyright non sempre hanno offerto una duratura protezione. In effetti la durata del copyright risulta essere troppo corta da poter efficacemente proteggere le opere.
Debian, una distribuzione GNU e Linux conosciute per la loro rigida adesione ai sensi del movimento del software libero, hanno respinto la Licenza di Attribuzione dei Creative Commons prima della versione 3 per cause di incompatibilità con il Debian Free Software Guidelines (DFSG) per i suoi prerequisiti della licenza anti-DRM di rimuovere l'accreditazione dell'autore su richiesta dell'autore stesso dagli operatori successivi. La versione 3.0 dei Creative Commons ha aggiornato questi problemi eventualmente, diventando compatibile con la DFSG.

Uso improprio delle licenze

Creative Commons è solo un fornitore di servizi per testi di licenza standardizzati, non una delle parti coinvolte in ogni accordo. Esiste dunque la concreta possibilità che alcuni utenti si approprino, tramite licenza Creative Commons, di lavori protetti da diritto d'autore, ripubblicandoli impropriamente su Internet a proprio nome. Non esiste infatti un database centralizzato di Creative Commons che controlli tutti i lavori licenziati. Tale situazione non è in realtà specifica di Creative Commons: tutti i proprietari di copyright devono difendere autonomamente i propri diritti. Negli USA, lo United States Copyright Office tiene un database di tutti i lavori registrati al suo interno, ma l'assenza di registrazione non implica assenza di copyright.
Anche se Creative Commons offre più licenze per usi diversi, alcuni critici hanno ribadito che le licenze ancora non affrontano le differenze tra i media e le varie preoccupazioni che hanno i diversi autori.
Lessig ha scritto che lo scopo di Creative Commons è quello di fornire una via di mezzo tra le due posizioni estreme del diritto d'autore, da una parte chi chiede che tutti i diritti siano controllati e richiede protezione, dall'altra chi sostiene che nessun diritto dovrebbe essere controllato. Creative Commons offre una terza opzione che permette agli autori di scegliere quali diritti controllare e quali diritti si vogliono concedere ad altri. La moltitudine di licenze riflette la moltitudine di diritti che possono essere trasferiti ai creatori successivi.

Altri strumenti legali

CC Plus (CC+)

CC+ è un protocollo che permette agli utenti di ottenere dei diritti aggiuntivi oltre quelli garantiti da una licenza CC standard. Mantenendo invariati tutti i diritti della licenza Creative Commons stabilita, è possibile permettere la concessione di permessi aggiuntivi, tra cui per esempio garantire l'accesso al media originale, o permettere l'utilizzo senza attribuzione, o addirittura un permesso per uso commerciale. Tali permessi devono essere espressamente riportati in un documento separato, accessibile tramite un apposito link allegato alla licenza CC.

CC Zero (CC0)

Con una licenza di tipo CC0 l'autore vuole rinunciare consapevolmente a tutti diritti sulla sua opera. Il funzionamento e l'efficacia di questo tipo di licenza dipende dal tipo di opera e dalle relative norme vigenti, ma in generale agisce come una rinuncia incondizionata dei propri diritti sul suo lavoro, il quale diviene automaticamente di dominio pubblico.

Progetti che adottano licenze Creative Commons

Di seguito sono riportati alcuni progetti che adottano licenza Creative Commons per la diffusione totale o parziale di contenuti.

Italia

  • Camera dei deputati, pubblica i dati con licenza Creative Commons BY-SA.
  • Ministero dell'Interno, pubblica con licenza BY-NC-ND
  • Ministero della Salute, pubblica con licenza BY-NC-ND
  • Ministero dello Sviluppo Economico, pubblica con licenza BY-NC
  • Dipartimento per la pubblica amministrazione e la semplificazione, pubblica con licenza BY-NC
  • Pubblica amministrazione, pubblica parte della documentazione con licenza Creative Commons BY-NC.
  • Istituto nazionale di statistica, pubblica con licenza Creative Commons BY.
  • Sistema statistico nazionale, pubblica con licenza Creative Commons BY.
  • Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, pubblica con licenza Creative Commons BY.
  • Blog di Beppe Grillo, pubblica con licenza BY-NC-ND
  • il Fatto Quotidiano, pubblica tutti gli articoli originali con licenza Creative Commons BY-NC-ND.
  • Internazionale, pubblica tutti gli articoli originali con una licenza Creative Commons BY-NC-SA.
  • Wired, pubblica con licenza Creative Commons BY-NC-ND.
  • La Stampa, pubblica l'archivio storico e gli inserti culturali TuttoScienze e TuttoLibri con licenza Creative Commons BY-NC-ND.
  • Stampa Alternativa, nella sezione Libera Cultura Libera Conoscenza vengono riproposti diversi titoli con licenza Creative Commons BY-NC-ND.
  • Punto Informatico pubblica con licenza Creative Commons BY-NC-SA.
  • Arcoiris televisione accessibile gratuitamente da Internet, pubblica video con licenze CC.
  • Radio Radicale pubblica tutti i file sul suo sito con licenza Creative Commons Attribuzione 2.5
  • La tana dei goblin, i contenuti del sito della fondazione che raggruppa associazioni ludiche sono pubblicati con una licenza Creative Commons BY-NC-SA.
  • Lega Nerd, primo Social Blog italiano, creato completamente in crowdsourcing, pubblica tutti i suoi articoli con licenze in Creative Commons 2.5 BY-NC-ND.

