Uno degli errori più frequenti è quello di pensare che vada bene la prima stesura del proprio lavoro.
Scrivere è soprattutto riscrivere.
Hemingway diceva che “la prima stesura di qualsiasi cosa è mer**”!
Gli errori che si possono commettere quando si è neofiti sono molteplici e sono un po’ diversi dagli errori che riguardano un professionista già consolidato. Tra i tanti, ne scelgo tre che ritengo significativi: la disattenzione per la forma del testo, la ricerca dell’originalità forzata, la sottovalutazione del ruolo dei dialoghi in una buona prosa.
Il primo è molto diffuso e si manifesta in testi che presentano refusi, errori di impaginazione e spaziatura, mancato rispetto delle regole editoriali di composizione dei testi fino ai veri e propri errori grammaticali. Questo accade per superficialità di chi scrive, per eccesso di entusiasmo, perché si pensa che la forma possa prescindere dal contenuto e così via. In tal caso, un editor non avrà nessuno scrupolo a cestinare immediatamente il testo ricevuto dalla giovane promessa del romanzo.
La ricerca dell’originalità a tutti i costi invece colpisce lo scrittore alle prime armi che pensa - ingenuamente - di dover spiccare nel mare magnum delle pubblicazioni realizzando un testo nuovo e sorprendente. Puntare su trovate linguistiche ed “effetti speciali” letterari in genere serve solo a dare l’idea di quanto l’autore sia poco consapevole dei propri strumenti e dei ferri del mestiere letterario. Inoltre, come si dice, in letteratura tutto è già stato fatto , per cui il consiglio a chi esordisce è piuttosto di evitare sperimentazioni ardite di stampo futurista o burroughsiano e puntare sullo studio e la lettura dei classici e dei contemporanei, per trovare la propria, personale voce.
Last but not least, i dialoghi: ampiamente sottovalutati, sono invece una risorsa straordinaria di progressione delle storie. Scrivere dei buoni dialoghi è difficile e spesso i principianti cadono proprio quando devono affrontare questo aspetto della scrittura, proponendo dialoghi che sono didascalici, banali o che tradiscono il carattere e le intenzioni dei loro personaggi.
A me quello che dà più fastidio è la sindrome del "ce l'hanno con me".
Mi spiego: lo scrittore emergente è spesso convito che tutti coloro che muovono la pur minima critica a quello che scrive siano prevenuti, cattivi, vecchi barbogi che non vogliono permettere che lui colga il giusto successo di pubblico e di critica nella repubblica delle lettere.
No. Spesso le critiche sono vere. Anche le più feroci e magari malevole hanno comunque un seme di verità. Bisogna analizzarle a freddo e ragionarci.
Poi qualcuno magari è davvero malevolo e basta. Ma sei uno scrittore emergente e hai molto da imparare.
Altro errore è pensare che gli editor vogliano rovinare il tuo lavoro o togliergli "spontaneità". Gli editor sono lì per aiutarti. E fanno di mestiere le levatrici di libri. Quindi non sono nemici, sono complici. Poi si discute civilmente nel merito e punto per punto su ciò che suggeriscono. Ma bisogna capire che sono alleati e non competitori.