Le prime domande che ogni artista emergente si deve fare sono: Serve ancora il supporto di una major del disco nell'era dello streaming? Come è cambiato il mercato discografico?
Ora la 1437 United Artist, la società che permette agli artisti imprenditori di se stessi di distribuire i propri progetti "fai da te" senza casa discografica, cercherà per quanto possibile di dare delle risposte!
Nel mondo della musica ormai la consacrazione dello streaming è cosa già fatta da qualche anno a questa parte. Si tratta volendo andare a ben guardare dell'ennesima grande rivoluzione in poco più di 15 anni, un processo di trasformazione delle abitudini di chi la musica la ascolta, ma anche di chi la fa, che ha in definitiva rivoltato l’industria discografica come un calzino.
Quattro tappe fondamentali hanno portato al mondo che conosciamo oggi: 1999, apre Napster; 2003, Apple lancia l’iTunes Music Store; 2005, nasce YouTube; 2008, l’allora sconosciuta startup svedese Spotify, fa partire l’omonimo servizio di streaming “a volontà”. In mezzo ci sono state tante altre vicende, personaggi, innovazioni (l’arrivo dell'iPod prima e degli smartphone dopo su tutti), ma queste sono sicuramente le pietre miliari che più hanno scolpito la scena musicale odierna. Minimo comune denominatore: Internet.
Nel 2014, per la prima volta, seppure di misura, i ricavi della musica digitale smaterializzata, a livello globale, superarono quelli generati dalla vendita di supporti fisici. Una statistica dell'epoca rivelava come si comprassero sempre meno CD, ma anche come, dopo la mazzata che lo scambio in rete degli MP3 hanno inflitto alle case discografiche, i modelli di distribuzione digitale legali cominciassero finalmente a ingranare. L’altro dato di rilievo è appunto l’esplosione dello streaming, che in pochi anni ha cominciato velocemente a cannibalizzare le vendite di brani in download; per le major del disco era la luce in fondo al tunnel dopo anni di sofferenza, per gli artisti, si dice, un po’ meno. Perché, diciamocelo, diventare una star oggi è ancora più difficile di una volta e vivere di musica un traguardo per pochi. Una volta firmare con una casa discografica era il sogno che diventava realtà, il punto di arrivo, “l’avercela fatta”. Oggi, a meno di non essere super fortunati, è un modo se va bene per arrotondare e avere un po’ di persone in più ai concerti.
Anche per questo, il 28 dicembre 2017, Cesio Endrizzi istituisce una riunione a cui invita artisti legati ad un'etichetta e gli presenta la sua idea: quella di lanciare una società di intermediazione per mettere in contatto diretto gli artisti con la propria fanbase, realizzando e distribuendo sui canali di vendita - tradizionali e non - edizioni deluxe e vinili. È il nuovo modello del DIY ("do it yourself", fai da te) che sta conquistando tanti artisti, sia affermati che emergenti, che parte dalla premessa che la casa discografica classica, e in particolare la major, è diventata obsoleta in questo mercato. “C’è stato un tracollo totale del fatturato nella discografia, per varie cause, la pirateria da una parte, ma anche la flessione del CD e il mancato decollo della promessa del digitale”, mentre dal punto di vista della 1437 United Artist, tutto è cambiato nel mercato del disco e soprattutto siamo pronti a vivere il futuro nell’era dello streaming.
E partiamo proprio da qui, dalla promessa mancata del digitale: iTunes ha aperto i battenti nel 2003, ma ancora non basta per sopperire al calo di fatturato del fisico. Che cosa è andato storto?
Per quanto riguarda l’Italia, visto che all’estero e in particolare negli Stati Uniti le cose sono andate un po' diversamente, le ragioni di una disfatta annunciata siano state tantissime. Innanzitutto il consumatore si è sfiduciato nei confronti del mercato discografico a causa delle pubblicazioni. Si pensi all’ondata di “best of” degli ultimi anni. Perché per sopperire alla contrazione del mercato si rispose con la pubblicazione di tante raccolte inutili. E questo ha generato ancora più sfiducia, ancora più acredine da parte dei fan, non tanto nei confronti dell’artista, ma di chi nell’industria avallava operazioni improbabili che essenzialmente esistevano solo per fare cassa.
Poi c’è il fattore prezzi. Basti pensare che il crollo dei consumi è arrivato quando ancora si viveva di rendita che veniva dal boom del CD nel 1999/2000, e cioè che il prezzo della musica si riteneva ininfluente sulle vendite. Poi invece quando il mercato è crollato, il prezzo ha cominciato ad avere una leva rilevante, così si è avuto un abbassamento del prezzo e allo stesso tempo delle quantità vendute e quindi in definitiva del fatturato.
Quindi, la sfiducia dei consumatori, la contrazione del prezzo medio, e poi naturalmente il fatto che la gente scaricava. Questo d’altra parte è un paese in cui oltre il 61% della popolazione secondo un recente sondaggio non considera un reato quello di scaricare musica illegalmente. Oggi naturalmente tutto questo è superato dalla piattaforma streaming. Quando tu riesci ad accedere a una piattaforma legale come Spotify, in cui comunque gli artisti vengono renumerati, poco tanto non lo so, comunque è qualcosa. Quando invece scarichi illegalmente comunque danneggi, e ormai viviamo negli anni del boom della pirateria online. Non c’è un’alternativa legale ed il mercato discografico è un grande pozzo d’acqua pieno di falle che si svuota.
La 1437 United Artist, è nata perché in questa fase abbiamo visto l’opportunità, di una grande idea: quella di riuscire a carpire e prendere dalla coscienza dell’artista quella voglia sotterranea di farsi tutto da solo. Abbiamo visto Renato Zero che si staccava dalla Sony e decideva di farsi tutto da solo. I Pooh che hanno sempre fatto tutto da soli da una vita ed erano solo distribuiti da una major, i Nomadi e tanti altri fino agli Afterhours. E così in poche settimane abbiamo già raccolto 150 prodotti esclusivi, in virtù del fatto che c’è la coscienza di voler fare tutto da soli.

Ma perché improvvisamente è nata nell’artista la voglia di farsi tutto da solo?
Perché fondamentalmente non c’è più bisogno della casa discografica. Perché con la contrazione del mercato, nelle case discografiche non c’è più quella propensione a investire. Quello che faceva la differenza una volta nelle major discografiche erano gli investimenti pubblicitari, la promozione, i videoclip. Ma con la nascita e il proliferare di YouTube, con le tecniche video a basso costo, tutto questo è cambiato. Pensiamo oggi a tanti giovani artisti: il loro primo video,se lo fanno da soli con i loro amici e sono forse video che poco più di vent’anni fa non sarebbero bastati 200 milioni delle vecchie lire per realizzarli.
Oggi le nuove tecnologie consentono di produrre dei video super, basta un’idea e non è più necessario spendere tantissimo. Quindi gli artisti hanno detto: “se le case discografiche non investono più in campagne, se non c’è più l’advertising che c’era prima, se non c’è più quell’opulenza che mi consentiva di essere un artista sostenuto dalla grande casa discografica, perché devo dare più della metà dei ricavi della vendita del mio lavoro o di quel che ne deriva a un altro soggetto? Faccio tutto da solo e cerco di guadagnare molto di più”. E quindi noi cavalchiamo questa esigenza, anche perché con una società come la nostra, noi comunque retrocediamo oltre l’80% dei ricavi all'artista.

