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Per musica elettronica si intende tutta quella musica prodotta o modificata attraverso l'uso di apparecchi elettronici. Sebbene i primi strumenti musicali elettronici si siano diffusi già a partire lungo la prima metà del Novecento, si è iniziato a parlare di musica elettronica solo a partire dagli anni quaranta del secolo, quando si diffusero diversi studi di registrazione in Europa specializzati nella composizione di musica d'avanguardia. Durante gli anni ‘60, il successo commerciale di strumenti elettronici come i sintetizzatori contribuì a dare alla musica elettronica i primi momenti di notorietà. Nei decenni seguenti si è notato un perfezionamento delle tecnologie elettroniche e il diffondersi di tantissime varianti di musica elettronica e stili da quelli più commerciali a quelli di più classici. La musica elettronica gode oggi di un enorme espansione e ha contaminato quasi ogni genere di musica popolare.

Storia
Lungo la seconda metà dell'Ottocento, l'invenzione del fonografo, prima a rullo e poi a disco, introdusse la possibilità di registrare suoni, riprodurli e modificarli. Conseguentemente a questa invenzione si apriranno varie correnti di sperimentazione che più tardi avranno sede presso le radio nazionali dei rispettivi paesi.
Il primo strumento elettronico che sia mai stato costruito fu il telharmonium (noto anche come dinamofono). Inventato nel 1897 da Thaddeus Cahill, era dotato di una console di organo. Le sue enormi dimensioni e la sua scarsa praticità furono i principali motivi per cui esso si rivelò essere un fallimento commerciale.
Successivamente venne inventato il triodo (o audion), considerata la prima valvola termoionica.
Nel 1919 Lev Theremin costruì l'omonimo strumento musicale. Costituito da due antenne in grado di controllare rispettivamente la frequenza e il volume, questo elettrofono produceva suoni simili a quelli della voce umana. Privo di interfaccia fisica di controllo, esso sfrutta un difetto dell'oscillatore a battimenti secondo cui all'avvicinarsi o allontanarsi di un corpo questo cambia la sua frequenza di oscillazione; tramite lo spostamento delle mani dell'esecutore vicino alle due antenne è possibile controllare altezza e intensità di un suono.
Nel 1928 venne inventato l'onde martenot (noto anche come "ondes martenot" e "ondes musicales"). Considerato il primo vero strumento elettronico, nonché uno dei migliori prodotti fino alla metà degli anni cinquanta, era dotato di una tastiera ed era relativamente semplice da usare. Esso fu il primo apparecchio elettronico ad avere una notevole diffusione e ad affermarsi in modo relativamente durevole.
Pochi anni dopo Friedrich Trautwein inventò il trautonium, strumento che introdusse alcune semplificazioni nell'uso delle apparecchiature elettroniche.
Durante gli anni '30 vennero costruiti i primi strumenti elettronici in grado di emulare i suoni dell'orchestra, quali il clavioline (1947) .
Durante gli anni quaranta vennero costruiti i primissimi modelli di sintetizzatori.
Nei primi anni cinquanta aumentò la produzione dei transistor che sostituirono le valvole termoioniche nel controllo della corrente elettrica. Grazie alle loro dimensioni ridotte, alla loro maggiore praticità, ed ai loro costi ridotti, i transistor rivoluzionarono l'intera industria elettronica, vennero di conseguenza adoperati in un numero sempre crescente di apparecchiature elettroniche. Nel 1965 vennero inventati i primi circuiti integrati che potevano includere numerosi transistor al loro interno.
Durante gli anni cinquanta gli ingegneri Herbert Belar ed Henry Olsen inventarono il Mark I RCA Synthesizer e il suo "successore" Mark II RCA Synthesizer. Quest'ultimo modello includeva il primo sistema completo di produzione del suono elettronico e disponeva di una discreta gamma di opzioni che potevano essere pre-impostate direttamente dal musicista che lo adoperava.
Seconda metà degli anni quaranta - metà degli anni sessanta: la diffusione degli studi di registrazione elettronici e le scuole di musica d'avanguardia
Karlheinz Stockhausen, uno dei pionieri della musica elettronica contemporanea (1994)
Il miglioramento delle tecniche di registrazione che seguì la seconda guerra mondiale, permise la diffusione dei primi studi elettronici, che erano dotati di generatori del suono, apparecchiature per la modificazione e il mixaggio, più tutto l'occorrente per la registrazione (ad esempio microfoni, amplificatori e altoparlanti). Nello stesso periodo, con i primi oscillatori elettronici, si diffuse il magnetofono che permise ai compositori di manipolare le registrazioni su disco al fine di applicare su esse diversi effetti sonori. Fra i centri di musica elettronica più importanti vi furono il GRM di Parigi (presso la radio-televisione francese), il Columbia-Princeton Electronic Music Center (1950) (dove vennero inventati i sintetizzatori Mark I e Mark II), lo Studio for Electronic Music di Colonia (presso la Westdeutscher Rundfunk) (1951) che ebbe fra i suoi rappresentanti Karlheinz Stockhausen, e lo Studio di fonologia fondato a Milano nel 1955. Quest'affermazione degli studi di musica elettronica, che contribuì ad aumentare la popolarità delle apparecchiature elettroniche ad un pubblico costituito esclusivamente da musicisti accademici, permise l'emersione di diverse "scuole" di musica elettroacustica: la musica concreta, la musica elettronica, la tape music, e la computer music.

La musica concreta
La musica concreta (nota anche come musique concrète) è una modalità musicale nata in Francia nel 1948 che ebbe quale principale esponente il compositore Pierre Schaeffer. L'etimologia del termine proviene da una sua affermazione secondo la quale la musica concreta è, a differenza della musica "tradizionale definita astratta", realizzata attraverso fonti sonore naturali. I principi basilari della musica concreta prevedono che qualsiasi suono è adatto a diventare materiale di una composizione, ma non se ottenuto da segnali generati elettronicamente, e che le fonti sonore adoperate, una volta ordinate secondo il piano dell'opera, vengono alterate tramite procedimenti elettronici. Stile che introdusse la tecnica del montaggio sonoro, con il passare degli anni, gli artisti della corrente intrapresero strade sempre più autonome che li allontanarono dagli ideali "collagistici" e li spinsero ad esplorare le possibilità offerte dalle apparecchiature informatiche e dei sintetizzatori.
Fra i musicisti più significativi della musica concreta vi furono Pierre Henry, considerato uno dei massimi musicisti contemporanei, Francois Bayle, Luc Ferrari e Bernard Parmegiani.

La musica elettronica
A differenza della musica concreta, la musica elettronica (dal tedesco elektronische musik) ricorreva esclusivamente all'uso dei suoni sintetici prodotti dagli oscillatori elettrici di frequenze o da generatori di impulsi che producevano fonti sonore quali il rumore bianco. Tra i suoi maggiori esponenti vi furono Karlheinz Stockhausen, Luciano Berio, e Bruno Maderna.

La tape music
La tape music (dall'inglese "musica per nastro") era un metodo compositivo che, adoperando la tecnica del montaggio sonoro, elaborava brani pre-registrati eseguiti con strumenti tradizionali. Le due principali scuole di tape music vennero fondate entrambe negli Stati Uniti durante gli anni cinquanta: una da parte di John Cage, l'altra da Vladimir Ussachevsky e Otto Luening. Fra i suoi esponenti vi fu il compositore David Tudor. Esperimenti di musica per nastro furono condotti in Europa da alcuni pionieri, fra i quali lo svizzero Jim Grimm.

La computer music
La computer music (detta anche musica informatica) è uno stile musicale basato sull'uso di uno o più elaboratori elettronici. Lo stile ebbe quale maggiore rappresentante Iannis Xenakis, che lo approfondì a cavallo fra gli anni cinquanta e sessanta. Altri compositori che realizzarono computer music includono Benjamin Boretz, Jean-Claude Risset e Barry Vercoe.

Anni sessanta: l'evoluzione dei sintetizzatori e la Live Electronic Music
Durante gli anni sessanta, l'orientamento dell'industria verso una tecnologia basata sui transistor contribuì agli sviluppi dei primi circuiti integrati commerciali, destinati a rendere ulteriormente più piccole tutte le tastiere. Il primo sintetizzatore a divenire largamente popolare, grazie alle sue dimensioni ridotte ed al suo costo relativamente basso, fu il Moog, inventato nel 1964 dall'ingegnere Robert Moog. Riconosciuto per essere stata un'importante evoluzione delle precedenti tastiere elettroniche, lo strumento godette di vasta notorietà soprattutto grazie al successo commerciale di Switched-On Bach (1968) di Wendy Carlos, un album contenente alcune partiture di Johann Sebastian Bach suonate interamente con esso.
Concepiti per essere accessibili ad un pubblico di massa, i nuovi sintetizzatori erano in grado di modificare diverse proprietà del suono in modo autonomo (altezza, inviluppo, ampiezza, timbro, riverbero, modulazione e altri), e di produrre una vasta gamma di suoni. Alcuni dei sintetizzatori costruiti in seguito all'invenzione di Moog, quali il sistema modulare di Donald Buchla e l'ARP 2600, vennero intanto sempre più perfezionati.
Nello stesso periodo, alcuni musicisti quali Morton Subotnick, Milton Babbitt, Gershon Kingsley (noto per essere stato l'autore del brano Popcorn), Mort Garson, Jean-Jacques Perrey, i Beaver & Krause e i TONTO's Expanding Head Band divennero i pionieri della musica elettronica per sintetizzatore. Fra gli altri pionieri dell'elettronica si possono citare Bruce Haack e i Silver Apples, entrambi ispirati alla psichedelia nonché Terry Riley, uno dei padri del minimalismo.

