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Il conduttore televisivo o presentatore è il protagonista di un programma televisivo.

Evoluzione del ruolo
Nella sua forma originaria il linguaggio del conduttore televisivo era essenziale, classico ed estremamente formale, con uno stile facilmente rintracciabile in Italia in personaggi come Corrado, Enzo Tortora, Pippo Baudo o Mike Bongiorno e in trasmissioni come i classici varietà degli anni sessanta e settanta o in manifestazioni come il Festival di Sanremo. Il conduttore televisivo, tuttavia, non è necessariamente un personaggio di spicco prettamente televisivo, ma è un ruolo che anche un giornalista, un attore o un divulgatore possono interpretare, come accade in Italia con Michele Santoro e Giovanni Minoli o, negli Stati Uniti, con Ellen DeGeneres.
Il ruolo del conduttore televisivo ha acquisito nel tempo sempre più prestigio e importanza, e con l'avvento della neotelevisione e delle televisioni private si è evoluto mettendo maggiormente in comunicazione il prodotto televisivo con il pubblico da casa; il ruolo richiese così una maggiore empatia da parte del presentatore, che d'ora in poi ha avuto il compito di rappresentare allo stesso modo sia il pubblico dello spettacolo che la stessa emittente televisiva sulla quale è in onda. Mutò quindi anche lo stile di conduzione, decisamente più colloquiale e confidenziale rispetto al passato, con l'utilizzo di dialetti o slang linguistici vicini all'utilizzo popolare e con l'esposizione in video dei propri sentimenti, rendendosi così più "umani" e simili ai propri interlocutori.
A tale proposito furono emblematici due casi avvenuti nel 1986 nella televisione italiana: Raffaella Carrà, conduttrice di Domenica in, si difese in diretta televisiva dalle accuse della stampa di aver abbandonato la madre sofferente in ospedale, mentre Enrica Bonaccorti, durante la sua trasmissione Pronto, chi gioca?, annunciò al pubblico la sua gravidanza; si trattarono di eventi di rottura per la televisione pubblica italiana, che causarono diverse polemiche alle due presentatrici le quali seguivano un modello di conduzione televisiva e di rapporto con il pubblico che stava cambiando. Il nuovo modello di presentatore televisivo, con il moltiplicarsi delle emittenti, acquisì quindi anche un importante valore economico, che porta i personaggi maggiormente in grado di entrare in empatia con il pubblico o di far identificare con se stessi il programma che presentano, ad essere maggiormente ambiti dagli editori televisivi.



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Soundpainting è un metodo di composizione istantanea creato a partire dagli anni '80 ed elaborato dal compositore newyorkese Walter Thompson.
Si tratta di un linguaggio composto da oltre 750 gesti, tramite i quali il conduttore (o Soundpainter) indica ad un ensemble composto da musicisti, ballerini, attori, poeti, ecc. di eseguire un certo tipo di azione. In base all'azione eseguita, il soundpainter compone o crea in modo istantaneo le azioni successive, dando luogo ad una improvvisazione strutturata.
Le indicazioni del soundpainter (gesti o segnali) possono rivolgersi ad un singolo performer, a gruppi di performers o a tutto l'ensemble. La struttura del segnale si compone di 4 sezioni: chi - cosa - come - quando. A questi si aggiungono i modi, ovvero parametri di esecuzione aggiuntiva da applicare ai singoli comandi.


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L'autoedizione (o self-publishing o autopubblicazione) è la pubblicazione di un libro (o altra opera editoriale) da parte dell'autore, senza passare attraverso l'intermediazione di un editore.
Si distingue sia dalla normale edizione sia dall'edizione a spese dell'autore. Nel primo caso tutte le spese sono a carico dell'editore, che si incarica di realizzare e distribuire l'opera, promettendo una remunerazione del diritto d'autore in genere in forma percentuale. Nel secondo caso, quello dell'editoria a pagamento, esiste sempre la figura dell'editore, ma le spese sono sopportate in tutto o in parte dall'autore o da chi lo sponsorizza. Nel caso di autoedizione l'autore, invece, si incarica di seguire tutte le fasi della realizzazione dell'opera, avvalendosi eventualmente di qualche figura professionale esterna.
Si tratta in altri termini della possibilità di auto pubblicare propri scritti, saggi e novelle mediante le nuove tecnologie. Il fenomeno è in forte evoluzione e cresce a due cifre (fonte AIE). In Italia nel 2012 il leader di mercato è Amazon con la sua piattaforma Kindle Direct Publishing. Sono molti gli autori che utilizzano le risorse dell'editoria digitale, anche grazie alla costante diffusione degli e-reader.