C’è da dire che c’è sempre stata un po' la percezione, almeno da parte dei non addetti ai lavori, che le grandi major sfruttassero gli artisti. Pensiamo alle battaglie ormai negli scorsi decenni di personaggi come Prince. Ma è poi davvero così? La 1437 United Artist, afferma di dare all’artista una fetta di oltre l’80% dei ricavi, ma nel caso di una major qual è usualmente la proporzione?
Tendenzialmente, se parliamo di un artista “top” può prendere il 30% da una major senza gli abbattimenti. Oggi però anche un artista top non è più sostenuto dalla major come prima, per cui è una cifra anacronistica. Un tempo tu sapevi che loro si dovevano prendere il 70% perché c’erano gli investimenti e perché dovevano marginare tanto perché magari ci perdevano su altri progetti, ma questo sistema è andato completamente in tilt. Se fai il raffronto tra un artista che prende il 30% che con degli abbattimenti diventa il 23% e un’artista che ne prende l’80%, c’è una grande differenza. Ma lo dico non perché io sono quello che ti dà l’80% e quel sistema il 23%, è che quel sistema del faccio tutto io, ti pago tutto io e ti do una piccola quota è andato un po’ in esaurimento. Gli artisti che oggi sono sotto contratto con le case discografiche, naturalmente, o riescono a fargli spendere tanti soldi, ma ormai saranno rimasti in 5, oppure non ha più senso che rimangano lì.
E infatti, all’interno dei contratti, vedo che ci sono artisti come Ligabue che si fanno solo distribuire. Un motivo c’è: sono contenti di quello che fanno, riescono a farsi un contratto di rinnovo giusto, ma si fanno tutto da soli. Ligabue è un artista che fa tutto da solo. Ha la sua società, ha il suo ufficio, ha i suoi ragazzi. Il suo canale è uno dei più forti in Italia e l’ha fatto lui non una major. Vasco Rossi è lui, non c’è una major dietro. Jovanotti è lui. È un artista che dice “voglio fare questo progetto” e il progetto si fa. 30 anni fa c’era un discografico da coinvolgere, c’erano delle riunioni marketing in cui c’erano delle professionalità che potevano dare un suggerimento all’artista e guidarlo, ma ora sono cambiate anche le persone all’interno di quelle aziende.

Però fino ad ora abbiamo parlato di grossi nomi della musica: Vasco Rossi, Jovanotti, Renato Zero. L’obiezione che si fa verso un modello di questo tipo è “ok, ma prima devi essere famoso per poter stare in piedi da solo”. Un modello DIY come quello che propone una realtà come la 1437 United Artist, può davvero funzionare anche per i piccoli artisti o artisti emergenti?
Assolutamente sì. Noi abbiamo realtà piccole che funzionano per i loro fan. Stiamo lavorando su un progetto per esempio, con una band che ha una comunità molto radicata nel “clero”: è una rock band che suona anche nelle parrocchie e ha una fanbase pazzesca. Il cantante ha pubblicato un libro che è già in ristampa. Non importa quale sia il mercato, noi andiamo anche lì: la fanbase di 15.000 persone. Questi suonano nelle parrocchie e alle feste della gioventù, ma hanno fatto due tour mondiali, il cantante ha pubblicato il libro in 10 paesi, soprattutto in Sudamerica. Oggi ci sono delle realtà che grazie alla disintermediazione della comunicazione, possono arrivare direttamente ai fan, riescono a soddisfare i fan, riescono a vendere direttamente ai fan. E allora, perché non lavorare su quello? Quindi lavoriamo sull’ingaggio delle fanbase, qualunque esse siano. Quanti artisti ci sono che non hanno ancora pubblicato ufficialmente un disco - ne avranno prodotto forse solo uno stampandoselo da sé in modo diciamo pure carbonaro -, hanno un loro videoclip, hanno YouTube, potrebbero andare primi in classifica con noi. La differenza la fa la fanbase. Lavorare sulla fanbase è quello che noi abbiamo percepito fare oggi la differenza.


Ma un artista emergente come fa a crearsi e far crescere la propria fanbase? Una volta c’era il supporto di un’etichetta, ma oggi?
Oggi ci sono tre strade. O fai da solo, vai su YouTube, e se hai qualcosa da dire la gente prima o poi se ne accorgerà. Anche Emis Killa ha iniziato su YouTube, poi si è fatto notare e una casa discografica l’ha preso. Oppure si può provare la strada del Talent. Di fatto il Talent Show ormai è un laboratorio, ha sostituito quelli che erano gli uffici artistici delle case discografiche, dove si faceva lo scouting. Basti pensare che da Amici sono usciti Emma Marrone, Alessandra Amoroso. Da X-Factor è uscito Marco Mengoni.
L’altra alternativa è quella di andare dagli imprenditori; vai in una società indipendente, vai da un imprenditore. In Italia c’è stato Claudio Cecchetto che ora è dedito all’innovazione, ma c’è anche Lorenzo Suraci (presidente di RTL, n.d.r.) che è un talent scout; ha una grande forza alle sue spalle, fatta dalla sua radio.
Oppure appunto ci sono le etichette indipendenti. Quel tipo di imprenditoria, quel tipo di rischio, secondo Noi, è l’antitesi del portare soldi in cassa tramite le operazioni improbabili delle major di cui parlavamo prima”. 

Prendiamo allora il caso che io sia un artista “fai da te”, che si è registrato il suo disco con GarageBand e magari ha già il primo migliaio di mi piace su Facebook. Cosa può offrire una società di intermediazione come la 1437 United Artist all’artista DIY?
Innanzitutto se hai già una fanbase, con i social, se hai qualcosa di nuovo, la tua base già lo sa. Quello che facciamo noi, è andare a consegnargli il disco a casa con il tuo autografo. Possiamo realizzare delle confezioni esclusive intorno alla musica: intorno al CD, che è solo una scusa, possiamo costruire un libro, un gadget, delle chiavette USB. Ci possono essere tante confezioni speciali. Noi ci inventiamo dei progetti da questo punto di vista anche con un po’ di ironia. Perché se tu sei fan di un artista, vuoi anche possedere un oggetto; perché con la tiratura numerata limitata, che quando tu lo fai lo vendi per certo, puoi fare e costruire un oggetto. L’oggetto che costruisci contiene un po’ l’anima dell’artista. E sei un fan, sei anche disposto a pagare 50 o 60 euro per quest’oggetto.


A questo punto viene da chiedersi, ok il cofanetto, ma davvero il supporto fisico ha ancora qualcosa da dire?
In Italia intanto il supporto fisico costituisce comunque ancora una discreta fetta del mercato. Può dire assolutamente qualcosa se viene costruito intorno ad esso non un semplice CD, un pezzo di plastica, ma una storia, un concetto emotivo. Devi trasformarlo in qualcosa che la gente vuole possedere. Poi bisogna tenere presente fasce come, non so, ad esempio le donne dai 45 anni su che non scaricano: in questa fascia demografica, guarda caso, le vendite del fisico sono ancora molto superiori al digitale.

Ma se alla fine la soluzione è realizzare un oggetto del desiderio, non potrebbe benissimo proporla anche la major, che forse ha anche più risorse alle spalle? E invece non accade. Come mai?
La major ha delle griglie di costi che, per il prodotto fisico, non possono superare un tot in percentuale rispetto al prezzo di vendita. Quando ritengono l’operazione superflua rispetto ai margini che la caratterizzano, quel progetto non lo fanno.

Ma le major non dovrebbero avere più margini con prodotti di questo tipo?
No, non è così semplice. Deve essere anche un prodotto che ingaggi. L’interattività con la fanbase la puoi fare solo se metti l’artista al centro, e cerchi di sviscerare tutto. In una major non c’è più il tempo di fare questo, perché quel lavoro sta cambiando e loro non si sono resi conto che stanno lavorando su un mercato in cui hanno peccato di disattenzione, di qualità e soprattutto di passione. Per loro quel lavoro oggi è bene o male sempre una questione di soldi.
Sono persone che sono cambiate molto nel loro approccio, perché ora le senti parlare di quantità, ecc., mentre prima le sentivi parlare di musica, di concerti; oggi francamente parlano solo di numeri, gli interessano solo i risultati. Ma dico, tu sei in un’azienda in cui tu hai anche una responsabilità culturale sul mercato locale; va bene far quadrare i conti, ma perché oggi devono essere solo i produttori indipendenti a fare diversità culturale?

Qual è la risposta degli artisti che lasciano le case discografiche, iniziano a fare tutto da soli e si rivolgono ad un’azienda come la vostra? C’è qualcuno che alla fine dice “ma forse stavo meglio prima”?
Devo dire che noi abbiamo un tasso di soddisfazione di chi sceglie di lavorare con noi molto elevato. Diciamo che devi comunque avere la predisposizione a metterti in gioco, devi avere la voglia di lavorare, perché è un lavoro molto faticoso. Lo sto vedendo ora con giovani artisti con cui stiamo lavorando, dove loro si mettono in gioco in prima persona perché davvero vogliono fare tutto loro.

Ma la vostra sensazione è che gli artisti sono pronti a inseguire questa evoluzione del mercato? Spesso si ha questa percezione dell’artista che è perso nel suo flusso creativo e non ha molto i piedi per terra quando si parla di impresa… o sono più avanti invece delle major rispetto a questo discorso?
Partiamo dalla considerazione che per anni l’artista è stato sempre considerato un minus habens, il disadattato che ha sempre bisogno dell’esperto che lo segue. Certamente c’è sempre bisogno di servirsi di professionalità, promoters, manager con cui fare squadra, non è che uno può letteralmente fare tutto da solo.
In ogni caso sono gli artisti che ci chiamano per lavorare con loro, perché sanno quello che facciamo e hanno bisogno di professionalità. E sono tanti i professionisti che prima lavoravano all’interno delle case discografiche e che ora comunque ne sono usciti anche loro e lavorano direttamente con gli artisti.