La live electronic music
La live electronic music (nota anche come live electronics) è uno stile che veniva realizzato manipolando in tempo reale i suoni prodotti nella sua esecuzione attraverso l'uso di apparecchiature elettroacustiche. Nata soprattutto grazie agli esperimenti di John Cage, David Tudor, e agli spettacoli d'avanguardia multimediale del Fluxus di George Maciunas, la live electronic music poteva essere realizzata seguendo diversi criteri possibili e non doveva essere necessariamente registrata in studio. Ebbe fra i suoi maggiori gruppi musicali i Sonic Arts Union, i Musica Elettronica Viva e gli AMM.

Metà degli anni sessanta - metà degli anni settanta: il dub giamaicano, il krautrock e la musica ambientale
Il dub giamaicano
Il dub è un genere musicale nato in Giamaica alla fine degli anni sessanta che enfatizza i suoni del basso e degli effetti sonori quali l'eco e il riverbero. Nato in seguito alla creazione dei primi sound system, grandi impianti sonori concepiti per esaltare i bassi, il dub ebbe fra i suoi maggiori musicisti "Scratch" Lee Perry, noto per essere stato il primo musicista ad adoperare lo studio di registrazione come uno strumento musicale, e King Tubby, iniziò a rimuovere la traccia contenente la voce, per poi manipolare la traccia strumentale con tecniche ed effetti diversi qual i delay, l'eco e il riverbero. Oltre ad inaugurare le prime tecniche di remix, il dub contribuì alla nascita di stili quali la jungle e del trip hop.

Il krautrock e i Kraftwerk
Stile musicale nato in Germania alla fine degli anni sessanta, il krautrock (noto anche come kosmische musik) adopera strumenti elettronici, soprattutto i sintetizzatori, per ottenere sonorità generalmente psichedeliche e sperimentali. Stile molto eterogeneo a causa delle scelte compositive di ciascuno dei suoi musicisti, e genericamente imparentato col progressive, ebbe importanti ripercussioni su futuri generi quali il post-rock, molta musica elettronica, e la new Age. Ebbe fra i suoi maggiori rappresentanti i Tangerine Dream, uno dei primi gruppi musicali elettronici ad aver goduto un considerevole successo commerciale, nonché uno dei primi ad utilizzare il sequencer come unità ritmica (come dimostra il loro album Phaedra del 1974), Klaus Schulze, i Popol Vuh, i Cluster e i Faust
Un ruolo di grande importanza per gli sviluppi di molta musica elettronica lo ebbe soprattutto la formazione dei Kraftwerk che, ispirandosi alla musica d'avanguardia colta, al pop e alla disco music, pubblicò alcuni album caratterizzati da ritmi robotici ed atmosfere futuriste (quali Autobahn e Trans Europe Express) destinati a permettere la nascita del synth pop, della techno, e di molta industrial.

Brian Eno e la musica d'ambiente
Prendendo ispirazione da musicisti quali La Monte Young, Erik Satie e John Cage, il tastierista inglese Brian Eno concepì, anche grazie ai miglioramenti delle tecnologie di registrazione, la musica ambientale (dall'inglese "ambient music") che, oltre ad essere realizzata tramite apparecchiature elettroniche va percepita, a detta del compositore, senza essere ascoltata attentamente. La musica ambientale venne inventata quando Eno, dopo essere rimasto a letto in seguito ad un incidente d'auto, ricevette un disco di musica per arpa dell'Ottocento. Dopo averlo posto nel giradischi ed essere tornato a letto, si accorse che il volume della musica era estremamente basso. Dichiarò in seguito all'avvenimento:
«Mi ritrovavo nella condizione di non sentire quasi il disco. Mi si rivelò così quello che per me era un nuovo modo di ascoltare la musica - come una parte dell'ambiente d'intorno, così come lo erano, in quell'occasione, il colore della luce e il suono della pioggia.»
In seguito a quell'episodio pubblicò, nel 1975, il primo album ambient della storia: Discreet Music. Venne seguito da una lunga serie di altri titoli comprendenti Music for Films (1979), On Land (1982), e Apollo: Atmospheres and Soundtracks (1983), tutti album che presentavano brani suonati con apparecchiature elettroniche, quali il sintetizzatore. Questa musica, generalmente astratta e caratterizzata da lente tessiture sonore, influì su molti altri generi musicali non necessariamente elettronici, e ispirò compositori quali Robert Rich, Steve Roach e Vidna Obmana.

Metà degli anni settanta - metà degli anni ottanta: l'affermazione dei microprocessori, dei Midi e dei nuovi stili di musica elettronica popolare
Lungo la prima metà degli anni settanta vennero già introdotte alcune novità di rilievo nell'ambito dell'industria elettronica: furono create le prime unità ritmiche, quali le batterie elettroniche, che erano in grado di riprodurre suoni percussivi, i primi sintetizzatori in grado di essere suonati dal vivo, e i sintetizzatori digitali.
Fu però a partire dalla seconda metà dello stesso decennio che avvennero alcune innovazioni destinate ad influire in modo decisivo nel modo di comporre elettronicamente. Grazie alla tecnologia dei microprocessori, i musicisti iniziarono ad adoperare il computer che, attraverso le moderne tecnologie MIDI (sigla di Musical Instrument Digital Interface), poteva essere collegato ad altre apparecchiature in modo da "pilotarle" contemporaneamente. Le stesse tecnologie MIDI permisero successivamente ai compositori elettronici di comporre musica in solitudine senza che fosse necessario uno studio di registrazione per la memorizzazione dei brani.
I microcomputer, inventati durante i primi anni ottanta e spesso adoperati dai compositori, presentavano nuove funzioni prima praticabili solamente grazie a determinati macchinari (ad esempio, la riproduzione automatica di sequenze sonore, prima possibile solo con il sequencer, poteva ora essere eseguita da questi nuovi elaboratori elettronici).
Grazie alla loro praticità, i sintetizzatori divennero, durante gli anni ottanta, quasi onnipresenti nella musica elettronica.
Dalla seconda metà degli anni settanta fino alla prima del decennio seguente vennero intanto inventati alcuni dei primi generi e stili musicali elettronici destinati ad esercitare, in taluni casi, una considerevole influenza, quali la disco music elettronica, il synth pop, l'industrial e la variante "elettronica" della new age. Nello stesso periodo, sempre grazie all'emersione di nuovi computer quali il Commodore 64, emerse la chiptune, una tecnica compositiva adoperata nelle prime colonne sonore dei videogiochi. Nel 1981, Brian Eno e David Byrne, leader dei Talking Heads, incidevano l'influentissimo album My Life in the Bush of Ghosts, destinato a inventare la musica incentrata sui campionamenti e ad ispirare artisti quali Moby e DJ Shadow.
Negli anni settanta emersero intanto Jean-Michel Jarre e Vangelis: entrambi autori di una musica melodica giocata sulle tastiere che li rese fra i musicisti elettronici più noti del decennio seguente.

Giorgio Moroder e la disco music elettronica
Il compositore Giorgio Moroder si affermò fra quelli di maggiore importanza nell'ambito della disco music. Ispirandosi ai Kraftwerk, pubblicò numerosi dischi interamente realizzati con il sintetizzatore quali il singolo I Feel Love (1977), attribuito a Donna Summer, e l'LP From Here to Eternity (1977), che divennero pietre miliari della disco music elettronica. Secondo altre fonti, Moroder permise gli sviluppi della musica house e introdusse il concetto di "suite" nella disco music. Fra gli altri esponenti dello stesso filone si possono menzionare gli Space, Cerrone e il più recente Hans-Peter Lindstrøm.

Il synth pop
Il synth pop è uno stile musicale nato alla fine degli anni settanta quando alcune formazioni musicali new wave, quali gli Ultravox, ebbero modo di acquistare gli strumenti elettronici (soprattutto batterie elettroniche e sintetizzatori) grazie alla riduzione dei loro costi. Uno dei primi musicisti synth pop fu Gary Numan, che faceva uso delle moderne tecnologie per comporre canzoni melodiche. Fra le formazioni synth pop vi furono i Depeche Mode, i Soft Cell e gli Human League.

L'industrial
Genere musicale che presenta sonorità elettroniche e d'avanguardia, l'industrial ebbe fra i suoi primi esponenti la formazione inglese dei Throbbing Gristle, attiva dalla fine degli anni settanta. In una dichiarazione del loro leader, Genesis P-Orridge, si rintracciano le origini del fenomeno musicale:
«Lo studio dei Throbbing Gristle si trovava all'interno di una fabbrica vicino a London Fields, ad Hackney, dove erano seppellite molte vittime della pestilenza. Oltre i muri c'erano migliaia di cadaveri, perciò la soprannominammo Fabbrica della Morte. Ma per noi la Fabbrica della Morte ha sempre rappresentato una metafora della società industriale. Quando finimmo di produrre i nastri, uscii in Martello Street, mentre sulla linea ferroviaria passava un treno, e c'era una radio a transistor che sbraitava dietro l'angolo, e in una segheria tagliavano il legno, e un cane abbaiava; allora dissi 'Non abbiamo inventato nulla. Abbiamo soltanto sistematizzato ciò che qui accade ogni momento.' Fu allora che proposi di fare muzak per le fabbriche, impiegando il rumore autentico della fabbrica, ma rendendolo ritmico e per sé stesso accettabile, invece di soffocarlo con disgustosa musica popolare.»
Grazie al loro "mix di nastri pre-registrati e rovesciati, rumori, sonorità metalliche e abrasive assolutamente ostiche e ipnotiche", i Throbbing Gristle divennero uno dei più importanti gruppi musicali industrial di sempre.
Altre formazioni influenti e rappresentative che seguirono il loro genere includono i Chrome, i Cabaret Voltaire, e i Clock DVA.
Gli stili ispirati all'industrial includono l'EBM (sigla di "electronic body music"), che enfatizza i suoni ritmici, e la power electronics, uno stile estremamente cacofonico e dissonante.

