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Sir Charles Spencer "Charlie" Chaplin (Londra, 16 aprile 1889 – Corsier-sur-Vevey, 25 dicembre 1977) è stato un attore, comico, regista, sceneggiatore, compositore e produttore cinematografico britannico, autore di oltre novanta film e tra i più importanti e influenti cineasti del XX secolo.
Il personaggio attorno al quale costruì larga parte delle sue sceneggiature, e che gli diede fama universale, fu quello del "vagabondo" (The Tramp in inglese; Charlot in italiano, francese e spagnolo): un omino dalle raffinate maniere e la dignità di un gentiluomo, vestito di una stretta giacchetta, pantaloni e scarpe più grandi della sua misura, una bombetta e un bastone da passeggio in bambù (di una qualità particolarmente elastica e flessibile, che Chaplin acquistava in quantità di un centinaio per volta presso un negozio di ombrelli di New York, non lontano da Times Square, tuttora in attività); tipici del personaggio erano anche i baffetti e l'andatura. L'emotività sentimentale e il malinconico disincanto di fronte alla spietatezza e alle ingiustizie della società moderna, fecero di Charlot l'emblema dell'alienazione umana - in particolare delle classi sociali più emarginate - nell'era del progresso economico e industriale. Splendidamente, nell'annunciarne la morte, il Corriere della Sera ne delinea l'aspetto psicologico dell'uomo e del personaggio: "Aveva nel sorriso il pianto del mondo e nelle lacrime delle cose faceva brillare la gioia della vita. Toccato dalla grazia del genio era il guanto rovesciato della nostra civiltà, il miele e lo schiaffo, lo scherno ed il singhiozzo; era il nostro rimprovero e la nostra speranza di essere uomini. Testimone universale commosse e rallegrò i cuori di tutte le razze e latitudini, ovunque si celebrasse il processo all'iniquità, alla presunzione, al cinismo dei ricchi e dei potenti, ovunque dal dolore potesse scaturire la protesta del debole sopraffatto e il riscatto dell'umiliato. Uomini e donne di tutte le età e colore si riconobbero in lui, si contorcevano dalle risa e sentivano salirsi dentro pietà per se stessi. Andavano per gioire e uscivano pieni di malinconia. Così fu, così è, così sarà sempre: il debole vilipeso, lo sconfitto irriso, la dignità dell'uomo calpestata dal soperchiatore e dall'arrogante, e il candore, l'innocenza fraintesi per ingenuità, e sono invece la forza del giusto: è qui la tragedia che si colora di comico, la farsa che si tinge di dramma. Il lungo viaggio di un pessimista europeo, con sangue gitano ed ebreo, carico di antichi dolori, compiuto per convincersi che tuttavia conviene credere nell'uomo; questo il transito di Chaplin, il senso della sua opera di artista universale".
Chaplin fu una delle personalità più creative e influenti del cinema muto. La sua vita lavorativa nel campo dello spettacolo ha attraversato oltre 75 anni. Fu influenzato dal comico francese Max Linder, a cui dedicò uno dei suoi film. Star mondiale del cinema, fu oggetto di adulazione e di critiche serrate, anche a causa delle sue idee politiche. Nei primi anni cinquanta, durante le persecuzioni del cosiddetto Maccartismo, le sue idee di forte stampo progressista furono infatti avversate dalla maggior parte della stampa; fu inviso anche al governo federale statunitense. In viaggio con la famiglia verso Londra (settembre 1952), dove si sarebbe tenuta la prima mondiale de Luci della ribalta e successivamente un periodo di vacanza, fu raggiunto dalla notifica del procuratore generale degli Stati Uniti in base alla quale gli veniva annullato il permesso di rientro negli USA: visse il resto della sua esistenza in Svizzera, nella tenuta de "Manoir de Ban", nel comune di Corsier-sur-vevey. Riabilitato dall'opinione pubblica americana solo all'inizio degli anni settanta, quando tornò nella sua patria di adozione per ritirare l'Oscar alla carriera. Tra gli attori più famosi dalla nascita dell'industria hollywoodiana, l'American Film Institute lo ha inserito al decimo posto tra le più grandi star della storia del cinema.
Chaplin era ateo. La figlia Geraldine rilasciò in proposito una lunga intervista a Maria Pia Fusco al settimanale La Domenica di Repubblica, pubblicata il 20 maggio 2007.
Un film biografico su Chaplin, intitolato Charlot, è stato girato nel 1992 dal regista Richard Attenborough, interpretato da Robert Downey Jr. (nel ruolo di Chaplin), Dan Aykroyd, Geraldine Chaplin, Anthony Hopkins, Milla Jovovich, Moira Kelly, Kevin Kline, Diane Lane, Penelope Ann Miller, Paul Rhys, Marisa Tomei, Nancy Travis e James Woods.
Il 16 aprile 2016, al termine di 15 anni di progettazione e lavori, è stato inaugurato, a Corsier-sur-Vevey, il "Chaplin's World". museo dedicato all'immenso artista, nel medesimo luogo dove tutta la famiglia Chaplin visse e risiedette dal 1953 fino alla morte della di lui moglie Oona O'Neill. Visita alle sale della "Menoir de Ban", villa residenziale contenente gli arredi, foto, documenti, oggetti, appartenuti al geniale Charlie. In un nuovo edificio, gli Studios, adiacente la villa, allestite riproduzioni 3D dei famosi set cinematografici con i protagonisti dei suoi film immortali.