Ma in questo mondo dove ormai sembra di capire che tutti sono diventati liberi professionisti, c’è ancora un motivo per scegliere di fare un contratto con una grande casa discografica?
Non c’è più motivo se non… tanto denaro, prendere tanti soldi. Quello è l’unico motivo oggi per firmare un contratto con una major: se prendi dei soldi, tanti. Con minimi garantiti elevati. Tutto il resto non ha senso. È anacronistico, è vecchio.


Ma visto che di “tanti soldi” non sembrano comunque essercene, secondo Voi, è ancora possibile vivere di musica oggi?
E' molto difficile oggi vivere di musica. Primo perché i locali preferiscono prenderti solo se porti come minimo 200 persone. E quindi è anche molto difficile iniziare, ci vuole tanto coraggio. Oggi puoi uscire solo se hai una bestia dentro. Però è difficile quanto oggi è difficile fare, non so, l’architetto, perché oggi ci sono pochi studi di architettura in cui lavorare. Ci vuole molto più tempo a diventare una star e devi avere dei risultati. Sicuramente è un cammino difficile e irto di ostacoli, però, dall’altra parte, sei molto più padrone della tua fanbase rispetto a prima.



Dal vostro punto di vista come giudicate questa polemica sulle royalties dello streaming? Lo streaming può davvero essere il futuro del mercato della musica?
In realtà questo è un problema che riguarda il contratto tra l’artista e chi ha intermediato la pubblicazione sulla piattaforma di streaming, non il servizio in sé. Io sono convinto che lo streaming sia sicuramente il futuro e credo che le cifre più cospicue arriveranno quando davvero sarà un fenomeno di massa, quando lo sarà la subscription premium a Spotify o altre piattaforme. È ovvio che per l’artista dipende dal contratto che hai con il proprietario del catalogo. Se sei il Tom Yorke della situazione che ha un contratto con l’etichetta per l’8 o il 10%, quei ricavi non potranno mai avere un impatto significativo. Gli artisti che si lamentano dovrebbero prendersela non con Spotify ma con gli intermediari, quelli con cui hanno fatto il contratto. In questo c’è la componente “disadattata” dell’artista: “ho firmato una roba, non so bene cosa ho firmato, ma voglio di più”.
Una cosa diversa e assolutamente scandalosa è YouTube, perché tu hai video e audio, un intrattenimento più invasivo e a fronte di che cosa? Cioè, per 100.000.000 di visualizzazioni prendi 80.000 euro, ma di cosa stiamo parlando? E sai per quale motivo abbiamo queste royalties? Perché all’estero le multinazionali hanno firmato quegli accordi, che a noi sono piovuti dal cielo, e oggi non puoi andare da YouTube e dirgli “tu mi devi dare di più di 8 millesimi”, quando tu non hai un catalogo di 50 milioni di brani. La cosa gravissima delle major è che abbiano accettato supinamente accordi ridicoli con YouTube. Se YouTube pagasse anche solo dieci volte quello che paga oggi, che poi sarebbe il minimo sindacale, sicuramente tanta gente potrebbe anche vivere solo di quello.

Ma il vecchio mondo della discografia è tutto da buttare secondo Voi o c’è qualcosa da salvare?
Sicuramente i piccoli imprenditori, le piccole etichette indipendenti, gente che ci mette del suo, la sua passione per scoprire il ragazzino che ci vuole provare o il gruppo che sta li li per esplodere. Quelli sono eroi. Sono eroi perché pur di fare quello che gli piace sono disposti a fare sacrifici e a rimanere in una situazione sempre sul chi va là, per cercare di dare un colpo al cerchio e uno alla botte per la passione a lavorare in questo settore. C’è tanta purezza in questo discorso.
Comunque, non è che Noi vogliamo demolire le major perché siamo la 1437 United Artist e loro sono le multinazionali. Io dico: “bene, mettetevi su un territorio diverso. Smettetela di pensare", e lo dico ai capi, ai country manager delle multinazionali, "smettetela di pensare solo ai numeri. Cioè, il vostro è un meccanismo che non potrà mai essere favorevole al fan, non può mai ingaggiare il fan, perché voi il fan lo avete disingaggiato, ed è stato solo l’artista a tenerselo. E gli artisti ve li siete tenuti soltanto con i soldi. Invece, trovate delle valide motivazioni. Attorno a quei tavoli, in quelle sale riunioni, inventatevi dei discorsi più logici, più in linea con il mercato, non pensate soltanto che se dite una cosa un pochino più avanti domani perdete il posto”. Non è che siano stupidi nelle major, è che c’è paura, paura di andare via di lì. Paura di essere cacciati. Quando si lavora in un’azienda di un imprenditore, il portafogli che tu stai gestendo è nella porta accanto. Ti fai venire senza dubbio delle idee diverse. Se i soldi non sono tuoi e non ce li metti tu, quello fa la differenza.
"Noi diciamo: aiutate chi in Italia ci mette i propri soldi. Le produzione italiane. Finanziate le aziende italiane. Oggi mancano i talent scout di una volta che andavano a vedere i ragazzi suonare. Non ci sono più quei momenti in cui magari due case discografiche volevano un artista e se lo contendevano. Manca questo, manca la passione, l’amore per quello che si faceva, la determinazione, il dire voglio prendermelo, voglio firmarlo. Ritrovate la passione".


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L'accompagnamento è un disegno musicale, spesso basato su accordi, che funge da sostegno armonico e ritmico della melodia.
Può spaziare dai semplici canti folcloristici con accordi di chitarra fino ai più elaborati accompagnamenti orchestrali di un'aria d'opera.
Molti brani musicali raggiungono il loro effetto grazie all'accompagnamento: il primo tema del movimento lento della settima sinfonia di Beethoven consiste per esempio in gran parte nella ripetizione della nota Mi che ottiene il suo senso grazie agli accordi d'accompagnamento.
Esistono due tipi di musica senza accompagnamento: la musica monofonica e la polifonia di voci equivalenti, come la si trova nei mottetti del Rinascimento.

Accompagnamento semplice da canzone
Sia con la chitarra all'aperto, col pianoforte sotto l'albero di natale o con la tastiera del coro scolastico: dove si canta, un accompagnamento è sempre il benvenuto; ma quando non ci sono spartiti o simboli degli accordi ciò non è facile ed è consigliabile un po' di conoscenza di teoria musicale.
La maggior parte delle canzoni folcloristiche e per bambini, ma anche molte canzoni della musica leggera, si possono accompagnare con i tre accordi basilari di tonica, dominante e sottodominante.

L'accompagnamento nel corso della storia della musica
Prima del 1600
Le prime forme d'accompagnamento erano probabilmente movimenti a percussione nel ritmo delle melodie cantate, che inizialmente erano battuti sul proprio corpo e più avanti su strumenti a percussione. L'estensione musicale si è manifestato quindi soltanto nel senso ritmico, fatto mantenuto anche quando si sono sviluppati strumenti melodici più evoluti. Nella musica antica e di altre culture (per esempio fino ad oggi nell'opera cinese) l'accompagnamento strumentale d'una canzone consisteva praticamente nel suonare la stessa melodia più o meno ornamentata.
Il termine accompagnamento nel senso odierno poteva quindi nascere solo grazie allo sviluppo della polifonia. Anche delle forme che la anticipavano come l'antifona, responsorio, canone non distinguevano ancora tra canto ed accompagnamento. Solo con la creazione dell'organum, in modo particolare della versione provenzale, nel quale il controcanto è enfatizzato da ornamenti melismatici si può parlare dell'emancipazione del canto principale e della sottomissione delle altre melodie nel accompagnamento.
Ma anche la musica del Rinascimento con la sua polifonia rigida non possiede univocamente un canto principale ed un accompagnamento. Più tardi con l'entrata nella musica barocca questa distinzione è possibile.