Resto del Mondo

  • Casa Bianca
  • Al Jazeera Creative Commons Repository
  • Arduino, piattaforma hardware open source per il physical computing: la scheda è offerta con licenza Attribution-ShareAlike 2.5.
  • OpenStreetMap, le immagini delle mappe sono disponibili sotto la licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 2.0
  • Wikinotizie, utilizza la licenza CC BY
  • Wikitravel
  • Wikivoyage
  • La fiction di Cory Doctorow
  • Il libro del professor Lessig pubblicato nel 2004, Free Culture
  • Tre dei libri di Eric S. Raymond, The Cathedral and the Bazaar (il primo ad essere pubblicato commercialmente sotto una licenza CC, edito da O'Reilly & Associates), The New Hacker's Dictionary, e The Art of Unix Programming (tutti e tre con una clausola condizionale aggiunta)
  • Public Library of Science
  • Star Wreck VI
  • MoveOn.org's Bush In 30 Seconds contest
  • Groklaw
  • CcMixter A community music site featuring remixes licensed under Creative Commons
  • MIT OpenCourseWare
  • Telltale Weekly

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La Red Special, chiamata anche Fireplace o Old Lady, è una chitarra elettrica costruita nel 1963 da Brian May, storico chitarrista della rock band britannica Queen, e suo padre, ingegnere appassionato di modellismo. Si presuppone che il costo totale della chitarra risultò, al tempo, di 8 sterline, anche se a quei tempi valevano molto più della attuale valuta; all'incirca, se calcolato rispettando l'inflazione, il prezzo si aggira intorno a 65 sterline attuali, circa 72 euro.

Storia della Red Special

Brian May si appassionò alla musica molto presto: dai dieci anni iniziò a suonare il pianoforte, ma poi scoprì di preferire la chitarra. La sua prima chitarra fu una chitarra flamenca, ma ben presto ebbe il desiderio di suonare una chitarra elettrica. La sua famiglia non aveva la possibilità economica di acquistare una costosissima Fender Stratocaster o una Gibson Les Paul, Brian decise di costruirsi la sua chitarra personale. Nel giro di due anni all'incirca riciclò del materiale inusuale per fare il più della chitarra, e con l'aiuto del padre Harold installò il circuito elettrico.
Il nome "Red Special" deriva dalla colorazione rossastra del mogano e dall'unicità dello strumento. Il sistema di circuitazione inventato da Brian May permette una gamma di 13 diverse combinazioni di suono. La timbrica più caratteristica è quella di un suono abbastanza cupo e profondo, aggressivo ed autorevole. Alcuni amici di Brian la chiamarono "The Fireplace" (dall'inglese, "Caminetto") in quanto il manico della chitarra fu costruito usando la cornice in mogano di un vecchio caminetto.
Da allora la Red Special ha accompagnato l'intera carriera musicale di Brian May divenendo un marchio di fabbrica sia per i Queen che per il chitarrista. Molti liutai ed aziende si sono lanciati nella produzione di repliche di questa chitarra, come numerosi sono i fan di Brian May che hanno voluto costruire la propria replica personale.

Caratteristiche tecniche

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Corpo

L'idea di Brian era di creare una chitarra elettrica hollow body (o semi-acustica). Per risparmiare sul materiale per il corpo, usò due blocchi di listellare: intagliò quindi il listellare senza trapassarlo e unì i due blocchi con colla e viti, ricavandoci quindi le camere acustiche, il vano elettrico e il vano tremolo. Il sistema di cavità da lui ideato rendeva la chitarra più leggera di una normale solid body come la Stratocaster. Per irrobustire la struttura, la parte centrale dove si avvita il manico e il blocco del tremolo fu sostituita con due blocchi di quercia ricavati da un vecchio tavolo (col tempo il listellare non avrebbe resistito alle continue sollecitazioni del tremolo). Il tutto fu impiallacciato con del mogano per nobilitare la scarsa qualità dei legni adottati; il binding (bordi del corpo) fu costruito in plastica bianca ABS (Brian e suo padre avevano utilizzato un paraspigoli per mensole). Ai lati del gancio posteriore per la tracolla furono infine trapanati due fori che sbucano all'interno della cavità del tremolo, nei quali è possibile inserire un giravite per aumentare o diminuire la tensione delle molle del tremolo senza dover smontare la copertura; smontando la copertura si poteva comunque regolare la tensione delle molle usando una chiave inglese.

Manico

Il manico è un unico pezzo di mogano ricavato da un pezzo di camino dell'Ottocento (stagionato quindi di almeno 100 anni), che presentava anche dei buchi da tarli, ricoperti con dello stucco dai May. È più spesso e largo rispetto ai soliti manici che si trovano in giro (26 mm al tasto zero compresa tastiera) ma non per questo scomodo da suonare. Ha una sezione a V che va dal tasto zero al quinto, diventa poi a C e gradualmente a D verso la fine del manico (in prossimità del tacco), ha un'inclinazione di 2°, mentre la paletta ha un'inclinazione di 4° che non comincia subito dopo il capotasto in Bakelite. È un manico avvitato composto da un bullone da 8 mm nella parte alta del tacco (nascosto dalla tastiera incollata sopra) che sbuca nella parte posteriore del corpo e che viene stretto con una rondella e un dado. Altre due viti nella parte bassa del tacco formano un triangolo insieme al bullone, scelta a detta di molti non casuale dato che il triangolo è una forma geometrica perfetta. Il truss rod è autocostruito e sbuca nel tacco del manico e si avvolge al bullone di fissaggio (Brian non lo ha mai regolato per via dello spessore del manico che resiste alla tensione delle corde).
Sulla paletta, fin dagli inizi ci fu la sigla adesiva "BHM" di colore argentato (visibile occasionalmente nei video musicali di Keep Yourself Alive e Liar), che poi rimosse.