Biografia

L'infanzia e gli inizi

Charles Chaplin nacque il 16 aprile 1889 a East Street, nel sobborgo londinese di Walworth. Nei registri del Comune di Londra non c'è traccia della sua nascita, ma solo la notifica della sua presenza nel 1891, due anni dopo la nascita. Nel 2011 venne ritrovata una lettera a lui indirizzata, datata 1970, che ipotizza la sua venuta al mondo in un carro di zingari accampato nei pressi di Birmingham. I suoi genitori erano Charles Chaplin Senior, un attore di varietà di discreto talento e successo, ma compromesso dal vizio dell'alcol e Hannah Harriette Hill, un'attrice conosciuta come Lily Harley di altrettanto talento, ma minor fortuna. La coppia aveva già un figlio, Sydney, nato quattro anni prima.
Col piccolo Charlie in fasce ed il di lui padre in tournée in America, Hannah allacciò una relazione con un cantante piuttosto in voga, Leo Dryden dal quale ebbe un figlio: Wheeler Dryden, (il fratellastro del quale Chaplin verrà a conoscenza solo molto più tardi). Il matrimonio già in crisi subì un colpo definitivo dal tradimento. La separazione avvenne l'anno successivo la nascita di Charles. Il padre cercò di tenere con sé (per la verità senza troppa convinzione) e con la sua nuova compagna, sia il piccolo Charles sia suo fratello Sydney, ma il tentativo fallì e i due bambini andarono a vivere con la madre cui furono concessi dieci scellini la settimana per il mantenimento di entrambi.
Per le precarie condizioni finanziarie della famiglia, Charles e il fratello Sydney trascorsero due anni fra collegi e istituti per orfani a Lambeth. Il talento innato e la frequentazione dei teatri al seguito della madre forgiarono il piccolo Chaplin, sedimentando i primi rudimenti artistici appresi proprio dalla madre nel canto e nella recitazione. I primi passi sul palcoscenico li mosse assieme a lei a sette anni. Nel 1896 durante una recita in un teatro di varietà, Hannah, a causa di un improvviso abbassamento di voce, fu fischiata e costretta ad abbandonare il palcoscenico; l'impresario mandò a sostituirla in scena proprio il piccolo Charlie che ottenne un discreto successo cantando una canzone popolare dell'epoca, 'E Dunno Where 'E Are.
La famigliola si trasferì nel 1898 a Manchester, nei pressi di Belle Vue. Qui Charlie frequentò la scuola per tre anni. Grazie ad alcuni conoscenti del padre, entrò a far parte di una vera compagnia, gli Eight Lancashire Lads formata tutta da enfants prodige, sotto la guida di William Jackson. Gli otto bambini si esibivano in un ballo con gli zoccoli. Nel 1900 l'undicenne Charlie, grazie al fratello Sydney, ottenne un ruolo comico nella parte di un gatto nella pantomima Cinderella (Cenerentola), rappresentata all'Hyppodrome di Londra, nella quale recitava anche il famoso clown Marceline. Nello stesso anno Sydney si imbarcò su una nave come trombettista: Charlie rimase solo a sostenere la madre, la cui salute sia fisica che mentale cominciava a manifestare segni di cedimento. L'anno successivo vide la perdita del padre.
Le faticose vicissitudini quotidiane segnarono Hannah, obbligandola ad un primo ricovero ospedaliero a seguito di una importante forma depressiva a cui non era probabilmente estranea una condizione di denutrizione. Nel 1903 Charles ottenne una piccola parte in Jim, the Romance of a Cockney e la sua prima personale recensione favorevole sulla stampa; di lì a poco ebbe il primo ruolo fisso in teatro: quello dello strillone Billy in Sherlock Holmes (per la regia di Quentin McPherson), portato a lungo in tournée. Intanto il fratello era tornato a Londra e aveva cominciato anche lui a lavorare in teatro. Grazie alla migliorata situazione finanziaria, i due riuscirono a far dimettere Hannah dall'ospedale prendendosene cura, ma per poco tempo: una ricaduta ne determinò un nuovo internamento. La madre trascorrerà i propri ultimi sette anni di vita in California, nella villa donatale dai figli, ivi morì nel 1928.

Il varietà con Fred Karno

Fra il 1906 e il 1907 Chaplin lavorò ne Il Circo di Casey, misto di varietà e numeri circensi. L'esperienza gli permise di familiarizzare con il mondo del circo e di entrare nella compagnia di Fred Karno, anche grazie al fratello Sydney che già vi lavorava. La paga era di 3 sterline a settimana e il debutto avvenne nel 1906 con L'incontro di calcio, in cui Charles interpretava la parte di un individuo senza scrupoli che tenta di drogare il portiere avversario prima dell'incontro. Il fratello maggiore ideava le pantomime e Charlie le doveva interpretare: così Chaplin imparò l'arte di esprimersi senza parole.
Ben presto il giovane Chaplin divenne, insieme a Stanley Jefferson (meglio conosciuto come Stan Laurel) uno degli attori più apprezzati della compagnia. Oltre al teatro Chaplin si dedicava al podismo: era iscritto al club podistico di Kennington e si allenava sulle distanze lunghe; nel 1908 prese anche in considerazione l'idea di iscriversi alla maratona delle Olimpiadi di Londra, ma proprio in quel periodo si ammalò. Nel 1909 la compagnia di Karno iniziò le tournée all'estero: dapprima a Parigi e, due anni dopo, negli Stati Uniti. Chaplin era il primo comico in A Night in an English Music Hall, atto unico di pantomima.
L'esperienza americana non fu particolarmente felice, ciononostante la compagnia ritornò oltreoceano anche l'anno successivo e questa volta le cose andarono diversamente: il successo fu grande grazie anche al giovane Charles, entrato da poco ma già elemento di punta della compagnia. Chaplin fu notato dal produttore Mack Sennett, che nel novembre 1913 lo mise sotto contratto per la casa cinematografica Keystone. Era il primo contratto di Chaplin per una casa cinematografica. Il compenso fu di 175 dollari la settimana.

Da primo comico a celebrità: 1914-1919

Nel 1914 Chaplin esordì nell'ancora acerbo mondo del cinema con il cortometraggio Charlot giornalista, prodotto dalla Keystone. In questo film, uscito il 2 febbraio di quell'anno, però non indossava ancora i panni del personaggio che lo avrebbe in seguito reso universalmente celebre ed immortale. Saranno i due cortometraggi usciti quasi contemporaneamente: Charlot ingombrante (uscito il 7 febbraio) e Charlot all'hotel (9 febbraio) a far conoscere al pubblico la maschera di Charlot quale anche noi conosciamo: (bombetta, baffetti e bastone da passeggio, pantaloni e scarpe sformati e consunti), benché interpretando il ruolo di un comune ubriaco. Il personaggio universalmente conosciuto come "Il vagabondo" si definirà pienamente soltanto nell'aprile del 1915, quando Chaplin interpretò il cortometraggio Il vagabondo. Iniziò in quel febbraio 1914 la rapida e travolgente ascesa di Chaplin, nell'arco di cinque anni conquistò un posto d'onore nella storia della settima arte. Prima di Chaplin, un altro comico aveva creato il personaggio del "vagabondo": Lew Bloom (1859-1929); a lui si ispirarono decine di altri comici (e Chaplin tra di loro). Ma fra tutti i "vagabondi" proposti in quel periodo, ad emergere fu "Charlot" e sarà per l'eternità.

Il periodo Keystone

Per la californiana Keystone, nel solo 1914 Chaplin recitò in trentacinque cortometraggi. Da virtuoso della pantomima, comunicava al pubblico una vasta gamma di emozioni in particolare col volto, dei cui muscoli facciali, padroneggiava appieno il controllo. Il suo personaggio era anticonvenzionale e a tratti sprezzante. Nel dicembre 1915 si trasferì a Chicago, dove lavorò per la Essanay in altre quattordici produzioni. La Essanay se lo aggiudicò offrendogli uno stipendio settimanale di 1.250 dollari.