Basso continuo
Nella musica barocca si usava soprattutto il basso continuo per accompagnare strumenti solistici nelle sonata od aria. Il basso continuo aveva però anche nell'orchestra il suo posto fisso e serviva come base dell'armonia che naturalmente era supportata anche da altri strumenti. Nel tipico concerto barocco di tipo italiano (Vivaldi) i passaggi dello strumento solista sono accompagnati soltanto dal basso continuo mentre gli intermezzi (ritornelli) erano suonati da tutta l'orchestra (senza solisti).
Nella musica dei maestri barocchi si trovano varie forme e tecniche per l'accompagnamento del canto principale in parte anche senza il basso continuo come per esempio nella "Sonata per 4 violini senza b.c." di Telemann. Per Johann Sebastian Bach ci sono due forme tipiche:
Da un lato usa spesso Ostinati dei motivi musicali semplici sui quali si sviluppano lunghe melodie come nei movimenti centrali dei concerti per violino e del qui rappresentato Concerto Italiano.
Dall'altro lato ci sono strutture polifoniche raffinate dove accompagnamento e canto attraversano diverse melodie principali sostituendosi. Questo si trova spesso in arie con strumenti solistici obbligati nelle cantate e passioni. La rappresentazione mostra un ritaglio del Magnificat dove soprano e Oboe d'amore si dividono il canto principale.

Accompagnamento obbligato
Nella seconda metà del Settecento l'importanza del Basso continuo diminuiva ed i compositori iniziavano a strumentare ed annotare precisamente l'accompagnamento delle loro opere. Questo Accompagnamento obbligato era indirizzato contro la libertà della strumentazione del basso continuo e contro la libertà nell'esecuzione e negli ornamenti dell'accompagnamento. Nel periodo classico non c'era più spazio per improvvisazioni permesse o meglio richieste come nel barocco, che sono stati indispensabili per lo sviluppo dell'opera lirica o del Lied.
Spesso l'accompagnamento obbligato era stato migliorato a partire dalla tecnica barocca, ma qualche volta i maestri usavano regole semplici d'accompagnamento. Un esempio tipico sono gli accompagnamento in 4/4 negli archi che si trovano in molti concerti ed arie di Mozart: in battere sull'uno e tre i violoncelli e contrabbassi suonano la nota base mentre le crome successive erano suonate ad accordi dai violini e le viole.
Il basso albertino (dal nome di Domenico Alberti, che ne fece largo uso) nasce come uno dei presupposti della forma-sonata, nel periodo dell'età galante. Nato per accompagnamenti clavicembalistici, è caratterizzato dall'arpeggio del basso della mano sinistra e non dall'impronta dell'accordo, alleggerendo la forma armonica a beneficio della parte tematica.

Lied ed opera lirica
Già nelle prime opere liriche di Claudio Monteverdi si mostra che il contenuto emozionale d'una melodia ed il suo contenuto testuale può essere amplificato da un accompagnamento adatto. Con passaggi cromatici, accordi a fanfare o dei tremoli l'opera lirica del barocco esprime tristezza, trionfo o paura.
Mozart nelle sue opere liriche fa un passo avanti e svela anche i pensieri ed emozioni non detti dei suoi caratteri con sottili accompagnamenti: nella sua opera tragicomica Così fan tutte esiste a fianco al livello superficiale del testo anche un mondo di emozioni espresse dall'accompagnamento, che non sempre coincide con le affermazioni cantate delle persone. Nella scena della morte di Don Giovanni, nell'opera omonima, se di fronte alla presenza della statua del Commendatore ostenta sicurezza, è l'accompagnamento in sincope dei violini a rivelarci la sua agitazione.
Nel Lied l'"accompagnamento psicologico“, già accennato da Haydn e Mozart, è stato perfezionato da Schubert che riesce a portare l'ascoltatore nell'umore della poesia musicata con poche battute d'introduzione del pianoforte (Der Lindenbaum) oppure a sciogliere tensioni create dal testo con un postludio (Frühlingstraum). Schumann, Brahms e Wolf hanno proseguito questa tradizione.
Nell'opera italiana il canto è tradizionalmente accompagnato con la massima semplicità, da accordi ribattuti o, nei momenti più lirici, da arpeggi larghi di sestine, terzine o quartine, quasi a mo' di chitarra. Esso diviene allora, specie con Vincenzo Bellini e Gaetano Donizetti, il supporto metrico, il respiro musicale di fondo su cui il canto si distende e si dipana in tutta la sua limpidezza.
Con lo sviluppo del Leitmotiv come elemento principale per la creazione del tessuto orchestrale nell'opera lirica compositori come Richard Wagner e Richard Strauss hanno avuto a disposizione uno strumento potente con cui non solo i personaggi sul palco esprimono le loro motivazioni ma anche personaggi assenti possono essere richiamati: Quando per esempio alla fine de Il Cavaliere della Rosa la Marescialla parla degli uomini, in generale, l'ascoltatore percepisce che intende specialmente Octavian perché risuona il suo Leitmotiv. A questo punto tuttavia la trama orchestrale guida il discorso musicale e il percorso melodico assai più della linea vocale, cosicché è difficile parlare ancora di accompagnamento in senso stretto.


Balli e musica leggera
I ballerini del barocco distinguevano le singole forme di ballo dal tempo, dai ritmi tipici nella melodia o semplicemente dalla sequenza nella suite. Anche il minuetto del periodo classico ha come caratteristica il ritmo a 3/4, il tempo adagio e la forma A-B-A, ma non ha l'accompagnamento tipico.
Solo nel valzer viennese l'accompagnamento caratteristico con la nota bassa all'inizio della battuta seguita da due gruppetti di chiusura di strumenti più alti diventa l'elemento formante del suono. Questa struttura letteralmente um-pa-pa è presente anche in alcune danze popolari ma ora diventa la caratteristica primaria di riconoscimento del ballo.
Come il valzer anche la polka si riconosce facilmente dal accompagnamento dove si alternano note basse con alti gruppetti di chiusura al ritmo di crome. Lo stesso vale per la maggior parte delle altre danze del XIX secolo.
Anche gli stili della musica leggera del XX secolo si possono distinguere in prima linea dal loro accompagnamento: ritmi tipici, armonie caratteristiche e gli strumenti permettono all'ascoltatore di associare anche un pezzo sconosciuto ad un genere. La musica Rock'n'Roll per esempio si riconosce dall'accordo in settima arpeggiato dal contrabbasso pizzicato e dallo swing negli altri strumenti.
Altri esempi sono i brevi colpi di chitarra "stoppati" del Reggae o i passaggi virtuosi del basso elettrico nel Funk. Nel Rap in cui cantilena parlata melodia ed armonia hanno un ruolo inferiore l'accompagnamento tipico è una figura puramente ritmica.
Nel Jazz l'accompagnamento normalmente è suonato dal gruppo ritmico che può consistere in batteria, contrabbasso, pianoforte od altri strumenti. Ma anche qui spesso singoli musicisti si staccano temporaneamente dal gruppo in modo solistico. Più raramente e principalmente in arrangiamenti di Big Band anche ad altri strumenti Jazz è affidato l'accompagnamento.

Accompagnatori e solisti
Attraverso le varie fasi della storia della musica si nota un certo distacco tra i musicisti degli strumenti di melodia ed i loro accompagnatori. Gli ultimi non sono mai esposti come i solisti anche se la loro funzione è indispensabile, e spesso i virtuosi solisti sorridono alle spalle degli accompagnatori. Musicisti di musica classica amano le barzellette sui violisti o sui contrabbassisti; nel Jazz si fanno dispetti ai chitarristi.
Molti musicisti e teorici hanno pensato a come dovrebbe essere un bravo accompagnatore. Johann Joachim Quantz nel Saggio sul metodo per imparare a suonare il flauto traverso dedicò un intero capitolo ai "doveri di tutti gli strumentisti accompagnatori", dove tra l'altro scrisse:
«Qualunque concertista, quando suona in orchestra (accompagnando), deve, per certi versi, rinunciare al virtuosismo del concertista solista e lasciare la libertà concessagli dai passaggi "a solo", per passare, nel momento in cui si trovi solamente ad accompagnare, ad una sorta di schiavitù. Non può pertanto aggiungere nulla che possa anche solo minimamente offuscare la melodia.»
Nel Metodo per imparare a suonare il violino, Leopold Mozart descrive le qualità che un accompagnatore deve avere:
«Un violinista solista in genere è in grado di suonare in concerto in modo accettabile, anche con successo, senza una profonda comprensione della musica, a patto che l'esecuzione sia pulita; invece un buon violinista che suoni in orchestra, per svolgere con onore il suo compito, deve capire molto bene il senso complessivo della musica e della composizione, nonché i suoi diversi caratteri.»
Oggi la responsabilità dell'esecuzione è affidata piuttosto al direttore che ai singoli musicisti e si può osservare che certi maestri accompagnano volentieri dei solisti mentre altri preferiscono suonare solo con l'orchestra.
Impegnativo è anche il compito dell'accompagnatore di Lied, che da un lato deve saper risolvere la scrittura pianistica elaborata di Schubert o Wolf ma dall'altro lato deve sempre saper ascoltare il cantante, limitarsi nel volume e seguire tempi adatti al canto. Maestri di questo genere sono stati per esempio Gerald Moore e Erik Werba.