Tastiera

La tastiera è in quercia (i May non potevano permettersi una tastiera in ebano) dipinta di nero con segnatasti in madreperla bianca (ricavati da bottoni presi dalla cesta per il cucito della madre) e sono stati sagomati a mano dandogli una circonferenza di 6 mm. Ha 24 tasti più un tasto zero (più alto del resto dei tasti e costituisce il vero capotasto della chitarra). Il capotasto è in bakélite marmorizzata marrone degli anni '60; in realtà non è un vero capotasto ma piuttosto una guida per le corde, mentre il vero capotasto, come si diceva prima, è il tasto zero. Il diapason è di 610 mm (24") e il radius è di 7,25".

Ponte

Il ponte è artigianale, costruito da Brian nell'officina della scuola. È formato da sei piccoli blocchi indipendenti di alluminio con un'altezza che segue il radius in maniera permanente; l'action (altezza delle corde rispetto alla tastiera) è una delle poche cose che non possono essere regolate sulla Red Special. I blocchi di alluminio sono avvitati al corpo tramite delle viti.
Nella parte superiore di ogni blocco vi sono cinque scanalature in una delle quali è inserito un rullo scanalato dello stesso diametro della corda. Spostando il rullo nella giusta scanalatura si regola l'ottavatura dello strumento. Particolare dettaglio: sul blocco del MI grave sono presenti solo tre scanalature.
I rulli consentono alle corde di tornare nella posizione originale anche dopo l'utilizzo pesante del tremolo annullando l'attrito. Questo sistema contribuisce a massimizzare la tenuta dell'accordatura dello strumento, inoltre evita che le corde si rompano per frizione con il ponte.

Blocco cordiera-tremolo

Anch'esso è costruito artigianalmente da Brian nelle officine della scuola, ed è stato ideato proprio da lui. È formato da una lama presa da un coltello della madre, avvitata sull'inserto in quercia (è il fulcro su cui il tremolo oscilla), da un blocco in acciaio inserito dentro l'inserto, e da un altro blocco basculante in acciaio al quale vengono inserite le corde. La tensione delle corde viene controbilanciata da due molle prese da una vecchia motocicletta (bloccate da due viti che si inseriscono nel blocchetto d'acciaio inserito a sua volta nella quercia), e infine la leva del tremolo presa dal sellino di una bicicletta che metterà in movimento il blocco basculante. Il tappo sulla leva del tremolo è stato ricavato da un grande ferro da calza della madre. Detto da molti, questo sistema innovativo, inventato prima del ponte Floyd Rose, è il più morbido e stabile.

Pickup

Inizialmente i May costruirono da sé i pickup (Harold era appassionato di elettronica e Brian seguiva molto incuriosito la passione del padre). Principalmente erano dei normali single coil che differivano per il modo in cui si collegavano al circuito: immediatamente sotto ogni pickup, sono intarsiati nel legno due cilindretti metallici dai quali sbucano due cavetti elettrici (anch'essi intarsiati nel legno) collegati al circuito. Inserendo i cavi dei pickup correttamente nelle loro sedi si chiudeva il circuito; questo espediente consentiva la possibilità di togliere i pickup dalla chitarra ogni volta lo si volesse, senza dissaldare i cavetti, tuttavia, solo per smontare il manico sarebbe stato necessario.
Particolare è la scelta di montare i pickup in serie per avere un segnale di uscita alto e, permettere di combinare con gli switch (13 combinazioni) i single coil, facendoli diventare anche degli humbucker.
Però i pickup non funzionavano a dovere per via dei 3 poli magnetici con cui erano fatti. Infatti, facendo dei bending, la chitarra andava in feedback e, quindi, la scelta ricadde sui Burns Tri-Sonic, che Brian vide un giorno in una vetrina di un negozio musicale, modificati da Harold che riavvolse i fili delle bobine e mise della resina epossidica all'interno per diminuire l'effetto microfonico.

Elettronica

I controlli principali sono un potenziometro per il volume, uno per il tono e un sistema di sei piccoli switch (deviatori bipolari a due posizioni ON-ON), di cui due per ogni pickup: la prima fila di switch permette di attivare i pickup indipendentemente tra di loro, la seconda fila permette a ciascun pickup di passare da fase in controfase, modificando il suono fra tonalità tipiche degli humbucker (2 o 3 pickup in fase) e suoni brillanti e cristallini (qualunque combinazione in controfase). Quando i pickup sono in contro-fase, infatti, la loro caratteristica è quella di eliminare certe frequenze dando in risposta un suono tipicamente nasale e ottenibile solo da pickup con controllo di fase. Altre chitarre elettriche montano questo sistema, ad esempio la Fender Jaguar o la Fender Mustang.
Per non praticare fori antiestetici sul battipenna, gli switch e i potenziometri sono tenuti assieme da una piastra metallica avvitata al corpo, parte ingegnosamente integrante della schermatura (terra) della chitarra: inizialmente è stata usata carta stagnola per schermare solo il vano dei controlli, mentre i pickup possedevano, oltre ai due cavi elettrici, un terzo cavo per scaricare la massa a terra dato che hanno una cover metallica.
Esempi della versatilità tonale della Red Special si trovano in tutta la discografia dei Queen, dal solo fuori fase di Bohemian Rhapsody ai toni aggressivi di I Want It All o Hammer to Fall, passando per il blues sofisticato di Sleeping on the Sidewalk e le bizzarrie sonore di I'm Going Slightly Mad e Brighton Rock.
In origine Brian installò un effetto (fuzz), il quale interruttore (uno switch identico ai controlli dei pickup) si trovava poco sopra i controlli dei pickup e di traverso. Poi è stato rimosso (non è ben chiaro perché) ed aveva ricoperto il foro dell'interruttore con un pezzo di nastro isolante rosso, poi nero; dopo l'ultimo restauro ci ha fatto intarsiare la caratteristica stellina di madreperla. Nei video musicali di Keep Yourself Alive e Liar è possibile vedere, anche se non chiaramente, lo switch del distorsore.