Il periodo Mutual

Con cachet adeguati a una popolarità sempre più grande, Chaplin approdò alla Mutual Film, firmando altri dodici corti: Charlot fu di volta in volta cameriere, milionario, muratore e sfaccendato. Il pubblico lo stimava per la grossa carica di umanità che emanava attraverso le sue storie, disseminate di amore e di insidie. Nel 1916 Charlie Chaplin era già un attore da oltre 600.000 dollari l'anno, una cifra mai vista per un artista fino ad allora quando scritturò la diciannovenne Edna Purviance, facendone la sua primadonna in ben 35 film fra il 1916 e il 1923. Dal momento della firma del suo nuovo contratto, Chaplin disponeva anche di uno studio personale con relativo staff, una sala per le proiezioni, uffici ed alloggi per gli attori.
I due vissero anche un intenso e travagliato legame affettivo, che si mantenne in amicizia anche dopo la fine della passione (1918) e della carriera artistica di lei (accelerata dagli eccessi dell'alcol): Chaplin continuerà a corrispondere con Edna fino alla sua morte, oltre a passarle una paga salariale da attrice. Con la Mutual Film realizzò dodici film nel periodo 1916-1917 (uno dei più felici della sua carriera). Chaplin, non ancora trentenne, recitò e diresse quasi cento corti nell'arco di cinque anni.
Chaplin non progettava mai su carta nessuna delle sue gag, né tanto meno "sceneggiava" l'intreccio delle sue comiche. Riusciva a tenere a mente un intero film per poi spiegarlo agli attori sul set man mano che lo girava. Nel 1918 decise di mettersi in proprio e passò alla First National, con cui fece dieci film, fino al 1923. Fu proprio la First National – grazie anche all'interessamento del fratello Sydney, ormai suo procuratore — a corrispondergli il favoloso ingaggio di un milione di dollari, cachet mai guadagnato prima da un attore.

La United Artists

Nel 1919 Charlie Chaplin insieme ad alcuni colleghi (fra cui Mary Pickford, Douglas Fairbanks e David Wark Griffith) fondò la United Artists Corporation. Da allora in poi curerà da solo ogni fase della sua produzione cinematografica, attorniato da un gruppo di fedelissimi quanto preziosi e competenti collaboratori, tra cui spicca Alfred Reeves, inglese come lui, già manager della compagnia di Karno, che all'UA assunse il ruolo di direttore di produzione.
A un periodo professionalmente felice non corrispose, però, una vita privata altrettanto serena. Nel 1918 aveva infatti sposato la giovane Mildred Harris, incinta di lui (la gravidanza si rivelò però falsa). Harris rimase incinta poco dopo il matrimonio e diede alla luce un bambino gravemente malformato, Norman Spencer, che sopravvisse solo tre giorni. I due divorziarono nel 1920.

I grandi successi

Il monello

Nel 1921 Chaplin lavorò ad una pellicola che lo consacrò definitivamente come star affermata. Dopo diversi travagli che funestarono le riprese e la fase di post-produzione, nel gennaio del 1921 ebbe luogo la prima proiezione ufficiale de Il monello, che Chaplin diresse e interpretò e nel quale fece debuttare il piccolo-grande attore Jackie Coogan.
Nello stesso anno Chaplin si imbarcò sull'Olympic e tornò nella madrepatria dopo undici anni di assenza. A Londra fece una visita nei quartieri di Lambeth, Kennington ed Elephant and Castle per rivedere i luoghi che gli furono familiari da bambino.
Dal 1923 al 1952 Chaplin lavorò costantemente per la United Artists, e girò otto film, tra i più importanti della sua carriera. Il primo lavoro fu La donna di Parigi nel 1923, primo film nel quale non figurò come interprete (si ritagliò una piccola comparsa nel ruolo di facchino). Il film, pur ampiamente apprezzato dalla critica, non ebbe l'atteso successo di pubblico, ma i capolavori successivi lo proiettarono nel firmamento della cinematografia.

La febbre dell'oro

La febbre dell'oro del 1925 è considerato da molti una delle sue opere meglio riuscite. La produzione del film successivo, Il Circo (1928), fu però travagliata a causa dei problemi sorti nella vita privata: in quel periodo divorziò dalla seconda moglie, l'attrice Lita Grey che aveva sposato nel 1924. La coppia aveva avuto due figli: Charlie Chaplin junior (1925) e Sydney (1926).
L'affermazione del sonoro (a partire dal 1927) colse in contropiede Chaplin, che aveva pensato e costruito Charlot solo per il cinema muto. Chaplin decise di andare avanti proponendo il suo personaggio. Nel 1929, l'assegnazione del suo primo Premio Oscar alla carriera lo consacrò come la prima star a vincere tale premio (e a tutt'oggi il più giovane regista ad averlo vinto).

Luci della città

Quando nel 1929 Charlie Chaplin cominciò a interessarsi al suo nuovo film, il sonoro era diventato ormai pressoché irrinunciabile per qualsiasi regista dell'epoca. Sydney, fratello e manager di Charlot, non esitò a proporgli l'idea di una pellicola sonorizzata, ma Charlie era molto scettico rispetto alla nuova invenzione e tentò in tutti i modi di restare alla pantomima che lo aveva reso celebre. Chaplin girò nel 1931 Luci della città, film muto accompagnato dalla musica. Fu il primo film di Chaplin con sonoro e musiche sincronizzate.
All'inizio del film la voce delle persone è resa con il suono degli strumenti musicali. Questa volta la protagonista femminile sarebbe stata Virginia Cherrill: la graziosa ventiduenne bionda avrebbe impersonato una fioraia cieca. Chaplin raccontò di averla conosciuta ad un incontro di boxe nel 1928 e di averla scritturata immediatamente per il suo imminente lavoro. Varie vicissitudini coinvolsero Charlie durante la realizzazione di Luci della città. Una tra le più importanti: la fioraia avrebbe dovuto scambiare il piccolo vagabondo per un milionario ma Chaplin non sapeva come ottenere tale risultato. Prima di trovare una soluzione rifece la scena svariate volte, provando i più svariati espedienti.
Tale scena alla fine è divenuta la più ripetuta nella storia del cinema, per un totale di 342 ciak.
Albert Einstein andò alla prima del film negli Stati Uniti in compagnia dello stesso Chaplin: quando gli spettatori li videro, si alzarono in piedi applaudendoli calorosamente. Allora pare che Chaplin abbia mormorato ad Einstein: "Vede, applaudono me perché mi capiscono tutti; applaudono lei perché non la capisce nessuno".