Suggerimenti per l'ascolto
Può essere un'esperienza per ogni amante della musica concentrarsi sull'accompagnamento durante l'ascolto. Principalmente si presta naturalmente ogni pezzo, ma alcune opere dei generi e compositori si consigliano.
  • Barocco: I concerti di Antonio Vivaldi e di Johann Sebastian Bach
  • Opera lirica: Le Nozze di Figaro di Wolfgang Amadeus Mozart, Il barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini, Norma di Vincenzo Bellini, Rosenkavalier di Richard Strauss
  • Musica per pianoforte: Notturni e Mazurke di Fryderyk Chopin
  • Pop: The Beatles: The White Album


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La registrazione sonora è un processo elettrico, digitale o meccanico che consente di acquisire onde sonore, come ad esempio la voce umana, il canto, la musica strumentale o effetti sonori in genere.

Storia
Medioevo
Le prime apparecchiature atte a registrare e riprodurre suoni erano di tipo meccanico e non erano in grado di registrare la voce umana. La prima riproduzione automatica di musica può farsi risalire al IX secolo, quando i fratelli Banū Mūsā inventarono il primo strumento musicale meccanico, nella specie un organo idraulico che era in grado di riprodurre musica proveniente da alcuni cilindri intercambiabili. Secondo Charles B. Fowler, questi "cilindri con perni sollevati rispetto alla superficie, rimasero il dispositivo di base per produrre e riprodurre musica meccanicamente fino alla seconda metà del XIX secolo". I fratelli Banu Musa inventarono anche un suonatore automatico di flauto che sembra sia stata la prima macchina programmabile. Nel 1206, Al-Jazari inventò un robot umanoide programmabile capace di riprodurre diversi ritmi eseguiti su un tamburo. Secondo Charles B. Fowler, l'automa era un robot costituito da un gruppo musicale che eseguiva "più di cinquanta movimenti facciali e del corpo durante l'esecuzione del pezzo."

Età moderna
Tutte queste macchine potevano riprodurre musica memorizzata, ma non riuscivano a riprodurre i suoni arbitrari, non erano in grado di registrare un'esecuzione dal vivo ed erano limitati dalle dimensioni fisiche del mezzo. Nel 1796, un orologiaio svizzero di nome Antoine Favre descrisse un suo progetto per quello che chiamiamo il cilindro del carillon. Questo può essere considerato un metodo precoce di registrazione di una melodia, anche se non registrava un suono arbitrario e non registrava in modo automatico. La "riproduzione" comunque era automatica. L'organo da fiera, sviluppato nel 1892, utilizzò un sistema simile alla fisarmonica con libri di cartone perforato.

Età contemporanea
Il primo esempio di pianoforte automatico, nel 1876, utilizzò un rotolo di carta perforata che poteva memorizzare un pezzo musicale di lunghezza arbitraria. Il più sofisticato dei pianoforte a rulli era "suonato a mano", nel senso che il rotolo rappresentava l'esecuzione di un individuo, non solo una trascrizione degli spartiti. Questa tecnologia per registrare una esecuzione dal vivo su un piano roll non venne sviluppata fino al 1904. Questo tipo di strumenti vennero prodotti in serie a iniziare dal 1898. Un brevetto del 1908 registrato presso la Corte Suprema degli Stati Uniti, riporta che dal 1902, vennero prodotti dai 70.000 ai 75.000 apparecchi e fra 1.000.000 e 1.500.000 di piano rolls. L'uso dei piano rolls iniziò a declinare negli anni 1920 anche se ne nel ventunesimo secolo ne esistono ancora.
Il primo apparecchio a poter registrare suoni automaticamente (ma non a riprodurli) fu il fonautografo, sviluppato nel 1857 dall'inventore parigino Édouard-Léon Scott de Martinville. La prima registrazione conosciuta della voce umana venne registrata nel 1857. Fra queste prime registrazioni vi furono quelle dell'Otello di Shakespeare in lingua francese e di alcune musiche suonate da una chitarra ed una tromba. Le registrazioni sono costituite da gruppi di linee ondulate incise da un pennino su carta fragile che era stata annerita dalla fuliggine di una lampada ad olio. Uno di questi, la registrazione di Au Clair de la Lune, una canzone tradizionale francese, è stato convertito digitalmente nel 2008.
Il registratore a filo, ed il suo successore, magnetofono, comportavano l'uso di un elemento magnetizzabile che si muovesse a contatto con una testina magnetica. Un segnale elettrico, analogo ad un suono che può essere registrato, veniva inviato alla testina di registrazione inducendo una magnetizzazione simile al segnale. Una testina di lettura (che poteva essere la stessa di registrazione) poteva catturare le informazioni dal supporto (nastro magnetico), convertendole da quelle lette dal nastro, e trasformarle in un segnale elettrico. Il nastro magnetico trasformò l'industria discografica, e dalla fine degli anni 1950 la maggior parte delle registrazioni commerciali venivano masterizzate su nastro. La rivoluzione elettronica che seguì all'invenzione del transistor apportò altri cambiamenti radicali, il più importante dei quali fu l'introduzione, per la prima volta al mondo, del "dispositivo musicale personale", le miniaturizzate radio a transistor, che divennero uno dei principali oggetti di consumo di lusso negli anni 1960, trasformando le trasmissioni radio da un'esperienza di gruppo ad un'attività di ascolto personale. Una delle prime registrazioni multitraccia ad usare il nastro magnetico fu "How High the Moon" di Les Paul, nella quale Paul suonava otto tracce di chitarra sovraincise. Nel 1960 Brian Wilson dei The Beach Boys, Frank Zappa e The Beatles (con il produttore George Martin) furono tra i primi artisti popolari ad esplorare la possibilità delle tecniche di registrazione multitraccia e gli effetti sui loro album Pet Sounds, Freak Out! e Sgt. Pepper's Lonely Hearts Club Band.
La successiva innovazione importante fu l'introduzione di piccoli sistemi basati su nastro come le cartucce di cui alla Compact Cassetta, introdotta dalla Philips nel 1964, la più voluminosa Stereo8 (utilizzata principalmente in auto) e l'abbastanza simile Deutsche cassetta sviluppata dalla società tedesca Grundig. Quest'ultimo sistema non era particolarmente diffuso in Europa ed era praticamente sconosciuto negli Stati Uniti. La Compact Cassetta divenne uno dei principali formati audio consumer che portò allo sviluppo, da parte della Sony, del walkman introdotto nel 1970, che fu il primo riproduttore di musica personale e diede un'importante spinta alla distribuzione di massa di registrazioni musicali. L'audioassetta divenne il primo successo consumer di registrazione/ri-registrazione di media. Il disco grammofonico era un pre-registrato solo per la riproduzione di media, ed il registratore a bobine era troppo difficile per la maggior parte dei consumatori e molto meno portabile.
Un progresso fondamentale nella fedeltà audio venne ottenuto con il Dolby A sistema di riduzione del rumore, inventato da Ray Dolby e introdotto nel 1966. Un sistema concorrente dbx, inventato da David Blackmer, trovò maggiore successo nel campo dell'audio professionale. Una variante più semplice del sistema di riduzione del rumore Dolby, noto come Dolby B, migliorò notevolmente il suono delle registrazioni su nastro a cassetta, riducendo l'effetto del sibilo dovuto alla scarsa larghezza del nastro utilizzato. Queste sue varianti trovarono finalmente larga applicazione nelle industrie di registrazione e del cinema. Il Dolby B è stato cruciale per la divulgazione e il successo commerciale della Compact Cassetta come registrazione domestica e la riproduzione di media, ed è diventato una componente determinante del boom del mercato "hi-fi" del 1970 e oltre. La cassetta ha anche beneficiato enormemente degli sviluppi del materiale costituente il nastro stesso realizzato con materiali aventi risposte in frequenza più ampia e maggiore silenziosità intrinseca, spesso a base di cobalto e/o di ossidi di cromo, come materiale magnetico, al posto del più usuale ossido di ferro.
La cartuccia audio multitraccia era stata ampiamente utilizzata nel settore della radio, dalla fine degli anni 1950 ai 1980, ma nel 1960 la cartuccia Stereo8 pre-registrata venne lanciata come un formato audio consumer da Bill Lear della Lear Jet aircraft company (anche se il suo nome corretto era 'Lear Jet Cartridge', è stato raramente indicato come tale). Pensata in particolare per il mercato automobilistico, è stata il primo sistema di riproduzione della musica accessibile ai sistemi auto hi-fi in grado di produrre una qualità audio superiore alla Compact Cassetta. Tuttavia le dimensioni più ridotte e una maggiore durata - aumentata dalla possibilità di creare in casa musica registrata - ha visto la cassetta diventare il formato dominante per dispositivi audio portatili negli anni 1970 e 1980.
C'erano stati esperimenti con il suono multicanale per molti anni - di solito per particolari eventi musicali o culturali - ma la prima applicazione commerciale del concetto arrivò nei primi anni 1970 con l'introduzione del suono quadrifonico. Questo spin-off di sviluppo dalla registrazione multitraccia usava quattro tracce (invece delle due usate in stereo) e quattro altoparlanti per creare un campo di ascolto a 360 gradi attorno all'ascoltatore. Dopo l'uscita del primo amplificatore consumer a 4 canali hi-fi, venne messa in commercio una serie di album popolari fra i quali Tubular Bells di Mike Oldfield e The Dark Side of the Moon dei Pink Floyd. Il suono quadrifonico non fu un successo commerciale, anche a causa della competizione e in qualche modo dell'incompatibilità dei quattro canali (per esempio, CBS, JVC, Dynaco e altri avevano tutti i sistemi) e in genere per la scarsa qualità, anche quando suonato come previsto con l'attrezzatura giusta. Finì poi coll'estinguersi alla fine degli anni 1970, anche se questo spianò la strada all'introduzione di sistemi domestici col suono surround in uso come home theatre, che hanno guadagnato enorme popolarità dopo l'introduzione del DVD. L'adozione diffusa è avvenuta nonostante la confusione introdotta dalla moltitudine di standard disponibili per il suono surround.