Meccaniche

La scelta di Brian per quanto riguarda le meccaniche all'epoca cadde su delle economiche meccaniche con meccanismo aperto. Nei primi anni '80 Brian ruppe la meccanica del Sol e la sostituì con una simile. Più tardi cambiò svariate volte le meccaniche, non si sa di preciso quali modelli, dalle foto possiamo dire che a metà degli anni '80 montava delle Schaller mentre negli anni '90 montava delle Gotoh. Dopo il restauro avvenuto nel 1997, il liutaio australiano Fryer decise di montare delle Schaller autobloccanti modificate con bottoncini madreperlati tipo Gotoh che riproducono la stessa estetica delle prime meccaniche montate all'epoca della costruzione.

Battipenna

Il battipenna è in perspex (metacrilato) nero. Ha uno spessore di 3 mm ed è totalmente indipendente dai pickup (avvitati al corpo), dagli switch, dai potenziometri e dal ponte; infatti il battipenna si può smontare senza togliere le corde e con più facilità (vanno rimosse solo le manopole del volume e del tono). La mezzaluna che copre la cavità del tremolo ha anch'essa spessore 3 mm. Le cornici dei pickup e il copri-truss rod hanno spessore 2 mm.

Finitura

Tutta la chitarra è stata colorata con una mistura di mordenti fino ad ottenere il colore desiderato, un rosso particolare leggermente vicino al marrone che con i riflessi della luce assume una colorazione tendente all'arancione. La finitura è stata data su tutta la chitarra, tastiera inclusa, con la Rustin's Plastic Coating, una vernice poliuretanica che dà un effetto vetrato e che non ingiallisce col tempo.



Il suono della Red Special

Amplificazione ed effetti

Una caratteristica fondamentale per il suono della Red Special è costituita dall'amplificazione e dagli effetti usati.
Gli amplificatori scelti da May sono dei valvolari VOX AC-30, in numero variabile fra 9 e 12, messi l'uno sull'altro nell'inconfondibile disposizione a muro.
Fra essi e la Red Special trovano posto un piccolo amplificatore push pull da circa 1 W di potenza, progettato e costruito artigianalmente con materiale prelevato da un vecchio fonografo Philips dal bassista dei Queen John Deacon (e chiamato per questo Deacy Amp) ed un pedale di enfatizzazione delle frequenze medio-alte (il treble booster), il cui scopo è quello di saturare lo stadio finale di amplificazione costituito dai quattro pentodi el84. Il treble booster è in grado di amplificare il suono in ingresso fino a 20 dB e quando collegato ad un amplificatore valvolare è perciò in grado di saturarlo.
Col passare degli anni Brian May adoperò vari tipi di treble booster (i primi erano costruiti con transistor al germanio) come è possibile sentire nei primi due album dei Queen, per poi passare ad altri pedali che, non essendo al germanio, davano un timbro più secco ed aggressivo. Brian May era solito inoltre usare il Deacy Amp in concomitanza al treble booster per registrare le sovraincisioni e le armonizzazioni, mentre usava il Vox per registrare le altre tracce. Negli ultimi album adoperò anche effetti più tecnologici e particolari come il wah, delay, echo, flanger, riverbero. Il loro uso ha permesso ai Queen di creare effetti molto innovativi per una chitarra, al punto da rifiutare per lungo tempo (fino all'album The Game) l'uso dei sintetizzatori che andavano allora prendendo piede.
È da ricordare l'uso del delay e dell'echo che Brian fece per le esibizioni live: essendo presente una sola chitarra nel gruppo, che doveva occuparsi sia dell'accompagnamento sia delle parti soliste, Brian May era solito utilizzare tre banchi di amplificatori secondo il seguente schema:
  1. segnale dry (senza ritardo)
  2. segnale con ritardo
  3. segnale con un ritardo doppio rispetto al banco 2
Quello che si otteneva era dunque un suono che si ripeteva tre volte con un ritardo equidistante per ogni banco di amplificatori. Brian con questo sistema era in grado di suonare dei riff e sovraincidersi in tempo reale (come nel celebre pezzo Brighton Rock).
Un altro tratto sicuramente imprescindibile per il suono è il chorus: Brian adoperò sempre il Ce-1 della Boss (totalmente analogico) introdotto negli anni settanta, in grado di fornire un chorus molto profondo e anche un particolare effetto di vibrato.

Plettro

Altro segno distintivo di Brian May è il plettro usato: una moneta da 6 pence, scelta per il suo profilo caratteristico e l'attacco particolarissimo conferito alle note suonate, che permette la creazione di effetti sonori molto particolari variando leggermente inclinazione, forza e posizione (del "plettro") sulle corde. Nei casi in cui sia necessario un suono dotato di minore attacco e tendenzialmente più morbido, Brian suona utilizzando il dito indice per pizzicare le corde al posto del plettro.