Tempi moderni

Nello stesso anno l'attore/regista ricevette l'onore dell'attribuzione della Legione d'onore francese. Cinque anni dopo girò un altro capolavoro del cinema muto, Tempi moderni. Ecco come Chaplin descriveva il suo personaggio nel 1931:
«All'inizio Charlot simboleggiava un gagà londinese finito sul lastrico [...] All'inizio lo consideravo soltanto una figura satirica. Nella mia mente, i suoi indescrivibili pantaloni rappresentavano una rivolta contro le convenzioni, i suoi baffi la vanità dell'uomo, il cappello e il bastone erano tentativi di dignità, e i suoi scarponi gli impedimenti che lo intralciavano sempre»
Nel 1932 aveva conosciuto l'attrice Paulette Goddard, che aveva già avuto qualche esperienza marginale nel cinema in parti minori. I due s'innamorarono e Paulette recitò con Charles in Tempi moderni (1936), l'ultimo film in cui compare Charlot. Si sposarono nel 1936 e divorziarono nel 1942. Tuttavia, ancora oggi, esistono dubbi se fra i due ci sia stato un effettivo matrimonio: entrambi rifiutavano di concedere dichiarazioni al riguardo e la Goddard, in lizza per ottenere il ruolo di Rossella O'Hara in Via col vento, perse per un soffio contro Vivien Leigh perché non fu in grado di dimostrare ai produttori di essere realmente sposata con Chaplin.
Chaplin raccontava pubblicamente che si erano sposati in Cina e che avevano divorziato in Messico, ma con gli amici e la famiglia sosteneva che non erano sposati. Per realizzare i suoi successivi film Chaplin decise di abbandonare il personaggio che gli aveva donato la popolarità.
«Non potrebbe parlare, non saprei che voce usare. Come riuscirebbe a mettere insieme una frase? Per questo motivo Charlot ha dovuto darsela a gambe».


Il grande dittatore

Il grande dittatore (1940) fu il primo film completamente sonoro di Chaplin, girato e distribuito negli Stati Uniti poco prima dell'entrata nella Seconda guerra mondiale. Nel film, Chaplin interpreta due personaggi: Adenoid Hynkel, il dittatore di Tomania, esplicitamente ispirato ad Adolf Hitler, e un barbiere ebreo perseguitato dai nazisti. Dopo la guerra, quando l'internamento e lo sterminio degli Ebrei furono noti, Chaplin dichiarò che non avrebbe realizzato il film se solo avesse potuto immaginare cosa fosse accaduto nei campi di concentramento. Il film ebbe due candidature agli Oscar, come miglior attore protagonista e miglior sceneggiatura, ma non vinse alcuna statuetta. Fu l'ultima apparizione del vagabondo.
Il film era anche una sfida coraggiosa al più potente dittatore dell'epoca, Adolf Hitler, dal quale Chaplin era diviso anagraficamente da soli quattro giorni. L'imitazione caricaturale sottolineava i toni e gli atteggiamenti del Führer, come nel discorso alla folla, completamente improvvisato e girato in un'unica scena. Memorabile, oltre che fortemente rappresentativa, la scena nella quale il dittatore danza con il mappamondo sulla musica del preludio del Lohengrin di Richard Wagner.
La scelta del luogo di presentazione della pellicola al pubblico fu ponderata. Si puntò su New York, meno influenzata dal clima di destra col quale anche gli Stati Uniti dovevano confrontarsi. La realizzazione del film fu accompagnata dallo sfiorire del rapporto sentimentale tra Chaplin e Paulette Goddard, in procinto di chiedere il divorzio. Durante la lavorazione, nel dicembre del 1939, Chaplin fu anche raggiunto dalla comunicazione della morte improvvisa dell'amico Douglas Fairbanks, che soltanto un mese prima gli aveva fatto visita sul set. Ne fu sconvolto e la perdita del "solo vero amico che abbia mai avuto", come ebbe a dire Chaplin, rimarrà una profonda ferita per l'attore. Dopo questo film Chaplin interruppe la sua attività cinematografica per circa sette anni.
Tra il 1942 e il 1943 ebbe una breve relazione con Joan Barry. Nell'ottobre del 1943, la Barry ebbe una figlia, Carol Ann, presunta figlia di Chaplin. Dopo le analisi del sangue, la corte stabilì che la bambina non poteva essere sua figlia. Dopo due difficili processi che approdò all'accusa di "turpitudine morale" da parte del procuratore, Chaplin fu dichiarato esserne il padre. Il giudice rifiutò di accettare le prove mediche (soprattutto il differente gruppo sanguigno) che avrebbe scagionato l'attore e oggi è universalmente riconosciuto che fu un errore giudiziario. Carol Ann ricevette un assegno di mantenimento mensile dall'attore fino al compimento dei 21 anni.
Nel 1942 conobbe la diciassettenne Oona O'Neill, figlia del celebre drammaturgo Eugene O'Neill, che divenne sua moglie nel 1943, creando scandalo per la grande differenza d'età. La coppia ebbe otto figli, tre nati negli Stati Uniti e cinque in Svizzera: Geraldine (1º agosto 1944), Michael (7 marzo 1946), Josephine (28 marzo 1949), Victoria (19 maggio 1951), Eugene, (23 agosto 1953), Jane (23 maggio 1957), Annette (3 dicembre 1959) e Christopher (8 luglio 1962). Nel 1947 uscì un nuovo film, Monsieur Verdoux ispirato alla famosa storia di Henri Landru, da un'idea suggerita a Chaplin da Orson Welles.