Tipologie
Registrazione analogica
Il registratore a filo, ed il suo successore, magnetofono, comportavano l'uso di un elemento magnetizzabile che si muovesse a contatto con una testina magnetica. Un segnale elettrico, analogo ad un suono che può essere registrato, veniva inviato alla testina di registrazione inducendo una magnetizzazione simile al segnale. Una testina di lettura (che poteva essere la stessa di registrazione) poteva catturare le informazioni dal supporto (nastro magnetico), convertendole da quelle lette dal nastro, e trasformarle in un segnale elettrico attraverso un processo di digitalizzazione, permettendo così di essere conservato e trasmesso attraverso una più ampia varietà di supporti.

Registrazione digitale
L'audio digitale viene registrato come una serie di numeri binari che rappresentano campioni dell'ampiezza del segnale audio a intervalli di tempo uguali, in un frequenza di campionamento abbastanza alta da poter trasmettere tutti i suoni in grado di essere ascoltati. Per la riproduzione, il segnale audio digitale deve essere riconvertito in forma analogica prima di essere inviato ad un altoparlante o a delle cuffie.
L'invenzione della registrazione digitale, e successivamente del compact disc, nel 1982, ha portato significativi miglioramenti nella durata delle registrazioni. Il CD ha dato inizio ad un'altra massiccia ondata di cambiamento nel settore della musica di consumo, con i dischi in vinile relegati in una piccola nicchia di mercato a partire dalla metà degli anni 1990. Tuttavia, l'introduzione di sistemi digitali incontrò inizialmente una forte resistenza da parte dell'industria discografica, che temeva la pirateria massiccia su un supporto in grado di produrre copie perfette di registrazioni originali. Tuttavia, l'industria ha dovuto inchinarsi all'inevitabile, ma non senza l'utilizzo di vari sistemi di protezione (principalmente Serial Copy Management System, o SCMS).
Gli sviluppi più recenti e rivoluzionari sono stati la registrazione digitale, con lo sviluppo di vari formati digitali non compressi e compressi (file audio), processori capaci e abbastanza veloci da convertire i dati digitali audio in tempo reale, e poco costose memoria di massa. Questo ha generato un nuovo tipo di lettore audio digitale. Il minidisc player, piccolo, economico, riscrivibile è stato introdotto nel 1990 ma è diventato subito obsoleto, con l'arrivo sul mercato di memorie allo stato solido non volatile (memorie flash) calate subito di prezzo. La disponibilità di tecnologie che aumentano la quantità di dati che possono essere memorizzati su un unico supporto, come Super Audio CD, DVD-A, Blu-ray Disc e HD DVD hanno ulteriormente ampliato il modo di ascoltare musica. I file audio sono facilmente scaricabili sia da internet che da altre fonti, e possono essere copiati su computer e lettori audio digitali. La tecnologia audio digitale viene utilizzata in tutte le aree audio, da un uso occasionale di file musicali di qualità moderata alle più esigenti applicazioni professionali. Nuove applicazioni come radio internet e podcasting sono apparse dalla fine del ventesimo secolo.
Gli sviluppi tecnologici nella registrazione e montaggio hanno trasformato l'industria della registrazione, l'industria cinematografica e quella della televisione. Il montaggio audio è diventato possibile con l'invenzione della registrazione su nastro magnetico, ma l'audio digitale e le più economiche memorie di massa permettono ai computer di modificare i file audio in modo rapido, semplice, ed economico. Il processo di creazione di una registrazione è suddiviso in registrazione, miscelazione e masterizzazione. La registrazione multitraccia permette di catturare segnali provenienti da microfoni diversi, o provenienti da diverse 'fonti' quali nastro o disco, con una grande facilità di elaborazione del segnale di alta qualità, permettendo una flessibilità precedentemente non disponibile nelle fasi di mixaggio e masterizzazione per l'editing. Risulta facilmente regolabile il bilanciamento del livello sonoro, il livello di compressione audio, l'aggiunta di effetti sonori come il riverbero, l'equalizzazione, il flanger e molto altro.
Esistono molti software per la registrazione di audio digitale e per l'elaborazione al computer, utilizzabili con diversi sistemi operativi e per tutti gli scopi, dal professionale all'amatoriale e per utenti occasionali.
I programmi di dettatura digitale per la registrazione e trascrizione di discorsi possono avere esigenze diverse. L'intelligibilità e strutture di riproduzione flessibili sono le priorità, mentre una vasta gamma di frequenze e la qualità audio elevata non lo sono.