Aspetti burocratici
Un limite anche serio è dato dagli aspetti burocratici. In Francia per edizioni sotto le 100 copie vi è una semplificazione che non risulta essere introdotta in Italia.
Se in precedenza in Italia l'IVA applicata agli ebook era al 22%, dal 2016 per l'e-commerce, e di conseguenza per gli ebook, la commissione Europea ha approvato la riduzione al 4%. In questo modo, cartaceo e digitale vengono equiparati grazie ad un'iniziativa voluta dall'Aie e con l'impegno del Ministro dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo Dario Franceschini.
Lo sviluppo delle autoedizioni è stato accompagnato da un corrispondente sviluppo delle società di servizi di cui una delle più famose a livello mondiale è Lulu.com. Sulla scia di essa in ciascun paese sono sorte moltissime iniziative concorrenti che si stanno spartendo un mercato che si è dimostrato particolarmente ricco e in via di sviluppo.

Aspetti tecnici
L'acquisizione dei dati elettronici e l'impaginazione ha sostituito la composizione con linotype. Ormai la stampa elettronica dà risultati soddisfacenti anche per testi con fotografie. Le correzioni tipografiche e grammaticali possono essere affidate a dei professionisti della correzione bozze. La realizzazione può avvenire anche con una stampante domestica, anche se ormai sono disponibili servizi di stampa digitale che offrono prezzi competitivi. Più vincolato è il problema della rilegatura, che, in genere a livello domestico dà risultati non soddisfacenti (ad esempio: le spirali).


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Il teatro di avanspettacolo, o, più comunemente, avanspettacolo, è un genere di spettacolo teatrale comico sviluppatosi in Italia fra gli anni trenta e gli anni cinquanta.

Caratteristiche
Questo genere derivò storicamente dal varietà, a cui iniziò a sostituirsi quando il regime fascista emanò provvedimenti (per esempio sgravi fiscali) per favorire i teatri che si convertivano alla più moderna realtà del cinematografo.
In questo contesto, le compagnie di varietà dovettero elaborare una forma di spettacolo abbreviato, che potesse intrattenere il pubblico in sala in attesa del film (o del "filmo" secondo il termine usato dai fascisti in ossequio al principio dell'autarchia).
Considerato il "fratello povero" del teatro di rivista per la brevità dei numeri e la scarsità dei mezzi, fu spesso considerato un genere teatrale minore: molte volte, in senso spregiativo, si utilizzava il termine avanspettacolo per indicare teatro comico di scarsa qualità.
Più avanti nel tempo, tra gli anni sessanta e settanta del Novecento, l'avanspettacolo variò dai numeri comici agli spogliarelli, preludio di film pornografici o softcore. In realtà l'avanspettacolo fu trampolino di lancio per molti noti attori teatrali e cinematografici italiani, che si produssero in tale genere con molto successo.

L'avanspettacolo e il cinema
L'avanspettacolo è stato una sorta di serbatoio per il cinema italiano; in particolare offrendo al pubblico:
«... una partecipazione che il cinema non potrà mai dargli. Il cinema è lontano, offre un onirico e sublimante sfogo all'immaginario più ardito, mentre l'avanspettacolo riporta con i piedi per terra: le luci del palcoscenico non nascondono le facce della sala, e tra il pubblico e la sala c'è lo strizzar d'occhi di chi capisce e s'intende, e tutto riporta alla materialità pesante, dove il fuori è vicino, e a esso, alle sue difficoltà, dopo mezz'ora o tre quarti d'ora di rumore e musica e risa dovranno tutti tornare, gli spettatori come gli attori.»
(Alberto Sordi - L'Italia in bianco e nero, Goffredo Fofi, Mondadori, collana Le Scie, 2004)
Tra questi attori vi sarebbero stati, fra gli altri, Eduardo De Filippo, Totò, Anna Magnani, Aldo Fabrizi, Erminio Macario, Lino Banfi.
Sono state realizzate diverse pellicole sul mondo dell'avanspettacolo, tra cui:
  • I pompieri di Viggiù, regia di Mario Mattoli (1949)
  • Luci del varietà, regia di Federico Fellini e Alberto Lattuada (1950)
  • Vita da cani, regia di Steno e Monicelli (1950)
  • Basta guardarla, regia di Luciano Salce (1970)
  • Polvere di stelle, regia di Alberto Sordi (1973)
  • Primo amore, regia di Dino Risi (1978)