Il presunto antiamericanismo e il trasferimento in Europa

Le sue simpatie politiche non furono da lui mai rivelate esplicitamente. Si ritiene fosse un progressista, ma non socialista o comunista, oltre che (cosa da lui invece rivelata) un pacifista. Di certo, in molti suoi film aveva analizzato la realtà cupa dei lavoratori, dei poveri e degli emarginati (Tempi moderni, del 1936, ne può essere un chiaro esempio), ed aveva messo in piena luce le contraddizioni della società statunitense. Benché vivesse negli Stati Uniti da molti anni e vi pagasse le tasse, Chaplin non aveva mai chiesto la cittadinanza statunitense.
Già all'uscita di Monsieur Verdoux (1947) venne pubblicamente accusato di "filocomunismo" e 1949 divenne uno dei bersagli del movimento innescato dal senatore Joseph McCarthy. Chaplin negò sempre, con veemenza. Disse anche che era stanco di rispondere sempre alla stessa domanda, affermando che la propria ideologia non era altro che quella professata dal suo "omino":«Avere un tetto sulla testa, lavorare liberamente e formarsi una famiglia. Questo un Ideale democratico, non già comunista». Nel 1951 iniziò a girare quello che sarebbe stato il suo film d'addio: Luci della ribalta, tratto da un suo romanzo, Footlights, mai pubblicato. Fu il suo ultimo film prodotto a Hollywood, e anche l'unico che interpretò assieme ad un altro mattatore del cinema muto: Buster Keaton. In questo film debuttò la figlia Gerardine Chaplin.
La condanna decisiva nei suoi confronti arrivò nel settembre del 1952 per "gravi motivi di sfregio della moralità pubblica e per le critiche trasparenti dai suoi film al sistema democratico del Paese che pure accogliendolo gli aveva dato celebrità e ricchezza". Chaplin e la sua nuova famiglia si erano imbarcati per l'Europa per la prima mondiale a Londra di Luci della ribalta; successivamente aveva previsto un periodo di vacanza della durata di sei mesi. Mentre si trovavano ancora in navigazione il ministro della giustizia statunitense dispose per pubblico decreto che a Chaplin, in quanto cittadino britannico, non sarebbe stato permesso di rientrare nel paese a meno che non avesse convinto i funzionari dell'immigrazione di essere "idoneo". Avutane notizia, Chaplin decise di stabilirsi in Europa fissando la sua residenza in Svizzera. Nella primavera del 1953 restituì il permesso di rientro, che pure gli era stato rilasciato all'atto della sua partenza dalle stesse autorità americane. Nel luglio dello stesso anno Chaplin presenziò allo spettacolo del grande clown svizzero Grock, di stanza col proprio circo nel contiguo comune di Vevey. I due si omaggiarono e si abbracciarono, riconoscendo la reciproca grandezza nell'arte mimica.
Nel 1957 Chaplin ritornò dietro la macchina da presa per girare di nuovo un film: Un re a New York. Fu il suo penultimo film, tra l'altro anche l'unico in cui recita assieme a suo figlio Michael. L'opera non ebbe successo e la sua vena cinematografica sembrò effettivamente appannata. Dal 1959 e per più di una decina d'anni successivi, Chaplin usava villeggiare, con la famiglia, nella cittadina irlandese di Waterville, paese all'interno del Ring of Kerry, nell'omonima contea. Una statua in onore del celebre attore è stata collocata sul lungomare. Nel 1964, dopo circa un anno di lavoro, scrisse un'autobiografia (nella quale non vi è menzione del film Il circo, che probabilmente preferiva non ricordare per le tristi circostanze nelle quali fu girato). Nel 1966 si calò per l'ultima volta nei panni di regista, per girare La contessa di Hong Kong: fu il suo ultimo film, nonché l'unico a colori, nel quale lavorò assieme a due star del cinema mondiale: Marlon Brando e Sophia Loren.
Grazie alla sua genialità di compositore, proprio in quegli anni produsse la versione sonora di alcuni suoi capolavori: Il circo nel 1969, Il monello nel 1971, e infine nel 1975 La donna di Parigi. Nel 1972, riconciliatosi con l'opinione pubblica statunitense, ritornò negli Stati Uniti per ritirare il suo secondo premio Oscar, questa volta alla carriera, assegnatogli per "aver fatto delle immagini in movimento una forma d'arte del Ventesimo secolo". In tale occasione fu protagonista della più lunga ovazione nella storia dell'Academy Awards. L'anno successivo vinse il Premio Oscar alla migliore colonna sonora per il film Luci della ribalta. Il 4 marzo 1975, dopo molti anni di esilio volontario dal suo Paese d'origine, Chaplin fu nominato Cavaliere di Sua Maestà dalla regina Elisabetta II d'Inghilterra. L'onorificenza era già stata proposta nel 1956, ma - in piena guerra fredda - non era stata concessa per il veto imposto dal Foreign Office britannico sempre a causa delle presunte "simpatie comuniste" di Chaplin.


L'uscita di scena

Il pomeriggio inoltrato della vigilia di Natale, Chaplin chiese alla moglie Oona di spalancare le porte della camera affinché dalla hall sottostante potessero salire le note delle "Christmas Carols" come da rituale che si ripeteva da oltre vent'anni il 24 dicembre nella loro residenza. Quella stessa notte, intorno alle 4, se ne andava per sempre, nel sonno, uno dei più grandi attori di sempre della storia del cinema. Charles Chaplin morì a Corsier-sur-Vevey (Vaud), in Svizzera, la notte di Natale del 1977. Fu sepolto nel piccolo cimitero della cittadina svizzera. Al suo fianco lo raggiungerà Oona nel 1991. Gli sopravvissero dieci figli, ma soprattutto gli sopravvive la sua immortale creatura Charlot e i suoi meravigliosi film. Nei giorni successivi la scomparsa di Chaplin, personalità del mondo dello spettacolo rilasciarono, sulla stampa di tutto il mondo, oltre al cordoglio anche impressioni e ricordi a lui legati:
  • Jackie Coogan esprimendo la propria tristezza, ricordò l'unicità, la gentilezza dell'uomo e l'influenza che ebbe sulla sua vita non solo artistica.
  • Jacques Tati rimarcò l'apporto insostituibile all'arte cinematografica e dell'attualità ed eternità della sua opera. "Senza Chaplin probabilmente non sarei diventato l'attore che sono".
  • Zeppo Marx "Probabilmente il più grande mimo mai esistito".
  • René Clair "É stato il monumento del cinema di tutti i paesi e di tutti i tempi".
  • Paulette Goddard "Non solo fu il più grande creatore di film, ma anche uno degli uomini più affascinanti".
  • Sophia Loren "Attore e regista meraviglioso, e dietro di lui la moglie Oona".
  • Laurence Olivier "È stato probabilmente l'attore comico più grande di tutti i tempi e come tale spero ed auspico sarà ricordato".
  • Radio Vaticana "È stato il più geniale e amato uomo di cinema di tutti i tempi".
  • Federico Fellini "È scomparso nella stessa atmosfera natalizia in cui lo vidi per la prima volta. A Rimini i suoi film erano i più importanti e venivano programmati immancabilmente nel periodo natalizio. Da bambino lo vedevamo come un omino cui dovere gratitudine e lo si accettava come un fatto naturale, come la neve d'inverno, il mare d'estate, Gesù Bambino. È una specie di "Adamo", il progenitore da cui tutti si discende".
Tre mesi dopo la sua morte, la notte del 1º di marzo 1978, le sue spoglie furono trafugate a scopo di estorsione da due profughi, un operaio bulgaro e un disoccupato polacco, da tempo residenti in Svizzera dove avevano ricevuto asilo politico. Un milione di franchi svizzeri fu la richiesta di riscatto. La fermezza della moglie Oona e il suo rifiuto a voler trattare con i colpevoli fece fallire il piano criminale. 75 giorni dopo furono catturati, la salma localizzata e recuperata nei pressi del comune di Noville, sul Lago di Ginevra, e interrata nuovamente nel paesino svizzero.


Megan Fox.



Transformers è uscito nel 2007 e, dopo aver visto il film, la maggior parte degli uomini aveva solo due parole in mente: non Optimus Prime, bensì Megan Fox.



Erano tutti così innamorati di lei da averla fatta inserire nella lista delle donne più belle al mondo.

Sappiamo tutti che l'accoglienza che ha ricevuto Transformers è stata inversamente proporzionale al suo guadagno del botteghino, perché più un film è brutto, più la gente va a guardarlo.

E poi insomma, il direttore è Michael Bay.



Dopo aver recitato in ben due film della saga, la Fox ha sentito la necessità di rilasciare un'intervista su Michael Bay:

"Crede di essere Hitler sul set, e un po' lo è. Lavorare con lui è un incubo, ma quando lo frequenti fuori dall'ambito professionale non è in versione-regista e mi piace tanto il suo modo di fare. È come un elefante in una cristalleria! Non sa socializzare, fa proprio tenerezza."

E udite udite?

Nel terzo film è stata rimpiazzata da Rosie Huntington-Whiteley.



I film nei quali recitò dopo, ossia Jennifer's Body, Jonah Hex and Passion Play, furono dei veri e propri flop, mentre il terzo capitolo di Transformers ebbe un guadagno lordo di un miliardo di dollari.