La new age elettronica
La new age è un genere di musica d'atmosfera nato durante gli anni settanta grazie ad eventi culturali che si rivelarono influenti quali Mind-Body-Spirit, Whole Life Expo e World Symposium of Humanity e che ebbe fra i suoi precursori il flautista Paul Horn.
Durante gli anni ottanta, questo genere sviluppò una variante più "commerciale", melodica, e che, rispetto alla new age classica, che veniva suonata esclusivamente con strumenti elettronici. Fra i compositori più influenti di questa variante vi sono Kitarō, Constance Demby, Gandalf, Aura William e Georg Deuter.

La chiptune
Originalmente adoperata nelle colonne sonore videoludiche degli anni ottanta, la chiptune (o 8-bit music) è uno stile musicale realizzato attraverso apparecchiature che producono suoni robotici ed estremamente acuti, quali l'elaboratore elettronico Commodore 64. I suoi autori, generalmente sconosciuti, includono il programmatore Rob Hubbard.

Metà degli anni ottanta - prima metà degli anni ottanta: il dj diventa un musicista, la Chicago House e la Detroit Techno
Sebbene il giradischi fosse già stato adoperato negli anni settanta come un vero e proprio strumento da pionieri dell'hip-hop quali Grandmaster Flash per isolare frammenti ritmici e comporre musica, fu solo a partire dal decennio seguente che la figura del dj "musicista" ebbe modo di divenire popolare. Grazie al giradischi, il disc jockey si evolse, durante gli anni ottanta, da figura professionale che si limita a riprodurre dischi per uno specifico pubblico in un dato luogo, a intrattenitore che, durante i propri spettacoli, modifica e incrocia fra loro fonti sonore preesistenti in modo da ottenere nuova musica (l'etimologia "to jockey" significa montare a cavallo, e indica colui che, infatti, "cavalca la musica"). Emerso inizialmente nelle città di Chicago e New York durante la seconda metà degli anni ottanta, il dj musicista iniziò a "suonare" dischi nei cosiddetti rave parties, raduni autoconvocati e illegali che avvenivano in fabbriche o altri edifici dismessi. Contemporaneamente all'emersione della cultura rave, si affermarono due generi che avrebbero esercitato una grande influenza nella musica a venire: la musica house di Chicago e la Detroit techno.

Frankie Knuckles e la Chicago house
La musica house ha le sue origini nel locale Warehouse di Chicago dove, alla fine degli anni settanta, il dj residente Frankie Knuckles adoperò un registratore a bobine ed un mixer per isolare i "frammenti" ritmici ricavati da dischi di musica nera (disco music, soul, funk e rhythm and blues), metterli successivamente in loop, alterare la loro durata ed enfatizzare i ritmi. Accompagnando, in un secondo momento, la musica ottenuta con il ritmo prodotto da una batteria elettronica e aggiungendovi linee di basso, Knuckles divenne il principale esponente della house music. Definita una "rilettura della musica tradizionale nera adattata alla tecnologia", la house music di Chicago è un genere caratterizzato dalla presenza di una pulsazione regolare e veloce, da brevi frammenti musicali ripetuti e campionamenti. Era originalmente rivolta ad un pubblico esclusivamente giovanile. La musica house contribuì a divulgare la musica elettronica popolare e ad inaugurare, con l'invenzione del remix, l'inizio della "club culture". Fra gli altri dj residenti a Chicago che riproposero house music vi furono Dj Pierre, Marshall Jefferson e Jamie Principle.
Sempre a Chicago, si venne a sviluppare, nel 1987, l'acid house, una variante della Chicago house che sfrutta i suoni psichedelici prodotti dalla Roland TB-303, mentre a New York si diffuse la garage house, caratterizzata da sonorità marcatamente soul.

La Detroit techno
La techno venne inventata a Detroit lungo la seconda metà degli anni ottanta. Musica ispirata a George Clinton, ai Kraftwerk ed alle novelle fantascientifiche (la parola "techno" proviene da "Techno Ribelle", un termine coniato dallo scrittore di fantascienza Alvin Toffler), la cosiddetta Detroit techno presenta sonorità cupe e futuriste, un ritmo rapido, e brevissimi frammenti musicali. Inventata da musicisti quali Juan Atkins, la Detroit techno ebbe fra gli altri esponenti Derrick May, Kevin Saunderson e Carl Craig.

Il new beat
Quasi contemporaneamente all'emersione della techno e della house, si sviluppava il new beat (noto anche come Belgian hardcore): uno stile musicale divenuto popolare in Belgio lungo la seconda metà degli anni ottanta. Definito un "ibrido di musica industrial e new wave elettronica", esso presenta ritmi generalmente lenti e sonorità ispirate all'Hi-NRG. Fra i suoi esponenti vi sono Joey Beltram, Praga Khan e i Lords of Acid.

Fine degli anni ottanta - metà degli anni novanta: la scena rave britannica, il breakbeat, e l'ambient-house
Durante il periodo iniziato nel 1986 e concluso nel 1989 vennero fatti esportare in Inghilterra numerosi album e singoli di musica elettronica da ballo americana. Grazie alla loro popolarità, si venne ad affermare, così come era accaduto in precedenza a Chicago, la scena rave britannica, destinata a perdurare fino alla metà degli anni novanta. In seguito alla divulgazione e riduzione dei costi delle apparecchiature elettroniche, emersero successivamente numerosi musicisti elettronici e dj inglesi che contribuirono a popolarizzare la musica elettronica da ballo anche nel resto d'Europa. Durante questi anni si affermarono in Inghilterra alcuni nuovi stili musicali: la jungle music, la drum and bass, l'acid jazz e l'ambient-house.

La jungle music
La jungle fu il primo genere musicale da ballo elettronico inventato in Inghilterra. Originalmente influenzata dalla prima musica hardcore techno e dall'hip-hop, la jungle iniziò successivamente a presentare ritmiche più complesse e influenze musicali reggae, dub, calypso, funk, soul e jazz. Ebbe fra i suoi maggiori musicisti Mickey Finn e 4hero.

La drum and bass
Nata come fusione di jungle music e techno, la drum and bass si basa sui ritmi hip-hop che vengono riprodotti a doppia velocità, sull'uso frequente dei campionamenti e sulle sonorità del dub. Considerata generalmente una variante più aggressiva della jungle music, ha fra i suoi principali esponenti "DJ" Fabio e Roni Size.

L'acid jazz
L'acid jazz è uno stile musicale nato a Londra durante la seconda metà degli anni ottanta. Definito da alcuni una "fusione di jazz e musica da ballo popolare", è una variante della musica house che presenta sonorità jazz, funk-jazz e soul, fa generalmente uso di ritmi e melodie orecchiabili, ed adopera sempre campionamenti di strumenti musicali (soprattutto organi Hammond, congas, e sassofoni). Fra i suoi musicisti più noti e importanti vi sono stati Eddy Piller, gli Incognito, i Brand New Heavies e i Jamiroquai.

L'ambient house
Per ambient house (termine probabilmente coniato dal musicista Jimmy Cauty dei KLF) si identifica un insieme di musicisti pressoché inglesi, emersi lungo la prima metà degli anni novanta, ed autori di composizioni "ambient-cosmiche". Ebbe fra i suoi maggiori esponenti gli Orb, la cui musica risentiva l'influenza di Steve Reich, Brian Eno, Cluster, Pink Floyd e di generi quali il reggae e la dub music. Altri musicisti e progetti di questa corrente includono Biosphere, Mixmaster Morris, Pete Namlook, Deep Space Network, Global Communication e Ultramarine.

Anni novanta: l'emergere di nuovi stili musicali
Anche grazie alla riduzione dei prezzi delle apparecchiature elettroniche avvenuta durante gli anni novanta, si vide aumentare in quel periodo il numero dei compositori elettronici che, ispirandosi a generi musicali inventati in precedenza, svilupparono nuovi "linguaggi". Fra essi vi sono la trance music, l'eurodance, il big beat, il trip hop, la techno hardcore, la glitch music, la UK Garage, la dubstep e il primissimo electroclash. Alcuni dei musicisti più importanti emersi in questo decennio includono Richie Hawtin, considerato l'inventore della minimal techno, Aphex Twin, considerato uno dei più importanti esponenti dell'ambient techno e della idm ("intelligent dance music"), i Future Sound of London, una delle prime formazioni che sfruttarono a fondo le possibilità tecnologiche di internet per comporre musica elettronica, e i Mouse on Mars.

La techno hardcore
Genere nato nei Paesi Bassi e Germania agli inizi degli anni novanta, la techno hardcore è una musica caratterizzata da influenze techno, breakbeat, ebm e new beat. Inizialmente caratterizzata da sonorità reggae e hip-hop, fece successivamente un maggiore uso di "frammenti ritmici" messi in loop, di campionamenti, e divenne più aggressiva. Ha fra i suoi esponenti i Rotterdam Terror Corps e 3 Steps Ahead.

L'eurodance
Genere emerso alla fine degli anni ottanta e divenuto largamente popolare negli anni novanta, l'eurodance è caratterizzata da sonorità melodiche, vivaci, e riprende influenze dalla house e dall'Hi-NRG. I suoi autori includono Haddaway, Sash!, John Scatman, i La Bouche e gli Aqua.