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Con musica latina o latino-americana, a partire dagli anni cinquanta negli USA, sono state indicate quelle forme musicali tipiche dell'America latina. Si faceva così una separazione tra gli stili più tipicamente di origine afroamericana e quelli invece caratteristici dell'America latina.
Si considera come facente parte della musica latina, così, un gran numero di generi: jive, rumba, cha cha cha, samba, paso doble e salsa. Data l'enormità della produzione che la definizione di musica latina comprende, è difficile stabilire quali siano i caratteri comuni di generi tanto diversi. In generale, però, la musica latina utilizza molto ampiamente la chitarra, particolarmente acustica: questo strumento, non a caso, fu portato dagli arabi in Europa per la prima volta in Spagna. Oltre a questo vi è una forte attenzione ed una notevole ricercatezza nella composizione delle melodie, che hanno una grande importanza.
La maggiore differenza rispetto alla musica afroamericana risiede però nei ritmi, che sono molto meno serrati nel caso della musica latina, la quale, tra l'altro, prevede strumenti a percussione assolutamente peculiari come le congas. Il fatto che si contrapponga la musica ispanoamericana con quella afroamericana non deve far pensare che la prima non sia influenzata dalla seconda: molti generi sono una rielaborazione dei canoni nordamericani in chiave latina.
I generi che riscuotono maggior successo al di fuori dei confini di provenienza sono in genere le musiche che possono essere ballate più agevolmente, perciò adatte ad ogni circostanza e ad ogni età, come samba, rumba o cha cha cha.


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L'antifona è una frase, spesso breve, che viene recitata o di preferenza cantata in una salmodia durante una celebrazione liturgica dell'ufficio o della messa.
Solitamente si tratta di un versetto di un salmo o scrittura, ma può essere anche una semplice composizione ecclesiale che ha lo scopo di inquadrare il salmo cantato all'interno dell'occasione liturgica celebrata.
Musicalmente l'antifona è la prima forma di ritornello e la sua origine è antichissima. Il repertorio del Canto gregoriano conta migliaia di antifone, la maggior parte delle quali dell'ufficio suddivisi in due generi indipendenti:
  • l'antifona salmodica, cantata insieme con un salmo o un cantico,
  • l'antifona libera che è una preghiera messa in musica e senza versetti associati.
La parola è di origine greca, da αντί (opposto) + φωνή (suono) e stava a indicare una voce che si alternava a un'altra nella recitazione salmodica.
Le antifone dell'ufficio sono raccolte in un libro liturgico detto antifonario.