Adesso starete pensando che è stato Michael Bay a licenziarla, ma ecco che arriva colpo di scena.

Il regista stesso ha detto le seguenti parole:

"La Fox era su un altro pianeta, costantemente con gli occhi rivolti al suo BlackBerry. Devi restare concentrata sul posto di lavoro. E poi immagino sappiate della storia di Hitler. Steven ha ordinato di licenziarla immediatamente."

Ebbene sì, il produttore esecutivo dei film Steven Spielberg disse a Bay di licenziare Megan Fox.

Immagino che si sia pentita di aver fatto quel commento, dato che ha ribaltato completamente la sua carriera.


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Per video curriculum si intende generalmente una presentazione in video di una persona che cerca lavoro oppure che vuole far conoscere le proprie competenze. La video presentazione è ripresa da una telecamera e diffusa via internet, per mezzo di blog, o portali come ad esempio YouTube oppure altri portali dedicati al lavoro.
Il candidato può anche farsi porre le domande dei colloqui di selezione da qualcuno in modo tale da ricreare la situazione di colloquio, allenarsi ai colloqui, cioè a rispondere alle domande tipiche dei colloqui di selezione, rivedendosi, può anche migliorare il suo stile comunicativo ed arrivare così più pronto al colloquio tradizionale. Resta sempre in allegato la soluzione tradizionale del curriculum testuale. Il video curriculum può rappresentare un pre colloquio, perché assomiglia in sintesi al primo colloquio di selezione conoscitivo. Serve per dare più informazioni di sé, di chi c'è dietro un cv e dare un assaggio del colloquio che poi si sosterrà.
I vantaggi per il candidato sono di mettere in evidenza le proprie competenze e qualità al di là di pregiudizi e stereotipi di età,sesso, razza e origini. Per l'azienda sono quelli di fare una preselezione dei CV, vedendo anticipatamente la persona, facendosi un'idea più chiara ed approfondita di quello che è scritto normalmente in un curriculum vitae tradizionale. Così ad esempio da 100 curriculum, anziché fare 100 colloqui, l'azienda che cerca personale potrebbe chiamare a colloquio solo le persone di cui è più convinta, diminuendo quindi il numero dei colloqui. E soprattutto l'azienda può vedere il candidato nel video curriculum vitae quando vuole, più volte e da qualsiasi accesso web.
In particolari casi nel videocv si può trovare la dimostrazione di alcune competenze del candidato, come quelle tecnico pratiche oppure quelle multilinguistiche portando un consistente vantaggio sia alle aziende e sia ai candidati.
Si tratta di un metodo molto utilizzato laddove le tecnologie del web, e la pratica con gli strumenti informatici di video produzione è più diffusa: come ad esempio negli USA, in Francia od in Spagna. In Italia il fenomeno è in espansione.

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Un compositore (Dal lat. composĭtor -oris, der. di componĕre ‘comporre’ •sec. XIII., "chi mette insieme") è una persona che crea o scrive musica, che può essere musica vocale (per cantante o coro), musica strumentale (per esempio, per pianoforte solista, quartetto d'archi, quintetto a fiati o orchestra) o musica che unisce entrambi gli strumenti e le voci (es. opera o un/a cantante accompagnato da un pianista). Il significato fondamentale del termine si riferisce a coloro che hanno contribuito alla tradizione della musica classica occidentale attraverso la creazione di opere espresse in notazione musicale scritta (es. partiture musicali).
Molti compositori sono anche esperti cantanti, strumentisti, o direttori d'orchestra. Esempi di compositori che sono noti anche per la loro capacità interpretative sono J. S. Bach (organista), Mozart (violino e pianoforte) e Beethoven, Liszt e Chopin (pianisti). Il coinvolgimento nel 'fare musica' è molto utile per un compositore perché fornisce elementi pratici e approfondimenti su diversi aspetti musicali necessari per una guida pratica e per la riuscita di una composizione.
In senso più generale, "compositore" può indicare persone provenienti da altre tradizioni musicali che creano musica, e anche coloro che creano musica non necessariamente legata a una notazione scritta: per esempio, blues o cantanti folk e chitarristi che creano brani attraverso improvvisazione e registrazione e scrittori di musica popolare di canzoni musicali e arrangiamenti teatrali. In molti generi musicali popolari i musicisti che creano nuove canzoni sono tipicamente chiamati cantautori.

Descrizione

La composizione, al fine di poterne agevolare la riproduzione, è generalmente trascritta su uno spartito tramite un sistema di simboli chiamato notazione musicale, che appunto utilizza le cosiddette note musicali: l'opera del compositore è eseguita dagli interpreti (musicisti, cantanti), ma può essere eseguita anche dall'autore stesso. Inoltre per essere considerati ufficialmente "compositore" bisogna aver raccolto, in un proprio catalogo, un certo numero di opere riconosciute come tali attraverso la realizzazione di partiture, nel corso degli anni.
Il mestiere del compositore non è una professione protetta. Anche autodidatti si possono chiamare in questo modo, ma gli studi di composizione si eseguono in Italia e all'estero presso i Conservatori.
In Italia la Società Italiana degli Autori ed Editori è incaricata della protezione dei diritti d'autore. Ogni paese ha la propria organizzazione per l'amministrazione di diritti del genere (come per esempio ASCAP e BMI negli USA, la SACEM in Francia o la GEMA in Germania). Questi organi, nei vari paesi del mondo (la Recording Industry Association of America negli USA è un ottimo esempio) ricevono continuamente denunce da privati o associazioni consumatori, per abuso di posizione dominante, assieme a molte major discografiche, tutto parte delle guerre fra discografici e consumatori iniziate già all'inizio del XXI secolo.


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L’etichetta discografica (o casa discografica) è un marchio commerciale creato dalle compagnie specializzate in produzione, eventualmente distribuzione e promozione, di musica e in taluni casi anche di video (specialmente video musicali), su diversi formati (come il compact disc, il disco in vinile, il DVD, le musicassette, e con l'avvento di Internet soprattutto con la distribuzione digitale).
Il nome deriva dall'etichetta stampata che veniva posta al centro dei dischi in vinile.

La proprietà delle etichette discografiche

Le etichette discografiche si dividono sostanzialmente in tre categorie:
  • Le major - Legate a multinazionali che detengono gran parte del mercato musicale mondiale.
  • Le indipendenti - Etichette che autoproducono e promuovono i propri prodotti indipendentemente dal circuito delle multinazionali (ma spesso con accordi distributivi o di cooperazione).
  • Le vanity label - Etichette fondate e gestite da un artista anch'esse indipendenti fondate in genere per avere un certo grado di libertà da una o più etichette principali che ne distribuiscono la produzione.
Il consolidamento dell'industria musicale avvenuta negli anni settanta e ottanta, portò poche compagnie multinazionali ad avere il controllo della maggior parte delle più grandi etichette discografiche. Le etichette principali furono in seguito acquistate da grandi multinazionali, attualmente tre, che fanno oggi parte della RIAA e che detengono la maggior parte dell'industria musicale.