La trance
Variante della techno con una forte componente melodica, la trance è uno stile musicale inventato negli anni novanta. Originalmente ispirata all'acid-house, essa fa spesso uso di effetti doppler, sonorità percussive sovrapposte fra loro, e mette in primo piano i suoni prodotti dai sequencer. Fra i suoi esponenti vi sono Paul van Dyk, Sven Väth, Trance Induction e Armin Van Buuren.
Da questo stile sarebbero emerse alcune versioni alternative, esse comprendono, ad esempio, la Goa trance, uno stile caratterizzato da sonorità psichedeliche.

Il trip hop
Il trip hop (noto anche come Bristol sound) è un genere musicale "onirico e cinematico" che presenta influenze reggae, dub, r&b, ambient, soul e funk. Ebbe fra i suoi esponenti i Massive Attack, probabilmente il complesso più importante del genere, Tricky, i Portishead, DJ Shadow, DJ Krush e i Morcheeba.

La glitch music
Stile di musica elettronica emerso durante gli anni novanta, la glitch music è costruita sugli "errori" (detti, appunto, "glitch") prodotti dalle apparecchiature elettroniche (stridii, distorsioni e altri). Una delle sue formazioni pionieristiche fu quella degli Oval mentre gli altri esponenti includono Alva Noto, Ryoji Ikeda, i Matmos, Christian Fennesz e Taylor Deupree.

Il big beat
Stile musicale inventato dai Chemical Brothers, il big beat si sviluppò in Inghilterra per divenire successivamente più popolare grazie al successo di Fatboy Slim. Caratterizzato dalla forte presenza di campionamenti e da sonorità ballabili, Il big beat ha fra i suoi autori i Propellerheads, i Prodigy e i Crystal Method.

La UK garage
La UK garage è una variante più veloce della garage house. Stile che ricorda a tratti la drum and bass, venne concepita per un pubblico meno giovanile rispetto a quello della Chicago house. Ha fra i suoi esponenti gli Artful Dodger.

La dubstep
La dubstep è un genere musicale emerso in Inghilterra alla fine degli anni novanta. Oltre a presentare ritmi sincopati, essa è caratterizzata da linee di basso pesanti ispirate alla musica reggae e sonorità riconducibili a UK garage, drum and bass e dub. I suoi pionieri includono Digital Mystikz, Loefah, Kode9, EL-B e Steve Gurley.

L'electroclash
Genere emerso alla fine degli anni novanta e divenuto più popolare durante il decennio seguente, l'electroclash è caratterizzato da influenze techno, new wave, synth pop e sonorità provocanti. Lo stile ha fra i suoi esponenti Felix da Housecat, Peaches e i Fischerspooner.

Anni duemila

I Daft Punk (2010)
Durante i primi anni del nuovo millennio, migliorano i software musicali che semplificano considerevolmente il metodo di composizione della musica elettronica rendendo possibile la realizzazione di musica tramite l'ausilio del solo computer. Nel mentre, salgono alla ribalta stili quali il french touch, che ebbe i Daft Punk fra i suoi esponenti più celebri, il grime e, in anni più recenti, il moombahton e il trap. In questo periodo hanno goduto di grande successo artisti come Martin Garrix, Hardwell, Armin Van Buuren, Tiësto, Afrojack, Skrillex, deadmau5, Alan Walker e Avicii.
Agli inizi degli anni 2010, alcune sottoculture online hanno dato vita alle prime tendenze musicali nate grazie a Internet. Fra esse vi sono la vaporwave, nata come conseguenza del file sharing di brani archiviati online e caratterizzato dal rallentamento di "sample" di musica lounge, il pop ipnagogico, stile nostalgico ed eclettico che tenta di ricontestualizzare l'immaginario degli anni ottanta in chiave psichedelica, e la witch house, colma di allusioni occulte e contaminata dal chopped & screwed.

Risultati immagini per Perchè la 1437 crea web radio?



Questo è il punto di partenza, la prima domanda che vi dovete porre è “Perchè creare una web radio?”.
In genere si apre una web radio quando si ha qualcosa da comunicare in modalità “da uno a molti”, almeno in linea teorica, perchè il bacino di ascolto di una web radio non è sicuramente quello di una radio FM, soprattutto in Italia, dove le web radio ancora faticano a prendere piede.
Non voglio scoraggiarvi, anzi, questo significa che ci sono ancora tanti spazi aperti per chi vuole iniziare ed essere pronto per quando anche in Italia le web radio saranno finalmente ascoltate da molti utenti. E, comunque, non dimentichiamoci che una web radio può essere ascoltata in tutto il mondo……

Cos’è radio 1437 Network?
Radio 1437 Network è un’iniziativa partita circa un anno fa rivolta agli addetti ai lavori del mondo della musica. Abbiamo voluto creare una radio per la musica, che si avvale di un board di 20 professionisti ed esperti del comparto, che costituiscono una voce autorevole a garanzia dei contenuti veicolati. Non a caso abbiamo deciso di chiamarla Radio 1437 Network, ispirandoci a Radio Londra divenuta nell’immaginario collettivo veicolo di notizie reali.

Come nasce l’idea? Perché la 1437 ha creato la 1437 Network?
Perché era arrivato il momento di comunicare con il pubblico. Dopo una fase iniziale in cui ci siamo rivolti agli addetti ai lavori, ci mancava l’ultimo tassello per avvicinarci di più al pubblico finale. Come 1437 Network lavoriamo per il 95% con giovani artisti emergenti e ci siamo resi conto che questi ultimi hanno bisogno di parlare con l'utente finale, che è il pubblico. Abbiamo così trovato questa strada radiofonica, perché la radio è un mezzo che funziona e dà fiducia. 1437 Network nasce per fornire conoscenza sul mondo della musica e intende essere uno strumento autorevole di informazione in questo campo.

A chi si rivolge 1437 Network e con quale obiettivo?
1437 Network si rivolge al pubblico con l’obiettivo di informare le persone in maniera corretta, contrastando le fake news.

Su quali mezzi verrà veicolata 1437 Network?
Esclusivamente sul web. L’obiettivo è di arrivare sul DAB.

1437 Network viene definita una web radio tv: quindi c’è anche una componente televisiva?
Le trasmissioni sono on air e alcune sono visibili sulla piattaforma video. 1437 Network propone sul web un palinsesto di programmi in versione radiofonica e televisiva.

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L'espressione loudness war (o loudness race), in italiano traducibile in guerra del volume, si riferisce alla tendenza dell'industria musicale a registrare, produrre e diffondere musica, anno dopo anno, con livelli di volume progressivamente più alti, per creare un suono che superi in volume i concorrenti e le registrazioni dell'anno precedente.
Questo fenomeno può essere osservato in varie aree dell'industria musicale, in particolare nella diffusione e nella pubblicazione di album su CD e DVD. Nel caso dei compact disc, la guerra deriva dal desiderio di artisti e produttori di creare dischi che suonino a un volume sempre più alto o perlomeno maggiore di quello degli artisti e delle etichette discografiche concorrenti.
Tuttavia, dato che l'ampiezza massima del livello sonoro di un CD non può superare un certo limite, il volume complessivo può essere aumentato soltanto riducendo la gamma dinamica. Tutto ciò è fatto spingendo il materiale sonoro con un volume più basso a un livello più alto, mentre i picchi di volume più alti vengono o distrutti o notevolmente compromessi. L'uso estremo di questa compressione può introdurre distorsioni e clipping nella forma d'onda della registrazione.

Introduzione
Il volume
Quando si mettono a confronto due registrazioni con livelli differenti, è probabile che quella dal volume più alto venga considerata anche quella che suona meglio. Ciò può essere attribuito al modo in cui l'orecchio umano risponde a differenti livelli di pressione sonora: la nostra capacità di reagire ai cambiamenti di frequenza cambia a seconda delle differenze nei livelli di pressione sonora (SPL); più cresce la SPL, maggiore è l'ammontare di basse e alte frequenze che percepiamo. La musica coi livelli sonori più alti è ascoltata e percepita più facilmente in ambienti rumorosi come una macchina, un treno o le strade trafficate della città. Un volume più alto dei livelli sonori può inoltre "rendere" meglio su sistemi di riproduzione di bassa qualità come i formati audio internet, radio AM, televisori monofonici e telefoni. A causa della corsa delle stazioni radio ad accaparrarsi gli ascoltatori e alla competizione per i clienti tra gli studi di registrazione, si ebbe una vera e propria "corsa agli armamenti" per aumentare il volume. In aggiunta a ciò, gli artisti e la gente dell'A&R cominciarono a richiedere che i master dei loro CD avessero i livelli di volume dei maggiori dischi di musica contemporanea.