Repliche storiche della Red Special

La "Yellow Special" di John Birch

Fin dall'inizio Brian ha sempre necessitato di avere con sé una chitarra di ricambio: negli anni '70, chiese a un certo liutaio inglese di nome John Birch di esaminare la sua chitarra e di costruirne un modello simile. Questa chitarra fu la prima copia dell'originale prima ancora di avviare una produzione in serie di copie firmate ufficialmente, non fu una replica fedele ma un modello con delle somiglianze, e differiva enormemente dall'originale:
  • manico in betulla anziché mogano, e più assottigliato;
  • corpo in betulla anziché listellare e quercia impiallacciato di mogano;
  • tastiera in ebano anziché quercia;
  • configurazione delle camere tonali differente;
  • colorazione legno naturale con sfumature verdi ai bordi e dietro il corpo anziché rosso-arancio;
  • capotasto-guida in osso bianco e più spesso anziché in bachelite marmorizzata;
  • paletta meccaniche più angolata e di colore nero anziché in tinta con il resto della chitarra;
  • sia il manico che il corpo erano contornati dal binding;
  • tastiera sul 24° tasto squadrata anziché ricurva;
  • manopole più piccole e interruttori neri anziché bianchi;
  • ponte a rulli differente da quello artigianale di Brian, con action regolabile;
  • tremolo non identico a quello artigianale di Brian.
Brian usò questa chitarra nei video musicali We Will Rock You e Spread Your Wings. Essa non è mai stata un perfetto lavoro di liuteria: non teneva l'accordatura a causa del ponte a rulli scadente che non annullava completamente l'attrito. Durante il concerto del 1982 a Rutherford, dopo aver rotto una corda alla sua chitarra originale e, due minuti dopo anche a questa, per la frustrazione Brian la ruppe sbattendola contro gli amplificatori. Questo momento storico è immortalato in un file audio.
Questa chitarra è stata poi riparata dopo svariati anni, dal liutaio Andrew Guyton, attualmente produttore di repliche ufficiali Red Special. Tuttavia, secondo alcune fonti i segni della riparazione sono molto evidenti e comunque Brian non la usa più in concerto.

Le Guild BHM

Fin dalla fine degli anni '80, Brian usò due chitarre replicanti l'originale, sia per le registrazioni in studio sia per i concerti. Questi prototipi hanno avuto un tale successo da avviare una prima e ufficiale produzione in serie per il pubblico.
Il primo modello aveva le seguenti caratteristiche:
  • corpo pieno senza camere tonali;
  • manico più stretto;
  • ponte Kahler nero, con capotasto bloccacorde;
  • manopole più piccole e nere;
  • controlli dei pickup avvitati direttamente al battipenna;
  • tastiera in ebano;
  • pickup artigianali DiMarzio BHM;
  • colorazione in tinta più unita.
Inoltre è stata usata nel video di The Miracle dal ragazzino che impersona Brian May.
Il secondo modello aveva alcune differenze:
  • ponte a rulli Schaller Tune-O-Matic;
  • cordiera-tremolo con stesso meccanismo dell'originale;
  • "mezzaluna" della cordiera più grande dell'originale;
  • guida-capotasto bianca anziché nera;
  • battipenna separato dal ponte.

Chitarre di riserva di Brian May e modelli speciali

Dal momento in cui conobbe i liutai Andrew Guyton e Greg Fryer, Brian acquisì diversi modelli sempre più vicini all'originale:
  • le R. S. Fryer, suddetto liutaio, fin dal momento del restauro della Red Special, ha costruito tre prototipi:
    • John (in possesso di May), un modello quasi identico in qualità di estetica e timbro sonoro;
    • George Burns (in possesso di May), un modello fatto tutto di palissandro, con un suono più duro e moderno;
    • Paul, modello quasi identico all'originale, in possesso di Fryer.
  • le R. S. Guyton, contribuente anch'egli al restauro, che ha costruito diversi prototipi tra cui:
    • la Guyton Green Special, modello di colore verde greenburst, molto fedele all'originale;
    • la Guyton Archtop Mk1, prototipo custom semi-acustico ispirato alla R. S.: corpo in mogano scavato con top in acero curvato e tinto di marrone-violaceo scuro, due "f" di risonanza e bordatura in legno chiaro, manico in mogano, tastiera in ebano con intarsi in madreperla circondati da un anello d'argento; doppia configurazione elettronica costituita da due pickup Burns Tri-Sonic, uno al manico e uno al ponte e un piezo al ponte Lashbrook, meccaniche autobloccanti Schaller e cordiera fissa artigianale. Brian non userà questa chitarra, ma verrà poi revisionata per creare un modello migliore, la Mk2.
    • la Guyton Archtop Mk2, revisione accurata del modello Mk1, ne sono stati costruiti solo 5 al mondo, di cui uno in possesso di Brian. Corpo in mogano scavato con top in acero curvato di colore grigio e un foro a forma di "f", manico in mogano con tastiera in ebano e segnatasti in madreperla contornati d'argento, configurazione elettronica a due circuiti, con l'aggiunta di un terzo pickup Tri-Sonic al centro e il battipenna nero curvato con i classici 6 switch. Sul battipenna c'è una testa di tasso in madreperla intarsiato, simbolo del contributo dato da Brian per la salvaguardia dei tassi.
    • la Guyton doppio manico 12/6, prototipo costruito nel 2011 da Guyton proposto da Pete Malandrone (assistente di fiducia di Brian May), con la quale si è esibito nel tour "Queen + Adam Lambert" del 2012 nel brano Under Pressure. Il manico superiore ha dodici corde mentre quello inferiore ne ha sei; la configurazione dei pick-up ("Adeson" per il manico a 12 corde, "Burns Tri-Sonic" per quello a 6) è controllata indipendentemente dai due manici, le meccaniche sono Schaller autobloccanti, i ponti sono entrambi a rulli, la cordiera a 12 corde è fissa e senza tremolo.
In passato ha anche usato altri modelli:
  • la Red Special B.M. Signature Special, modello prodotto dall'azienda fondata da May dopo aver sciolto il contratto con la Guild e rilevato la produzione delle repliche ufficiali dalla Burns;
  • la Red Special B.M. Signature Super, modello in commercio quasi identico all'originale e curato nei minimi dettagli.
A partire dal tour Brian May & Kerry Ellis - One Voice, Brian ha occasionalmente usato anche una BMG "Mini May" e una BMG "Special" con corpo in alluminio.