Il lavoro delle major

Le etichette discografiche investono parte del loro denaro e della loro attività nella ricerca di nuovi talenti e nello sviluppo degli artisti già sotto contratto. L'associazione del marchio all'artista (e viceversa in caso di artisti affermati) aiuta a rafforzare l'immagine sia della etichetta discografica sia dello stesso artista.
Benché ambo le parti abbiano bisogno l'una dell'altra, i rapporti tra le etichette discografiche e gli artisti sono spesso controversi, come avviene in ogni settore quando i rapporti fra le parti divengono paritari. Molti artisti hanno subito modificazioni o censure ai propri album da parte dell'etichetta prima della pubblicazione (canzoni modificate nei testi o nella lunghezza, copertine cambiate o progettate in contrasto col volere dell'artista, e così via). Le etichette discografiche operano queste scelte e modifiche con l'ovvio intento di ottenere maggior successo di vendita, e grazie ad ampi studi di mercato. Sovente le decisioni delle etichette discografiche corrispondono ad un reale successo da un punto di vista commerciale, ma questo può creare un senso di frustrazione nell'artista che percepisce il lavoro pubblicato come non proprio.
Nei primi anni della nascita dell'industria musicale, le etichette discografiche rappresentavano l'unica via di successo per un artista. Il principale obiettivo di ogni nuovo artista o gruppo era perciò quello di firmare un contratto con una casa discografica il prima possibile. Negli anni quaranta, cinquanta e sessanta, molti artisti erano talmente ossessionati dal firmare a tutti i costi un contratto con una casa discografica, da arrivare al punto di firmare un pessimo contratto, che talvolta non garantiva loro neanche i diritti sulla musica prodotta. In alcuni casi vennero assunti degli avvocati per controllare i contratti prima della firma (cosa normale in tempi moderni). Anche l'industria cinematografica ha talvolta raccontato queste vicende.

La nascita delle etichette indipendenti

Nella scena punk, l'etica DIY (Do it yourself) incoraggia le band alla autoproduzione ed all'auto-distribuzione dei propri dischi. Questo metodo è in voga dai primi anni ottanta, e rappresenta un tentativo di rimanere fedeli agli ideali punk del Do it yourself (fai da te). Alcune etichette esprimono come vanto la reputazione di non aver mai stretto accordì né aver mai cooperato con alcuna major, tra le più significative la Crass Records.
Verso la fine degli anni novanta, grazie all'utilizzo di studi di registrazione privati, di masterizzatori CD, e alla diffusione di Internet e ad una generale diminuzione delle spese di produzione le etichette indipendenti iniziarono ad assumere un ruolo di mercato maggiormente rilevante. Le etichette indipendenti possono permettersi però una diffusione radiofonica e televisiva decisamente inferiore e hanno minori vendite rispetto agli artisti sotto contratto con una major. Alcune sono fondate dell'artista stesso, cosa che gli permette di produrre la propria musica senza più pressione da parte dell'industria musicale. Una di queste, la Jalisse Produzioni ed Edizioni Musicali (diventata poi Tregatti P ed Ed. Mus.), vinse il Festival di Sanremo nel 1997, con l'omonimo duo.
Occasionalmente anche alcuni artisti già affermati, dopo aver terminato il contratto con una major, firmano per un'etichetta indipendente. Questo permette agli artisti di sfruttare la propria notorietà già acquisita per disporre di una maggiore libertà nella produzione dei propri album. Artisti come Dolly Parton, Aimee Mann, Prince, Elio e le Storie Tese e molti altri hanno optato per questa via.
Tra le etichette indipendenti la Righteous Babe Records, di proprietà della cantante folk Ani DiFranco, viene spesso citata come esempio (alla stregua della italiana Soleluna di proprietà del cantautore Lorenzo Cherubini). La cantante rifiutò molti contratti da parte di major per realizzare la propria etichetta con sede a New York. La costante realizzazione di tour si può considerare un grande successo per un'artista che non è sovvenzionata da una major.
Le etichette indipendenti, non avendo una propria struttura commerciale, stipulano contratti di distribuzione con le major o con etichette specializzate in distribuzione, che permette loro di avere i loro lavori disponibili nei negozi di dischi. Molte etichette, nate indipendenti sono state via via acquistate dalle major, mentre altre pur rimanendo autonome vengono affiancate dalle major nel lavoro di produzione.

La nascita delle etichette online

Verso l'inizio degli anni 90 si cominciò a percepire quello che sarebbe stato il cambiamento del nuovo secolo. La nascita delle etichette discografiche online. Secondo alcune analisi di mercato condotte nel 2009 negli Stati Uniti, il 75% dell'industria musicale trae ormai quasi esclusivamente profitto dalla vendita sul web dei propri prodotti o tramite esclusiva licenza dei prodotti di altri artisti.
Il boom dei download a pagamento è stato rafforzato dalle connessioni internet sempre più veloci e dai costi frazionati dei dischi stessi. Infatti se negli anni passati per poter comprare la canzone preferita si doveva acquistare l'intero album, oggi ogni singola traccia viene venduta separatamente. Questo vantaggio per l'utente finale ha da una parte fatto impennare le vendite dei singoli più pubblicizzati mentre dall'altra ha clamorosamente fatto crollare le vendite dei brani minori.
In questo nuovo mondo di negozi virtuali e di portali di file sharing è inoltre paradossalmente aumentato il numero dei produttori discografici di tutto il globo. Se negli anni passati per aprire fisicamente una propria etichetta discografica servivano centinaia di milioni di lire, ad oggi i costi si sono drasticamente ridotti ed aprire un proprio spazio che possa già dall'inizio operare nel settore (compreso ufficio comunicazione e marketing), costa poco più di 50000 euro.
Non a caso il business degli spazi online a pagamento risulta essere aumentato dell'800% soltanto negli ultimi 18 mesi ed alcune aziende discografiche, sono arrivate a dare in concessione ad altre aziende neofite o singoli specialisti del settore le loro sotto etichette per svariate migliaia di euro se non addirittura per centinaia. Questa tendenza che ha trovato terreno fertile soprattutto negli Stati Uniti, Giappone e nord Europa ha generato nuove Indipendenti che annualmente muovono un capitale di oltre un miliardo di euro ed in continua crescita. Solo nel 2013, il capitale mosso dalle etichette online è di circa 5 miliardi di dollari di cui circa 2.3 miliardi solo nella musica elettronica (dato certificato da Recording Industry Association of America).
Stesso discorso dicasi per le Major le quali intuendo prima di chiunque altro l'imminente crisi del supporto analogico e ottico/digitale hanno investito enormi cifre e aperto un mercato ormai solo virtuale in cui la distribuzione fisica risulta essere scomparsa se non per dischi di artisti riconosciuti a livello planetario.

Funzionamento delle Etichette Discografiche Online. Profitti del Portale, profitti per l'utente.