Gli oppositori
Questa pratica fu condannata da parecchi professionisti dell'industria della registrazione, tra cui il tecnico del suono Doug Sax, Geoff Emerick (conosciuto per la sua collaborazione coi Beatles da Revolver a Abbey Road), Steve Hoffman e molti altri, come gli audiofili e gli appassionati di Hi-fi. Anche Bob Dylan ha condannato questa abitudine, dicendo: "Ascoltate queste registrazioni moderne, sono atroci, piene di rumore. Non c'è definizione su niente, niente sulle voci, niente di niente, è come se ci fosse solo un'interferenza continua."
Il testo seguente fu stampato dentro l'imballaggio del singolo I Walk Alone della band metal Iced Earth: "Questa è una registrazione dinamica metal! Ascoltala ad alto volume! (Ci rifiutiamo di rovinare le nostre produzioni comprimendole all'eccesso e masterizzandole a volumi ridicoli! Ciò uccide la vibrazione e la dinamica del mix. Alza il volume dello stereo e basta!)"
Se un CD è diffuso da una stazione radio, la stazione applicherà il suo metodo di trattamento del segnale, il quale ridurrà ulteriormente il range dinamico del materiale diffuso fino a dei livelli assoluti di ampiezza, senza badare al volume della registrazione originale.
Per quanto concerne i livelli di volume, gli oppositori hanno inoltre richiesto dei cambiamenti immediati all'industria musicale. Nell'agosto del 2006, il vicepresidente dell'A&R di One Haven Music, una società della Sony Music, in una lettera aperta in cui attaccava la loudness war, dichiarò che i tecnici del suono erano costretti, contro la loro volontà o preventivamente, a fornire registrazioni più "rumorose" per potersi guadagnare l'attenzione dei capi dell'industria.
Inoltre, alcune band stanno cominciando a richiedere la ripubblicazione dei loro CD con una distorsione minore.[5] Ciò potrebbe indicare uno scontento pubblico generale per questa pratica e la richiesta di metter fine alla guerra del volume.
Molte band hanno subito questa pratica contro la loro volontà; parecchie organizzazioni sono state create per tentare di rimettere la scelta nelle mani degli artisti. L'organizzazione no-profit Turn Me Up! ha inoltre incoraggiato la vendita di registrazioni più "tranquille", attaccando un adesivo "Turn Me Up!" ("Alza il volume!") sugli album aventi una gamma dinamica "piena".
Gli esperti dell'udito, come un ricercatore della House Ear Institute di Los Angeles, sono inoltre preoccupati che gli album "vittime" della loudness war possano danneggiare l'udito degli ascoltatori, soprattutto quello dei bambini.

Gli effetti
La pratica di aumentare il volume dei CD affinché suonino più forte dei CD concorrenti può portare a due effetti. Dato che esiste un massimo livello di volume disponibile su una registrazione (all'opposto di quanto avviene nella riproduzione, in cui il volume è limitato dalla capacità degli amplificatori e dei diffusori), "pompando" il volume complessivo di una canzone o di una traccia si crea un pezzo che uniformemente e complessivamente suona "forte" dall'inizio alla fine. L'intera canzone è stata, per così dire, appiattita contro il tetto massimo del volume. Ciò crea musica con una ridotta gamma dinamica (differenze minori tra le sezioni con un volume alto e quelle con un volume basso). In definitiva, la musica con una ridotta gamma dinamica è affaticante e insoddisfacente da ascoltare.
L'altro possibile effetto è la distorsione. Nel dominio digitale, a ciò ci si riferisce col termine di clipping. Un media digitale non può emettere segnali più alti del suo fondo scaladigitale (0 dBFS), in questo modo ogni volta che il picco di segnale oltrepassa questo punto, la forma d'onda verrà tagliata (clippata). Quando ciò accade, si può a volte produrre un udibile "click". Tuttavia alcuni suoni come i colpi di batteria raggiungeranno il loro picco solo per un breve periodo di tempo e, se quel picco suona molto più "forte" del resto del segnale, questo "click" verrà ripetutamente sentito. In molti casi, i picchi della batteria sono tagliati (clippati) ma non udibili all'ascoltatore occasionale; tuttavia se il clipping avviene di sovente in una registrazione, può rendere il suono della registrazione distorto: un suono che gli ascoltatori percepiranno come penetrante e affaticante da ascoltare. Quanto lo sia è questione di gusto, ma molti CD rock e pop e parecchi CD jazz, soffrono di notevoli quantità di clipping digitale.
D'altra parte, bisogna dire che il media analogico comprime dinamicamente il segnale che eccede il suo punto di saturazione. Questo tipo di distorsione può essere utilizzato anche nel dominio digitale; ciò è possibile trasferendo l'audio elaborato con un nastro oppure, tramite saturazione delle valvole termoioniche, su di un registratore digitale, oppure ancora usando un software che simuli questo effetto (questo processo è di solito definito come "saturazione"). La distorsione analogica, vera o simulata, produce delle armoniche che all'ascolto appaiono dentro il suono come leggeri "crepitii" o "zzz" (fuzz). L'effetto varia a seconda del suono, così come l'ammontare e il tipo di distorsione usati. Dato che la distorsione analogica non è così estesa come il clipping digitale, il risultato è un suono meno penetrante che può dare "calore" alla registrazione, a scapito di una minore risposta dei segnali transienti. La distorsione aumenta proporzionalmente alla saturazione del segnale, variando da trasparente ad altamente udibile, e così come il clipping digitale, certi strumenti possono mascherare meglio di altri la distorsione.
In altri casi, viene usata la compressione del livello audio o, in alternativa, la limitazione. Mentre la distorsione risultante da questo processo è minore, essa ha l'effetto collaterale di ridurre significativamente la risposta dei transienti (molto spesso ciò si traduce con un minore impatto della batteria) e, quando portata a livelli estremi, può ridurre la dinamica naturale di altri strumenti della registrazione.
Le tecniche per aumentare il volume di una registrazione, tuttavia, non sempre affliggono la macrodinamica (la differenza di volume tra sezioni di una canzone) se usate con cura e attenzione. La compressione multi-banda è comunemente usata per ottenere un missaggio più uniforme e più facile da bilanciare, più compatibile per i sistemi di bassa qualità, o per ottenere un certo sound o un effetto artistico. D'altra parte, la compressione della gamma dinamica (o compressione broadcast-style) verrà applicata alla musica per rendere il volume di diverse sezioni della canzone più uniforme.[9] Ciò può rendere la registrazione più adatta a un ascolto ambientale o in luoghi rumorosi ma può anche ridurre l'espressività dinamica della canzone nell'insieme.

Storia
L'abitudine di concentrarsi sul volume nella fase di mastering può essere tracciata indietro nel tempo fino all'introduzione del compact disc ma esisteva anche all'epoca in cui il vinile era il mezzo più diffuso per pubblicare le registrazioni. Molte compagnie di registrazione si misero a stampare compilation e gli artisti e i produttori le cui canzoni suonavano meno forte degli altri, pretesero che queste venissero ristampate per essere competitive. Inoltre, molte registrazioni della Motown spinsero il volume al limite e l'etichetta divenne "celebre per incidere alcuni tra i più caldi 45 giri dell'industria". Tuttavia, a causa del limite intrinseco del vinile, volume e compressione sulle registrazioni pubblicate furono circoscritte per rendere il supporto fisico riproducibile — restrizioni che non esistono sui supporti digitali come i CD — e come risultato, l'incremento dei livelli di volume non raggiunse mai quello significativo che fu introdotto con l'avvento del Compact Disc. In aggiunta a ciò, l'elaborazione digitale degli effetti audio basata sui moderni computer permette agli ingegneri del mastering di aver un grande controllo sul volume di una canzone.
Le tappe dell'incremento del volume dei CD dividono i 25 anni dell'esistenza del supporto. Dato che i Compact Disc non erano il supporto primario per la musica popolare fino alla fine degli anni ottanta, non c'era motivo di praticare una loudness war. I CD player erano molto cari e perciò presenti di solito in sistemi di alta qualità che avrebbero fatto notare i difetti di questa pratica.
Come risultato, fu pratica comune produrre dei compact disc basandosi sui più familiari VU meter analogici. Un determinato punto di questi ultimi (di solito −14 dBFS, o a circa il 20% di ampiezza del disco su una scala lineare) fu usato come punto di saturazione (indicato come 0 dB) di una registrazione analogica, con parecchi dB del livello di registrazione dei CD riservati per l'eccesso di ampiezza del punto di saturazione (la cosiddetta "zona rossa", indicata da una barra rossa sul meter), dato che un segnale digitale non poteva eccedere 0 dB. Il livello medio di una canzone rock media durante questo periodo fu attorno a −18 dBFS.
Quando questo decennio finì, cominciarono a comparire i primi CD con un livello più forte e il volume dei compact superò via via il limite digitale fino a raggiungere il clipping; i picchi delle registrazioni quindi si avvicinarono al limite dei 0 dB (di solito la media era dei −3 dB) ma solo di rado.
Agli inizi degli anni novanta, alcuni ingegneri del mastering decisero di fare un ulteriore passo e trattare i livelli dei CD esattamente come se fossero i livelli di un nastro analogico, equiparando il fondo scala digitale al punto di saturazione analogica, con registrazioni che suonavano forte abbastanza da raggiungere a ogni picco (o su tutti), vicino ai 0 dBFS o proprio su quel limite. Sebbene ci fossero stati alcuni casi all'inizio (come il Black album dei Metallica del 1991), i dischi masterizzati in questo modo generalmente non apparvero fino al 1992. L'album Dirt degli Alice in Chains e Angel Dust dei Faith No More sono alcuni degli esempi di quell'anno. Il volume dei CD di questo periodo variano molto, a causa delle differenti filosofie degli ingegneri e delle altre persone coinvolte nel processo di mastering. Questo stile "caldo" del mastering divenne pratica comune nel 1994 e ancora esistente, sebbene con alcune eccezioni come l'album Superunknown dei Soundgarden pubblicato quello stesso anno.
Il concetto di rendere un CD "più caldo" iniziò ad attrarre le persone dentro l'industria, soprattutto in relazione a quanto i CD suonassero sensibilmente più forte e in parte basandosi sul concetto che i clienti preferivano CD dai volumi più alti. Ingegneri, musicisti ed etichette svilupparono ognuno le proprie idee su quanto i Compact disc dovessero suonar forte. Nel 1994, il limitatore digitale brickwall con funzione "look-ahead" fu il primo prodotto di massa. Mentre il volume dei CD aumentava gradualmente attraverso gli anni novanta, alcuni optarono per spingere il supporto al limite, come nell'album degli Oasis, (What's the Story) Morning Glory?, che raggiunse una media di −8 dBFS su molte delle sue tracce, un evento raro, specialmente nell'anno in cui fu pubblicato (1995). Nel 1997, Iggy Pop partecipò al remissaggio e alla rimasterizzazione dell'album del 1973 Raw Power della sua ex band The Stooges, creando un album che, attualmente, è probabilmente il più "rumoroso" disco rock mai registrato; con una media di −4 dBFS, inconsueto persino per gli standard di oggi, benché sia divenuto un livello sempre più comune.
Gli standard del loudness raggiungeranno il loro limite negli anni 2000. −10 dB fu lo standard per parecchi anni, ma questo livello fu spesso spinto fino a −9 dB. Tuttavia, un livello tra −6 e −5 dBFS è comune nel rock, nel pop e nella musica rap. Livelli sonori più "tranquilli" sono rari per gli standard di oggi. L'ultima pubblicazione del 2008 ha raggiunto una media di −3 dBFS, come in I-Empire degli Angels & Airwaves, che suona quasi 30 volte più forte delle registrazioni standard THX (−20 dBFS).