Restauro della Red Special

Dopo trent'anni di esibizioni, la chitarra artigianale di Brian dava segni di deterioramento: essa mostrava graffi e ammaccamenti, in particolare sul retro, che si era enormemente scolorito mostrando l'impiallacciatura grezza. Come si può notare in alcuni live degli anni '90 Brian aveva applicato dei pezzi di nastro adesivo sul binding che si stava staccando in diversi punti.
Nel 1997 Brian decise di far restaurare la Red Special, dai liutai Greg Fryer e Andrew Guyton. Non restò comunque senza chitarra: utilizzò delle fedelissime repliche costruite dai due liutai.
Nonostante Brian fosse molto timoroso nella manutenzione della sua chitarra, dovette comunque far sostituire diverse parti usurate come la presa del jack, il tasto zero e il binding intero; l'originaria schermatura in alluminio, allora situata solamente sotto la placchetta metallica dei controlli, è stata rimpiazzata dalla schermatura in rame, stavolta fatta per intero su tutto il vano elettrico. Il foro dell'effetto fuzz sul battipenna è stato chiuso con della resina plastica nera ed è stata intarsiata la caratteristica stella di madreperla; il retro del battipenna è stato coperto con rame da schermatura.
I pickup furono smascherati e paraffinati per ridurre l'effetto microfonico, i pezzi come il ponte a rulli e la cordiera-tremolo furono smontati pezzo per pezzo per essere rilucidati.
I segnatasti in madreperla furono accuratamente rifiniti e le ammaccature riparate; alla fine la chitarra è stata riverniciata e laccata con gli stessi identici prodotti usati all'epoca.
Inoltre, Fryer applicò le caratteristiche cornici che circondano i pickup, in perspex. Secondo un'intervista dello stesso May, i ventiquattro tasti non furono mai sostituiti.

Repliche in produzione

Case di liuteria che producono repliche della Red Special, in serie o su ordinazione:

Guyton (Regno Unito) - Brian May official product -

Su richiesta di Brian May in occasione dei 40 anni di vita della Red Special Andrew Guyton, liutaio inglese della Contea del Suffolk, ha costruito una replica in serie limitata (50 pezzi) il cui costo, il più alto del mercato delle Red Special, è di 7.180 sterline (pari a 8.700,00 euro circa). Ha usato gli stessi materiali dell'originale, di cui ha potuto prendere visione personalmente, anche grazie all'aiuto dei raggi X per scoprire la forma esatta delle cavità interne, impiegando meccaniche Schaller M6 e pickup Burns Tri-Sonic completamente modificati, che replicano perfettamente gli originali anche nell'impedenza.
La replica, considerata da molti la migliore in assoluto, è firmata da Brian May che ne ha apprezzato l'eccellente fattura, tanto da definirla identica alla sua chitarra.

RS Custom (Stati Uniti)

La RS Custom è un'azienda statunitense fondata dal liutaio Everett Wood che produce repliche della Red Special costruite a mano, fornendone tre modelli: 64 Standard, 64 Special, 64 Supreme. I costi, che variano in ordine all'accuratezza del modello, vanno dai 4.499 dollari U.S.A. (3.500 euro circa) ai 6.900 dollari U.S.A. (5.300 euro circa).

SGL (Regno Unito)

La SGL è un'azienda del Galles meridionale (Swansea, West Glamorgan) fondata da Simon Jones, considerato da molti il miglior liutaio in attività. La sua replica della Red Special, costruita con cura con materiali di alta qualità, è fedele all'originale. È senza dubbio una delle migliori repliche ed il suo costo, naturalmente tra i più alti del mercato delle Red Special, è di 3.950 sterline (pari a 4.800,00 euro circa).

Sei (Giappone)

La Sei è un'azienda costruttrice di chitarre giapponese. Le sue repliche della Red Special, ad opera di Seiji Matsumura, hanno caratteristiche tecniche simili ai modelli della Kz e sono costruite con materiali di alta qualità, riproducendo fedelmente l'originale. Le repliche sono due: la SGFR, il cui costo supera ampiamente i 4.000,00 euro, e la SGFRⅡ, che raggiunge i 3.500,00 euro.

CQuadro (Italia)

CQuadro Guitar Works è un laboratorio di liuteria artigianale italiano nato nel 2010 che, oltre a produrre chitarre Custom e dal proprio design, si è specializzato nella costruzione di repliche fedeli della Red Special, prodotte in tre modelli: Red Special Basic (versione semplificata dell'originale, con ponte a rulli Wilkinson e corpo interamente in mogano), Red Special Extreme (versione identica in tutto all'originale) e la Gold Special (riproduzione migliorata della chitarra, tutta in acero, che il liutaio John Birch costruì per Brian May negli anni '70 e che venne distrutta nei primi anni '80) non in catalogo ma costruita solo su richiesta.
Nel 2013 ha realizzato una chitarra per lo stesso Brian May, un ibrido tra una Telecaster e una Red Special dal suono tutto personale.
Le repliche della CQuadro, considerate da diversi esperti le migliori in Italia e tra le migliori al mondo, sono costruite interamente a mano dal liutaio Corrado Carpinteri, che dal 2005 conduce incessanti ricerche riguardanti la Red Special nel suo laboratorio di Canicattini Bagni, in provincia di Siracusa, determinate dalla sua grande passione per la Old Lady. I costi delle repliche vanno dai 1.800 € per la Basic, ai 4.500 € per la Extreme.