La distribuzione attraverso le Etichette Discografiche Online e quindi la relativa vendita dei brani in esse contenute, è stata una vera e propria rivoluzione in campo discografico rispetto al metodo classico di stampa ormai quasi del tutto obsoleto. Da un lato abbiamo una riduzione complessiva dei costi (stampa fisica e distribuzione nei negozi del prodotto) e dall'altro, attraverso il metodo dell'upload, un maggior introito per gli artisti e per le etichette discografiche che si trovano così sgravate di costi decisamente molto elevati sia di produzione che di capilarizzazione del prodotto.
Il funzionamento risulta essere molto semplice ed intuitivo anche grazie alle costanti migliorie che ogni singolo portale ha dedicato alla propria piattaforma. Il singolo utente provvisto di Username e Password (avuti dopo aver stipulato un accordo con il portale stesso o con una società terza) ha, dopo il corretto Login, accesso alla propria pagina di upload.A questo punto l'utente dovrà solo caricare i files musicali in mp3 e la relativa copertina ed il gioco è fatto. Basta solo attendere che il portale metta in vendita i suddetti files (la data di uscita sarà sempre scelta dall'utente) ed aspettare il report dei pagamenti che solitamente i portali stessi inviano ai propri utenti dopo 3 mesi o dopo sei mesi dal upload dei brani musicali sopra citati. Fondamentalmente non esiste limite al numero di upload giornalieri che ogni utente può fare. Più aumenta il numero di brani caricati più aumentano le possibilità di profitto. Solitamente un brano viene venduto a 99 centesimi di euro che saranno suddivisi in percentuali differenti fra il portale (che di solito trattiene il 30% del valore di ogni singola traccia) e l'utente al quale andrà il rimanente 70%.Secondo un dato dell'American Recording Industry risalente al 2013, ogni brano medio (e con medio si intendono artisti pressoché sconosciuti) viene downloadato a pagamento circa 100 volte per un profitto pari a 99 euro da cui bisogna escludere la percentuale del portale ed ovviamente le eventuali tasse. Fra queste non dobbiamo dimenticare la tassa relativa alla Società Editori e Compositori che dovrà essere decurtata dal profitto dell'utente (e non da quello del portale) in base alle norme vigenti in ciascun paese in cui sono presenti una o più società di tutela musicale del diritto d'autore.
Un'etichetta discografica online mette in commercio mediamente fra le 30 e le 70 uscite settimanali. Il che equivale ad una ulteriore media di 200 uscite mensili cioè circa 2400 uscite annue. Considerando il fatto che ogni traccia viene a sua volta venduta 100 volte a circa un euro (escludendo ovviamente le Hit discografiche che possono raggiungere anche milioni di download a pagamento) il profitto che si genera è di oltre 200000 euro lordi annui ai quali, come detto prima, andranno tolte le percentuali del portale. Fra le maggiori etichette discografiche online non si può non citare l'Olandese Spinnin Records. Partita come semplice etichetta indipendente, gestita al tempo da due ragazzi poco più che trentenni, è diventata nel giro di quindici anni un colosso mondiale che solo nel 2014 ha venduto online circa 60 milioni di brani e gestisce il più grande roster di artisti di musica elettronica mondiale, secondo solo a quello di Ultra Records, altro colosso di musica elettronica con sede negli Stati Uniti.
Proprio per questo motivo le etichette discografiche online sono state equiparate dalla famosa rivista Billboard a dei veri e propri negozi, i cui costi di manutenzione sono pari a zero (escludendo i costi iniziali di eventuale acquisto dello spazio e relativo avvio) ed in cui l'ipotetico profitto non ha limiti qualora si propongano prodotti all'altezza del mercato discografico corrente.
Fino al 2012 aprire un'etichetta discografica online era pressoché impossibile a causa delle numerose restrizioni dei portali, i quali davano in gestione i propri spazi soltanto a produttori la cui notorietà fosse comprovata da almeno cinque uscite in vinile su altrettante etichette discografiche riconosciute. Dopo il boom di iTunes, le cose risultano essere leggermente cambiate, è un po' meno complicato avere in gestione degli spazi su alcuni portali per vendere la propria musica con esclusione della famigerata piattaforma di musica elettronica Beatport.com la quale ancora oggi non concede spazi per la vendita online a produttori od etichette discografiche poco conosciuti.
Fra i maggiori portali mondiali di musica ricordiamo l'altrettanto famigerato ITunes che nel 2013 ha dichiarato di aver venduto oltre 25 miliardi di brani tramite il download a pagamento. Per la musica elettronica ricordiamo invece i portali Beatport già sopra citato e Juno Download che ad oggi si dividono il mercato internazionale esclusivamente della musica elettronica nelle seguenti percentuali (60% Beatprt 30% Juno Download 10% tutti gli altri).
A differenza di molte Società di Autori ed Editori che spesso incorrono in cause anche milionarie con i propri iscritti per il mancato pagamento delle percentuali stabilite, ad oggi non esiste nessuna causa intentata contro nessun portale online per la spettanza delle royaltèes musicali che vengono puntualmente aggiornate e che nello specifico indicano anche il luogo di provenienza di ogni singolo download.
In ultima analisi alcuni portali hanno da poco cominciato a pagare addirittura lo streaming delle tracce (sebbene si parli di pochi centesimi di euro). Fra tutti ricordiamo Spotify il quale ha raggiunto in meno di due anni circa 150 miliardi di play sul proprio portale.

Lista di etichette discografiche

Le major

Secondo il rapporto IFPI del 2005 le case discografiche principali hanno una quota mercato, a livello mondiale, pari al 71,7%. Un tempo note come Big Five, a seguito della fusione tra Sony Music e Bertelsmann Music Group le "major" sono diventate Big Four, e poi dal novembre 2011 Big Three a seguito dell'assorbimento di EMI da parte di Sony e Universal:
  • Universal Music Group (quota mercato del 25,5%), che include Interscope-Geffen-A&M, Decca, Deutsche Grammophon, Interscope, Island, Def Jam, Mercury, Motown, Philips Records, PolyGram ed altre.
  • Sony Music (quota mercato del 21,5%), che include RCA Records, Columbia, Epic, Jive, BMG, Syco Entertainment ed altre.
  • Warner Music Group (anche detta WEA) (quota mercato dell'11,3%), che include Atlantic, Elektra, Sire, Reprise Records, Rhino ed altre.
  • EMI (aveva un quota mercato del 13,4%), ed includeva etichette come Blue Note, Capitol, Chrysalis, Parlophone, Virgin ed altre.

Le indipendenti

Le etichette indipendenti, slegate alle multinazionali (anche se talvolta legate ad esse da accordi di distribuzione fisica, non digitale) detengono a livello mondiale una quota mercato del 68,3% e sono moltissime. In Italia, sommando tutte le iscritte alle 3 maggiori associazioni di categoria (AFI, PMI, Audiocoop), troviamo oltre 200 etichette indipendenti.