Interpretazioni
Il modo di vedere l'effetto della guerra del loudness è altamente soggettivo. I sostenitori dei CD "rumorosi" dichiarano che i clienti preferiscono questi CD e che sono i più adatti all'ascolto in ambienti affollati. I compact disc contenenti un gran numero di distorsioni sono perciò riprodotti a più basso volume rispetto a quelli non clippati data l'eccessiva asprezza del suono. In molti sostengono che solo una manciata di album sono da biasimare, come l'album dei Red Hot Chili Peppers, Californication (un CD funestato da un così eccessivo numero di clipping digitali ad alta frequenza, che gli appassionati di audio lo hanno ritenuto "inascoltabile"), mentre altri ancora credono che qualsiasi CD che utilizzi il fondo scala digitale dovrebbe essere considerato inaccettabile. Alcuni ascoltatori non gradiscono proprio sentire album masterizzati sulle basi della loudness war. Viceversa, altri potrebbero non percepirne gli effetti o considerarli solo una seccatura minore. Ugualmente, molti ingegneri del mastering credono che uno standard del volume debba comunque essere implementato. Queste proposte variano in base a chi le fa, ma comunemente i livelli proposti variano tra lo standard THX (−20 dBfs) per i film e il livello che generalmente è possibile raggiungere senza clipping quando si masterizza da un nastro da 1/4" (−14 dBfs).

Rimasterizzazioni
Molte registrazioni sono state ripubblicate sotto forma di rimasterizzazioni. Registrazioni precedenti gli Lp possono essere rimasterizzate usando il Computer Enhanced Digital Audio Restoration (CEDAR): un restauro digitale dell'audio. Questi strumenti sono concepiti per migliorare la larghezza di banda delle registrazioni e ridurre il rumore di fondo. La risposta critica alle rimasterizzazioni è varia. Alcune volte un'estensione della risposta in frequenza è ben accolta, dato che ciò può migliorare trasparenza e tridimensionalità della registrazione. Altre volte, questo miglioramento può essere controbilanciato da un innaturale ed eccessivo stridore della registrazione.
Molte etichette discografiche possono decidere di incrementare il volume medio delle registrazioni con l'aiuto della compressione, della limitazione e/o del clipping. Ciò è pratica comune in molti remaster di musica pop. Le due immagini accanto, relative a One of Us degli ABBA, dimostrano questo effetto.
La prima immagine è stata ricavata dal CD originale della Polydor; la seconda è ricavata dal remaster del 2005 (parte del Box Set The Complete Studio Recordings, da non confondere con il remaster Universal/Polydor del 2001).
Come si può notare, la compressione dell'audio è molto pesante, tale da compromettere la dinamica e il "brio" della traccia originale.
Per fare un esempio italiano, si possono mettere a confronto due versioni della canzone Bollicine di Vasco Rossi. Si può notare la differenza tra la prima versione del 1983 (Album Bollicine) e la stessa identica canzone rimasterizzata nel 2003 per la raccolta Sarà migliore.

Altri formati
Attualmente, la loudness war affligge per lo più CD audio e di conseguenza qualsiasi MP3 o altra copia ricavata da questi dischi.
Alcune pubblicazioni recenti in vinile non subiscono lo stesso tipo di mastering loudness, benché presente tuttora su molti dischi. Ciò è dovuto in parte alle limitazioni tecniche del supporto e in parte al fatto che il vinile è adesso un prodotto di nicchia, scelto da un piccolo numero di appassionati dell'alta fedeltà—lo stesso ruolo avuto dai CD nella metà degli anni ottanta.
Alcuni SACD e DVD-Audio presentano lo stesso problema. Tuttavia, quasi tutti i DVD-audio contengono anche una traccia Dolby Digital (AC3) o DTS per permettere al disco di essere riprodotto sui primi lettori DVD. Dolby Digital ha un livello medio di volume (−20 dBFS) ben definito e calibrato, così come la traccia DTS. Perciò la traccia ad alta risoluzione del DVD-Audio verrà riprodotta, di norma, allo stesso livello di riferimento.
Col diffondersi dei formati ad alta risoluzione nel mercato audiofilo, la masterizzazione loudness quasi certamente diverrà controproducente, vista l'attenzione che questo target di mercato pone nella qualità del suono e nella dinamica.


Risultati immagini per Mastering


Il mastering (più correttamente il pre-mastering) è il processo fondamentale per creare il master originale di un album musicale partendo dalle tracce ottenute dopo il missaggio. Il master è quindi la copia dalla quale verranno stampate tutte le altre.


Storia
Le prime tecnologie
Prima dell'invenzione del mixer e dei microfoni, i dischi venivano registrati mediante l'uso di un diaframma di cera che, posizionato nella sala ripresa, vibrando trasmetteva l'energia acustica ad un tornio posto in una stanza adiacente il quale creava direttamente il master incidendo in tempo reale l'esecuzione musicale sotto forma di solchi più o meno profondi in un disco master. Anche dopo l'invenzione dei mixer e dei microfoni, sebbene la qualità audio ne trasse notevole vantaggio, il master veniva scritto in tempo reale poiché mancava un supporto affidabile su cui registrare momentaneamente l'esecuzione per essere scritta successivamente sul master.
Agli albori, le fasi del processo di registrazione e di masterizzazione venivano eseguite interamente in modo analogico e meccanico. Gli artisti cantavano e suonavano in un grande corno acustico e il mastering veniva eseguito direttamente dal trasferimento acustico, dal diaframma del corno di registrazione al tornio di masterizzazione, generalmente posto in una stanza vicina. La testa di taglio, guidata dall’energia proveniente dal corno acustico, inscriveva una scanalatura modulata sulla superficie di un disco o cilindro rotante. Il master era generalmente realizzato o in lega di metallo o in cera.
Dalla metà degli anni ’20, dopo l’introduzione del microfono e dell’amplificatore elettrico, il processo di mastering divenne elettromeccanico. Dei torni di masterizzazione venivano, infatti, azionati elettricamente per il taglio dei master e, fino all’introduzione della registrazione a nastro, tutti i master venivano tagliati direttamente su disco. Le registrazioni masterizzate sfruttando il materiale registrato in precedenza, e proveniente da altri dischi, erano la minoranza.

L’introduzione del nastro magnetico
Alla fine degli anni ’40, l’industria di registrazione fu rivoluzionata dall’introduzione del nastro magnetico. Il nastro magnetico fu inventato per le registrazioni da Fritz Pfleumer, in Germania, nel 1928, il quale si basò sull’invenzione della registrazione a filo magnetico di Valdemar Poulsen, del 1898. Questa nuova tecnologia fu disponibile al di fuori della Germania solo a partire dalla fine della Seconda Guerra Mondiale. L’introduzione del nastro magnetico rese possibile il taglio separato dei master, rispetto al processo di registrazione.
Sebbene i nastri e gli altri progressi tecnologici abbiano drasticamente migliorato la qualità audio delle registrazioni commerciali, a partire dal dopoguerra, i vincoli del mastering elettromeccanico rimasero i medesimi e le limitazioni fisiche dei principali supporti commerciali per la registrazione (il 78 giri, il 45 giri in seguito e l’LP), rappresentavano dei limiti per la qualità audio, la gamma dinamica e il tempo di esecuzione dei master, rispetto ai mezzi futuri come, ad esempio, i compact disc.

Il processo di masterizzazione elettromeccanico
Dagli anni ’50 fino all’avvento della registrazione digitale, degli anni ’70, il processo di masterizzazione si suddivideva in varie fasi. Una volta completata la registrazione multi-traccia in studio, veniva preparato un mix finale, rimandato al master, generalmente un nastro stereo singolo o a doppia traccia. Prima del taglio del master, il nastro veniva trattato elettronicamente ulteriormente da un ingegnere specializzato. In particolare, per migliorare a qualità del disco, veniva regolata l’ampiezza del suono su diverse bande di frequenza (equalizzazione), prima di tagliare il master.
Il mastering divenne così un elemento indispensabile e molto ricercato nell’industria musicale, che poteva sancire il successo, o meno, di un prodotto pop. Nacquero, così, numerosi studi indipendenti per la masterizzazione e, i primi ingegneri indipendenti, furono Doug Sax, Bob Ludwig, Bob Katz, Bernie Grundman e Danny Purcell.

Scopi
Il Mastering ha fondamentalmente due scopi:
  1. Amalgamare i brani presenti su un album (a meno che non si tratti di un singolo brano) decidendone la scaletta, le pause tra i brani e uniformandone i volumi, la risposta in frequenza e l'immagine stereofonica.
  2. Ottimizzare la resa sonora dei brani rispetto al supporto su cui verrà stampato l'album (cd, DVD, vinile o altro) facendo sì che il disco riesca a suonare al meglio su qualsiasi supporto venga riprodotto.