Registrazione elettrica
La fantastica registrazione sonora iniziò come un processo meccanico e rimase tale fino ai primi anni 1920 (ad eccezione del Telegraphone 1899) quando una serie di invenzioni nel ramo dell'elettronica rivoluzionarono la registrazione del suono e la giovane industria collegata. Queste comprendevano i trasduttori come i microfoni e gli altoparlanti e varie apparecchiature come i mixer, disegnate per amplificare e modificare i segnali sonori elettrici.
Dopo il fonografo di Edison, senza dubbio i progressi più significativi nella registrazione del suono sono stati i sistemi elettronici inventati da due scienziati statunitensi tra il 1900 e il 1924. Nel 1906 Lee De Forest inventò l'"Audion" triodo a valvole, che era in grado di amplificare notevolmente i deboli segnali elettrici (un uso precoce è stato quello di amplificare le comunicazioni telefoniche a lunga distanza nel 1915), che divenne la base di tutti i sistemi successivi fino all'invenzione del transistor. La valvola venne subito seguita dall'invenzione del circuito rigenerativo, super-rigenerativo e dal ricevitore supereterodina, che furono tutti inventati e brevettati dal genio dell'elettronica Edwin Armstrong tra il 1914 e il 1922. Le invenzioni di Armstrong consentirono di realizzare delle registrazioni del suono elettrico a più elevata fedeltà e la riproduzione di una realtà concreta, facilitando lo sviluppo dell'amplificatore elettronico e molti altri dispositivi; dopo il 1925 questi sistemi erano diventati standard nel settore della registrazione e della radio.
Mentre Armstrong pubblicava gli studi sui fondamentali del funzionamento del tubo a vuoto (triodo) prima dell'inizio della prima guerra mondiale, inventori come Orlando R. Marsh ed i suoi Marsh Laboratories e gli scienziati dei Bell Telephone Laboratories, compresero che il triodo poteva essere utilizzato come ripetitore nei deboli circuiti telefonici. Con questa tecnologia fu possibile realizzare, nel 1925, una telefonata a lunga distanza tra New York e San Francisco in 20 minuti, e da entrambe le parti la voce venne udita chiaramente. Con questa valenza tecnica, Joseph P. Maxfield e Henry C. Harrison, dei Bell Telephone Laboratories, sono stati in grado di usare analoghi apparecchi meccanici dei circuiti elettrici e applicarono questi principi alla registrazione e alla riproduzione audio. Essi furono pronti a dimostrare questa applicazione nel 1924 usando il microfono a condensatore Wende e un amplificatore sotto vuoto per guidare il "rubber line" wax recorder per incidere un disco audio master.
Nel frattempo la radio continuò il suo sviluppo. Le invenzioni epocali di Armstrong (compresa la radio FM) resero possibili le trasmissioni a lunga distanza ed elevata qualità di trasmissione di audio e musica. L'importanza del circuito supereterodina di Armstrong non può essere sottovalutato - fu il componente centrale di quasi tutte le amplificazione analogiche e delle trasmissioni in radiofrequenza, sia analogiche che digitali, fino ai nostri giorni.
Nel corso della prima guerra mondiale, vennero realizzati degli esperimenti, sia negli Stati Uniti che in Inghilterra, per riprodurre, fra le altre cose, il suono di un sottomarino (u-boat) a scopo addestrativo. Le registrazioni acustiche di quel tempo si rivelavano del tutto incapaci di riprodurre i suoni e pertanto si ricercavano altri metodi per migliorarle. La radio si era sviluppata in modo indipendente fino a quel punto, ed i Laboratories Bell cercavano un connubio delle due tecnologie che desse un risultato migliore rispetto alle tecnologie viste separatamente. I primi esperimenti non furono molto promettenti, ma nel 1920 una maggiore fedeltà del suono venne ottenuta utilizzando il sistema elettrico, rispetto a quanto non fosse mai stato realizzato acusticamente. Una registrazione iniziale, fatta senza fanfare o annunci, fu la dedica alla Tomba del Milite Ignoto al Cimitero nazionale di Arlington.
All'inizio del 1924 tale progresso si dimostrò incredibile, tanto che i Bell Labs organizzarono una manifestazione per le case discografiche importanti, la Victor Talking Machine Company e la Columbia Phonograph Co (la Edison venne lasciata fuori a causa della sua quota di mercato in diminuzione e di un testardo Thomas Edison). La Columbia, sempre in ristrettezze finanziarie, non poteva permetterselo, e la Victor, sostanzialmente senza guida dopo il crollo mentale del fondatore Eldridge Johnson, lasciò la manifestazione, senza commento. La Columbia inglese, da allora società separata, entrò in possesso di un test pressing di queste sessioni realizzato da Pathé, e si rese conto della necessità immediata e urgente di avere il nuovo sistema. Bell offriva il nuovo sistema soltanto alle società statunitensi e, per aggirare questo ostacolo, l'amministratore delegato della Columbia inglese acquisì la casa madre e poté così disporre della registrazione elettrica. Anche se stava considerando l'affare, la Victor Talking era venuta a conoscenza del nuovo accordo con la Columbia, ma non fece a tempo a firmare. La Columbia realizzò la sua prima registrazione elettrica il 25 febbraio 1925 e la Victor seguì dopo poche settimane. Le due aziende concordarono quindi privatamente di "tacere" fino al novembre 1925, in modo da poter avere un repertorio abbastanza congruo per il lancio sul mercato. Gli anni 1920, caratterizzarono i primi tentativi della nuova tecnologia sound-on-film[9] utilizzando le fotocellule per registrare e riprodurre segnali audio che venivano registrati otticamente direttamente sulla pellicola del film. L'introduzione del cinema parlato, iniziato con Il cantante di jazz nel 1927 (anche se in quella occasione venne usata una tecnica di suono su disco, non un banda fotoelettrica su pellicola), portò alla rapida scomparsa dei musicisti che suonavano dal vivo durante la proiezione dei film. Essi vennero sostituiti con colonne sonore pre-registrate, causando la perdita di molti posti di lavoro. La American Federation of Musicians realizzò una campagna pubblicitaria sui giornali, protestando per la sostituzione di veri musicisti con apparecchiature di riproduzione sonora, specialmente nei teatri.
Questo periodo vide anche diversi altri sviluppi storici come l'introduzione del primo sistema magnetico di registrazione del suono, il registratore a filo magnetico, che era basato sul lavoro dell'inventore danese Valdemar Poulsen. I registratori magnetici a filo erano efficaci, ma la qualità del suono era povera, così tra le due guerre vennero utilizzati principalmente per la registrazione vocale e commercializzati come dittafoni. Nel 1930 il pioniere della radio Guglielmo Marconi sviluppò un sistema di registrazione magnetica del suono su nastro d'acciaio. Questo era lo stesso materiale usato per fare lame di rasoio, e non a caso i registratori Marconi-Stille erano considerati così pericolosi che i tecnici dovettero operare da un'altra stanza per motivi di sicurezza. A causa dell'elevata velocità di registrazione richiesta, dovettero usare enormi bobine di circa un metro di diametro, e il nastro sottile si rompeva frequentemente, lanciando spezzoni frastagliati di lame di rasoio in giro per lo studio.
Il magnetofono K1 fu il primo registratore a nastro, sviluppato da AEG in Germania nel 1935. Altra grande invenzione per la registrazione del suono, in questo periodo, è stata quella ottica sound-on-film, generalmente attribuita a Lee De Forest, anche se all'inizio, con il film Il cantante di jazz venne usato un sistema su disco, velocemente adottata dall'industria cinematografica. Il nuovo sistema rivoluzionò il cinematografo e l'industria cinematografica nel 1930, inaugurando l'era delle immagini parlanti. Il film ottico-sonoro, basato sulla cellula fotoelettrica, divenne il sistema standard audio per le pellicole in tutto il mondo e rimase così, nonostante i tentativi, negli anni 1950, di sostituire la colona sonora con i metodi di registrazione magnetica. Tutte le stampe su pellicola 35 mm includono una colonna sonora analogica ottica (di solito stereo con riduzione del rumore Dolby SR): sempre un maggior numero di film dispone di una colonna sonora ottica digitale registrata in Dolby Digital e/o Sony SDDS. Un timecode registrato otticamente è anche abbastanza comune e consente la sincronizzazione delle immagini con un CD-ROM che contiene una traccia audio DTS.

Strumenti utilizzati
La sostituzione della valvola termoionica (tubo a vuoto) con il transistor più piccolo, più fresco e meno assetato di potenza, accelerò la vendita di prodotti di consumo ad alta fedeltà "hi-fi" a partire dagli anni 1960. Negli anni 1950 vi erano più giradischi monofonici e la qualità del suono era relativamente bassa, solo pochi consumatori potevano permettersi sistemi di alta qualità col suono stereofonico. Negli anni 1960, i produttori statunitensi introdussero una nuova generazione di componenti "modulari" hi-fi - giradischi separati, preamplificatori, amplificatori, entrambi abbinati come amplificatori integrati, registratori, ed altre attrezzature ausiliarie come gli equalizzatori grafici, che potevano essere collegati insieme per creare un completo sistema audio domestico. Questi sviluppi sono stati rapidamente utilizzati da società di elettronica giapponese, che ben presto invasero il mercato mondiale con componenti relativamente economici e di alta qualità. Dagli anni 1980, le corporazioni come Sony, divennero leader mondiali nella registrazione musicale e nell'industria della riproduzione.