Brian May Guitars (Regno Unito) - Brian May signature -

L'azienda è gestita direttamente da Brian May, che dopo aver rilevato la produzione Burns London ha iniziato, a luglio del 2004, a produrre repliche della sua Red Special con caratteristiche praticamente identiche ai modelli Burns. Successivamente le repliche Brian May Guitars hanno subito leggere modifiche ed oggi le versioni standard, cioè la Brian May Special (chitarra elettrica) e la Brian May Rhapsody (chitarra acustica), sono proposte in diversi colori, per un costo che oscilla tra gli 800,00 e i 900,00 euro.
Dopo l'estate del 2008 Brian May ha lanciato sul mercato un'altra replica, con la collaborazione tecnica del liutaio australiano Greg Fryer e del liutaio giapponese Kazutaka Ijuin, che hanno rispettivamente firmato e marchiato sul retro della paletta il modello: una Red Special di alta qualità, tutta in mogano con tastiera in ebano, denominata Super e prodotta in serie limitata (100 pezzi all'anno). Il costo di questa replica è di 3.200,00 € circa.

Diquattro (Australia)

La replica di questa azienda costruttrice di chitarre che ha sede a Melbourne, Australia, è opera di Ralph Diquattro. Proposta dal 2002, è costruita con materiali di qualità ed è praticamente fedele all'originale (nonostante monti un ponte un po' più grande ed in posizione leggermente obliqua). Il suo costo è pari a 2.800,00 euro circa.

Legg (Italia)

La Legg è una casa costruttrice di chitarre italiana. La sua replica della Red Special, frutto dell'appassionato lavoro del liutaio Giuseppe Gobbi, come per la CQuadro oggi non è più pubblicizzata. Fedele all'originale in tutte le sue parti, è una delle migliori repliche in circolazione. I modelli di queste chitarre, costruite solo su richiesta, possono essere due: la Red Special con manico avvitato, switch bianchi e ponte roller in alluminio w e la Red Special Pro, con un particolare sistema di incollaggio del manico brevettato dalla casa ed il ponte, come l'originale in ottone massiccio, completamente costruito dalla Legg. Il costo delle repliche è di oltre 2.000,00 euro.

Dillion (U.S.A.)

Azienda statunitense, da non confondere con l'omonimo marchio canadese, la Dillion produce repliche di chitarre vintage costruite a mano in Corea, tra cui la Red Special ad un costo di 700,00 euro circa. L'attuale versione della Old Lady, la DBM-10T, ha sostituito le repliche precedenti, di cui la versione più accurata era la DBM04, simile alla replica della Burns.

Jim Reed (Italia)

La ditta italiana Jim Reed, dopo la dismissione della produzione della Red Special da parte della Guild, ha iniziato la produzione delle repliche della chitarra di Brian, equipaggiate con pickup Burns Tri-sonic della Kent Armstrong. Le prime Red Special erano allestite con due diverse unità tremolo: Vintage, con il sistema vibrato americano della "Fender Jaguar" e Floyd Rose, che ha conferito alla replica un aspetto più moderno.
Oggi l'azienda produce due nuove repliche: la Red Special HM, venduta a poco più di 500,00 euro, che nonostante monti un'unità tremolo costruita da Jim Reed, che riproduce l'originale, presenta alcune differenze con la chitarra di Brian come la diversa leva vibrato, le manopole e gli switch di colore nero, la tastiera in palissandro chiaro e la Red Special LP Tail, venduta a meno di 400,00 euro, con ponte modello Les Paul. Della replica HM la Jim Reed ha costruito, su richiesta, qualche modello Custom molto più simile all'originale.

Weller (Corea del Sud)

Anche la coreana Weller si è cimentata in una ottima replica della mitica chitarra di Brian May, la Weller Red Special modello GMB-200RD. Molto curata nell'aspetto esteriore che tecnico e con caratteristiche che si avvicinano tantissimo al prototipo originale, come i pickups Tri Sonic Burns modificati e una elettronica praticamente identica, unitamente al manico sit in ed ai legni usati. Si colloca in una fascia di prezzo economica (poco meno di 500 euro), benché dia effettivamente un suono davvero vicino a quello tipico della Red Special.

JJ Scott (Vietnam)

Ditta del Vietnam che produce repliche della Red Special a basso costo (400 euro circa) clonando, in realtà, il modello della Burns London.

Repliche fuori produzione

Case di liuteria che hanno interrotto la produzione di repliche della Red Special:

Kz (Giappone)

Kazutaka Ijuin è un liutaio giapponese che ha prodotto, in passato, esclusivamente Red Special. Il modello denominato Red Special Pro, costruito fedelmente all'originale con i migliori materiali, è considerato da alcuni la migliore replica, nonostante quella della Guyton risulti, per accezione comune, più accreditata. Il costo, circa 7.000,00 euro, scende alla metà nella versione denominata Red Special Jr., replica più accessibile affiancata alla Pro e prodotta da luglio 2006, anch'essa fedele all'originale ma con ponte a rulli Wilkinson regolabile.
Dal 2008 Kazutaka Ijuin, quando ha iniziato insieme a Greg Fryer (restauratore della Red Special di May) e per conto della Brian May Guitars la lavorazione della Super (una replica più semplificata della sua Pro e molto simile alla Jr.), ha smesso di produrre le sue repliche.