Aspetti correlati
Grazie allo sviluppo del digitale nell'audio, è aumentata la possibilità di intervenire a posteriori su un qualsiasi aspetto di una registrazione senza alcuna perdita qualitativa, anzi, spesso ottenendo risultati migliori del materiale di partenza. Sempre più fonici di ripresa cominciarono a trascurare l'accuratezza della ripresa microfonica pensando di poter colmare eventuali lacune in fase di editing e di missaggio. Al loro pari anche in fase di missaggio si tendeva a trascurare alcuni dettagli produttivi pensando che sarebbe stato il mastering, ultimo anello della catena, a dover da solo definire o stravolgere completamente il suono di un brano.
Dopo l'avvento dell'audio digitale, sappiamo perfettamente che è fondamentale che ogni stadio della catena produttiva di un disco lavori al suo meglio se si vogliono ottenere buoni risultati, inoltre è risaputo che l'anello più debole della catena è sempre il primo, quindi nel nostro caso la registrazione della sorgente sonora. Il Mastering non ha la possibilità di stravolgere completamente il lavoro fatto in precedenza; d'altro canto è vero che partendo da tracce ben registrate e ben mixate è possibile ottenere un ottimo suono finale con un buon mastering. Gran parte delle leggende metropolitane legate al mastering sono nate alla fine dello scorso decennio quando si è iniziato ad attuare dei bruschi interventi di compressione dinamica in fase di mastering. Queste scelte operative erano dettate dalle case discografiche che volevano che i loro brani suonassero a volumi più sostenuti.
Era più facile che un brano con un volume maggiore attirasse l'attenzione degli ascoltatori di una stazione radio. In effetti, psicoacusticamente parlando, risulta che le persone in genere trovino inconsciamente più piacevoli i brani con una pressione sonora maggiore. Il risultato fu l'appiattimento dinamico dei dischi dell'epoca. Andando ad analizzare la forma d'onda di un brano dai primi anni novanta in poi, scopriremmo che essa non presenta picchi ma rimane perlopiù vicina agli 0 dB, limite invalicabile dell'audio digitale. È fondamentale precisare che quanto descritto è appannaggio quasi esclusivamente della musica pop. Per quanto concerne la musica jazz, quella classica ed altri generi di musica perlopiù acustici, questo problema non è mai sorto in quanto gli interventi di mastering su questi generi tendono a non snaturare il carattere spettrale e dinamico della registrazione, ma si limitano solamente ad adattare al meglio i brani al supporto.

Il mastering professionale
Lo studio di mastering professionale di solito ha una dotazione di macchine minima, confrontata con quella di uno studio di registrazione professionale. In realtà le poche macchine presenti sono più che sufficienti a svolgere il lavoro di mastering. Inoltre è possibile che si siano investite cifre molto più grandi per le poche macchine presenti nello studio di mastering, dato che si tratta di dispositivi costosissimi, spesso artigianali o costruiti su misura per lo studio, in ogni caso non di strumentazione facilmente reperibile.
D'altro canto, oltre ai supporti necessari per leggere il premaster, la strumentazione base è di solito costituita da un compressore (spesso multibanda), un limiter, un equalizzatore ed un processore dell'immagine stereofonica. Un altro motivo per il quale lo studio di mastering ha un arredamento più essenziale rispetto a quello di registrazione risiede in ragioni di ordine acustico. In uno studio di mastering l'ambiente d'ascolto, al pari dei diffusori, è la cosa che conta di più; l'acustica della stanza deve essere curata al massimo al fine di permettere un ascolto quanto più lineare possibile. Il suono, emesso da monitor di estrema qualità, non deve avere la possibilità di essere riflesso da oggetti presenti nella stanza, quindi anche l'arredamento sarà minimale e ben studiato. Il fonico di mastering (ingegnere di mastering per gli anglofoni), al pari del fonico di registrazione, ma ancora più di questo, deve avere un'ottima conoscenza tecnica unita ad uno spiccato senso estetico.
Al fonico di mastering tocca l'ultima parte tecnico-creativa per la realizzazione dell'album. Il fonico di mastering non ha le orecchie affaticate dai continui ascolti in fase di missaggio quindi è più facile individuare al primo ascolto le possibili pecche all'interno del missaggio. È fondamentale disporre di tracce ben missate poiché il mastering non è in grado di stravolgere totalmente gli equilibri all'interno di un brano. Una volta presa nota di quello che deve essere corretto, il fonico lavorerà affiancato dal produttore del disco il quale, avendo in mente il suono definitivo dell'album, supervisionerà le scelte del fonico per raggiungere il risultato finale.

Procedimento
Di solito le operazioni base del mastering sono le seguenti:
  1. Trasferire le tracce audio registrate su una Digital Audio Workstation. Questo è opzionale in quanti molti preferiscono eseguire il mastering analogico dal nastro.
  2. Mettere in sequenza le tracce interponendo tra esse le pause desiderate.
  3. A questo punto è possibile eseguire tutta una serie di operazioni sull'audio ove necessario:
  • Livellare i volumi
  • Editare piccoli difetti
  • Ridurre i fruscii di fondo
  • Limitare i picchi dinamici delle tracce
  • Comprimere la dinamica
  • Espandere la dinamica
  • Regolare l'ampiezza dell'immagine stereofonica
  • Aggiungere un'ambienza
  • Effettuare assolvenze ad inizio brano e/o dissolvenze a fine brano
  • Uniformare lo spettro delle diverse tracce
  • Uniformare la dinamica delle tracce e far sì che sfruttino al massimo tutta la gamma dinamica messa a disposizione del supporto.
Tipicamente la catena di processori nei quali passa l'audio è così costituita:
Equalizzatore>Riverbero>Compressore>Eccitatore Armonico>Processore di immagine stereofonica>Limiter>Dither
Ovviamente è possibile tanto invertire l'ordine dei processori (fatta eccezione per il dither che deve chiudere la catena) quanto bypassare l'utilizzo di alcuni di questi, secondo le esigenze. nfine si dovrà t rasferire l'audio nel formato finale del master effettuando, se necessario, il dithering delle tracce.Riveste particolare interesse ai fini della bontà del mastering, la creazione dell'opportuna ambienza, anche per simulare virtualmente lo spazio dove l'ascoltatore debba immaginare che si stia eseguendo la riproduzione. A tal fine sono di ausilio i processori DSP di immagine stereofonica, che elaborando opportunamente il segnale, riescono, tramite ritardi temporali, differenziazione di livello e variazioni di fase, a generare una olografia sonora comunque complessa, e secondo le necessità imposte dal tecnico del suono, determinando una collocazione spaziale dei suoni che coinvolge gli spazi anteriori e posteriori oltre che quelli laterali, dei diffusori stessi.



Risultati immagini per Produttore discografico



Nell'industria musicale, un produttore discografico è una persona che nel corso della produzione di un disco ricopre diversi ruoli, tra i quali figurano la supervisione delle sessioni in studio di registrazione, la preparazione e la guida dei musicisti e la supervisione dei processi di mixaggio e masterizzazione. Oltre a questo ruolo tecnico, nel corso del XX secolo i produttori discografici hanno assunto un crescente ruolo imprenditoriale.

Definizione giuridica in Italia del produttore di fonogrammi
Ampliare le prospettive!
Per quanto riguarda il sistema legislativo italiano, la Legge 22 aprile 1941, n. 633, articolo 78, in materia di "Protezione del diritto d'autore e di altri diritti connessi al suo esercizio." definisce il produttore di fonogrammi come la persona fisica o giuridica che assume l'iniziativa e la responsabilità della prima fissazione dei suoni provenienti da una interpretazione o esecuzione o di altri suoni o di rappresentazioni di suoni, il quale conserva taluni diritti esclusivi di utilizzazione sui fonogrammi, come regolato dagli articoli 72-78.

Primi produttori discografici
Durante gli anni 1880, Fred Gaisberg avviò il primo studio di registrazione approntando una prima approssimazione di produzione delle cantanti d'opera. Tuttavia solo nella prima metà del XX secolo, il ruolo di produttore discografico divenne comparabile al produttore cinematografico, in questo lavoro il produttore iniziò ad organizzare e supervisionare le sessioni di registrazione, pagando tecnici, musicisti e arrangiatori, ed alle volte scegliendo il materiale per l'artista prodotto.
Durante gli anni 1950 questo ruolo fu sostenuto dai cosiddetti A&R (artist and repertoire) director, di cui uno dei più importanti fu sicuramente il musicista e compositore Mitch Miller presso la Columbia Records. Fino agli anni 1960 la maggior parte degli A&R director erano a libro paga delle etichette discografiche, e la maggior parte delle registrazioni venivano effettuate in studi di proprietà di tali etichette, come i famosi Abbey Road Studios a Londra, di proprietà della EMI.
Verso la metà degli anni cinquanta, emerse una nuova figura, ovvero il produttore discografico indipendente. Tra i primi a rappresentare questa figura vi furono i famosi parolieri Leiber & Stoller, il creatore di "Wall of Sound" Phil Spector ed il pioniere inglese Joe Meek. I nastri magnetici consentirono agli studi di registrazione indipendenti di aprire i battenti in grandi centri come Londra, Los Angeles, New York. Diversamente dalle vecchie e grandi etichette che erano in pratica dei circoli chiusi, i nuovi studi potevano essere utilizzati da chiunque fosse desideroso di registrare le proprie performance.
I più grandi e meglio dotati studi di registrazione operano sotto il comando di uno o più recording engineers (ingegnere di registrazione, ingegnere del suono), che lavora per creare le migliori condizioni di registrazione, e possiedono solitamente tecnologie di avanguardia e microfoni di qualità elevata, così come amplificatori elettronici e strumenti elettronici. Studi al "top" come l'Olympic Studios a Londra o lo United Western Recorders ed il Musart a Los Angeles sono rapidamente diventati tra i più ricercati studi del mondo, vere e proprie industrie da cui sono usciti molti dei brani di maggiore successo dell'ultima parte del XX secolo.