Salmodia responsoriale
Antifona libera
Oltre all'antifona salmodica, il Canto gregoriano designa nello stesso tempo per antifona ciò che è in effetti una semplice preghiera cantata, senza salmo associato.
All'interno del repertorio hanno un particolare rilievo le quattro antifone mariane maggiori:
  1. Alma Redemptoris Mater, cantata durante i tempi di Avvento e di Natale (fino alla Candelora);
  2. Ave Regina Coelorum è l'antifona cantata in Quaresima;
  3. Regina Coeli, cantata nella Pasqua fino a Pentecoste:
  4. Salve Regina, cantata nel resto dell'anno.
Una monodia eseguita da due cori semi indipendenti che interagiscono fra di loro, cantando alternativamente, viene detta in stile antifonale. In particolare, la salmodia antifonale (o innodia se il testo è un inno) consiste nel cantare un salmo alternativamente da due gruppi (in contrapposizione allo stile responsoriale, cioè il coro di fedeli alternato a un "solista", ossia il celebrante). La struttura spesso speculare di molti salmi ebraici rende probabile che la tecnica esecutiva antifonale abbia origine dalla musica degli antichi Ebrei. Secondo lo storico Socrate, la sua introduzione nel culto cristiano risalirebbe a Ignazio (morto nel 115), che in una visione avrebbe sentito doppi cori di angeli. Questo metodo fu introdotto nella Chiesa latina più di due secoli dopo da Ambrogio, vescovo di Milano, che compose un antifonario, ossia un libro che contiene i canti liturgici (probabilmente un Liber Hymnorum, ossia un libro di inni, trovando che questi canti potessero con la loro semplicità coinvolgere i credenti durante celebrazione), cioè una raccolta di opere redatte per essere eseguite con questa tecnica esecutiva.
Per molto tempo si è ritenuto che il repertorio di canti (contenuti nell'antifonario) impiegato nella Chiesa di Roma fosse stato composto da papa Gregorio Magno nel 590; in realtà il canto che è stato tramandato non è che l'ultimo prodotto di una storia di secoli, e che con papa Gregorio ha poco o nulla a che fare.
Esegeta di antifone e responsoriali fu l'abate benedettino Regino di Prüm, che all'inizio del X secolo a Treviri ne scrisse abbondantemente.
La forma antifonale è particolarmente diffusa nella tradizione musicale anglicana, con due gruppi di cantori che si dispongono su due lati contrapposti del coro.
Quando due o più gruppi di cantori si alternano lo stile musicale può anche essere definito policorale. La tecnica policorale è tipica della scuola veneziana, e lo stile è noto anche come stile policorale veneziano o tecnica dei cori battenti, nato nel tardo rinascimento proprio a Venezia e diffusosi in Europa nel primo barocco, oltre che in Italia soprattutto in Spagna e in Germania. Naturalmente non si parla più di monodia ma di polifonia rinascimentale che proprio a Venezia, intorno alla basilica di San Marco, vide illustri compositori (Adrian Willaert, Cipriano de Rore, Gioseffo Zarlino, Annibale Padovano, Claudio Merulo, Andrea Gabrieli, amico e forse allievo di Orlando di Lasso, e suo nipote Giovanni Gabrieli). Altro illustre rappresentante di questo stile è Jacobus Gallus Carniolus. Nel XIX e XX secolo fu impiegato anche da compositori come Hector Berlioz, Igor' Fëdorovič Stravinskij e Karlheinz Stockhausen, Alfred Schnittke.
Forme tradizionali musicali simili all'antifona si possono trovare anche in altre culture come in India, come nel genere sawal-jawab (domanda e risposta).


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La dance pop è un sottogenere della musica dance influenzato dalla musica pop. Nata all'inizio degli anni ottanta, la dance pop originò dal disco in vinile anche tramite la post-disco; visto che il termine "disco" divenne fuori moda, "dance pop", "club" e "dance" furono usati come nomi per un genere di musica fortemente influenzato dal disco (album). Il genere è diventato uno stile musicale molto popolare, ed esistono numerosi artisti dance pop.

Storia
Anni ottanta
Il genere è nato agli inizi degli anni ottanta come evoluzione della musica disco e le canzoni di questo genere vengono solitamente create grazie all'uso di vocoder, per modificare le voci degli artisti, ed effetti musicali elettronici che creano la base principale o piccoli ritornelli delle canzoni. Tra i primi cantanti che hanno prodotto canzoni di questo genere si ricordano Michael Jackson, Janet Jackson, Rick Astley, Madonna, Jody Watley e Cher.

Anni duemila
Dopo un lungo periodo di crisi di questo genere musicale, che all'inizio degli anni novanta non ha trovato nuovi artisti di successo, (ad eccezione di qualche band come Backstreet Boys, Spice Girls). A partire dal 1998 ha ricominciato ad avere una enorme popolarità, grazie a gruppi come gli NSYNC e a numerosi interpreti, tra cui Britney Spears, Christina Aguilera, Jennifer Lopez, Jessica Simpson, Shakira, Kelly Rowland, Beyoncé, Gwen Stefani, Rihanna, Fergie, Katy Perry, Lady Gaga, Kesha, Miley Cyrus.