Dischi fonografici
Anche se inizialmente non c'era una velocità universalmente accettata, e diverse aziende offrivano dischi che giravano a velocità diverse, le case discografiche più importanti alla fine optarono per una velocità di rotazione de facto di 78 giri al minuto, anche se la velocità reale differiva tra Stati Uniti e resto del mondo. La velocità era stata fissata in 78,26 giri negli USA e 77,92 giri in tutto il resto del mondo. La differenza di velocità era causata dalla differenza nelle frequenze di ciclo della corrente alternata guida del motore sincrono e dai rapporti disponibili agli ingranaggi. La velocità nominale di rotazione del disco diede il soprannome comune, "78 giri" (anche se poi modificato via via che altre velocità divennero disponibili). I dischi erano fatti di gommalacca o affini, materiali molto fragili simili alla plastica, suonati per mezzo di puntine realizzate in una discreta varietà di materiali compreso l'acciaio dolce, spine e persino lo zaffiro. I dischi avevano una vita decisamente limitata dipendente fortemente dal modo in cui venivano riprodotti.
I primi e puramente acustici metodi di registrazione, avevano una limitata sensibilità e gamma di frequenza. Potevano essere registrate le note di frequenza media ma non quelle molto basse e molto alte. Strumenti come il violino non erano facilmente trasferibili su disco, ma questo problema venne parzialmente risolto con l'inserimento di un corno conico nella cassa armonica del violino. Il corno non fu più necessario una volta che venne sviluppata la registrazione elettrica.

Nastro magnetico
Altre importanti invenzioni di questo periodo furono il nastro magnetico e il registratore (Telegraphone). Il primo nastro era a base di carta ma fu presto sostituito da uno in poliestere e acetato a causa della caduta di polvere e del sibilo prodotto. L'acetato era più fragile del poliestere e si spezzava facilmente. Questa tecnologia, alla base di quasi tutte le registrazioni commerciali dal 1950 al 1980, fu inventata dai tecnici del suono tedeschi nel 1930, che scoprirono anche la tecnica della polarizzazione AC, che migliorò notevolmente la risposta in frequenza delle registrazioni su nastro. Questa tecnica venne perfezionata solo dopo la seconda guerra mondiale dal tecnico statunitense John T. Mullin, con l'aiuto della Crosby Enterprises (Bing Crosby), le cui prime registrazioni erano basate su registratori catturati ai tedeschi, e la Ampex produsse i primi registratori a nastro disponibili in commercio alla fine del 1940.
Il nastro magnetico apportò cambiamenti radicali sia in radio che nell'industria discografica. Il suono poteva essere registrato, cancellato e registrato di nuovo molte volte sullo stesso nastro, i suoni potevano essere duplicati da nastro a nastro con lievissime perdite di qualità, e le registrazioni potevano essere molto precise tagliando e giuntando il nastro. In pochi anni si ebbe l'introduzione dei primi registratori commerciali quali l'Ampex 200, lanciato nel 1948 - dal musicista-inventore statunitense Les Paul che aveva inventato il primo registratore multitraccia - inaugurando un'altra rivoluzione tecnica nel settore della registrazione. Il nastro ha reso possibile le prime registrazioni sonore totalmente elettroniche, aprendo la strada agli esperimenti audaci della scuola della musica concreta e ai compositori d'avanguardia come Karlheinz Stockhausen, che a sua volta ha portato al pop innovativo di artisti come Frank Zappa, The Beatles e The Beach Boys.
Il nastro magnetico ha permesso all'industria radio, per la prima volta, la pre-registrazione del contenuto da mandare in onda comprensivo della pubblicità, che in precedenza doveva essere presentato dal vivo, e ha anche permesso la creazione e la duplicazione di programmi ad alta fedeltà e lunga durata e delle registrazioni di programmi interi. Inoltre, per la prima volta, le emittenti sono state in grado di intraprendere la registrazione completa di trasmissioni radiofoniche. Innovazioni come multitraccia e diversi altri effetti sonori hanno consentito di inserire nei programmi pre-registrati un livello di complessità e raffinatezza mai raggiunto in precedenza e l'impatto combinato di queste nuove tecniche ha portato a modifiche significative nello stile e nella produzione di contenuti del programma, grazie alle innovazioni come l'infinito ciclo delle trasmissioni a cartuccia.

Voice to note
Voice-to-note si riferisce alla capacità di un personal computer di riconoscere le note di un brano musicale, cantate o fischiate in un microfono. Il livello e la durata delle note sono calcolate e convertite in file MIDI musicali.

La ricerca della fedeltà sonora
Nel 1881, venne osservato, durante degli esperimenti di trasmissione del suono dall'Opera di Parigi, che era possibile seguire il movimento dei cantanti sulla scena con auricolari collegati ai microfoni e tenuti in entrambe le orecchie. Tuttavia, questa osservazione non ebbe seguito e non vennero fatti ulteriori studi al momento.
Nel 1931 Alan Blumlein, un ingegnere elettronico britannico che lavorarva per la EMI, mise a punto un sistema per far sì che la voce di un attore in un film seguisse i suoi movimenti sullo schermo. Nel dicembre 1931 egli brevettò l'idea, e nel 1933 questa divenne il brevetto n. 394.325 del Regno Unito. Nei due anni seguenti, Blumlein sviluppò dei microfoni stereo e un apparecchio di incisione dei dischi, anch'esso stereo, con i quali registrò la colonna sonora di alcuni brevi filmati.
Il nastro magnetico permise lo sviluppo dei primi sistemi commerciali in grado di registrare e riprodurre ad alta fedeltà suono stereofonico. Gli esperimenti con registrazione stereo nel corso degli anni 1930 e 1940 vennero ostacolati da problemi con la sincronizzazione. Un importante passo avanti venne realizzato dai Bell Laboratories, che nel 1937 dimostrarono un pratico sistema di due canali stereo, utilizzando due tracce audio ottiche su pellicola. Ulteriori studi cinematografici svilupparono rapidamente sistemi a tre e quattro tracce, e la prima registrazione audio stereo per un film commerciale venne realizzata da Judy Garland per la MGM nel film Ascolta, cara nel 1938.
Il primo film distribuito commercialmente con una colonna sonora stereo fu Fantasia di Walt Disney uscito nel 1940. L'originale versione di questa produzione utilizzò il sistema Fantasound. Questo sistema utilizzava un film esclusivo per il suono, che scorreva in sincronismo con il film della fotografia. Su questo film sonoro erano incise quattro colonne sonore ottiche a doppia larghezza, tre delle quali avevano registrata la traccia di sinistra, centro e destra mentre la quarta era un brano "di controllo" in cui erano registrati i toni che controllavano il volume di riproduzione dei tre canali audio. A causa delle complesse attrezzature necessarie per la presentazione, vennero fatte delle dimostrazioni, solo negli Stati Uniti. La colonna sonora normale del film era lo standard mono ottico per 35 mm fino al 1956 e alla prima uscita del film in SuperScope (sistema anamorfico con rapporto 2 a 1) con una colonna sonora stereo composta da quattro tracce audio con sistema magnetico.
Tecnici del suono tedeschi, lavorando su nastro magnetico, sembra abbiano sviluppato la registrazione stereo dal 1943, ma fu solo con l'introduzione dei primi registratori commerciali a doppia traccia dell'Ampex, alla fine degli anni 1940, che la registrazione su nastro stereo divenne commercialmente fattibile. Tuttavia, nonostante la disponibilità di nastro multitraccia, lo stereo non divenne il sistema standard per la registrazione di musica commerciale per alcuni anni e rimase un mercato specializzato nel corso di tutti gli anni 1950. La situazione cambiò alla fine del 1957 con l'introduzione del "disco fonografico stereo Westrex", che utilizzò il formato del solco sviluppato in precedenza da Blumlein. La Decca Records in Inghilterra uscì con la tecnica FFRR (registrazione Full Frequency Range) nel 1940 che divenne accettata a livello internazionale e uno standard mondiale per le registrazioni di alta qualità su dischi in vinile. La registrazione realizzata da Ernest Ansermet del balletto Petrushka di Igor Stravinsky fu fondamentale nello sviluppo di una documentazione completa della gamma di frequenza avvertita dal pubblico all'ascolto di musica in alta fedeltà nel 1946.
La maggior parte dei singoli di musica pop sono stati mixati in monofonia fino alla metà degli anni 1960, ed era abbastanza normale, fino ai primi anni 1970, trovare in commercio sia la versione pop in mono che quella in stereo dello stesso disco. Molti album degli anni sessanta, ora disponibili solo in modalità stereo, erano originariamente destinati ad essere pubblicati solo in mono, e la cosiddetta versione "stereo" di questi album venne creata semplicemente separando le due piste del nastro master. Nella metà degli anni sessanta, quando lo stereo divenne più popolare, molte registrazioni mono (come Pet Sounds dei Beach Boys) vennero rimasterizzate utilizzando il cosiddetto "suono pseudo stereofonico", che diffondeva il suono attraverso il campo stereo, indirizzando le frequenze più alte in un canale e suoni a bassa frequenza nell'altro.