Evoluzione nel ruolo di produttore discografico
Prima degli anni cinquanta, i vari passi di realizzazione e commercializzazione dei prodotti discografici venivano realizzati da differenti figure professionali. l'A&R manager cercava e segnava sotto l'etichetta i potenziali artisti, i parolieri realizzavano nuovo materiale, gli agenti pubblicitari vendevano i pezzi mentre lo staff di ingegneri preparava il materiale e realizzava concretamente il brano in studi di proprietà delle etichette.
Con l'avvento degli studi indipendenti, gli intraprendenti produttori della nuova generazione furono capaci di creare ed occupare una nuova fetta di mercato nell'industria, con un nuovo ruolo di maggiore complessità nel processo musicale. Questo sviluppo nella musica fu speculare ad un medesimo processo in atto nella televisione, con la realizzazione dei videotape e il conseguente emergere di produzioni TV indipendenti come Desilu, che lanciò la stella di Lucille Ball e suo marito Desi Arnaz.
Questi produttori ora hanno un ruolo sempre maggiore all'interno del processo di produzione discografica, accentrando su loro stessi molti dei compiti come la selezione e l'arrangiamento dei brani, la supervisione delle sessioni e spesso l'ingegneria del suono, e non raramente la stessa scrittura dei brani. I produttori indipendenti e le loro compagnie hanno rapidamente guadagnato interesse nella musica pop, diventando presto i principali intermediari tra gli artisti e le etichette discografiche, segnando nuovi artisti sotto contratto, producendo dischi e licenziando prodotti finiti alle label che si devono occupare solo di stampa, promozione e distribuzione. Il classico esempio di questa transizione è il rinomato produttore britannico George Martin, che ha lavorato in staff e come A&R manager alla EMI per diversi anni, prima di lasciare la major e intraprendere una fortunata carriera indipendente.
Capendo di avere a disposizione il potenziale per la creazione di dischi che rappresentavano in tutto la loro visione musicale, diversi artisti hanno iniziato a realizzare dischi propri, tra i quali Trent Reznor, Nile Rodgers, Jeff Lynne, Brian Wilson e Brian Eno.
Alcuni produttori sono poi diventati de facto artisti musicali solisti, spesso creando dischi con anonimi musicisti di studio e realizzando il prodotto con uno pseudonimo. Esempi di questo fenomeno includono i dischi del gruppo The Archies e Josie & The Pussycats, prodotti da Don Kirshner e Danny Jansen rispettivamente, messi sotto contratto da compagnie di produzioni TV per realizzare questi dischi e promuovere la serie di disegni animati per bambini omonime. Similarmente, Jeff Barry e Andy Kim registrarono come The Archies.

Importanza crescente ed il beatmaking
Come risultato di questi cambiamenti, i produttori hanno iniziato ad avere forte influenza, non come carriere individuali, ma in generale sul corso della musica pop contemporanea. Importanti figure di produttori che si sono succedute negli anni sono quelle di: Don Kirshner (The Monkees), Conan Middleton (Warrior), Mickie Most, Tony Visconti (David Bowie, T. Rex), Stephen Street (The Smiths, Blur, The Cranberries), produttori australiani come Ted Albert (The Easybeats) e più recentemente i produttori americani Rick Rubin (Metallica, Beastie Boys, Red Hot Chili Peppers, Rage Against the Machine, Johnny Cash, System of a Down, Slayer, Linkin Park) Nigel Godrich (Radiohead, Beck, Travis, Air) ed i pezzi da 90 dell'hip-hop Dr. Dre, Scott Storch, Timbaland (N.W.A., Eazy-E, Snoop Dogg, Eminem, 50 Cent, The Game, Missy Elliott, Justin Timberlake, Ginuwine, Jay-Z) e The Neptunes (Snoop Dogg, Eminem, 50 Cent, The Game, Missy Elliott, Justin Timberlake, Jay-Z, Madonna, Redfoo, Maroon 5, No Doubt, Kanye West)
La coincidenza del lavoro di realizzazione delle tracce e il ruolo dei DJ nell'hip hop, dopo che questa musica a fine anni settanta iniziò a trovare spazio sui dischi, portò alla creazione della figura di Dj produttore o beatmaker, detto anche semplicemente ma erroneamente produttore. Dalla semplice selezione e mixaggio dei dischi su cui gli MC realizzavano le proprie performance, la figura del beatmaker ha iniziato un percorso che attraverso le drum machine ed i campionatori, sino alle moderne tecnologie legate soprattutto ai software musicali, lo ha portato a diventare a tutti gli effetti una delle componenti principali della musica hip hop e più in generale della musica black, anche se questo tipo di figura non si può assimilare in realtà a quella del "produttore discografico" in quanto quest'ultimo è molto più assimilabile alla figura dell'"Arrangiatore", cioè colui che genera l'arrangiamento musicale del brano.
Dalle composizioni a base di suoni elettronici di Afrika Bambaataa, passando per il g-funk e il suono West Coast hip hop, per il campionamento di brani jazz e soul, fino alle moderne basi morbide e "ruffiane", il beatmaking è diventato mestiere molto ricercato ed importante alla pari di quello svolto da un compositore di colonne sonore nei grandi film del passato. Il beatmaking, con la contaminazione di molti generi black con l'hip hop, e la crescita esponenziale che quest'ultimo ha avuto nelle classifiche di gradimento, richiede ormai alti livelli di qualità: nell'esteso panorama della musica pop attuale, il lavoro di beatmaking, con la costruzione di una base gradevole e capace di "rimanere nelle orecchie" decide sempre più spesso la fortuna degli artisti.

I produttori e la moderna tecnologia di registrazione
Nella moderna musica elettronica (musica creata con strumentazione elettronica), il produttore è spesso la sola persona coinvolta nella creazione di una produzione musicale, ed è responsabile allo stesso tempo della scrittura, della realizzazione, della registrazione e dell'arrangiamento del materiale. Il termine "producer" è sempre più sinonimo di "musicista" in questo campo. Questo cambiamento è stato causato anche dalla proliferazione di software di produzione che consentono la realizzazione per intero di tracce anche attraverso semplici PC di casa o laptop, eliminando la necessità di interi team di produzione. Popolari software di questo tipo sono Ableton Live, Cakewalk Sonar, Cubase, Nuendo, Reaper, Digital Performer, GarageBand, Logic Pro, FL Studio, Pro Tools, Reason, Sony ACID Pro e Sony Vegas.
Con l'avvento degli equipaggiamenti portatili per la registrazione, la produzione di album live è decisamente diventata meno costosa. Questo ha portato alla pubblicazione di numerosi album live: tra i più famosi produttori di concerti live vi sono Guy Charbonneau, Randy Ezratty, Eddie Kramer, Mark Cavener, Allen Reynolds e Chuck Plotkin.

Il produttore in studio
Nel corso degli anni, il ruolo del produttore e della produzione musicale è cambiato, grazie alle nuove tecnologie. Nonostante tutto, però, i produttori sono tuttora considerati una sorta di tuttofare, viste le conoscenze richieste dal loro ruolo professionale, nei confronti delle fasi di registrazione.

Pre-produzione
La pre-produzione è la fase preliminare che precede la registrazione di una traccia o di un album. Molti produttori cominciano a lavorare in questa fase, che include il processo di songwriting e di arrangiamento. Durante la fase di songwriting, il produttore ricopre perlopiù il ruolo di critico, senza partecipare alla scrittura effettiva.
La pre-produzione include l’esecuzione della traccia con la band, per notare eventuali punti che non funzionano e decidere se lasciare le parti poco convincenti o se tagliarle. Il produttore ascolta la traccia e propone i suoi suggerimenti in merito ai cambiamenti da eseguire nell’arrangiamento o nella strumentazione (ad esempio, optare per un contrabbasso anziché per un basso elettrico per una traccia rockabilly). In alcuni casi, la pre-produzione può includere la registrazione delle tracce, in modo da poter consentire sia al produttore che alla band stessa di ascoltare la canzone finita, l’arrangiamento e la qualità finale. Dalla pre-produzione registrata, band e produttore possono decidere di apportare delle modifiche.

Tracking
Per tracking si intende la registrazione dell’audio in un DAW (Digital Audio Workstation) o, in alcuni casi, su nastro. Il monitoraggio del tracking audio è responsabilità dell’ingegnere audio. I produttori, in questa fase, lavorano fianco a fianco con gli artisti impegnati a eseguire le proprie parti, istruendoli su come migliorare l’esecuzione e la precisione tecnica (per esempio l’intonazione). In alcuni casi, il produttore può suonare uno strumento o eseguire un controcanto.

Post-produzione

Quando si parla di post-produzione si fa riferimento, genericamente, alla fase di mixing. Questa fase segue quella di tracking e vede l’artista molto meno coinvolto rispetto alle precedenti. Solitamente, la post-produzione ha inizio con lo spostamento dei file audio per la disposizione finale e col taglio dei file audio che non sono più necessari. Successivamente, l’ingegnere audio applica degli effetti per creare il sound desiderato attraverso il DAW (Digital Audio Workstation). La fase successiva è quella del mastering, con la quale termina anche il ruolo del produttore nel progetto.