RS Guitars (Stati Uniti)

L'azienda statunitense RS Guitars fondata da Steve Turpin, chitarrista solista dei Broken Romeo, produceva esclusivamente Red Special, costruite con materiali di qualità ed estremamente curate nelle finiture. Tra i suoi modelli, per i quali impiegava pickup Burns Tri-Sonic prodotti dalla Adeson, la RS Classic in versione customer provided bridge è una riproduzione fedele dell'originale. Il costo di queste repliche era di poco superiore ai 2.000,00 euro.

Guild (Stati Uniti) - Brian May signature -

La Guild, storica fabbrica di strumenti musicali statunitense, attuò la prima vera produzione ufficiale delle chitarre Red Special. Brian May seguì da vicino la progettazione. Nella linea Guild sono stati offerti diversi modelli firmati Brian May, anche in svariate colorazioni oltre al rosso canonico (verde, bianco...). Nel catalogo del 1984 veniva offerta la BHM1: una replica dotata di 3 single coil "DiMarzio Brian May", sei mini-interruttori di commutazione e vibrato Kahler. Il corpo in mogano con piano in acero sagomato. Di queste chitarre, che costavano circa 1.200,00 sterline, ne furono realizzate 316 esemplari. Il modello fu messo fuori produzione nel 1986. In un'intervista dell'epoca Brian May dichiarò: L'hanno costruita in mogano pieno, mentre la mia era di compensato. Le Guild sono quindi un po' più pesanti della mia e hanno il manico più sottile, perché il mio è veramente spesso e largo, e non piacerebbe a molta gente oltre a me. Hanno anche cambiato i vecchi pick-up Burns Tri-Sonic con dei DiMarzio, che hanno un suono molto simile. Poi hanno montato un sistema di tremolo Kahler alterato in modo da avere lo stesso tocco del mio. È stato grande avere una chitarra di ricambio dopo tutto questo tempo. Nel 1993 fece il suo debutto il modello Brian May Signature. Questo modello era una riproduzione perfino più accurata della chitarra fatta in casa da Brian, e disponeva delle riproduzioni autentiche dei pickup esoterici e delle meccaniche da lui usate all'epoca. Questo particolare modello - ed altre variazioni con elettroniche e meccaniche più comuni - fu prodotto ad una tiratura limitata di 1.000 esemplari. La produzione completa delle 1.000 chitarre previste fu raggiunta nel giro di qualche mese ed il modello fu quindi messo fuori produzione ben prima dell'acquisto della Guild Guitars da parte della Fender Musical Instruments Corporation nel settembre del 1995.

Kid's (Giappone)

L'azienda giapponese Kid's, del liutaio Hiroshi Kido, creò repliche differenti della Red Special. Fatta eccezione per la BM-260, simile alla chitarra di Brian soprattutto esteticamente, ognuno degli altri modelli (BM-Special, BM-Standard e BM-Dragon) si allontanò sempre più dal progetto originale, diventando quasi irriconoscibile.

Watson (Stati Uniti)

Nel 2001 apparvero sul mercato le repliche della Watson e, tra i modelli proposti, uno in particolare riproduceva abbastanza fedelmente l'originale. Costruita con materiali di buona qualità e con i pickup Tri-Sonic della Burns London, questa replica aveva un costo accessibile pari a 1.300,00 euro circa. Da diverso tempo le Red Special della Watson non sono più in produzione ed i suoi esemplari in circolazione sono difficili da reperire.

Burns (Regno Unito) - Brian May signature -

L'azienda inglese produttrice dei famosi pickup Tri-Sonic usati da Brian May per la sua originale Red Special, decide, più o meno in concomitanza con la produzione Jim Reed, di contattare il chitarrista e produrre una replica ufficiale autorizzata. La replica della Burns è del tipico color rosso ciliegia scuro (ma sono disponibili anche versioni sunburst), con un doppio binding che avvolge la cassa sia frontalmente che posteriormente. Il corpo, diversamente dalla versione originale in quercia, è in mogano. La tastiera è in ebano, larga e lievemente bombata con 24 tasti delimitati da frets di spessore medio. Meccaniche Grover auto bloccanti cromate. I pickup sono la replica dei Tri-Sonic della Burns London montati sulla Red Special originale, anch'essi cromati. Tramite i ben sei switch presenti sono possibili svariate combinazioni di suono e di pickup. Il ponte è in stile Strato e non è una replica dell'originale, troppo costoso da riprodurre. Le manopole del tono e volume sono "a cappello", in metallo cromato. Il suono dei pickup, anche se usati singolarmente, è corposo e pieno di sfaccettature: ora tagliente, ora pastoso. Gli switch aggiuntivi servono ad inserire suoni in contro fase. I primi esemplari di questa replica avevano un costo che raggiungeva i 1.000,00 euro. Da luglio 2004 la Burns non produce più la replica, che da quel momento è commercializzata con il marchio Brian May Guitars in quanto prodotta direttamente da Brian May (senza il logo Burns, sebbene costruita nella stessa fabbrica).

Greco (Giappone)

L'azienda giapponese Greco costruì, nel 1970, la prima replica della Red Special. Denominato BM900, questo modello era una replica non ufficiale, somigliante esteticamente all'originale ma scadente di qualità. Brian, che usò la copia Greco in suo possesso per il promo video del brano dei Queen Good old fashioned lover boy, cercò invano di contattare il costruttore per creare una versione qualitativamente migliore ed "ufficiale".


Hollywood ama la mafia, è bramosa della mitologia mafiosa.

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